giovedì 7 agosto 2014

pc 7 agosto - 66 anni di silenzio- OMAGGIO A GAZA E AI PALESTINESI, una poesia di Mahmoud Darwish

Silenzio per Gaza
Mahmoud Darwish *

Si è legata l'esplosivo alla vita e si è fatta esplodere.
Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
E' il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.
Da quattro anni, la carne di Gaza schizza schegge di granate da ogni direzione.
Non si tratta di magia, non si tratta di prodigio.
E' l'arma con cui Gaza difende il diritto a restare e snerva il nemico.
Da quattro anni, il nemico esulta per aver coronato i propri sogni, sedotto dal filtrare col tempo, eccetto a Gaza.
Perché Gaza è lontana dai suoi cari e attaccata ai suoi nemici, perché Gaza è un'isola.
Ogni volta che esplode, e non smette mai di farlo, sfregia il volto del nemico, spezza i suoi sogni
e ne interrompe l'idillio con il tempo.
Perché il tempo a Gaza è un'altra cosa, perché il tempo a Gaza non è un elemento neutrale.
Non spinge la gente alla fredda contemplazione, ma piuttosto a esplodere e a cozzare contro la realtà.
Il tempo laggiù non porta i bambini dall'infanzia immediatamente alla vecchiaia, ma li rende uomini al primo incontro con il nemico.
Il tempo a Gaza non è relax, ma un assalto di calura cocente.
Perché i valori a Gaza sono diversi, completamente diversi.
L'unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all'occupante.
Questa è l'unica competizione in corso laggiù.
E Gaza è dedita all'esercizio di questo insigne e crudele valore che non ha imparato dai libri
o dai corsi accelerati per corrispondenza, né dalle fanfare spiegate della propaganda
o dalle canzoni patriottiche.
L'ha imparato soltanto dall'esperienza e dal duro lavoro che non è svolto in funzione della pubblicità
o del ritorno d'immagine.
Gaza non si vanta delle sue armi, né del suo spirito rivoluzionario, né del suo bilancio.
Lei offre la sua pellaccia dura, agisce di spontanea volontà e offre il suo sangue.
Gaza non è un fine oratore, non ha gola.
E' la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il sudore, le fiamme.
Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue.
Per questo, gli amici e i suoi cari la amano con un pudore che sfiora quasi la gelosia e talvolta la paura, perché Gaza è barbara lezione e luminoso esempio sia per i nemici che per gli amici.
Gaza non è la città più bella.
Il suo litorale non è più blu di quello di altre città arabe.
Le sue arance non sono le migliori del bacino del Mediterraneo.
Gaza non è la città più ricca.
(Pesce, arance, sabbia, tende abbandonate al vento, merce di contrabbando,
braccia a noleggio.)
Non è la città più raffinata, né la più grande, ma equivale alla storia di una nazione.
Perché, agli occhi dei nemici, è la più ripugnante, la più povera, la più disgraziata,
la più feroce di tutti noi.
Perché è la più abile a guastare l'umore e il riposo del nemico ed è il suo incubo.
Perché è arance esplosive, bambini senza infanzia, vecchi senza vecchiaia, donne senza desideri.
Proprio perché è tutte queste cose, lei è la più bella, la più pura, la più ricca, la più degna d'amore tra tutti noi.
Facciamo torto a Gaza quando cerchiamo le sue poesie.
Non sfiguriamone la bellezza che risiede nel suo essere priva di poesia.
Al contrario, noi abbiamo cercato di sconfiggere il nemico con le poesie, abbiamo creduto in noi
e ci siamo rallegrati vedendo che il nemico ci lasciava cantare e noi lo lasciavamo vincere.
Nel mentre che le poesie si seccavano sulle nostre labbra, il nemico aveva già finito di costruire strade, città, fortificazioni.
Facciamo torto a Gaza quando la trasformiamo in un mito perché potremmo odiarla scoprendo che non è niente più di una piccola e povera città che resiste.
Quando ci chiediamo cos'è che l'ha resa un mito, dovremmo mandare in pezzi tutti i nostri specchi e piangere se avessimo un po' di dignità, o dovremmo maledirla se rifiutassimo di ribellarci contro noi stessi.
Faremmo torto a Gaza se la glorificassimo.
Perché la nostra fascinazione per lei ci porterà ad aspettarla.
Ma Gaza non verrà da noi, non ci libererà.
Non ha cavalleria, né aeronautica, né bacchetta magica, né uffici di rappresentanza nelle capitali straniere.
In un colpo solo, Gaza si scrolla di dosso i nostri attributi, la nostra lingua e i suoi invasori.
Se la incontrassimo in sogno forse non ci riconoscerebbe, perché lei ha natali di fuoco e noi natali d'attesa e di pianti per le case perdute.
Vero, Gaza ha circostanze particolari e tradizioni rivoluzionarie particolari.
(Diciamo così non per giustificarci, ma per liberarcene.)
Ma il suo segreto non è un mistero: la sua coesa resistenza popolare sa benissimo cosa vuole (vuole scrollarsi il nemico di dosso).
A Gaza il rapporto della resistenza con le masse è lo stesso della pelle con l'osso e non quello dell'insegnante con gli allievi.
La resistenza a Gaza non si è trasformata in una professione.
La resistenza a Gaza non si è trasformata in un'istituzione.
Non ha accettato ordini da nessuno, non ha affidato il proprio destino alla firma né al marchio di nessuno.
Non le importa affatto se ne conosciamo o meno il nome, l'immagine, l'eloquenza.
Non ha mai creduto di essere fotogenica, né tantomeno di essere un evento mediatico.
Non si è mai messa in posa davanti alle telecamere sfoderando un sorriso stampato.
Lei non vuole questo, noi nemmeno.
La ferita di Gaza non è stata trasformata in pulpito per le prediche.
La cosa bella di Gaza è che noi non ne parliamo molto, né incensiamo i suoi sogni con la fragranza femminile delle nostre canzoni.
Per questo Gaza sarà un pessimo affare per gli allibratori.
Per questo, sarà un tesoro etico e morale inestimabile per tutti gli arabi.
La cosa bella di Gaza è che le nostre voci non la raggiungono, niente la distoglie.
Niente allontana il suo pugno dalla faccia del nemico.
Né il modo di spartire le poltrone del Consiglio Nazionale, né la forma di governo palestinese che fonderemo dalla parte est della Luna o nella parte ovest di Marte, quando sarà completamente esplorato.
Niente la distoglie.
E' dedita al dissenso: fame e dissenso, sete e dissenso, diaspora e dissenso, tortura e dissenso, assedio e dissenso, morte e dissenso.
I nemici possono avere la meglio su Gaza.
(Il mare grosso può avere la meglio su una piccola isola.)
Possono tagliarle tutti gli alberi.
Possono spezzarle le ossa.
Possono piantare carri armati nelle budella delle sue donne e dei suoi bambini.
Possono gettarla a mare, nella sabbia o nel sangue.
Ma lei: non ripeterà le bugie.
Non dirà sì agli invasori.
Continuerà a farsi esplodere.
Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.

