domenica 16 agosto 2015

pc 16 agosto - “La guerra che l’Europa deve combattere”, ovvero come l'imperialismo italiano vuole rispondere alla crisi...

Davanti alla profonda crisi capitalistica, con le conferme in negativo delle statistiche italiane ed europee di questi giorni, e in particolare le notizie che arrivano dalla Cina, i padroni perdono la pazienza e vanno al dunque, e attraverso i loro scribacchini, con argomentazioni che vogliono essere “logiche” e “convincenti” per preparare l'opinione pubblica, si chiedono e chiedono: cosa bisogna fare? Con l'intento come sempre di farsi ben sentire dal governo in carica, Renzi in questo caso, perché prenda i provvedimenti del caso.

Nell'editoriale di ieri del Sole 24 Ore dal titolo: “La guerra che l’Europa deve combattere” si parla chiaro, senza fronzoli, come negli ultimi tempi si sono abituati a fare padroni e pennivendoli, anche sull'onda della arrogante spregiudicatezza del fascista-padronale Marchionne.

Dei venti di guerra e dei preparativi della guerra guerreggiata abbiamo già scritto e torneremo a scrivere, della “guerra delle valute” abbiamo già accennato qualche volta, adesso i padroni invocano la “guerra economica” che a sua volta, se portata fino in fondo, non può che accentuare la tendenza alla guerra vera e propria.

L'articolo apre con un passaggio molto chiaro di cui sottolineiamo alcune frasi: “La mossa cinese sul cambio del renminbi ha avuto il merito di rendere esplicita la partita che oggi si sta giocando nell’economia mondiale: quella di grandi aree economiche in dura competizione tra loro per garantirsi una crescita che in questi anni non è scontata in nessuna parte del mondo. Una “guerra mondiale per il lavoro”, recitava un bel libro di qualche anno fa. Ebbene i dati sul Pil dimostrano che quella guerra l’Europa deve combatterla con armi più incisive. Deve farlo l’Italia, certamente, deve farlo la Grecia, la Francia, ma deve farlo soprattutto la zona euro nel suo complesso, che resta, pur in una fase di ripresa, una delle aree mondiali a crescita più lenta.”
Perfino la Germania delude: “La stessa Germania, dominus delle politiche continentali, delude le aspettative fermandosi a una crescita trimestrale (0,4%) appena discreta.”
Davanti a questi dati, e confrontandoli con quelli degli Stati Uniti (+1,1 +1,1 +0,5 +0,2 +0,6), con quelli - pur in frenata - della Cina (+2,0 +1,9 +1,5 +1,3) e del complesso del G-20 (+0,8 +0,9 +0,8 +0,7), è difficile parlare di un rilancio solido delle economie dell’eurozona.
Dunque, innanzi tutto c'è la CRISI mondiale, che costringe ad una dura CONCORRENZA sia tra i singoli capitalisti che le AREE ECONOMICHE, per provare a “garantirsi la crescita”, di cui gli stessi capitalisti dubitano seriamente, FACENDOSI LA GUERRA. Naturalmente il giornalista lascia intendere che parla di guerra economica... ma QUESTO è il PARADIGMA NORMALE DEL CAPITALISMO.
Che cosa serve dunque? Si chiede il giornalista.“Servirebbe una frustata.” si risponde, e, invece! E qui inizia un lungo lamento sulle “mancanze” dell'Europa: manca una politica europea comune che permetta di manovrare meglio le politiche economiche come hanno fatto gli Usa, il Giappone, la Cina... mancano gli investimenti...
In questo contesto, ed è quello che più preme al pennivendolo, l'Italia “Paese che è entrato nella crisi con un ritmo di crescita tra i più bassi dell’eurozona” e che adesso (secondo lui e tutti coloro che sperano sempre, a cominciare da Renzi) appena appena comincia a riemergere, anche se “questa ripresa italiana sia ben più ridotta rispetto alle precedenti “riprese” del 2009, del 2005 e del 1999.” E “Con questo ritmo ci vorranno anni per recuperare i livelli di ricchezza prodotta a inizio 2008” deve darsi una mossa.
L'elenco delle cose da fare ci riporta alle insistenze dei padroni verso il governo: le RIFORME!Parola magica che si usa in politica con la stessa frequenza che in pubblicità si usa la parola “nuovo”! Una volta le riforme le chiedevano, anche con le lotte, i sindacati e i partiti in genere per provare a migliorare le condizioni di vita e di lavoro di lavoratori e masse popolari, oggi sono i governi che fanno le riforme! E stiamo vedendo in che senso.
E il centro di tutte le riforme è sempre quello che prende di mira il COSTO DEL LAVORO: “In vista della legge di stabilità – dice infatti li giornalista - va poi fatto ogni sforzo sul fronte del costo del lavoro”. La pressione sui salari, infatti, che rientra nello scontro tra operai e padroni, nel rapporto che si chiama CAPITALE/LAVORO, è a sua volta il cuore del modo di essere del capitalismo.


È qui che, infatti, arriva il giornalista dopo tutta la retorica sull'“Italia”, è qui che spuntano come per incanto gli operai e i lavoratori, quelli che producono la ricchezza, e arriva la “santa verità” ma per dire che bisogna abbassare il costo del lavoro “Perché in piena crisi non ci sono sgravi che possano indurre un’impresa a fare assunzioni”, con buona pace di Renzi che si è quasi giocato il posto per far passare il Jobs act, la legge sulla scuola, ecc. ecc., ma ai padroni non basta mai! E proprio sugli effetti del Jobs act questo giornalista è ancora sincero: “Al di là di tante discussioni sul lavoro, infatti, al di là della questione drammaticamente vera di una innovazione tecnologica che spesso non è amica della creazione di nuovi posti, [traduciamo: nella crisi i padroni licenziano migliaia di lavoratori, acquistano nuovi macchinari per fare meglio la concorrenza e questo nel complesso porta ad un minor numero di operai necessari alla produzione... altro che nuovi posti di lavoro!] la realtà a volte è semplice: le imprese assumono se c’è la convenienza per farlo. Perciò oggi proseguire sulla strada dell’abbattimento del costo del lavoro, sia nella parte fiscale sia in quella contributiva, è una priorità che non va sacrificata ad altre esigenze nella legge di stabilità.” Renzi è avvertito, (ancora una volta!)... anche se, certo, il giornalista sa che non è facile: “Sarà un puzzle complesso, quello della manovra. E da ieri sappiamo che difficilmente la crescita ci regalerà un bonus di risorse in più da poter spendere. Ma se l’Italia, con l’Europa, vuole davvero combatterla questa guerra mondiale per lo sviluppo e per il lavoro, non potrà sbagliare una mossa.”

Nessun commento:

Posta un commento