mercoledì 14 gennaio 2015

pc 14 gennaio - COORD. NAZ. SLAI COBAS SC 3° parte - DECRETO ILVA-TARANTO, ARTICOLO PER ARTICOLO

Decreto Ilva-Taranto: "fumo", e peggioramento, per gli operai e la popolazione di Taranto, "arrosto" per i padroni... con i soldi pubblici.



Un decreto da un lato fondato sulla sabbia, dato che con la forzatura e/o violazioni di leggi fatte (dalla "Marzano", alle norme europee, alle stesse leggi poste a tutela della proprietà privata) può franare da un momento all'altro per intervento della Comunità europea e della stessa proprietà Riva; dall'altro, come e peggio dei precedenti 6 decreti, è fatto soprattutto al servizio dei padroni e unicamente a difesa degli interessi del profitto padronale, con soldi pubblici. Questo decreto dimostra che le leggi si possono bellamente stravolgere, violare se questo serve ai padroni, mentre sono inamovibili quando devono essere cambiate per difendere lavoratori e masse popolari. Il decreto dice chiaramente che lo "scopo è di garantire la prosecuzione dell’attività produttiva... che le risorse aziendali siano prioritariamente destinate a tale scopo" Quindi, altro che risanamento, ma una tenuta dello stabilimento per garantirne la svendita ai privati!



All'art. 1 il decreto, in merito alla difesa del lavoro degli operai Ilva e appalto, parla solo di “garanzia di adeguati livelli occupazionali” che deve dare l'affittuario o l'acquirente,
quindi non dà certezza sul mantenimenti degli attuali posti di lavoro. Poi “adeguati” a che? alle esigenze produttive e di mercato dell'Ilva, che in regime di amministrazione straordinaria non possono dare garanzia di salvaguardia di tutti i posti di lavoro, né dei salari e diritti acquisiti. Anzi, nelle dichiarazioni di Renzi, si fa esplicito riferimento al "modello Alitalia" che ha significato tagli dei posti di lavoro, che per l'Ilva sarebbero migliaia.

A questo va aggiunto che quasi di soppiatto nel comma 5 di questo articolo si parla anche di affitto o cessione di “rami di azienda” - lasciando qui aperta la strada a dividere l'Ilva in “new company” e “bad company”, per dare ai privati il buono che dà profitti e lasciare in un bidone vuoto ciò che sono costi.



Sull'Aia, il decreto all'art. 2, impone una immodificabilità in meglio delle prescrizioni Aia scrivendo che “Il rapporto di valutazione del danno sanitario non può unilateralmente modificare le prescrizioni dell'Aia in corso di validità” ; ma nello stesso tempo il governo in varie dichiarazioni ha detto che le prescrizioni possono eccome essere riviste e ridimensionate in peggio come chiedono i nuovi padroni.

Impunibilità del commissario sul piano ambientale. Sempre l'art. 2 – quasi di straforo, alla fine – pone questa grave questione che rasenta l'incostituzionalità e comunque è in aperta violazione di tutte le norme sulla responsabilità penale su questioni di sicurezza-salute. Si scrive che si “esclude la punibilità delle condotte poste in essere in attuazione del piano”. Quindi il commissario può fare e soprattutto non fare o fare male e non è responsabile penalmente, lui e tutti gli altri “soggetti da questo funzionalmente delegati”. L'articolo dice praticamente che l'Ilva non è “terreno per i giudici”, che questi e la legge devono rimanere alle porte della fabbrica, così come le ispezioni, controlli. E, per uno stabilimento come l'Ilva, con record di infortuni, morti, ammalati, questo è né più né meno una sorta di nuova licenza di uccidere.

Sui tempi, l'art. 2 dice che entro il 31 luglio 2015 devono essere realizzate “almeno l'80% delle prescrizioni scadenti in quella data”, mentre sul restante 20% non detta tempi. Nonostante che proprio in questo 20% c'è la copertura del parco minerali e gli interventi in agglomerato cokeria altiforni, entrambi scadenti a ottobre. Quindi, si escludono, rimandandoli a tempi indefiniti, proprio gli interventi nelle aree più a rischio salute, e chiaramente più onerosi! Che questo comporterà altri malati e morti per tumore, compresi i “famosi bambini” di Renzi, non gliene può fregar di meno al Governo e a tutti i suoi plaudenti.