* Silenzio per Gaza di Mahmoud Darwish 1973

pc 7 agosto - Concordia, dopo i morti e i danni la beffa - i padroni potranno smaltire liberamente i rifiuti della demolizione

Competitività, ‘emendamento Concordia’. Smaltire rifiuti? Basta una comunicazione
Un articolo del Decreto riesuma 5 emendamenti identici presentati da Pd, Fi, Ncd, Sci che declassano i rifiuti in Lista Verde, tra cui spiccano le "Navi ed altre strutture galleggianti destinate alla demolizione". Per conferire i materiali agli impianti basterà una semplice comunicazione entro 45 giorni. "Non si capisce chi lo ha scritto, forse una velina del ministero o di qualche impresa"


C’è anche un emendamento spolpa Concordia nel Decreto competitività votato con la fiducia alla Camera. Con l’arrivo al porto di Genova sono calati i riflettori ed è ufficialmente partita la corsa alle spoglie del relitto tristemente più famoso al mondo. Ferro, rame, componenti elettronici a tonnellate che, anche con la ruggine, valgono milioni. Solo le 50mila tonnellate di acciaio dello scheletro ne varrebbero almeno 13. Poi ci sono 1500 cabine, 13 ponti, un centro benessere da 2mila metri quadri, 13 bar, 5 ristoranti. Nella fase di smantellamento del relitto diventeranno tutti rifiuti e dovranno essere catalogati, classificati e separati da quelli non affini, per poi essere riciclati o recuperati. Restituiranno, tra gli altri, 2mila tonnellate di cavi elettrici e alternatori, mille di lana di roccia, 6mila tonnellate di componentistica di arredo. In altre parole, una miniera d’oro.
Non a caso il governo ha caldeggiato la possibilità di volgere la tragedia del Giglio in occasione di sviluppo per il Paese, creando proprio intorno a Genova un polo industriale dello smaltimento navale che possa rimettere in moto la cantieristica portando commesse, lavoro, soldi. Le migliori intenzioni, a volte, s’infrangono però sui dettagli: il relitto di una nave e le sue componenti, per legge, sono classificati come rifiuti pericolosi. Lo impone il regolamento comunitario 1013/2006 e lo stabilisce anche il D. Lgs 152/2006. Tutti i materiali, dunque, non solo il carburante residuo, gli oli, le morchie e i metalli pesanti nelle vernici che destano i timori degli ambientalisti.
Il problema è che il porto di Genova, vincitore nel derby nazionale con Piombino, può eseguire la sola demolizione e preparazione dei rifiuti. Il trattamento deve avvenire in impianti separati e muniti di apposita Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Certo non nel bacino di Riparazioni Navali della Porto San Giorgio, la società che insieme a Saipem si è aggiudicata il lavoro da 100 milioni e cui Costa ha trasferito l’intera proprietà del relitto, al prezzo simbolico di 1 euro. Nel bacino rimesso a nuovo sarà possibile solo la rimozione. A settembre, dunque, partiranno le gare per conferire i rifiuti agli impianti autorizzati che sono una cinquantina in tutta Italia, individuati per specifiche tipologie di rifiuto, e sono tutti soggetti a lunghe e complesse procedure di tutela ambientale: per avere un nullaosta, in alcuni casi, possono aspettare anche quattro anni. In questo quadro, si annunciano dunque tempi lunghissimi. E non solo per la Concordia, ma per tutta la nascente filiera nazionale dei disossatori di navi.
L’emendamento che semplifica la vita alle industrie
Ecco allora che viene in soccorso la politica. Lo fa con un emendamento, anzi una serie, che semplifica le procedure di smaltimento e spalanca le porte delle fonderie e delle discariche cui andranno conferiti, una volta separati, i materiali di recupero dei giganti del mare. Poche righe che fanno la differenza perché, senza darlo a vedere, di fatto declassano il relitto: da rifiuto pericoloso a rifiuto comune. Poche righe che più mani cercano in tutti i modi d’inserire nella prima legge utile. E alla fine, ce la fanno. Prima di arrivare al dl competitività ci provano con un disegno di legge del ministro Orlando sugli incentivi alla green economy. E’ qui che arrivano 
cinque emendamenti identici tra loro presentati da Pd, Fi, Ncd e Udc. A una prima lettura sembrano innocui. Risalendo però i riferimenti normativi citati e collocandoli dentro l’articolato di legge, si arriva dritto lì, a spalancare le porte a chi la Concordia se la mangerà a pezzi. Ecco come. 
Gli emendamenti all’art. 11 dicono tutti la stessa cosa: “La previsione di ulteriori semplificazioni amministrative per i rifiuti in Lista Verde individuati dal Regolamento UE n. 1013/2006 che possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nel rispetto del relativo BAT References, tramite la sola comunicazione da inoltrarsi 45 giorni prima dell’avvio dell’attività all’autorità ambientale competente. In tal caso i rifiuti saranno assoggettati al rispetto alle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione”.
Cosa significa? Per capirlo tocca scorrere la Lista Verde, dove sono riportati i codici dei singoli rifiuti. Ce ne sono diversi, dai circuiti elettronici alla fibra di vetro. Ma è difficile immaginare che i partiti abbiano fatto proprie le istanze dei produttori di “setole di cinghiale per pennelli”. La luce si accende con la sigla “GC030” che segna il punto: “Navi ed altre strutture galleggianti destinate alla demolizione, adeguatamente vuotate di qualsiasi carico e di altri materiali serviti al suo funzionamento che possono essere classificati come sostanze o rifiuti pericolosi”. E’ o non è il ritratto della Concordia e del suo infausto destino di carcassa da spolpare? Se lo era chiesto lo stesso relatore del Dl Orlando, Alberto Zolezzi (M5S) che ha alzato il ciglio davanti a quegli emendamenti fotocopia: ma dove vogliono arrivare?
Tocca girare la domanda all’unica associazione di imprese che si occupa in modo specifico di questa materia. “E’ una mia valutazione ma mi sembra evidente, visti questi elementi, che la semplificazione proposta sia finalizzata a far ottenere a questi impianti – tra cui forse proprio quelli gestiti dal gruppo Saipem – autorizzazioni semplificate e in tempi rapidissimi”, risponde Simona Giovagnoni, segretario generale dell’Associazione nazionale servizi ecologici portuali e Unione nazionale imprese per la tutela dell’Ambiente Marino. “Se si seguisse tutto l’iter autorizzativo ordinario previsto dall’applicazione del Dlgs. 152/2006 (testo unico ambientale) ci vorrebbero altri 4 anni per poter smaltire tutti i rifiuti derivanti dalla demolizione della Concordia. Quindi sì, quegli emendamenti fotocopia, a mio giudizio, c’entrano eccome con la vicenda Concordia”.
“Una velina dal Ministero”
E infatti lo spolpa Concordia ha avuto tanti padrini – e nessun padre – in Parlamento. E’ spuntato la prima volta in forma di ben 5 emendamenti, zeppi di firme, al disegno di legge Orlando (ddl n. 2093) che doveva contenere misure di incentivo per la green economy e semplificazioni per l’industria del riciclo. Poi il provvedimento, che doveva diventare un collegato ambientale alla Legge di Stabilità, si è arenato e molte disposizioni sono state traslate nel Decreto competitività (n. 91/2014). Qui gli emendamenti sono resuscitati, stavolta come articolo unificato: il 13 comma 8- septies. Identico, manco a dirlo, il testo.
E ora anche nella maggioranza qualcuno si sorprende, non cogliendo origine e finalità ipotizza che il testo sia arrivato per dettatura diretta dal ministero dello Sviluppo Economico, su pressione industriale. “Io non ho idea da dove arrivino quegli emendamenti uguali a se stessi, di forze politiche diverse, che fanno pensare ci sia stata un’associazione, qualcosa e qualcuno che ha spinto insistentemente in quella direzione”, ragiona il relatore al Dl ambientale Alberto Bratti (Pd), annunciando che li stralcerà dal collegato ambientale. Ma ormai la frittata (o il favore) è fatto: con la fiducia si dirà “sì” a tutto il pacchetto, “spolpa Concordia” compreso.

