martedì 17 marzo 2015

pc 17 marzo - L'anello di congiunzione del sistema TAV


11014279_971746749511550_4390246229875306091_nRipubblichiamo un articolo di Claudio Giorno (che ringraziamo) scritto per Carta e pubblicato su notav.info il 14 maggio 2010, che letto oggi ha un taglio non solo attuale ma addirittura profetico viste le vicende recenti. Ieri abbiamo pubblicato un documento richiesta ad Incalza, scritto da Ltf per richiedere 21 milioni di euro per il cantiere (a dimostrazione del ruolo di Incalza del quale i sitav nostrani non fanno menzione), ma quello non è l’unico e neanche il più importante ruolo avuto da ercolinosempreinpiedi nella Lyonturin: pur prescindendo dal fatto che quasi tutte le conferenze dei servizi, delibarazioni CIPE di approvazione/finanziamento della Grandeopera nostrana sono state istruite e/o presiedute da lui c’è il fatto riportato dall’articolo che ripubblichiamo di seguito, quando  in occasione di una delle periodiche cadute in disgrazia da ruoli più importanti fu “parcheggiato” proprio nella STRUTTURA ECONOMIA E FINANZA della Commissione intergovernativa della Lyonturin! Vale a dire nella struttura chiave per mandare avanti il progetto falsificando dati di traffico, costi e ricavi. (il passaggio citato è in neretto)

Ercole Incalza, il grande sacerdote delle grandi opere
Claudio Giorno (No Tav per Carta )-Il ministro delle Infrastrutture Matteoli ha annunciato oggi il via libera del Cipe a un «corposo programma» di 11 miliardi di euro per le grandi opere. Nel frattempo si allargano le indagini sugli appalti, e nel mirino dei giudici c’è Ercole Incalza, collaboratore di Matteoli che sarebbe stato il beneficiario di un’altra operazione immobiliare dell’architetto Angelo Zampolini, sospettato dalla Procura di Perugia di essere il prestanome dell’imprenditore edile Diego Anemone. Di seguito, un suo ritratto
Proprio oggi, mentre si rincorrono voci sulla lista dei beneficiari del faccendiere Anemone [dal vicepresidente del Csm alla moglie di Bertolaso] e mentre si parla di dimissioni [sarebbe la prima volta] di Ercole Incalza dal ministero di Matteoli, il Cipe delibera 11 miliardi di grandi opere. Diciamo subito che non c’è, negli elenchi fin qui trapelati, neanche un cent per la Torino-Lione. I soldi – prevalentemente a debito – spostati alla bisogna riguardano progetti, quarte corsie, segmenti di Tav e persino [non resta che sperare che sia vero] qualche spicciolo per evitare che le scuole continuino a crollare addosso agli studenti. È la solita grande abbuffata per ingegneri e architetti. Solo che questa volta potrebbe essere dispensata, ironia della sorte, in assenza proprio del Grandesacerdote delle grandi opere: Ercole Incalza, architetto e ingegnere.
Tornato suo malgrado agli onori della cronaca per un alloggetto acquistato [a sua insaputa?] per la figlia, Incalza è un personaggio poco noto al grande pubblico, ma che riveste da trent’anni ruoli chiave nella ideazione e approvazione di quelle opere che nel nostro bel paese arrivano a costare fino a nove volte la media europea. Se ne può comunque abbozzare un ritratto partendo da una vecchia foto che ritrae il «nostro» un po’ defilato ma al tavolo di un convegno romano organizzato dai Verdi. L’immagine è del 22 marzo 1991. All’epoca – naturalmente – anche Incalza si dichiarava «di sinistra», e se si guarda bene lo si nota in buona compagnia: al suo fianco siedono altri due «sinistri» destinati di lì a poco a una brillante e ricca carriera: «Chiccotesta» e una allora giovanissima Mercedes Bresso. Nel 1991 l’archingegnere è al Cipet [l’inutile Comitato interministeriale della programmazione economica dei trasporti] con il collega Giuseppe Sciarrone [che ritroveremo assieme a Emilio Maraini, Cesare Vaciago e altri alla corte di Lorenzo Necci, grande artefice della Tav all’italiana].
Nel 1994 scende in campo Berlusconi, che in una indimenticata serata presso il maggiordomo di regime Bruno Vespa presenta al pubblico l’uomo destinato a dare una svolta all’Italia immobile e in
crisi d’astinenza da calcestruzzo: l’ingegner Pietro Lunardi [anche lui ricomparso in questi giorni, dopo un ingeneroso oblìo, grazie alle agende di Anemone]. Grazie a Lunardi, che finalmente fonde trasporti e lavori pubblici in un unico e ricco ministero, quello delle infrastrutture, Ercole Incalza viene promosso consigliere del ministro con delega ai rapporti internazionali, per cui si insedia anche nella commissione Van Miert dell’Unione europea, una delle tante destinate ad accanirsi terapeuticamente al capezzale della rete dei trasporti transeuropea Ten-t. E sempre grazie a Lunardi, Incalza entrerà nel marzo del 2006 nel consiglio d’amministrazione del «metrò del formaggio» cui lo stesso Incalza dovrà destinare i fondi, mettendosi un po’ il cappello governativo Cipe e un po’ il berretto parmigiano.
Ma, tornando agli anni d’oro di Necci, è lui che lo nomina amministratore delegato di Tav SpA, ed è per aver ricoperto quel ruolo che il 7 febbraio 1998 [come ricorda Alberico Giostra su Diario nel 2004] l’archingegnere, già implicato negli scandali delle opere fantasma di Italia 90, viene arrestato su mandato dei giudici di Perugia.
È accusato di concorso in corruzione insieme a Necci, Pacini Battaglia, Maraini: avrebbe corrotto l’ex capo dei gip di Roma Squillante e il pm Giorgio Castellucci, che dovevano indagare sulla Tav. Incalza e Maraini avevano affidato per quattro anni consulenze miliardarie a tre avvocati amici di Castellucci: Di Amato, Grollino e Petrelli. Secondo i giudici, Incalza faceva parte integrante di quella «struttura bene organizzata composta da manager pubblici e privati» che manipolava gli appalti per «creare fondi extracontabili per erogare tangenti verso il potere politico che quei vertici avevano sponsorizzato e verso gli stessi amministratori pubblici per garantire il loro illecito arricchimento». Insomma il sistema Tav proprio come fu ideato da Necci e Pacini.
Ma la sua carriera non subisce danni rilevanti, se è vero come è vero che la sera dopo l’allora ministro dei trasporti, Claudio Burlando, attacca la conduttrice del Tg3 Bianca Berlinguer che gli chiede conto della mancata pulizia nei vertici Fs e Tav SpA dopo gli scandali, definendola «male informata» e garantendo che nessuno dei chiacchierati Necci boys aveva più incarichi delicati nelle ferrovie. Grazie alla documentazione inviata tempestivamente dal Comitato Habitat della Valle di Susa, la conduttrice potrà replicare la sera successiva, dando conto della nomina recente del signor Ercole Incalza «a presidente del gruppo di lavoro economia e finanza della Commissione intergovernativa italo francese per la realizzazione del tunnel da 54 Km sotto le Alpi, che lo stesso ministro Ds aveva affermato potesse costare anche più dei 15 mila miliardi di lire ipotizzati inizialmente e a totale carico dei cittadini».