Ma se c'erano dubbi sulla natura di questo decreto, questi vengono sciolti all'art. 3 dalla questione dei fondi. In totale per le bonifiche in città, per il Porto, Arsenale, per l'Ilva, Renzi ha parlato di 2 miliardi di euro! Una miseria! Questi soldi al massimo servono per pagare le banche creditrici e assicurare la mera continuità produttiva dell'Ilva. Non ad altro! Solo per l'attuazione dell'AIA, a detta degli stessi commissari Ilva, ci vuole 1,8 miliardi! Bondi, poi, indicò in 3 miliardi le necessità. Per non dire che la Giud. Todisco quantificò in più di 8 mld quanto sarebbe stato necessario per la bonifiche, non fatte, di impianti e aree.

Venendo nel merito. L'art. 3 indica le risorse finanziarie, che il commissario straordinario deve gestire. Primo, nei famosi 1 miliardo e 200 milioni sequestrati ai Riva, ma tuttora oggetto di ricorsi giudiziari e quindi inutilizzabili; secondo, “in altre contabilità aperte (da anni) presso la tesoreria statale” non ben quantificate e specificate; terzo, nelle somme rinvenienti dalla sottoscrizione con Fintecna spa di “un atto convenzionale di liquidazione dell'obbligazione del contratto di cessione dell'Ilva”.

Nulla stabilisce per requisire i fondi dei Riva dei paradisi fiscali, facendo un regalo ai padroni assassini.



All'art. 5 viene soprattutto istituito l'ennesimo Tavolo istituzionale; lì dove sappiamo bene quanto nulla anche nel recente passato abbiano prodotto in termini di interventi effettivi e utili questi mega Tavoli.



L'art. 6 è dedicato al Programma per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto. Qui non poteva essere più generico! Si parla solo di “programma di misure” senza indicare quali, i tempi sono indefiniti ma la dizione: “medio e lungo termine” lascia presagire tempi lunghissimi e non controllabili; si usano poi tutta una serie di termini attenuativi: ”un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente”, “mitigare le criticità” ma... salvaguardando “la competitività delle imprese”, che mostrano che in realtà è decisamente poco quello che si intende fare. Per quanto riguarda le risorse economiche da impiegare, poi, queste vengono raccattate da vari fondi e non quantificate.

Sul fronte bonifiche, in realtà il decreto non dice nulla su ciò che era già previsto ma non ancora all'opera, in particolare ai Tamburi, Cimitero, Mar piccolo. E invece di andare nettamente più avanti nei lavori da realizzare, nei fondi da impegnare, nei tempi urgenti del programma di interventi, va indietro, riparte da zero, scrivendo che da questo decreto “il commissario straordinario... è incaricato di predisporre un programma di misure per la bonifica, ambientalizzazione, riqualificazione dell'intera area di Taranto, dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale...”. Questo porta come minimo ad un allungamento infinito dei tempi.



L'Art. 7 che affronta la questione del Porto, la sua vaghezza sembra fatta apposta, in essa ci entra eccome, sia pur dalla finestra, "Tempa Rossa", e su questo la formula introdotta di una sorta di "silenzio-assenso", da parte delle Istituzioni locali dopo 30 giorni dalla richiesta del Commissario straordinario, serve per scavalcare qualsiasi parere contrario.



L'art. 8 parla della valorizzazione della città e dell'Arsenale, per lo sviluppo dei beni culturali e turismo, ma qui ciò che appare certo sono i vari e contorti passaggi burocratici, con la lungaggine delle procedure; mentre i fondi restano incerti. Teniamo conto che una parte di essi erano già stati stanziati e sono insufficienti e il loro utilizzo non dà alcuna garanzia di ricaduta occupazionale, ambientale, turistico sulla città.

Sull'Arsenale, poi si va decisamente indietro. Tutte le aree occupate restano dell'Arsenale. Quindi viene azzerata ogni previsione di restituzione alla città anche di una parte di queste aree. E sotto l'ipocrito progetto di valorizzazione culturale e turistica (?) dell'Arsenale, di fatto con questo decreto si punta ad incrementare la sua funzione militare-bellica (non è un caso la presenza nel Tavolo istituzionale della Ministra delle Difesa).

Infine il 'centro di ricerca per i tumori infantili' nell'ospedale di Taranto, spacciato come fiore all'occhiello del "cuore" di Renzi, è semplicemente sparito dal decreto. D'altra parte sarebbe un ben misero provvedimento a fronte della richiesta di una nuova struttura ospedaliera specializzata; un provvedimento ipocrita nel momento in cui il decreto riduce gli interventi di bonifica, ridimensiona l'Aia, allunga i tempi.



In conclusione, un decreto che dichiara esplicitamente che lo Stato borghese l'unica nazionalizzazione che fa è per socializzare le perdite e privatizzare i profitti; con Riva lasciato in pace e i lavoratori e la popolazione inquinata gabbati.

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