martedì 26 gennaio 2016

pc 26 Gennaio - Le tesi del congresso di Lione del Partito Comunista d'Italia (gennaio 1926) - parte 6 e ultima

La sesta ed ultima parte delle Tesi Politiche del Congresso di Lione del Partito Comunista d'Italia (gennaiio 1926)


Strategia e tattica del partito.
35. La capacità strategica e tattica del partito è la capacità di organizzare e unificare attorno all'avanguardia proletaria e alla classe operaia tutte le forze necessarie alla vittoria rivoluzionaria e di guidarle di fatto verso la rivoluzione approfittando delle situazioni oggettive e degli spostamenti di forze che esse provocano sia tra la popolazione lavoratrice che tra i nemici della classe Operaia. Con la sua strategia e con la sua tattica il partito "dirige la classe operaia" nei grandi movimenti storici e nelle sue lotte quotidiane. L'una direzione ù legata all'altra cd è condizionata dall'altra.

36. Il principio che il partito dirige la classe operaia non deve essere interpretato in modo
meccanico. Non bisogna credere che il partito possa dirigere la classe operaia per una imposizione autoritaria esterna; questo non è vero né per il periodo che precede né per il periodo che segue la conquista del potere. L'errore di una interpretazione meccanica di questo principio deve essere combattuto nel partito italiano come una possibile conseguenza delle deviazioni ideologiche di estrema sinistra; queste deviazioni portano infatti a una arbitraria sopravvalutazione formale del partito per ciò che riguarda la funzione di guida della classe. Noi affermiamo che la capacità di dirigere la classe è in relazione non al fatto che il partito si "proclami" l'organo rivoluzionario di essa, ma al fatto che esso "effettivamente" riesca, come una parte della classe operaia, a collegarsi con tutte le sezioni della classe stessa e imprimere alla massa un movimento nella direzione desiderata e favorita dalle condizioni oggettive. Solo come conseguenza della sua azione tra le masse il partito potrà ottenere che esse lo riconoscano come il "loro" partito (conquista della maggioranza), e solo quando questa condizione si è realizzata esso può presumere di poter trascinare dietro a sé la classe operaia. Le esigenze di questa azione tra le masse sono superiori a ogni "patriottismo" di partito.

37. Il partito dirige la classe penetrando in tutte le organizzazioni in cui la massa lavoratrice si raccoglie e compiendo in esse e attraverso di esse una sistematica mobilitazione di energie secondo il programma della lotta di classe e un'azione di conquista della maggioranza alle direttive comuniste.
Le organizzazioni in cui il partito lavora e che tendono per loro natura a incorporare tutta la massa operaia non possono mai sostituire il Partito comunista, che è la organizzazione politica dei rivoluzionari, cioè dell'avanguardia del proletariato. Così è escluso un rapporto di subordinazione, e di "eguaglianza" tra le organizzazioni di massa e il partito (patto sindacale di Stoccarda, patto di alleanza tra il Partito socialista italiano e la Confederazione generale del lavoro). Il rapporto tra sindacati e partito è uno speciale rapporto di direzione che si realizza mediante la attività che i comunisti esplicano in seno ai sindacati. 1 comunisti si organizzano in frazione nei sindacati e in tutte le formazioni di massa e partecipano in prima fila alla vita di queste formazioni e alle lotte che esse conducono, sostenendovi il programma e le parole d'ordine del loro partito.
Ogni tendenza a estraniarsi dalla vita delle organizzazioni, qualunque esse siano, in cui è possibile prendere contatto con le masse lavoratrici, è da combattere come pericolosa deviazione, indizio di pessimismo e sorgente di passività.

