Una gestione che vale cento milioni di euro, un residence che frutta sette milioni di affitto all’anno, diecimila euro al giorno di indotto e quattrocento posti di lavoro che in tempi di elezioni si trasformano in una valanga di voti. É il Cara di Mineo, il centro richiedenti asilo in Sicilia finito coinvolto nell’indagine della procura di Roma su Mafia Capitale. E sul quale anche le procure di Catania e Caltagirone hanno deciso di fare luce, indagando sulle assunzioni e soprattutto sulle gare d’appalto milionarie. Nato subito dopo la primavera araba del 2011, sul centro di accoglienza si è allungato negli anni il simbolo del Nuovo Centrodestra, il partito di Angelino Alfano al quale appartengono tutti o quasi gli uomini della catena di potere di Mineo: dal sottosegretario Giuseppe Castiglione, all’ex ministro Maurizio Lupi, fino al sindaco del comune calatino Anna Aloisi e ai vari primi cittadini delle città vicine.

Castiglione, l’uomo del Cara diventato sottosegretario
Del Cara di Mineo ha cominciato a parlare in questi giorni Luca Odevaine, l’uomo cui il sodalizio di Mafia capitale si affidava per lucrare sugli immigrati, storico consulente del centro e membro della commissione che sceglieva a chi affidare la gestione milionaria dell’accoglienza. I suoi verbali sono stati secretati dai pm, ma è un fatto che, nelle intercettazioni del Ros dei Carabinieri, l’ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni ha citato sopratutto un nome al vertice degli interessi su Mineo: il sottosegretario Castiglione, indagato dalla procura di Catania per turbativa d’asta, luogotenente di Alfano in Sicilia, genero del potentissimo senatore Pino Ferrarello, che ha abbandonato Berlusconi per seguire il genero nel Ncd. “Castiglione fa il sottosegretario, però è il loro principale referente in Sicilia, cioè quello che poi gli porta i voti, perché poi i voti loro li hanno tutti in Sicilia”, è la descrizione che fa di lui Odevaine, mentre la procura di Roma lo intercettava, nell’inchiesta che ha poi travolto la capitale.

Il ruolo del sottosegretario nel periodo in cui ha origine il Cara di Mineo è tratteggiato dallo stesso Odevaine, intercettato mentre parla con il suo commercialista.”Praticamente venne nominato sub-commissario, del commissario Gabrielli, il Presidente della Provincia di Catania che era anche Presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione, il quale quando io ero andato giù … mi è venuto a prendere lui all’aeroporto … mi ha portato a pranzo … arriviamo al tavolo … c’era pure un’altra sedia vuota … dico: eh chi? … e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara”, è la ricostruzione dell’uomo di Mafia capitale. È il 2011 quando Castiglione, da presidente della provincia di Catania, diventa ente attuatore del nuovo centro per richiedenti asilo. Dopo un primo periodo di affidamento alla Croce Rossa, si bandisce una gara da 60 milioni per gestire il centro: la lettera d’invito a quel bando partirà il 6 agosto del 2011, un sabato mattina, dall’ufficio postale di Bronte, dove risiede la famiglia Castiglione – Firrarello.
I voti di Alfano? Stanno in Sicilia nei dintorni di Mineo
Le parole di Odevaine sul peso elettorale di Castiglione hanno bisogno di poche conferme: basta sovrapporle ai dati emersi dalle urne. Il fortino elettorale di Ncd, infatti, si trova in Sicilia, nei dintorni del cara di Mineo. Una prova di forza è arrivata nel maggio del 2014: Giovanni La Via, ex assessore regionale all’Agricoltura di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, viene eletto europarlamentare con più di 56mila preferenze. È il primo degli eletti a Bruxelles nel partito di Alfano: prende addirittura diecimila voti in più rispetto a quelli raccolti dall’allora ministro Maurizio Lupi. Per una curiosa coincidenza è proprio in un appartamento di proprietà di La Via, che Sisifo, il consorzio di cooperative che ha gestito Mineo per quattro anni, ha installato la sua sede a Catania.
