sabato 25 luglio 2015

pc 25 luglio - "We are not going back", iniziativa e musica solidale con la protesta dei migranti a Ventimiglia

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Alla scogliera dei Balzi Rossi diventa un inno alla libertà il testo scritto da uno dei migranti bloccati da 40 giorni in attesa di poter superare il confine
La “rivolta degli scogli”, l’hanno chiamata. E come ogni lotta, ha trovato il suo canto di protesta: un coro dal ritmo incalzante, che pare nato in fabbrica, con un titolo che è un manifesto. 
Anche i migranti di Ventimiglia, da oggi, avranno un loro inno in musica: si chiama“We are not going back” (“noi non torniamo indietro”), l’ha scritto nelle scorse settimane “uno di noi migranti africani” (“in inglese, lingua di tutto il mondo”), presto diventerà una ballata folk e ieri sera è stato musicato e suonato per la prima volta direttamente sui massi di Ponte San Ludovico, tra la scogliera dei Balzi Rossi e il confine con Mentone. Con la band romana dei Têtes de Bois ad accompagnare le voci e gli strumenti improvvisati (sassi, pentole, transenne, bastoni) dei 60 migranti che ancora – dopo un mese e mezzo –  resistono accampati in questo angolino di Europa diventato il simbolo dell’emergenza profughi.
Pensata “in un primo momento come una semplice suonata di voce e fisarmonica, da tenere sugli scogli per accompagnare la nuova spedizione di derrate alimentari della Comunità di San Benedetto al Porto qui al confine” – spiega Andrea Satta, voce del gruppo, promotore dell’iniziativa insieme al tastierista Angelo Pelini e Vauro – la prima volta in musica di questo cantico del migrante, ancora prima che concerto improvvisato al tramonto del Mar Ligure, è diventata “lo strumento migliore per riportare la luce dei riflettori sulla lotta di questi ragazzi”, e una nuova manifestazione spontanea dei “resistenti di Ventimiglia”. “Un presidio cui partecipano tutti i migranti che scelgono di passare o rimanere qui – spiegano gli attivisti di No Borders, il collettivo che assiste i profughi sul posto – solo e soltanto perché si continui a parlare del problema, e non perda di forza la loro lotta”.

E cioè un’azione di protesta cominciata in 50, lo scorso 9 giugno (per la maggior parte sudanesi ed eritrei, i primi a occupare la scogliera), proseguita in 200 (una volta che i massi sul mare dei Balzi Rossi sono diventati rifugio dove scappare dallo sgombero delle forze dell’ordine), “che continua con un grande ricambio e flusso di migranti: tanti ne arrivano, tanti se ne vanno – spiegano ancora i militanti di No Borders – e per cui diventa fondamentale organizzare iniziative come quella di oggi: eventi che rimarchino l’identità e il significato della lotta, e facciano capire al resto del mondo che l’emergenza potrà sembrare passata perché i media ne parlano meno, ma il problema rimane”.

L’orrore rimane: – attaccano in inglese gli ultimi arrivati tra i “resistenti”– siamo in Europa, il nostro cellulare dice che siamo già in Francia, ma siamo come prigionieri, e non ci è permesso di andare oltre”. A raggiungere famiglie, amici, lavori, sogni e futuro.
E allora ecco che per i ragazzi di Ventimiglia diventa importante continuare la lotta pacifica di questo mese e mezzo, al di là delle difficoltà delle giornate che scorrono lentissime e della “felicità per chi in qualche modo riesce a passare in Francia, e trova la possibilità di farsi un futuro”. “Tra i 60 che sono oggi accampati qui, forse solo 2 o 3 c’erano anche un mese fa – rivelano i volontari dei centri sociali del territorio, che stanno passando l’estate sugli scogli – e il fatto che lo slogan dei primi giorni sia diventato un simbolo della protesta anche per chi è arrivato dopo, è una cosa troppo importante. Aiuterà a dare identità e continuità al loro, nostro messaggio”.

Un messaggio diventato uno slogan, “We are not going back”, ideato da Ibrahim, somalo, 16 anni e poco più, che da qualche giorno è arrivato a Nizza, dove spera di trovare un lavoro regolare, e non essere ricacciato indietro. “Un messaggio di speranza e battaglia che abbiamo voluto riprendere – continuano i Têtes de Bois – perché come artisti abbiamo il dovere di farlo conoscere e portarlo in giro per il mondo”. “Oggi l’abbiamo musicata e cantata insieme a questi ragazzi arrivati da lontano: – è la promessa di Satta e Pelini – ora ne faremo una canzone, una storia da raccontare, una work song che quest’estate porterà Ventimiglia in tournée”.

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