38. Organi specifici di raccoglimento delle masse lavoratrici sono nei paesi capitalistici i sindacati. L'azione nei sindacati è da considerare come essenziale per il raggiungimento dei fini del partito. Il partito che rinuncia alla lotta per esercitare la sua influenza nei sindacati e per conquistarne la direzione, rinuncia di fatto alla conquista della massa operaia e alla lotta rivoluzionaria per il potere.
In Italia l'azione nei sindacati assume una particolare importanza perché consente di lavorare con intensità più grande e con risultati migliori a quella riorganizzazione del proletariato industriale e agricolo che deve ridargli una posizione di predominio nei confronti con le altre classi sociali. La compressione fascista e specialmente la nuova politica sindacale del fascismo creano però una condizione di cose del tutto particolare. La Confederazione del lavoro e i sindacati di classe si vedono tolta la possibilità di svolgere, nelle forme tradizionali, una attività di organizzazione e di difesa economica. Essi tendono a ridursi a semplici uffici di propaganda. In pari tempo però la classe operaia, sotto l'impulso della situazione oggettiva, è spinta a riordinare le proprie forze secondo nuove forme di organizzazione. Il partito deve quindi riuscire a compiere una azione di difesa del sindacato di classe e di rivendicazione della sua libertà, e in pari tempo deve secondare e stimolare la tendenza alla creazione di organismi rappresentativi di massa i quali aderiscano al sistema della produzione. Paralizzata l'attività del sindacato di classe, la difesa dell'interesse immediato dei lavoratori tende a compiersi attraverso uno spezzettamento della resistenza e della lotta per officine, per categorie, per reparti di lavoro, ecc. Il Partito comunista deve saper seguire tutte queste lotte ed esercitare una vera e propria direzione di esse, impedendo che in esse vada smarrito il carattere unitario e rivoluzionario dei contrasti di classe, sfruttandole anzi per favorire la mobilitazione di tutto il proletariato e la organizzazione di esso sopra un fronte di combattimento (Tesi sindacali).