Storico grande elettore di Ncd è Paolo Ragusa, anche lui indagato con Castiglione, ex presidente del consorzio Sol Calatino, un conglomerato di cooperative della zona componente dell’associazione temporanea d’imprese che gestisce il Cara: da una parte porta voti al partito di Alfano, dall’altra aveva un ruolo fondamentale nella catena di comando all’ombra del centro di accoglienza. È una realtà importante il Sol Calatino, considerato leader nel settore dell’accoglienza, un vero e proprio asso pigliatutto nel business dell’immigrazione che nel 2014 ha affiancato la gestione del Cara di Mineo con quella dello Sprar di Caltagirone, un punto di accoglienza da appena 25 posti, ma che vale quasi mezzo milione di euro.
Il sistema del Cara di Mineo: lavoro, voti e appalti
Per gestire Mineo, Castiglione, allora presidente della provincia di Catania costituisce un consorzio formato dai comuni del circondario: è il Calatino Terra di Accoglienza, ente attuatore del Cara fino a poche settimane fa, quando la prefettura di Catania ha commissariato tutto. Secondo gli inquirenti siciliani, gli amministratori dei comuni intorno a Mineo avrebbero orientato le assunzioni al centro, ricevendo poi in cambio un massiccio sostegno elettorale. Dal giugno scorso la procura di Catania ha iscritto nel registro degli indagati anche Marco Aurelio Sinatra, sindaco del comune di Vizzini, e Giovanni Ferrera, direttore generale del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza. Il partito di Alfano è riuscito anche a prendersi la poltrona di sindaco di Mineo, eleggendo Anna Aloisi, ex collaboratrice del Cara, oggi a sua volta indagata dalla procura di Caltagirone per una presunta parentopoli tra gli assunti del centro. Sono tutti uomini di Castiglione sul territorio, quelli che nei pressi del Cara prendono migliaia di voti, preferenze che si fanno sentire anche sul panorama nazionale. Ed è per questo che, come dice Odevaine, “Mineo se glielo vai a leva’ quelli si arrabbiano perché ovviamente è un meccanismo che crea non solo consenso ma crea occupazione, crea benessere: 4mila migranti che spendono 2 euro e mezzo al giorno, so’ diecimila euro al giorno”.
Da Cl a Legacoop al “favore” di Letta
Ma non ci sono solo i posti di lavoro da spartire e i voti da raccogliere in tempi di elezioni. La gestione di Mineo infatti vale cento milioni di euro: l’ultima gara, quella bollata come illegittima dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, è stata bandita nel 2014, e nella commissione aggiudicatrice c’era anche Odevaine, chiamato già nel 2011 a fare da consulente al Cara per espressa volontà di Castiglione. A vincere quella prima gara d’appalto saranno gli stessi che si aggiudicheranno tutti gli appalti successivi: una cordata a larghe intese che va dal consorzio Sisifo, iscritto a Legacoop, a la La Cascina, che si occupa della ristorazione ed è vicina a Comunione e Liberazione. La Cascina “finanziava le campagne elettorali” dell’ex ministro Maurizio Lupi, perché lui è vicino a CL, ha raccontato Salvatore Buzzi , considerato uno dei boss di Mafia capitale, che ha deciso a sua volta di rispondere agli interrogatori, senza aver fino ad oggi convinto i pm della sua effettiva credibilità. “Lupi li mette in contatto con Pizzarotti, Poi c’avevano un rapporto diretto addirittura con il ministro Alfano”, aggiunge spiegando che Odevaine gli aveva anche fatto il nome di Gianni Letta. Sarebbe stato l’ex sottosegretario di Berlusconi ad attivarsi nel 2011 per fare “un favore” alla Pizzarotti di Parma, la società proprietaria delle 403 villette del residence degli Aranci, lasciate sfitte dai militari statunitensi e quindi destinate ai richiedenti asilo, al costo di 7 milioni di euro all’anno. “Chi glielo fa questo favore?” chiede il pm. “Letta, Odevaine parlava sempre del sottosegretario Gianni Letta”. Già nel suo primo interrogatorio, Buzzi aveva citato con fastidio il centro d’accoglienza siciliano, chiedendo agli inquirenti di spegnere il registratore: “Sul Cara di Mineo – aveva detto – salta il governo”.