Il [breve] ritorno di Prodi al governo del paese non causa il benché minimo danno al «nostro» Incalza. Che del resto, come ricorda il giudice Ferdinando Imposimato nel libro «Corruzione ad alta velocità», aveva tirato abilmente in ballo il primo ministro in persona, che «nella sua qualità di presidente dell’Iri aveva dato il benestare all’aggiudicazione dei lavori a società quantomeno sospette, certamente in odore di Camorra, stando almeno a quanto emergerà dal rapporto dello Sco e alle indagini della procura di Napoli» [dall’audizione dell’amministratore delegato della Tav, ingegner Ercole Incalza, alla Commissione antimafia il 14 settembre 1995, ndr]. E ancora, Imposimato ci svela in questi giorni in un articolo pubblicato su «la Voce» che «a tutto questo occorre aggiungere un dato inquietante. Riguarda il record che detiene l’Italia nelle violazioni di direttive europee in materia di appalti per le grandi opere pubbliche. E ancora un volta l’imbroglio non sarebbe mai scoppiato con il controllo dell’opposizione, compresa l’Italia dei Valori. Ha fatto bene Salvatore Borsellino a lasciare Antonio Di Pietro, che predica bene e razzola male». Si capisce facilmente perché neanche l’ex pm più feroce d’Italia, nelle due volte che si è seduto sulla poltrona di ministro delle grandi opere, si sia accorto di avere a che fare con un responsabile quantomeno discutibile, stabilmente sistemato in ruoli chiave nel suo dicastero…
Ma ci vorrà l’arrivo in piazza della Croce rossa del «federale della Maremma», Altero Matteoli [oggi definitivamente sdoganato dal Cavaliere in chiave anti Fini] perché Ercole Incalza torni al vertice del ministero delle infrastrutture e dei trasporti e faccia incetta degli incarichi più rilevanti, e addirittura assuma direttamente la responsabilità di scegliere le opere da inserire nella «legge Obiettivo» e di tutto quanto c’è di più delicato proprio in materia di appalti.
Tutto si può dire di questo bi-laureato tranne che non sia riconoscente: se si visita il sito della fondazione Lorenzo Necci [alzi la mano chi sapeva della sua esistenza], destinata a perpetuare ai posteri la memoria di cotanto manager, Incalza si trova nel comitato d’onore, orgogliosamente seduto tra Gianni De Michelis e Paolo Cirino Pomicino [gli altri sono: Enrico Cisnetto, Paolo Costa, Gianluigi da Rold, Francesco Gironda, Emiddio Novi, Nicola Piepoli, Giuseppe Sciarrone, Giuseppe Smeriglio, Stefano Spinelli, Cesare Vaciago].

Incalza e l’illegittimo utilizzo della Legge Obiettivo per il mantenimento dell’appalto del 2005 per il tunnel di Venaus

 L’arresto di Incalza, già capo di Struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture deve porre in evidenza il ruolo determinante di questa struttura – e del suo capo, Incalza –  nella questione riferita all’illegittima applicazione della Legge Obiettivo per i Lavori a Chiomonte del tunnel geognostico della Nuova Linea Torino Lione.
In particolare fu proprio una nota – n. 35092 dell’8 settembre 2009 – del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Struttura tecnica di missione – Settore tecnico che, rispondendo a specifico quesito di LTF, attestava che
Nell’Allegato Infrastrutture al 7° DPEF 2010-2013, sui il CIPE ha espresso parere il 15 luglio u.s., l’intendimento di prevedere la realizzazione del collegamento ferroviario Torino-Lione tra le opere strategiche (N.d.r. c.d. Legge Obiettivo) risulta desumibile dall’esplicito richiamo, riferito al Sistema dei valichi, riportato in nota a margine delle tabelle relative agli interventi del Piano Infrastrutture strategiche. Dalle considerazioni sopra rappresentate consegue che la disciplina normativa applicabile è costituita dalle disposizioni di cui alla parte II, titolo III, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e che, nello specifico, per il cunicolo esplorativo della Maddalena, trovi applicazione l’art. 167, comma 5 e l’art. 168.
Tale nota della Struttura tecnica di Missione indicava due circostanze “errate” (per evitare altre tipologie di aggettivi)
  • che l’iter amministrativo della nuova linea ferroviaria Torino-Lione non fosse mai uscito dal regime della c.d. legge obiettivo
  • che l’allegato infrastrutture al 7° DPEF 2010-2013 indicasse che la Torino Lione fosse ricompresa nelle infrastrutture strategiche di cui alla Legge Obiettivo.
Vero invece che:
  • l’opera della Torino Lione venne esclusa dal novero delle infrastrutture strategiche, come di seguito riportato:
  1. in data 29 giugno 2006 il Tavolo Politico presso la Presidenza del Consiglio decise il trasferimento del progetto Torino Lione dalla c.d. Legge Obiettivo alla procedura ordinaria; tale circostanza si rinviene dalla domanda di finanziamento all’UE del Ministero Infrastrutture del 17.7.2007 (parte A pag. 24 e 25);
  2. in data 23.08.2007 il Consiglio di Stato Sezione 6 Sentenza 23.08.2007, n. 4482 accerta l’uscita dell’opera Torino Lione dal novero delle opere strategiche ex L. 443/2001 e ricondotta alla procedura ordinaria;
  3. la stessa Lyon Turin Ferroviaire (LTF), promotrice dell’opera, con le 100 risposte alle 100 critiche (vedi pag. 31 punto 58) riconosce l’uscita l’esclusione della Torino Lione dalle opere strategiche di cui alla legge obiettivo http://www.ltf-sas.com/upload/italien/100ragioni230307web.pdf ; ma e Ltf ha rimosso il file pdf dalla pagina web http://www.ltf-sas.com/upload/italien/100ragioni230307web.pdf (file citato nella pagina web di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/No_TAV in nota 57^ Lyon Turin Ferroviaire, Contributo al dibattito sulla Torino-Lione: 100 riposte a 100 critiche (PDF). URL consultato il 28 dicembre 2012. Con l’utilizzo di un sito che immagazzina le pagine web (anche quelle eliminate) sono risalito all’ultimo screenshot della pagina web del 6.1.2014 (contenente il file ora non più visibile) http://web.archive.org/web/*/http://www.ltf-sas.com/upload/italien/100ragioni230307web.pdf  ora il file pdf lo si trova qui http://web.archive.org/web/20140106183201/http://www.ltf-sas.com/upload/italien/100ragioni230307web.pdf
  4. con delibera del CIPE n. 10 del 6.3.2009 (pag. 3 e 4) viene indicato lo stralcio del Tav Torino Lione dalla opere strategiche di cui alla c.d. Legge Obiettivo;
  5. scheda dell’ Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (AVCP) Torino Lione pag. 3 http://www.avcp.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/infrastrutture/2011scheda_002.pdf viene riportata l’esclusione del Tav Torino Lione dal novero delle opere strategiche di cui alla Legge Obiettivo:
  6. il 6° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture n. 268/3 – Tomo I del 5 Settembre 2011  avente ad oggetto l’attuazione della “legge obiettivo”, con riferimento al Nuovo collegamento ferroviario Transalpino Torino-Lione, così riporta a pag. 35 del file (pag. 15 numero pagina in calce):
  • proprio nel documento citato dalla nota in questione (Allegato al 7° DPEF 2010-2013 ) è indicato in modo esplicito l’esclusione del Tav Torino Lione dal novero delle opere strategiche di cui alla Legge Obiettivo. Il predetto documento venne stato approvato dal CIPE con delibera n. 52 del 15 luglio 2009, pubblicato in G.U. il 21.1.2010 (Supplemento ordinario n. 14 Serie generale – n. 16 ); la predetta indicazione si rinviene nelle note a pag. 77, 86, 92, e 132 dell’allegato al 7° DPEF (note riferite all’asterisco delle tabelle 4, 7, 8 e 14 alla voce “Sistema Valichi”) è scritto esattamente il contrario di quanto attestato nella missiva ministeriale ché la citata nota in margine alle tabelle recita testualmente: «alla voce valichi sono comprese le opere ricusate dalla Corte dei conti ma non è compresa la Torino Lione».
Tale nota ha indotto in errore persino il Tar Lazio che, nella propria  sentenza 02372-2014 04637-2011 Reg. Ric., riferita al ricorso della Comunità Montana sull’illegitima applicazione della Legge Obiettivo al Tunnel Geognostico della Maddalena,  ha rigettato il ricorso appiattendosi alla nota predetta della Struttura tecnica di missione –  presieduta da Incalza – sostenendo che proprio dall’ Allegato al 7° DPEF 2010-2013 si rinveniva che l’opera fosse normata dalla Legge Obiettivo, consentendo, pertanto, il mantenimento dell’appalto, vinto da Venaus Scarl nel 2005 riferito al tunnel di Venaus, opera, di fatto abbandonata.
Se si fosse applicata la normativa ordinaria oggi non ci sarebbe il cantiere di Chiomonte….
Avv.Massimo Bongiovanni

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