39. Il partito dirige e unifica la classe operaia partecipando a tutte le lotte di carattere parziale, e formulando e agitando un programma di rivendicazioni di immediato interesse per la classe lavoratrice. Le azioni parziali e limitate sono da esso considerate come momenti necessari per giungere alla mobilitazione progressiva e alla unificazione di tutte le forze della classe lavoratrice.
Il partito combatte la concezione secondo la quale ci si dovrebbe astenere dall'appoggiare o dal prendere parte ad azioni parziali perché i problemi interessanti la classe lavoratrice sono risolubili solo con l'abbattimento del regime capitalista e con una azione generale di tutte le forze anticapitalistiche. Esso è consapevole della impossibilità che le condizioni dei lavoratori siano migliorate, in modo serio e durevole, nel periodo dell'imperialismo e prima che il regime capitalista sia stato abbattuto. L'agitazione di un programma di rivendicazioni immediate e l'appoggio alle lotte parziali è però il solo modo col quale si possa giungere alle grandi masse e mobilitarle contro il capitale. D'altra parte ogni agitazione o vittoria di categorie operaie nel campo delle rivendicazioni immediate rende più acuta la crisi del capitalismo, e ne accelera anche soggettivamente la caduta in quanto sposta l'instabile equilibrio economico sul quale esso oggi basa il suo potere.
Il Partito comunista lega ogni rivendicazione immediata a un obbiettivo rivoluzionario, si serve di ogni lotta parziale per insegnare alle masse la necessità dell'azione generale, della insurrezione contro il dominio reazionario del capitale, e cerca di ottenere che ogni lotta di carattere limitato sia preparata e diretta così da poter condurre alla mobilitazione e unificazione delle forze proletarie, e non alla loro dispersione. Esso sostiene queste sue concezioni nell'interno delle organizzazioni di massa cui spetta la direzione dei movimenti parziali, o nei confronti dei partiti politici che ne prendono la iniziativa, oppure le fa valere prendendo esso la iniziativa di proporre le azioni parziali, sia in seno a organizzazioni di massa, sia ad altri partiti (tattica di fronte unico). In ogni caso si serve della esperienza del movimento e dell'esito delle sue proposte per accrescere la sua influenza, dimostrando con i fatti che il suo programma di azione è il solo rispondente agli interessi delle masse e alla situazione oggettiva, e per portare sopra una posizione più avanzata una sezione arretrata della classe lavoratrice.
La iniziativa diretta del Partito comunista per una azione parziale può aver luogo quando esso controlla attraverso organismi di massa una parte notevole della classe lavoratrice, o quando sia sicuro che una sua parola d'ordine diretta sia seguita egualmente da una parte notevole della classe lavoratrice. Il partito non prenderà però questa iniziativa se non quando, in relazione con la situazione oggettiva, essa porti a uno spostamento a suo favore dei rapporti di forza, e rappresenti un passo in avanti nella unificazione e mobilitazione della classe sul terreno rivoluzionario.
È escluso che una azione violenta di individui o di gruppi possa servire a strappare dalla passività le masse operaie quando il partito non sia collegato profondamente con esse. In particolare la attività dei gruppi armati, anche come reazione alla violenza fisica dei fascisti, ha valore solo in quanto si collega con una reazione delle masse o riesce a suscitarla e prepararla acquistando nel campo della mobilitazione di forze materiali lo stesso valore che hanno gli scioperi e le agitazioni economiche particolari per la mobilitazione generale delle energie dei lavoratori in difesa dei loro interessi di classe.
