lunedì 7 aprile 2014

pc 7 aprile - All'Ilva si rischia sempre la vita, anche se sei un operaio camionista

Ilva, operaio cade dal pianale

TARANTO – Un operaio di 57 anni, Teodoro Tamburriello, di Venosa (Potenza), che per conto della ditta d’appalto 'Transervicè stava aiutando a scaricare sacchi di cemento nel reparto Magazzini generali dell’Ilva, è caduto dal pianale del rimorchio di un tir, da un’altezza di un metro e quaranta, battendo la faccia per terra. Il lavoratore ha riportato un forte trauma cranico commotivo e un trauma facciale ed è ricoverato in rianimazione.

I colleghi intervenuti per soccorrerlo si sono resi subito conto della gravità delle sue condizioni. L’operaio è stato prima accompagnato nell’infermeria dello stabilimento e poi trasportato all’ospedale 'Santissima Annunziatà. A quanto si è appreso, è stato sottoposto all’esame della Tac e i medici stanno valutando l’opportunità di sottoporlo ad intervento chirurgico. Sul posto sono intervenuti funzionari dello Spesal, (Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) dell’Asl per ricostruire la dinamica dell’incidente.

“Probabilmente – dice Vincenzo Vestita, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza della Fiom Cgil - il lavoratore ha perso l’equilibrio. Purtroppo, quando è caduto non ha avuto nè tempo nè modo di proteggersi il volto. I colleghi hanno subito temuto il peggio perchè Tamburriello non reagiva ad alcuna sollecitazione. L’operaio era insieme a un addetto dell’Ilva che con un apparecchio di sollevamento a forche stava tirando giù il cemento. Non c'è stato alcun punto di contatto e non si può fare riferimento nemmeno a una manovra sbagliata. Un incidente anomalo, che non è avvenuto sugli impianti”.

Ma negli impianti il delegato Fiom sa benissimo che la situazione di pericolo è uguale... solo che non fa nulla!

 Le foto, scattate da operai, danno l’idea delle condizioni di lavoro all’interno del colosso siderurgico.








pc 7 aprile - Benedicta - GLORIA ETERNA AI PARTIGIANI!

70° ANNIVERSARIO DELL'ECCIDIO DELLA BENEDICTA, NEL COMUNE DI BOSIO (AL).
Domenica sei aprile si tiene - presso il Sacrario Martiri della Benedicta del Comune di Bosio (Al) - l'annuale commemorazione dell'eccidio, avvenuto il 7 aprile 1944, di novantasette partigiani fucilati da fascisti italiani e tedeschi.
La giornata, all'arrivo - grazie ad un passaggio datomi da un dipendente del Comune che ringrazio sentitamente - in loco di chi scrive, è soleggiata ancorché particolarmente fresca: l'orario, sono le ore 8:00, e l'altitudine della zona, circo settecento metri, non aiutano certamente il rapido riscaldamento del luogo.
Durante la successiva ora e mezza, prima dell'inizio ufficiale della cerimonia - che vede la deposizione delle corone alle fosse comuni dove vennero gettati i cadaveri, la messa celebrata da Don Gian Piero Armano, gli interventi delle personalità politiche presenti, e l'orazione ufficiale - si assiste alla sfilata di decine di gonfaloni di istituzioni quali: Comuni vicini, Province di Alessandria e Genova, Regioni Piemonte e Liguria; a questi si aggiungono bandiere e stendardi di decine di sezioni dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
Sono presenti anche rappresentanti francesi dei Pionieri della regione del Vercors, vicino a Grenoble, che è stata la prima zona transalpina dove si è sviluppata la Resistenza antifascista.
In aggiunta si riconoscono esponenti di: Federazione Anarchica Italiana, Sinistra Anticapitalista, Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Proletari Comunisti; in totale i presenti sono parecchie centinaia.
Gli interventi, ognuno nell'ambito di propria conpetenza, vanno nella direzione del rinverdire il ricordo di un importante episodio della Resistenza perché i giovani non perdano la memoria di quanto è costato ottenere la democrazia in Italia.
Nell'ordine, coloro che prendono la parola sono: Andrea Foco, presidente dell'associazione Memoria della Benedicta; Massimo Bisca, presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia della provincia di Genova, a nome anche della sezione provinciale di Alessandria; il compagno Marco Ratti, sindaco di Bosio; Paolo Filippi, presidente della Provincia di Alessandria, e copresidente del Comitato Unitario Antifascista; Maria Rita Rossa, sindaco di Alessandria, e copresidente del Comitato Unitario Antifascista; Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, relatore ufficiale della manifestazione.
Non sono presenti, per motivi di salute, il presidente provinciale dell'Associazione Nazionale Ex Deportati, Ferruccio Maruffi, ed il comandante partigiano - che attualmente vive a Bruxelles, ma tutti gli anni torna qui in questa occasione - Ennio Odino.
Al termine della cerimonia, presso la vicina cascina Pizzo, si svolge l'inaugurazione della mostra fotografica - curata da Franco Barella - dal titolo "I colori della memoria"; nel pomeriggio, per concludere la giornata, chi vorrà potrà effettuare un'escursione lungo il Sentiero della Pace che racconta gli avvenimenti della Guerra di Liberazione avvenuti in questa zona.
Bosio (Al), 07 aprile 2014

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
http://pennatagliente.wordpress.com

pc 7 aprile - SOLIDARIETA’ AI FACCHINI LDD DI TREZZO dal SI cobas

Il grave attacco subito dai  lavoratori operanti nel sito logistico della LD di Trezzo non è per noi nuovo.
Stesso squadrismo avvenne alla Esselunga di Pioltello sotto “stretto” controllo della digos, di recente minacce e botte mafiose ad un nostro compagno.