pc 7 agosto - La giunta Pisapia eredita 300 mila euro e anziché usarli per i lavoratori, per chi è senza una casa, li utilizza "al buio" in funzione Expo

Eredità da 300mila euro lasciata a Palazzo Marino, Pisapia: "Usiamola per i ciechi"

Il sindaco Giuliano Pisapia in soccorso del progetto del "mercato al buio" messo a punto per l’Expo del 2015 dall’Istituto dei Ciechi e fino a ieri escluso dalla kermesse per scelta della stessa società di gestione dell’evento

Milano, 7 agosto 2014 - Il sindaco Giuliano Pisapia in soccorso del progetto del «mercato al buio» messo a punto per l’Expo del 2015 dall’Istituto dei Ciechi e fino a ieri escluso dalla kermesse per scelta della stessa società di gestione dell’evento, impegnata a rivedere i costi della manifestazione. A quel progetto, secondo il primo cittadino, non si deve però rinunciare. «Mi ha molto colpito che i responsabili del Padiglione Italia abbiano allo stato deciso di proseguire con un progetto che è, invece, un’esperienza interessante e istruttiva. Sono convinto che troveremo una soluzione, il Comune è pronto a fare la propria parte».
Da qui la proposta: «L’assessore Pierfrancesco Majorino ha lanciato una consultazione on line per chiedere alla cittadinanza come investire i 300mila lasciati in eredità al Comune da Dario Granata. Bene, siccome anche il sindaco fa parte della cittadinanza — afferma Pisapia —, la mia indicazione andrà in questa direzione». Il primo cittadino non manca però di sottolineare che «meglio sarebbe se il Padiglione Italia decidesse di mantenere l’iniziativa, che ha un costo di circa 200 mila euro. Per chi è interessato che Expo non sia solo una vetrina di prodotto ma di idee e conoscenze — spiega il numero uno di Palazzo Marino — questo non è un progetto da abbandonare». «Qualora non ci fosse un ripensamento da parte del Padiglione — è la conclusione — noi faremo il possibile perché questa sia un’esperienza che possano fare tanti milanesi o i tanti turisti che verranno a Milano».
Effetto o no delle parole del sindaco, il ripensamento in serata si materializza: «Il percorso sensoriale “Mercato al buio” nel padiglione Italia si farà» garantisce Diana Bracco, commissario generale dello spazio espositivo tricolore, che incontrerà il prossimo 14 agosto Rodolfo Masto, Commissario dell’Istituto dei Ciechi. «Padiglione Italia continua a credere — fa sapere la Bracco — nella possibilità di realizzare il progetto di esplorare con tutti i sensi, esclusa la vista, gli odori e i rumori del mercato di Palermo raffigurato nella straordinaria opera La Vucciria di Renato Guttuso. Un’idea bellissima del nostro consulente artistico Marco Balich che mesi fa era stata proposta all’Istituto dei Ciechi di Milano». Il caso per ora sembra chiuso.
di Giambattista Anastasio

pc 7 agosto - Roma il rettore fà sgomberare gli spazii, ma invita Schettino a fare il "professore"

Università La Sapienza, il Rettore Frati fa sgomberare gli spazi autogestiti

Ieri il Rettore dell'Università di Roma La Sapienza ha dato ordine di sgomberare diversi spazi occupati e autogestiti nati dalle lotte di questi anni e che animano l'ateneo della capitale. Tra questi anche il Lucernario Occupato, già oggetto di un tentativo di sgombero nei mesi scorsi e poi subito rioccupato. Un'operazione vigliacca che arriva in piena estate, ad Università chiusa e deserta, con l'eccezione dell'ingente dispiego di agenti della Digos e operai messi in campo dal Rettore che, terminato il suo operato, si è dato alla fuga senza dare alcuna spiegazione. Ma gli studenti, subito allertati di quanto stava accadendo alla Sapienza, promettono che la partita sugli spazi autogestiti non si è certo chiusa con l'operazione di ieri...

Di seguito il comunicato di Sapienza Clandestina, Aula Portico Occupata e Aula Studio Mohammed Bannour:


Frati come Schettino, scappa di fronte all'università che ha affondato!
Oggi, 6 agosto, sotto il sole e il caldo torrido di Roma, con l'università La Sapienza deserta, il Magnifico Rettore Luigi Frati decide di avviare una massiccia operazione di sgombero contro tutti gli spazi occupati che animano la socialità, il dibattito e la lotta per un'università diversa, gestita e pensata dagli studenti. Iniziando con la chiusura dell'Aula Portico a Sociologia in via Salaria, si sono aggiunte l'Aula Mohammed Bannour occupata a Scienze Politiche, murata dall'interno, e infine il Lucernario Occupato, oggetto di un primo tentativo di sgombero sventato da studenti e studentesse poco più di un mese fa, è stato oggi anch'esso murato al suo interno da una ditta di costruzioni e al suo esterno sono state montate le impalcature da un'altra ditta.
Ovviamente Frati, che già nella scelta di sgomberare proprio in questo periodo dell'anno, di soppiatto ed evitando complicazioni, dimostra tutto il suo coraggio e la sua tenacia nell'affrontare certe situazioni, non si è presentato a dare spiegazioni o scuse per il suo intervento. Ha invece lasciato come interlocutori un gruppo di operai, 30 poliziotti della Digos e dirigenti della questura a fare le sue veci. O meglio ha fatto capolino a cavallo della sua vespa di fronte al rettorato sperando di passare inosservato per rilasciare ai giornalisti interviste sdegnate riguardo il polverone su Schettino (invitato da un professore a luglio per un workshop sul self control) che pure tanto gli somiglia in quanto a faccia tosta, senso del dovere e responsabilità verso le proprie azioni.
Dopo un anno di intensa attività di studenti che si autorganizzano e riempiono gli spazi vuoti lasciati dall'università della crisi, che animano le iniziative più disparate all'interno dell'Ateneo, questa è la risposta di un uomo che ha più rapporti con la magistratura che con l'università e il cui unico interesse nello sgomberare certi spazi è far lavorare le aziende a lui legate per incassare fondi e sovvenzioni, prima che venga eletto il nuovo rettore il prossimo autunno. Insomma gli ultimi colpi di testa di un imperatore ultra corrotto il cui impero volge al tramonto.
In ogni caso noi studenti e studentesse in lotta lasciamo le zuffe per il potere ai baroni che se ne intendono e continuiamo determinati e imperterriti a difendere ogni giorno, anche ad agosto, gli spazi che non lasceremo nelle mani di nessuno.