39 bis. È un errore il ritenere che le rivendicazioni immediate e le azioni parziali possano avere solamente carattere economico. Poiché, con l'approfondirsi della crisi del capitalismo, le classi dirigenti capitalistiche e agrarie sono costrette, per mantenere il loro potere, a limitare e sopprimere le libertà di organizzazione e politiche del proletariato, la rivendicazione di queste libertà offre un ottimo terreno per agitazioni e lotte parziali, le quali possono giungere alla mobilitazione di vasti strati della popolazione lavoratrice. Tutta la legislazione con la quale i fascisti sopprimono, in Italia, anche le più elementari libertà della classe operaia deve quindi fornire al Partito comunista motivi per l'agitazione e mobilitazione delle masse. Sarà compito del Partito comunista collegare ognuna delle parole d'ordine che esso lancerà in questo campo con le direttive generali della sua azione: in particolare con la pratica dimostrazione della impossibilità che il regime instaurato dal fascismo subisca radicali limitazioni e trasformazioni in senso "liberale" e "democratico" senza che sia scatenata contro il fascismo una lotta di masse, la quale dovrà inesorabilmente sboccare nella guerra civile. Questa convinzione deve diffondersi nelle masse nella misura in cui noi riusciremo, collegando le rivendicazioni parziali di carattere politico con quelle di carattere economico, a trasformare i movimenti "rivoluzionari democratici" in movimenti rivoluzionari operai e socialisti.
Particolarmente questo dovrà essere ottenuto per quanto riguarda l'agitazione contro la monarchia. La monarchia è uno dei puntelli del regime fascista; essa è la forma statale del fascismo italiano. La mobilitazione antimonarchica delle masse della popolazione italiana è uno degli scopi che il Partito comunista deve proporre. Essa servirà efficacemente a smascherare alcuni dei gruppi sedicenti antifascisti già coalizzati nell'Aventino. Essa deve però sempre essere condotta insieme con l'agitazione e con la lotta contro gli altri pilastri fondamentali del regime fascista, che sono la plutocrazia industriale e gli agrari. Nell'agitazione antimonarchica il problema della forma dello Stato sarà inoltre presentato dal Partito comunista in connessione continua con il problema del contenuto di classe che i comunisti intendono dare allo Stato. Nel recente passato (giugno 1925) la connessione di questi problemi venne ottenuta dal partito ponendo a base di una sua azione politica le parole d'ordine: "Assemblea repubblicana sulla base dei Comitati operai e contadini; controllo operaio sull'industria; terra ai contadini".

40. Il compito di unificare le forze del proletariato e di tutta la classe lavoratrice sopra un terreno di lotta è la parte "positiva" della Lattica del fronte unico ed è in Italia, nelle circostanze attuali, compito fondamentale del partito.
I comunisti devono considerare la unità della classe lavoratrice come un risultato concreto, male, da ottenere, per impedire al capitalismo l'attuazione del suo piano di disgregare in modo permanente il proletariato e di rendere impossibile ogni lotta rivoluzionaria. Essi devono saper lavorare in tutti i modi per raggiungere questo scopo e soprattutto devono rendersi capaci di avvicinare gli operai di altri partiti e senza partito superando ostilità e incomprensioni fuori di luogo, e presentandosi in ogni caso come i fautori dell'unità della classe nella lotta per la sua difesa e per la sua liberazione.
Il "fronte unico" di lotta antifascista e anticapitalista che i comunisti si sforzano di creare deve tendere a essere un fronte unico organizzato, cioè a fondarsi sopra organismi attorno ai quali tutta la massa trovi una forma e si raccolga. Tali sono gli organismi rappresentativi che le masse stesse oggi hanno la tendenza a costituire, a partire dalle officine, e in occasione di ogni agitazione, dopo che le possibilità di funzionamento normale dei sindacati hanno incominciato a essere limitate. I comunisti devono rendersi conto di questa tendenza delle masse e saperla stimolare, sviluppando gli elementi positivi che essa contiene e combattendo le deviazioni particolaristiche cui essa può dare luogo. La cosa deve essere considerata senza feticismi per una determinata forma di organizzazione, tenendo presente che lo scopo nostro fondamentale è di ottenere una mobilitazione e una unità organica sempre più vaste di forze. Per raggiungere questo scopo occorre sapersi adattare a tutti i terreni che ci sono offerti dalla realtà, sfruttare tutti i motivi di agitazione, insistere sopra l'una o sopra l'altra forma di organizzazione a seconda della necessità e a seconda delle possibilità di sviluppo di ognuna di esse (Tesi sindacali: capitoli relativi alle commissioni interne, ai comitati di agitazione, alle conferenze di fabbriche).

41. La parola d'ordine dei comitati operai e contadini deve essere considerata come formula riassuntiva di tutta l'azione del partito in quanto essa si propone di creare un fronte unico organizzato della classe lavoratrice. I comitati operai e contadini sono organi di unità della classe lavoratrice mobilitata sia per una lotta di carattere, immediato che per azioni politiche di più largo sviluppo. La parola d'ordine della creazione di comitati operai e contadini è quindi una parola d'ordine di attuazione immediata per tutti quei casi in cui il partito riesce con la sua attività a mobilitare una sezione della classe lavoratrice abbastanza estesa (più di una sola fabbrica, più di una sola categoria in una località), ma essa è in pari tempo una soluzione politica e una parola di agitazione adeguata a tutto un periodo della vita e della azione del partito. Essa rende evidente e concreta la necessità che i lavoratori organizzino le loro forze e le contrappongano di fatto a quelle di tutti i gruppi di origine e natura borghese, al fine di poter diventare elemento determinante e preponderante della situazione politica.

42. La tattica del fronte unico come azione politica (manovra) destinata a smascherare partiti e gruppi sedicenti proletari e rivoluzionari aventi una base di massa, è strettamente collegata col problema della direzione delle masse da parte del Partito comunista e col problema della conquista della maggioranza. Nella forma in cui è stata definita dai congressi mondiali essa è applicabile in tutti i casi in cui, per l'adesione delle masse ai gruppi che noi combattiamo, la lotta frontale contro di essi non sia sufficiente a darci risultati rapidi e profondi. Il successo di questa tattica è legato alla misura in cui essa è preceduta o si accompagna ad una effettiva opera di unificazione e di mobilitazione di masse ottenuta dal partito con una azione dal basso.
In Italia la tattica del fronte unico deve continuare cd essere adottata dal partito nella misura in cui esso è ancora lontano dall'aver conquistato una influenza decisiva sulla maggioranza della classe operaia e della popolazione lavoratrice. Le particolari condizioni italiane assicurano la vitalità di formazioni politiche intermedie, basate sopra l'equivoco e favorite dalla passività di una parte della massa (massimalisti, repubblicani, unitari). Una formazione di questo genere sarà il gruppo di centro che assai probabilmente sorgerà dallo sfacelo dell'Aventino. Non è possibile lottare a pieno contro il pericolo che queste fon nazioni rappresentano se non con la tattica del fronte unico. Ma non bisogna contare di poter aver successi se non in relazione al lavoro che contemporaneamente si sarà fatto per strappare le masse alla passività.
42 bis. Il problema del Partito massimalista deve essere considerato alla stregua del problema di tutte le altre formazioni intermedie che il Partito comunista combatte come ostacolo alla preparazione rivoluzionaria del proletariato e verso le quali adotta, a seconda delle circostanze, la tattica del fronte unico. È certo che in alcune zone il problema della conquista della maggioranza è per noi legato specificamente al problema di distruggere la influenza del PSI e del suo giornale. I capi del Partito socialista d'altra parte vengono sempre più apertamente classificandosi tra le forze controrivoluzionarie e di conservazione dell'ordine capitalistico (campagna per l'intervento del capitale americano; solidarietà di fatto con i dirigenti sindacali riformisti). Nulla permette di escludere del tutto la possibilità di un loro accostamento ai riformisti e di una successiva fusione con essi. Il Partito comunista deve tenere presente questa possibilità e proporsi fin d'ora di ottenere che, quando essa si realizzasse, le masse che sono ancora controllate dai massimalisti ma conservano uno spirito classista, si stacchino da essi decisamente e si leghino nel modo più stretto con le masse che la avanguardia comunista tiene attorno a sé. I buoni risultati dati dalla fusione con la frazione terzinternazionalista decisa dal V Congresso hanno insegnato al partito italiano come in condizioni determinate si ottengono, con una azione politica avveduta, risultati che non si potrebbero ottenere con la normale attività di propaganda e organizzazione.
43. Mentre agita il suo programma di rivendicazioni classiste immediate e concentra la sua attività nell'ottenere la mobilitazione e unificazione delle forze operaie e lavoratrici, il partito può presentare, allo scopo di agevolare lo sviluppo della propria azione, soluzioni intermedie di problemi politici generali, e agitare queste soluzioni tra le masse che sono ancora aderenti a partiti e formazioni controrivoluzionarie. Questa presentazione e agitazione di soluzioni intermedie   lontane tanto dalle parole d'ordine del partito quanto dal programma di inerzia e passività dei gruppi che si vogliono combattere   permette di raccogliere al seguito del partito forze più vaste, di porre in contraddizione le parole dei dirigenti i partiti di massa controrivoluzionari con le loro intenzioni reali, di spingere le masse verso soluzioni rivoluzionarie e di estendere la nostra influenza (esempio: "antiparlamento"). Queste soluzioni intermedie non si possono prevedere tutte, perché devono in ogni caso aderire alla realtà. Esse devono però essere tali da poter costituire un ponte di passaggio verso le parole d'ordine del partito, e deve apparire sempre evidente alle masse che una loro eventuale realizzazione si risolverebbe in un acceleramento del processo rivoluzionario e in un inizio di lotte più profonde.
La presentazione e agitazione di queste soluzioni intermedie è la forma specifica di lotta che deve essere usata contro i partiti sedicenti democratici, i quali in realtà sono uno dei più forti sostegni dell'ordine capitalistico vacillante e come tali si alternano al potere con i gruppi reazionari, quando questi partiti sedicenti democratici sono collegati con strati importanti e decisivi della popolazione lavoratrice (come in Italia nei primi mesi della crisi Matteotti) e quando è imminente e grave un pericolo reazionario (tattica adottata dai bolscevichi verso Kerenski durante il colpo di Kornilov). In questi casi il Partito comunista ottiene i migliori risultati agitando le soluzioni stesse che dovrebbero essere proprie dei partiti sedicenti democratici se essi sapessero condurre per la democrazia una lotta conseguente, con tutti i mezzi che la situazione richiede. Questi partiti, posti così alla prova dei fatti, si smascherano di fronte alle masse e perdono la loro influenza su di esse.

44. Tutte le agitazioni particolari che il partito conduce e le attività che esso esplica in ogni direzione per mobilitare e unificare le forze della classe lavoratrice devono convergere cd essere riassunte in una formula politica la quale sia agevole a comprendersi dalle masse e abbia il massimo valore di agitazione nei loro confronti. Questa formula è quella del "governo operaio e contadino". Essa indica anche alle masse più arretrate la necessità della conquista del potere per la soluzione dei problemi vitali che le interessano e fornisce il mezzo per portarle sul terreno che è proprio dell'avanguardia proletaria più evoluta (lotta per la dittatura del proletariato). In questo senso essa è una formula di agitazione, ma non corrisponde ad una fase male di sviluppo storico se non allo stesso modo delle soluzioni intermedie di cui ai numero precedente. Una realizzazione di essa infatti non può essere concepita dal partito se non come inizio di una lotta rivoluzionaria diretta, cioè della guerra civile condotta dal proletariato, in alleanza con i contadini, per la conquista del potere. Il partito potrebbe essere portato a gravi deviazioni dal suo compito di guida della rivoluzione qualora interpretasse il governo operaio e contadino come rispondente ad una fase male di sviluppo, della lotta per il potere, cioè se considerasse che questa parola d'ordine indica la possibilità che il problema dello Stato venga risolto, nell'interesse della classe operaia in una forma che non sia quella della dittatura del proletariato.

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