sabato 24 ottobre 2015

pc 24 ottobre - Rubano lavoro? No, gli immigrati pagano le nostre pensioni

pubblichiamo questo articolo mainstream che anche se in maniera ambigua e dietro dati ufficiali (che non tengono conto di tutto il lavoro nero e neo-schiavistico dai campi alle cooperative con buste paga fittizie) è costretto a dire quello che si nasconde nella realtà: gli immigrati vanno bene quando sono  manodopera da sfruttare sui posti di lavoro e tenere sotto ricatto e paura con il razzismo, oltre alla questione centrale di cui i padroni e governo hanno paura che si materializzi: i lavoratori  immigrati sono parte del proletariato, il proletariato non ha nazione, ma un unico fine la rivoluzione.
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Il dubbio lo si aveva un po’ tutti, ma la quinta edizione del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Moressa, presentato giovedì 22 a Roma, lo mette nero su bianco per l’ennesima volta: gli immigrati che vivono e lavorano in Italia sono una risorsa economica. L’idea che i milioni di persone che negli anni sono venuti a lavorare nel Paese
siano solo sbarchi e spacciatori – come a qualcuno piace di raccontare – è sbagliata e fuorviante. Tasse, contributi Inps, ricchezza (per non parlare di imprenditoria, demografia e persino commercio con l’estero) sono tutti aspetti che rendono l’immigrazione un fattore fondamentale della nostra vita economica. Vediamo qualche passaggio del rapporto che fornisce numeri su ciascun aspetto della partecipazione degli stranieri alla costruzione del Pil italiano. Senza bisogno di aggiungere altro.
Nel 2015 la popolazione straniera ha superato quota 5 milioni e rappresenta l’8,2% della popolazione complessiva. Non solo: tra la popolazione italiana 1 su 10 ha più di 75 anni, mentre tra gli stranieri appena 1 su 100. Una diversa composizione demografica che ha un impatto significativo sul mercato del lavoro e sul sistema del welfare e che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni.
La ricchezza prodotta e il contributo fiscale. Nel 2014 i contribuenti stranieri hanno dichiarato redditi per 45,6 miliardi e versato 6,8 miliardi di euro di Irpef netta. 
Mettendo a confronto i costi e benefici della presenza straniera (esclusivamente i flussi finanziari diretti), la differenza tra entrate e uscite mostra segno positivo: +3,9 miliardi di saldo attivo per le casse dello Stato.
Inoltre, considerando la ricchezza prodotta dai 2,3 milioni di occupati stranieri, nel 2014 il “Pil dell’immigrazione” ha raggiunto i 125 miliardi di euro, ovvero l’8,6% della ricchezza nazionale.
Le pensioni pagate dagli stranieri. Nel 2013 i contributi previdenziali hanno raggiunto quota 10,3 miliardi. Ripartendo il volume complessivo per i redditi da pensioni medi, si può affermare che i lavoratori stranieri pagano la pensione a 620 mila anziani italiani. Sommando i contributi versati negli ultimi cinque anni si può calcolare il contributo degli stranieri dal 2009 al 2013, pari a 45,7 miliardi di euro, volume sufficiente per una manovra finanziaria.
Il ruolo nei paesi d’origine. Nell’attuale dibattito sull’immigrazione, “aiutiamoli a casa loro” è uno degli slogan più diffusi, inteso come possibilità concreta per limitare l’immigrazione irregolare e le problematiche ad essa connesse. Tuttavia, i dati OCSE evidenziano come gli investimenti pubblici non rappresentano una priorità per i governi della vecchia Europa, nonostante già nel 2000 si fosse fissato come obiettivo lo 0,70% del PIL. L’Italia, ad esempio, investe in aiuti allo sviluppo appena lo 0,16% del PIL (meno di 3 miliardi di euro). Quota ampiamente superata dai flussi di denaro che gli immigrati inviano in patria, pari allo 0,31% del PIL (4,9 miliardi secondo la stima 2015).

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