#Fratistaisereno
Ci riprendiamo tutto!

Sapienza Clandestina
Aula Portico Occupata
Aula Studio Mohammed Bannour

Caso Schettino “docente” alla Sapienza. Lui si difende: “Iniziativa per esperti”

pc 7 agosto - India si scatena la furia delle donne - Do you remenber Lorena Bobbit?

India, ragazzina reagisce al secondo tentativo di stupro ed evira l’aggressore.

È The Independent che riporta la storia di una 17enne che aveva già subito abusi da parte di uno zio. La sua denuncia al consiglio del villaggio però era rimasta inascoltata. A Gurgaon, una città satellite di New Delhi, una bambina di 11 anni è stata violentata da un branco di uomini, strangolata e poi lasciata in un parcheggio. Ogni giorno vengono denunciati 57 episodi di brutalità sulle donne



La violenza sessuale sulle donne è diventata da mesi una emergenza In India. Se ne parla quotidianamente da quando, nel dicembre del 2012, una studentessa di 23 anni era salita su un autobus con una sua amica dopo essere stata al cinema ed era stata brutalmente violentata da un gruppo di uomini. La ragazza era morta tempo dopo a Singapore per le complicazioni della violenza subita. Il 25 luglio scorso una bambina di otto anni è stata stuprata e subito dopo impiccata, e un ‘tantrico’, una figura tra il mago e il guaritore, sospettato del delitto, è stato linciato dalla folla inferocita, che si è avventata su di lui e i suoi presunti complici.
Oggi l’ultima storia di abusi arriva da Gurgaon, una città satellite di New Delhi dove i grattacieli delle multinazionali si alternano ai palazzoni dormitori, un’altra bambina dell’età di 11 anni è stata violentata da un branco di uomini, strangolata e poi lasciata in un parcheggio abusivo, dove è stata trovata dai genitori. È l’ennesimo caso, in ordine di tempo, della lunga scia di stupri contro i minori in India. Il gigante asiatico da un miliardo e 200 milioni di abitanti sembra impotente di fronte a questa piaga sociale: da una recente statistica, basata sulle denunce di 13 anni, emerge che ogni giorno avvengono 57 stupri, ovvero più di due al giorno.
Oggi però, dal giornale inglese The Independent arriva anche un’altra storia di violenza. Una ragazza di 17 o 18 anni, nello stato orientale di Bihar, ha evirato suo zio che ha tentato di violentarla per la seconda volta. Si tratta ancora una volta di un tantrico, al quale la famiglia della ragazza si era rivolta per delle cure. Il quotidiano riporta che la ragazza era stata abusata in precedenza dallo zio, e aveva raccontato quello che aveva subito al consiglio del villaggio, che però non aveva considerato la faccenda come lei avrebbe voluto.
A quel punto, la ragazza si è rivolta alla centrale di polizia femminile, ha denunciato la tentata violenza e la sua reazione: il taglio del pene dell’uomo con un coltello. È stata la polizia a informare i giornalisti. Il capo della polizia locale a Bihar ha specificato che l’uomo “si è dileguato dopo l’accaduto” e le forze dell’ordine lo stanno ancora cercando, ma nessuna denuncia è stata avanzata nei confronti della ragazza: “Perché mai dovremmo prendercela con lei?”. Della sorte dell’uomo il giornale non racconta nulla. Almeno per ora. 

pc 7 agosto - Dalla Notav al No Terzo valico... mai abbassare la guardia sulle "grandi opere"

VIETATO ABBASSARE LA GUARDIA

Il Lavoro/pagine genovesi del quotidiano La Repubblica urla di dolore, dalle colonne di mercoledì sei agosto tramite la penna - o magari il computer, visto che ascrivere prima su carta per poi riversare il pezzo sul supporto informatico siamo rimasti veramente in pochi, purtroppo - di Maurizio Minella.
Il sedicente giornalista della redazione di piazza Raffaele De Ferrari scrive: "Terzo Valico e Gronda via dallo Sblocca Italia: l'ultimo schiaffo a Genova. Non ci sono le coperture per le grandi opere".
L'autore dell'articolo si lamenta perché, all'interno del Decreto legge citato, vi sono risorse per tante altre schifezze dello stesso tenore - il TAV Torino-Lyon (per il quale sono stati stanziati 2,9 miliardi), quello Napoli-Bari (stessa cifra), la ferrovia Messina-Catania-Palermo (5,25 miliardi), e tante altre - ma vengono azzerate le risorse per le due devastazioni ambientali previste sul territorio del capoluogo ligure.
Suona strano, a chi vive in Liguria, ma l'imbrattacarte non menziona in alcun modo il raddoppio della ferrovia Savona-Ventimiglia: questa è la vera opera prioritaria per il territorio ligure, insieme con il raddoppio della tratta ferroviaria La Spezia-Parma, meglio conosciuta come la Pontremolese.
Prima di buttare via miliardi per risparmiare dieci minuti di tempo per mandare le merci da Genova Fegino a Rivalta Scrivia, i governanti liguri farebbero bene a pensare a mettere nelle condizioni, i passeggeri che utilizzano queste tratte storiche, di arrivare a destinazione in tempi non biblici.
Detto questo, bisogna tenere alta l'attenzione: la battaglia contro il Terzo Valico ferroviario dei Giovi, e quella gemella contro la Gronda autostradale di ponente, non è affatto vinta; nel prossimo periodo occorre non smobilitare i presidi, onde evitare possibili improvvisi blitz da parte della controparte - l'assessore alle Infrastrutture della Regione Liguria, la spezzina Raffaella Paita, si sta muovendo in tal senso - le cui conseguenze potrebbero risultare irreparabili.
Genova, 07 agosto 2014

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
http://pennatagliente.wordpress.com

pc 7 agosto - Nella Sicilia di Crocetta... prima di tutti si pagano gli onorevoli!

La Sicilia, è risaputo, è la regione che sta in fondo a tutte le classifiche per quanto riguarda la disoccupazione, la chiusura delle fabbriche, la mancanza di case, la scuola, l'assenza di servizi, per la mafia lo smaltimento dell'immondizia, per la generale invivibilità delle città, la burocrazia e la corruzione, i politici in galera o inquisiti,  per l'inefficienza ad ogni livello ecc. ecc, , quest'anno perfino l'approvazione della legge finanziaria è diventata una barzelletta, e non stiamo parlando del contenuto, perché come si può immaginare non è per niente una legge che possa dare la benché minima risposta ai bisogni sociali, ma perché è stata approvata "a rate", in tre parti e perché ancora in agosto si aspetta la supervisione del commissario straordinario che potrebbe ancora rinviarla alla Regione.

Davanti a tutto questo gli "onorevoli" hanno pensato bene di salvare i loro stipendi. Ma quali precari e forestali e altri lavoratori che aspettano fino ad una anno! I loro vengono prima di tutto e tutti! E infatti, l'"onorevolissimo" Ruggirello, uno dei tanti che hanno cambiato casacca e uno dei firmatari dell'emendamento, piuttosto arrabbiato dice: "Siamo stanchi di avere trasferimenti finanziari a singhiozzo. L'ultimo stipendio ci è stato accreditato solo oggi, con un ritardo di 15 giorni"!!!
La Repubblica del 5 agosto continua: "… con un blitz nell'ultima notte di lavori, tre deputati dotati di un ampio mandato trasversale hanno inserito nella legge finanziaria una norma che "blinda" i soldi per i loro compensi… Un blitz, appunto, che mette sotto chiave indennità da 8.500 euro al mese, le più robuste nella giungla delle retribuzioni di chi ogni mese attende un trasferimento da parte della Regione siciliana. La norma, firmata dai deputati questori Paolo Ruggirello, Franco Rinaldi e Antonino Oddo, consiste in tre righe di difficile comprensione immediata [e ti  pareva!]: in sostanza, inserisce il contributo annuale per l'Ars (149 milioni di euro) fra le spese obbligatorie dell'amministrazione regionale, al pari di quelle che ad esempio - garantiscono lo stipendio dei dipendenti degli assessorati."

Ma "Nello stesso elenco prioritario non figurano quelle categorie che pure battono cassa un giorno sì e l'altro pure (i sindaci hanno azzerato i servizi sociali) o protestano proprio perché, in alcuni casi, non vedono lo stipendio anche da un anno (gli operatori della formazione professionale). È la casta che si autotutela, urlano loro, gli svantaggiati, in una terra che segna livelli di disoccupazione da record (quella giovanile ha raggiunto il 60 per cento) e dove il commissario dello Stato, solo qualche giorno fa, ha segnalato un nuovo buco da 66 milioni nel bilancio della Regione che ha costretto il governo Crocetta ad accendere un nuovo mutuo."

E tutto questo, come oramai è di moda, "all'insaputa dello stesso Crocetta ('Non mi sono accorto di nulla')!!!"

pc 7 agosto - SULLA MARCIA DEI PADRONI A TARANTO

Ciò che è andata in scena venerdì 1° agosto è la grave situazione a Taranto ma dal punto di vista dell'interesse del padronato (purtroppo ancora una volta non dal punto di vista di operai e masse popolari della città).
Oggettivamente è stata una manifestazione, con il suo slogan principale “NO alla città dei NO” che si è presentata da un lato in contrapposizione alle Istituzioni locali che direbbero sempre No ai piani del mondo padronale; e dall'altra in contrapposizione a quell'ambientalismo che in nome della salvaguardia della salute si oppone alle fabbriche, alla produzione industriale tout court e a nuovi insediamenti produttivi.
In realtà il bersaglio dei padroni e padroncini è stato troppo scontato e facile, ma falsifica la vera realtà.
Sia rispetto alla posizione delle Istituzioni locali che invece hanno detto e continuano a dire SI ai piani e interessi della grande industria (non dimentichiamo che sindaco e pres. provincia sono inquisiti nel processo Ilva per questo - nè estemporanee e tardive ordinanze contro l'Ilva del sindaco, bellamente rigettate, nè prese di distanza dai piani Eni/Tempa rossa, al solo scopo di cautelarsi, può cambiare la linea succube e collaborativa sempre assunta dal Comune verso le grandi aziende), che non portano avanti i piani di bonifica, risanamento/riqualificazione dei quartieri più per bassa politica e gestione all'insegna del amministrativismo e dell'assoluta incapacità di assumersi il dovere di dare risposte alle emergenze di ambiente e lavoro a Taranto, che di una coerente posizione politica anti aziende (non sono neanche a questa "altezza").
Sia perchè non si è mai visto il capitale che si ferma di fronte all'opposizione di cittadini.
Sarebbe troppo bello. Se il progetto 'Tempa rossa' ancora non va avanti, purtroppo non è per la denuncia di ambientalisti di Taranto, ma per la “guerra” di concorrenza che avviene su alcune scelte strategiche di collocazione produttiva.

La crisi è prima di tutta interna al loro stesso sistema padronale, ma questo non lo potranno mai riconoscere e scaricano le responsabilità tutte all'esterno.
E' il sistema del profitto sempre, di più e comunque che ha creato il problema “Ilva”; produrre in disprezzo della difesa della sicurezza e della salute degli operai e delle masse popolari, spingere al massimo impianti e produzione, risparmiare costi per la messa in sicurezza della fabbrica o per introdurre innovazioni impiantistiche più rispettose dell'ambiente, imboscare gli utili; a questo si è unita la crisi, la concorrenza nel mercato mondiale, in cui i nuovi capitalismi aggressivi tolgono fette di mercato ai vecchi che cercano di mantenere i loro livello di utili con le speculazioni finanziarie, insieme alle vere e proprie truffe, imboscamento di miliardi, mega evasioni fiscali, ecc. 
Tutto questo ha portato oggi al problema “Ilva” e “Taranto”.
Prendetela con il vostro mondo – diremmo al presidente della confindustria e alle aziende scese in corteo.
Non è che chi è sceso in piazza venerdì avessero finora una logica molto diversa, nè che ora abbiano un'altro interesse se non quello della loro salvezza e della difesa del loro profitto; né che nel loro piccolo (rispetto all'Ilva, altre grosse aziende su Taranto di presenza nazionale. Eni, Cementir) non abbiano anch'essi in generale messo il profitto sopra la difesa del lavoro e del salario dei propri lavoratori, come sopra la la difesa delle condizioni di sicurezza e di salute (in alcune delle ditte che sono scese in piazza, dell'appalto Ilva, vi sono stati infortuni mortali; appena hanno avuto problemi li hanno scaricati sui lavoratori con accordi per riduzione di personale, cassintegrazione, e con il non pagamento degli stipendi). Il problema è che ora subiscono, alcuni anche pesantemente, la crisi dell'Ilva da un lato, e dall'altro la politica di industrie come l'Eni che dice o mi lasciate fare quello che voglio o me ne vado da Taranto.

Prendetevela con il vostro Stato, i vostri governi, che nella generale politica dalla parte del padronato, chiaramente fanno decreti (fino a sei) per i pesci grandi e non per i pesciolini; così come non fanno arrivare neanche quei pochi soldi che dovrebbero essere destinate alle bonifiche di Taranto. 

Su questo non possono essere chiamati gli operai, quelli che subiscono, sempre e tutto, sia dall'Ilva/Eni, sia dalle medie e piccole aziende, sia dal governo, a scendere in piazza con i padroni.
Quei lavoratori che l'hanno fatto e come se si fossero data la zappa sui piedi da soli. E va bene il ricatto e la paura di perdere il lavoro, MA, OPERAI, IN ALCUNI CASI BISOGNA DIRE "NO"!

PS. I Liberi e Pensanti hanno grossi problemi di confusione....
Fino a qualche tempo fa era dalle loro fila, nelle loro assemblee che venivano attacchi duri ai lavoratori che "pensavano solo a difendere il lavoro e se ne fregavano della tutela della salute dei cittadini di Taranto", ora, per la contestazione di alcune associazioni ambientaliste alla manifestazione degli industriali, accusano questi ambientalisti di aver chiamato "assassini" gli operai in corteo. 
La realtà è che loro volevano partecipare alla marcia dei padroni - certo, sia pure con posizioni opposte...

Il comunicato dello Slai cobas per il sindacato di classe del giorno della manifestazione 


IL CORTEO E' DEI PADRONI NON DEGLI OPERAI!

Il corteo organizzato dalla Confindustria è per difendere gli interessi delle aziende.
I padroni vogliono per questo anche usare i lavoratori - "il capitale umano", come li chiama il presidente della Confindustria - per salvarsi dalla crisi di Taranto.
Ma questi padroni sono gli stessi che anche quando non c'erano i problemi di oggi di riduzione dell'attività lavorativa e di liquidità, per tagliare i costi del lavoro e i salari degli operai, mandavano comunque in cassintegrazione, in mobilità i lavoratori; questi sono gli stessi che scaricano gli appalti al massimo ribasso tagliando ore, salari, diritti dei lavoratori; sono gli stessi che tagliano i "costi superflui" della sicurezza sui posti di lavoro.
Sono gli stessi che pur di avere i lavori e mantenerli senza intaccare i loro utili, se ne fregano di tutelare la salute e l'ambiente (vedi le ditte appalto ilva che su sicurezza e salute sono corresponsabili con la stessa Ilva).
Su questo  oggi non bastano le promesse di rispetto dell'ambiente e della sicurezza; questo lo avrebbero dovuto già fare e dovrebbero attuare oggi piani ambientali e di difesa della sicurezza lì dove operano; altrimenti perchè dovrebbero essere credibili?
Oggi chiamano gli operai a lottare al loro fianco, a mettersi le magliette con la scritta "No alla città dei no" (che inevitabilmente ricorda la manifestazione aziendalista organizzata da Riva con striscioni e kit portati dagli operai ma fatti in azienda), dicendo che la difesa delle aziende è garanzia del lavoro degli operai; ma sono gli stessi che sempre per difendere le loro aziende fanno accordi con i loro servi cgil, cisl, uil per ridurre i posti di lavoro e aumentare la produttività di chi resta.
Confindustria denuncia l'assenza, l'ignavia, il fallimento delle Istituzioni locali, ma è pronta a prendere carta e penna in solidarietà con il Comune (come è successo il giorno dopo il 22 maggio) appena i disoccupati che lottano per il lavoro occupano il consiglio comunale per rivendicare assunzioni nella raccolta differenziata, nelle bonifiche, clausola sociale negli appalti pubblici.
I padroni chiamano i lavoratori a sostenerli ma non assumono alcun impegno nei loro confronti nella difesa dei posti di lavoro, nel pagamento degli stipendi, nel dire basta con licenziamenti, cassintegrazione; così come nel programma della Confindustria non c'è l'impegno per una clausola sociale negli appalti per assumere disoccupati di Taranto, nei lavori di bonifica e risanamento dei quartieri.

pc 5-6 agosto - vendere armi ad israele è un crimine!

La Alenia-Aremacchi (gruppo Finmeccanica) ha proceduto alla consegna di due aerei da addestramento M346 all'aviazione militare israeliana mentre era in corso il massacro della popolazione palestinese di Gaza. Sono i primi di una partita acquistata dalle autorità israeliane in Italia. E' un atto di complicità di una azienda italiana con dei crimini di guerra che può e deve essere perseguito. In tal senso è stato presentato un esposto-denuncia alla procura di Varese dove ha sede l'Aermacchi. Il governo spagnolo, per quanto
simbolicamente viste le quantità, ha deciso di non vendere più armi ad Israele. Pretendere che il governo italiano faccia altrettanto sarebbe il "minimo sindacale" per qualsiasi forza politica. Intanto si comincia. Qui di
seguito il testo dell'esposto presentato al Tribunale di Varese

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VARESE,
ESPOSTO-DENUNCIA

Noi, sottoscritti, Ugo Giannangeli, nato a Roma il 23/7/1949, residente a Veniano, via Fontanelle, 38;  Filippo Bianchetti, nato a Bolzano il 27/11/1952, residente a Varese, viale Dandolo 29; Fiorella Gazzetta, nata a Varese il 4/10/1955, residente a Varese, viale  Dandolo 29; Marco Varasio, nato a Sant'Angelo Lodigiano il 18/2/1987, residente a Milano, via Cadore 29; Giuseppe Orlandi, nato a Empoli il 17/2/1946, residente a Varese, via Aurora 4,  in proprio e quali membri delle associazioni " Comitato No M346
ad Israele", " Comitato Varesino per la Palestina" , " Forum contro la guerra", rete BDS Italia ( Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni verso Israele) , esponiamo.....
Alla luce di quanto esposto ci chiediamo come sia stato possibile autorizzare e non sospendere la consegna dei primi aerei a strage in corso.
E' verosimile che questi aerei siano attualmente operativi sul cielo di Gaza; in tal caso il governo italiano che ha autorizzato la consegna è divenuto  complice della strage in atto, avendola favorita ed agevolata con
la fornitura di ulteriore armamento, una vera e propria ipotesi di concorso.
Vi è una sola alternativa  ipotizzabile : che l'Alenia Aermacchi, consapevole della gravità della situazione e quindi del rischio di vedersi negare l'autorizzazione dai competenti ministeri, non l'abbia richiesta. Si
attenuerebbe così la responsabilità del governo ma l'Alenia incorrerebbe in pieno nelle ipotesi di responsabilità penale di cui agli artt. 23 e seguenti della L.185/90.
Gli accertamenti che ci accingiamo a chiedere potranno anche verificare il ruolo nella vicenda di Unicredit, l'Istituto bancario che finanzia l'operazione.
La "Dichiarazione per il settore della difesa" dell'Unicredit recita che questo istituto può operare solo in Paesi che ottemperano ai principali Trattati e alle principali convenzioni internazionali. Poiché la
"Dichiarazione" di Unicredit fa riferimento anche alle armi nucleari, appare opportuno aggiungere e ricordare che Israele, pur detenendo un imponente armamentario nucleare  .. non ha sottoscritto il trattato di non
proliferazione delle armi atomiche ( coerentemente con la negazione di possederne )  *******

Per le esposte ragioni, i sottoscritti chiedono che la Procura della Repubblica competente .. voglia accertare
-se  Alenia Aermacchi ha chiesto l'autorizzazione ai ministeri competenti per la consegna dei due aerei
-in caso affermativo, come sia stato possibile concedere l'autorizzazione con l'azione militare in atto a Gaza
e se l'autorizzazione non sia stata ottenuta con mezzi illeciti, anche alla luce delle precedenti indagini della Procura di Busto Arsizio che hanno coinvolto Finmeccanica e Agusta Westland per ipotesi di corruzione
-in caso negativo, vorrà il magistrato valutare se procedere nei confronti della Alenia Aermacchi e dei suoi responsabili in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 23 e seguenti L.185/90 ( falsità di atti e commercio non autorizzato).

pc 5-6 agosto - Dalle donne proletarie alle donne palestinesi - primi report da Milano e L'Aquila e prime sottoscrizioni all'appello

A Milano portato manifesto e appello all’Associazione dei palestinesi in Italia, dove la notizia della mobilitazione nazionale al fianco delle donne della Palestina è stata accolta con interesse misto a curiosità/stupore: “forse a saperlo prima…” (sottindendo che si sarebbe potuta organizzare qualcosa in comune) ha detto il giovane – evidentemente impegnato a seguire gli eventi da Gaza. Gli è stato risposto che non mancheremo di comunicare con più largo anticipo eventuali altre iniziative che verranno da noi promosse.
La locandina è stata affissa sulla porta d’ingresso dell’ ufficio, accanto al cartello che, a centinaia e centinaia di copie è stato portato in tutte le manifestazioni al fianco del popolo palestinese, che si trova in un quartiere dove numerosa è la presenza di immigrati.

Poi, la mobilitazione si è spostata e intrecciata con il presidio davanti alla Prefettura delle lavoratrici del policlinico in lotta da oltre un mese, a cui è stato portato l’ appello al fianco delle donne palestinesi.
Mfpr Milano
***
L'Aquila - Volantinaggio, attacchinaggio e raccolta firme per le donne palestinesi iniziati bene alla villa comunale, prima di immergermi nel corso che attraversa lo spettrale centro storico dove ha sede adesso la prefettura. Nonostante i tempi stretti avevo inviato l'appello e l'appuntamento a tutti, anche alle donne in nero, ma davanti alla prefettura non c'era nessuno. Comunque ho fatto in tempo a piazzare davanti al palazzo del governo 2 manifesti e la bandiera palestinese, prima che arrivassero polizia e poi digos ad identificarmi e a farmeli spostare. Quindi ho continuato il volantinaggio e l'attacchinaggio per tutto il corso fino alla fontana luminosa, dove ho trovato le donne in nero, in presidio.
Un'altra intossicazione me la sono presa quando ho dato il volantino a una tipa che stava davanti a una specie di atelier. Mi ha detto: "e alle donne israeliane non gliela diamo la solidarietà?" le ho risposto che intanto in questo mese di attacchi sono morti 1900 palestinesi, di cui l'80% donne e bambini, mentre da parte israeliana sono morti 63 uomini, di cui 60 erano militari. Questa se ne è uscita che nel suo negozio avevano la bandiera israeliana e che lì c'è un pericoloso terrorista, cioè Hamas. Io le ho detto che il vero terrorista è lo stato israeliano e quello italiano che lo sostiene. La "signora" non era da sola e me ne sono andata con le buone.
A parte ciò è stato comunque importante rompere il muro di complicità, silenzio e contraddizioni di cui è intrisa questa cosiddetta "società civile" ed è stato importante romperlo a L'Aquila, davanti al palazzo del governo
Luigia da L'Aquila



Evento FB
Donne, compagne, lavoratrici, disoccupate sottoscriviamo questo appello e soprattutto mobilitiamoci!!


SCENDIAMO IN PIAZZA AL FIANCO DELLE DONNE PALESTINESI!


Sono le donne e bambini palestinesi a pagare il prezzo di sangue più alto nel genocidio che sta portando avanti lo Stato di Israele.
Non si tratta di "vittime collaterali" ma di morti volute di un massacro mirato colpendo precisamente i luoghi dove sono soprattutto donne e bambini (case, ospedali, scuole, parchi, mercati); lo Stato sionista di Israele vuole in realtà distruggere un intero popolo.


COME DONNE FACCIAMO SENTIRE FORTE IL NOSTRO GRIDO DI PROTESTA E IL NOSTRO SOSTEGNO ALLE DONNE PALESTINESI E ALL'INTERO POPOLO.
SCENDIAMO IN PIAZZA IN TUTTE LE CITTA'
CON SIT-IN SOTTO LE PREFETTURE O STRUTTURE ISTITUZIONALI/POLITICHE/MILITARI
 


Siamo con le donne palestinesi perchè Israele paghi caro il loro sangue e lacrime per i figli e familiari uccisi! Siamo con la resistenza delle donne palestinesi. Esse stanno ancora una volta dimostrando che non sono solo “vittime". Il coraggio, la determinazione delle donne palestinesi a non abbandonare la loro terra, la loro resistenza, sono sempre state in passato e sono tuttora una forza potente, che prima o poi trasforma il sangue versato da loro e dai bambini in "armi" contro la barbara oppressione e i massacri di Israele e per la lotta fino alla libertà della Palestina.
LOTTIAMO CONTRO LO STATO E IL GOVERNO ITALIANO AMICI DI ISRAELE
Lo Stato, il governo italiano, Napolitano, la ministra degli esteri Mogherini, le industrie di armi italiane, insieme all'imperialismo Usa e governi europei, sono complici di questo genocidio, giustificando lo Stato colonizzatore di Israele e fornendogli le armi che massacrano i palestinesi. E le cosiddette "quote rosa" parlamentari non dicono una parola sul sangue delle donne palestinesi!
I criminali interessi strategici dell'imperialismo valgono bene la vita di donne e bambini palestinesi!

MFPR

Prime sottoscrizioni:

Graziella Di Gasparro - Caserta / Giovanna Carlà - Trento / Abir Chourgoufa Arfaoui – Tunisi / AnnaMaria Marchese – Bari / Milly Mia – Brindisi / Ronchi Ketti - Sinistra Anticapitalista / Studentesse e studenti del CUR (Collettivo Universitario Rivoluzionario) Palermo / Francesca Calandra – Palermo / Assunta Di Giovanni – Cavriago / Luisanna Nicotra – Trieste / Lavoratrici, precarie e disoccupate Slai Cobas per il s.c. Palermo, Taranto, L'aquila, Milano / Damiana Novellino – Faggiano (TA) / Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario / Lavoratori autorganizzati MEF / Daniela Tranchina – Grignasco / Martamaria Marino – Napoli / Annalisa Melone / Antonila Centonze – Martano (Le) / Interdisciplinarericercaprogetto – La Spezia / Alice Castiglione - Palermo / Alessandra Notarbartolo - Palermo / Marialuisa Vigliani / Movimento Simone de Beauvoir - Roma / Teresa Pezzi - Francavilla al Mare (CH) / Concetta Costa - Palermo / Antonella Tassitano - Reggio Calabria / Vincenza Semplici / Ricciardi Cinzia - Cupello (CH) / Angela Galici - Palermo / Loredana Borghi - Reggio Calabria / Ada Romito - Chieti / Aurora Vazzana / Anna Carrera (volontaria di PeaceLink)-Taranto / Carla Basile - L'Aquila / Luisa Cerasoli - L'Aquila / Mohammad Alì Rezakhan - L'Aquila / Rossella Megna – Palermo / Gabriella Esposito – Palermo / Clr Contatti Donna – Roma / Maruzza Battaglia – Segreteria Provinciale Rifondazione Comunista di Palermo e Presidente dell'Associazione LAB.ZEN 2 Onlus / Rachele Pesaresi – Roma / Rosanna Ovidi – Orvieto / Magdalena Cecilina – Lecco / Alba Barlocco – Busto Arsizio / Sos Donne Bologna / Marcella Raiola (Coordinamento Precari Scuola Napoli) / Comitato “Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni” a Israele

mercoledì 6 agosto 2014

pc 5-6- agosto - No Muos e divieti di dimora: alla repressione si risponde con la lotta! dall'assemblea di lavoratori, precari, giovani, militanti a Palermo

Partecipata assemblea, ieri pomeriggio, nella sede dello Slai Cobas per il sindacato di classe, di Palermo.
Doveva essere anche una conferenza stampa ma giornali e tv in questo caso “naturalmente” non si presentano, dimostrando ancora una volta il modo in cui trattano le questioni che riguardano i movimenti e le lotte sociali!
Comunque lavoratrici e lavoratori, precari, studenti e disoccupati dello Slai Cobas s.c.,  militanti del circolo di proletari comunisti, hanno preso parte al dibattito con un intervento anche di un giovane compagno dei centri sociali.
Il tema dell'assemblea ha riguardato il provvedimento repressivo che vieta a 29 compagni, tra i quali il responsabile provinciale dello Slai cobas per il sindacato di classe e militante politico di Proletari Comunisti, Rosario Sciortino, di entrare nel territorio di Niscemi. Dalla ricostruzione dei fatti e dalle carte si è chiaramente evidenziato che questo divieto è costruito ad arte per tentare di far fallire la manifestazione (anniversario di quella alla quale si riferiscono i fatti) del 9 agosto prossimo.


Il “divieto” del quale alleghiamo il link, è un'artificiosa costruzione, fatta da racconti di poliziotti, video amatoriali presi da youtube, da canali fininvest e tv locali come TRM; artificiosa, perché come dicono anche gli avvocati, non prova nessuna delle accuse rivolte ai 29 attivisti.
Il provvedimento, è stato detto, è grave perché è mirato a ledere il diritto a manifestare in maniera preventiva, a colpire alcuni per intimidire i tanti che hanno animato in questi anni la lotta contro il Muos di Niscemi, dalla popolazione locale ai tanti provenienti da tutta Italia. E questo modo di calpestare i diritti alla libera espressione delle proprie idee si estende a tutte le lotte presenti sul territorio nazionale, dalla lotta NOTAV a tutte quelle elencate nella stessa ordinanza. E se è vero che l'invasione della base c'è stata, si è trattato di un'azione di protesta e lotta più che legittimata dalle richieste del movimento di smantellamento degli strumenti di morte e di chiusura di questa base. Perché come si ricorda nella memoria presentata dall'avvocato Tuzzolino il Muos, a difesa di Rosario Sciortino,  è uno strumento “...che sarà utilizzato per il coordinamento capillare di tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel globo, in particolare i droni, aerei senza pilota, già presenti a Sigonella (CT)[1], principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta (circa 3.400 tra militari e civili americani). En passant, va segnalato come della famiglia dei droni faccia parte il Predator, tristemente noto per la sua capacità di dispensare morte dal cielo, grazie alla possibilità di viaggiare con un carico di bombe. In sostanza, si vorrebbe trasformare la Sicilia da terra delle arance a terra delle bombe, da terra della vita a terra della morte. [1]http://www.repubblica.it/cronaca/2014/06/29/news/hangar_segreto_sigonella_droni_usa-0269461/

E a proposito di strumenti di morte si è ricordato come questo Muos abbia anche il compito di completare il controllo di luoghi “caldi” come il Mediterraneo e all'interno di questo della Palestina e continuare a sostenere lo sterminio di massa dello Stato nazista di Israele.
 In questo senso è stata anche denunciata l'attività di un magistrato che accendendo il televisore si trova come tutti quanti davanti scene come il massacro di donne e bambini palestinesi e “trova” il tempo e la voglia di accanirsi su chi combatte questi stessi strumenti di morte diretti e “indiretti” con le malattie ecc.



L'assemblea ha espresso un grandissimo clima di solidarietà nei confronti di quanti colpiti dalla repressione di uno stato che marcia velocemente verso un moderno fascismo, del quale Napolitano in primis e il suo neo-pupillo Renzi, ne sono la massima espressione. Sono stati letti i messaggi di solidarietà giunti da varie parti.

L'assemblea ha infine ribadito con forza che 

la repressione non può e non deve fermare la lotta, e un lungo applauso ha sottolineato la solidarietà attiva nei confronti di tutti i colpiti dalla repressione, ma che rispondere contro la repressione vuol dire non piegarsi ma continuare a lottare per difendere e pretendere una condizione di vita generale degna di questo nome

che lottare contro il Muos/Usa è più che giusto e che è necessario in questo senso continuare a lottare in primis contro il governo italiano che  toglie risorse e diritti basilari  alle masse popolari a beneficio  della guerra e delle spese militari e che sostiene attivamente l'atroce  carneficina di massa di Israele contro il popolo palestinese.

 Slai Cobas s.c Palermo 
cobas_slai_palermolibero.it