Quando i lavoratori lottano, per i loro diritti e per il proprio salario, fanno paura e vanno sconfitti con tutti i mezzi leciti e, se non bastano, anche illeciti come in questo ennesimo caso.
La polizia, come sempre così minacciosa, quando deve agire contro i lavoratori, non vede niente quando  le violenze avvengono contro di loro.

La legge dello stato va in una sola direzione: quella della difesa dei padroni.
Come si cobas siamo per vedere se ci sono le condizioni per fare delle iniziative unitarie solidali 
Siamo solidali con tutti quei lavoratori che lottano contro i padroni e perciò con gli operai del sito logistico della LD di Trezzo e con l'organizzazione sindacale che li sostiene in questa lotta..

Milano, 6-4-14            
SI COBAS   Milano

pc 7 aprile - da Tunisi - intervista agli operai delle miniere di Gafsa

un compagno di proletari comunisti è in tunisia per un certo periodo per studio..
e ha realizzato questa intervista - stralci -

articolo 


La rivolta dei minatori scuote la Tunisia

Il commissariato in fiamme, il tribunale e la sede del maggiore partito presi d’assalto, la polizia non riesce ad arginare la protesta a Metlaoui.
Il commissariato in fiamme, il tribunale e la sede del maggiore partito presi d’assalto e la polizia incapace di arginare i manifestanti: a Metlaoui, nella Tunisia centrale, i minatori in rivolta stanno mettendo a dura prova la capacità del governo di mantenere l’ordine.
Gafsa è una regione a circa 350 km a Sud di Tunisi dove sono le miniere di fosfato a garantire le entrate di maggior parte dei residenti e quando il governo ha adottato delle decisioni che indeboliscono questo settore si è innescato un domino di insoddisfazione e proteste che ha portato alla violenza di strada.
Il primo obiettivo dei manifestanti è stata la sede del maggiore partito islamico Ennahda, poi si sono diretti verso la sede del tribunale e quindi hanno incendiato il commissariato.
Proteste così violente a Gafsa non avvenivano dal 2008, quando l’allora presidente Ben Ali le represse con un imponente uso dei militari, ma da allora la povertà di questa regione non è diminuita anzi, secondo alcune stime locali, la disoccupazione sarebbe aumentata dal 15 al 30 per cento. Per il nuovo esecutivo guidato dal partito Ennahda la sfida è riuscire a rispondere alle istanze delle famiglie dei minatori in maniera diversa da quanto fece Ben Ali.
[tratto da www.lastampa.it]

Intervista

Le miniere di estrazione di fosfati di Metlaoui nel governatorato di Gafsa rappresentano una buona fetta del PIL tunisino. Erano gestite dalla Compagnia dei Fosfati di Gafsa, la quinta produttrice mondiale, dal 1994 fusa con lo statale Gruppo Chimico Tunisino. Nelle ultime settimane la zona è stato teatro di scioperi e malcontenti sia per questioni relative al lavoro, sia per il malcontento verso i principali partiti politici (in particolare l’islamista Ennahdha) ed infine per le condizioni economiche generali della zona che non beneficiano dei grandi profitti derivanti dall’attività mineraria. L’obiettivo principale dell’inchiesta operaia era cogliere meglio questi elementi dagli operai stessi. Obiettivo raggiunto in parte a causa delle condizioni in cui si è svolta. Non è possibile intervistare i minatori al di fuori dei cancelli come si può fare in italia davanti le fabbriche. Le miniere infatti si trovano al di fuori della città e per accedervi ci vuole un permesso da parte dell’azienda, inoltre è difficile approcciare i minatori anche in luoghi di ritrovo in città, semplicemente perchè la cittadina di Metlaoui non ha luoghi di ritrovo, a parte qualche bar sgangherato poco frequentato rispetto anche all’abitudine tunisina di stazionare per ore al bar. Abbiamo ottenuto il permesso tramite l’università El Manar di Tunisi dove studio e siamo riusciti ad accedere a due siti accompagnati da due capi. Questo tipo di visita guidata mi ha dato l’impressione che i due siti e gli operai selezionati siano stati scelti “con cura” dalla direzione... Ciononostante sono emersi anche aspetti interessanti sullo stile di vita degli operai e su cosa pensano, obiettivo che il questionario si prefiggeva. Mi hanno accompagnato il professore Zoyhaier che insegna filosofia dell’università di Tunisi, originario di Gafsa e Assoum, una mia collega tunisina anche lei di Gafsa. Il primo traduceva e poneva le domande in arabo o in francese, la seconda mi traduceva le risposte in inglese. Non è stato possibile fare delle inchieste individuali ma l’approccio con i due gruppi è stato sotto forma di capannello, come normalmente avviene quando interveniamo ai cancelli delle fabbriche, solitamente rispondeva un operaio (non sempre lo stesso) e qualche altro aggiungeva qualcosa se voleva. