È legato a doppio filo all’idea di guarigione e di ripresa della quotidianità, con quello che si faceva prima... La pensa così la metà delle lavoratrici intervistate nell’indagine «Tumore al seno: il rapporto lavoratrice-azienda e il rientro post malattia», condotta da Europa Donna Italia in collaborazione con l’istituto di ricerca Euromedia Research... attraverso l’intervista a 122 lavoratrici e 21 aziende...
Dall’indagine emergono tre grossi problemi che aggravano il peso della malattia per le donne: il
difficile accesso alle informazioni sui propri diritti, un quadro normativo frammentato in una miriade di leggi e di contratti collettivi, la difficoltà di conciliare i tempi di lavoro e di cura...

La diagnosi di tumore al seno riguarda ogni anno oltre 40mila donne. Esclusi i carcinomi della pelle, è la neoplasia che più colpisce le donne: in pratica, un tumore maligno su tre è alla mammella. L’età della malattia tende a coincidere sempre più con la fase piena della vita lavorativa: i tumori della mammella sono quelli più frequenti per le donne sotto 49 anni (41%), per quelle tra 50 e 69 anni (36%), per le over 70 (21%)...
Dall’indagine emerge che poco più di un’azienda su tre, fra quelle intervistate, si dichiara impegnata in iniziative specifiche di sensibilizzazione: campagne informative, giornate di prevenzione, formazione con esperti, visite annuali...

Il tempo per le cure
Sul fronte delle cure, l’indagine rivela che non è ancora abbastanza tutelato il tempo per le terapie e per il recupero dopo la malattia. «Il periodo di comporto, i congedi e i permessi tutelano la lavoratrice al massimo per due anni, mentre gli indicatori scientifici rivelano che la donna colpita dal tumore al seno può dichiararsi guarita dopo cinque anni dalla diagnosi. Le stesse cure si protraggono oltre i due anni».
Proprio perché il tempo è una risorsa preziosa per conciliare il lavoro e le cure, una lavoratrice su cinque delle intervistate pensa che nelle regole ci voglia più flessibilità...
Un’esigenza forte sottolineata dalle donne (47,6% delle intervistate) è quella di trovare più facilmente le informazioni necessarie a far fronte alla malattia e a far valere i propri diritti. Le intervistate chiamano in causa l’Inps, il personale medico e le strutture sanitarie (Asl, medici di base, ospedali), che spesso dimostrano di non conoscere a sufficienza le leggi a tutela delle lavoratrici malate di tumore...

La traduzione in pratica delle regole che tutelano la lavoratrice soprattutto dopo il tumore al seno non è sempre in discesa... quasi il 24% dichiara di aver subito penalizzazioni dall'azienda per cui lavora...

LA RISPOSTA DEL GOVERNO
Potrebbe essere l’attuazione del Jobs act il “treno” su cui far salire una maggiore flessibilità delle mansioni, anche a beneficio delle lavoratrici che hanno avuto una diagnosi di tumore al seno.
La seconda parte della legge delega di riforma del lavoro 183/2014 (articolo 1, comma 7) prevede infatti che la disciplina delle mansioni sia rivista, «in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale (...) contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento».
Questa norma... potrebbe essere infatti ampliata, pensando ai lavoratori che si sono trovati in passato o che si trovano ad affrontare oggi un tumore...
La possibilità di essere assegnate a mansioni diverse, compatibili con una ridotta capacità lavorativa sul piano fisico e psicologico, anche per un periodo limitato di tempo, consentirebbe infatti all’azienda di non rinunciare al contributo e all’esperienza della lavoratrice e alla donna di riprendere il ritmo “ordinario” del lavoro con più gradualità..."