giovedì 8 gennaio 2015

pc 8 gennaio - SYRIZA: MA QUALE "SINISTRA ESTREMA"...

Un articolo di Alessandro Robecchi intitolato: "C'è sinistra in Grecia e Spagna ma noi la chiamiamo "estrema""- fatto da parte sua al fine di "rassicurare" i governi europei - dà un quadro di ciò che è in realtà Syriza (e Podemos in Spagna), una forza socialdemocratica, riformista, che non ha alcuna intenzione e programma di lottare contro l'Europa imperialista. Tanto per la chiarezza....

Dall'articolo - "...I programmi economici di Syriza e di Podemos non contengono nemmeno un punto che già non si sia visto, o teorizzato, o sostenuto in decine di programmi della sinistra storica. Più
stato, meno mercato senza vincoli, rinegoziazione del debito, maggiori controlli su finanza, riduzione della forbice tra classi sociali, pressione fiscale molto progressiva con più tasse sui redditi alti e i gradi patrimoni eccetera eccetera, fino alla pensione a sessant’anni... è indiscutibile che si tratti di politiche economiche con una netta connotazione di sinistra. Cosa ci sia di così estremo non si capisce...
...resta il fatto che ci sono oggi due sinistre assai differenti: una che propone un’accelerazione verso politiche sociali di redistribuzione e l’altra che gestisce in qualche modo la status quo europeo dell’austerità, pur fingendo di borbottare e di dolersi delle stesse politiche che sostiene. Nel programma di Syriza, per esempio, non c’è né l’uscita dall’euro né l’uscita dall’Europa. Le 35 ore settimanali proposte da Podemos furono una bandiera della Francia di Mitterrand. Usare la parola “estremo” per spaventare, manco fossimo ancora ai cavalli cosacchi e al Grande Timoniere non è una grande idea, o perlomeno non così nuova. Pure, resta questa faccenda della sinistra “estrema” e si sottende così poco responsabile, poco allineata, chissà dove andremo a finire signora mia, e tutto il corollario delle paure, comprese le Borse che tremano perché finalmente qualcuno dice forte che si può avere anche un’altra idea di Europa. Presto per dire... Perché il nuovo di cui tanto si parla si affanna a tenere le cose più o meno come stanno, mentre a sinistra succede qualcosa di nuovo. Che non è nemmeno tanto “estremo”.

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