martedì 27 ottobre 2015

pc 27 ottobre - I PROFITTI DELL'ENI GUIDANO LA POLITICA ESTERA E L'INTERVENTO MILITARE DELL'IMPERIALISMO ITALIANO

Il giornalista John Reed - autore del magnifico libro sulla rivoluzione d'Ottobre: "I 10 giorni che sconvolsero il mondo", alla domanda: cosa c'è dietro una guerra, rispose semplicemente: "PROFITTI!".

E' tale resta sempre la vera ragione della strategia estera dell'imperialismo italiano, e di tutti gli imperialismi.
Interventi "umanitari", interventi per difendere o portare la "democrazia", interventi per aiutare i paesi del terzo mondo affinchè i migranti non partano più dai loro paesi, ecc. ecc. Ogni volta gli interventi di guerra vengono presentati con motivazioni "umanitarie", ma la guerra imperialista fa da battistrada, accompagna sempre le multinazionali. E in nome dei profitti non si guarda in faccia a nessun regime: si va a braccetto con il macellaio Al Sisi, come con il nazista Netanyahu.
Gli interessi economici imperialisti decidono la politica di alleanze, la politica tra Europa/Usa e Russia

Una pagina su "Le strategie dell'energia" del Sole 24 Ore, giornale dei padroni, mette bene in luce questo, senza infingimenti, anzi con l'"orgoglio" dei padroni.
L'ENI è la prima azienda mondiale di tutta l'Africa per attività e investimenti. E' presente in 90 paesi. E' ilo sesto gruppo petrolifero mondiale per giro d'ffari, dietro a Exxon Mobil, Shell, BP, Total e Chevron. In Libia l'Eni è l'unica compagnia straniera. 
L'Amministratore delegato dell'ENI, Descalzi "si è portato in Africa il presidente del consiglio Matteo Renzi, in Angola, Congo-Brazzaville e Mozambico, quasi da farlo sembrare una sorta di piazzista dell'Eni...".

(Da Sole 24 ore)
"...un ulteriore consolidamento, con la rotta puntata verso l’Africa e verso il corridoio Nord-Sud del gas che rovescia vecchi assi ed equilibri ormai datati. È l’Eni targata Claudio Descalzi e la sua «politica estera»...
...L’ultimo tassello di questa marcia si chiama Zohr, con i suoi 850 miliardi di metri cubi di gas di potenziale. Ma guai a pensare che l’Egitto possa diventare un fornitore alternativo ad altre tessere del Nord Africa come Libia e Algeria. «Rimangono pilastri per la nostra crescita futura - aggiunge l’ad - e ora ne abbiamo aggiunto un terzo»... All’Egitto l’Eni è legata dal 1954... «È un giovane bimbo - dice Descalzi - entrato bene in un corpo già strutturato e forte e questo ci permetterà di sviluppare in modo molto veloce».
Un traguardo, quest’ultimo, che l’Eni conta di raggiungere già nel 2017 come chiede il governo del Cairo... Ma da quel campo, e questo Descalzi lo rimarca con forza, può arrivare una sponda importante per l’Europa, per la sicurezza energetica del Vecchio Continente e per la sua futura diversificazione negli approvvigionamenti. Senza contare che quel gas potrebbe essere un fattore di stabilizzazione per l’intera area. «Lo sforzo è far diventare l’Egitto un hub per l’export di gas di altri paesi che non hanno infrastrutture», a partire da Cipro e Israele (dove Descalzi si recherà prossimamente)...
Un tassello che risulterà strategico anche alla luce di quel corridoio Nord-Sud - su cui l’ad insiste da tempo - che rappresenta un rovesciamento del vecchio asse est-ovest e che consentirebbe all’Europa di sviluppare altresì l’enorme potenziale, in termini di infrastrutture, di Italia e Spagna, ma permetterebbe anche all’Africa di sviluppare energia per se stessa e di esportare... Dove, Descalzi ne è convinto, sia l’Eni che l’Italia «hanno un futuro», che il gruppo dovrà costruire «pensando al profitto ma anche alla creazione di valore», attraverso quel combinato disposto fatto di business e di affiancamento allo sviluppo dei paesi in cui opera che è ormai radicato nel suo dna.

Certo, al di là del Mediterraneo, alcune tessere devono ancora andare al loro posto, ma Descalzi è fiducioso. «In Libia, visto il ruolo fondamentale nel Mediterraneo e quello di cardine verso il Medioriente, penso che si deve trovare una soluzione e sono positivo nel medio-lungo termine». Mentre in Iran, un eventuale ritorno avverrà «se ci saranno le condizioni contrattuali, fiscali e di gestione degli asset coerenti con la necessità di attirare gli investitori»...
La rotta futura, insomma, è tracciata senza eccessivi scossoni, conservando anche rapporti ormai consolidati, come quello con la Russia...

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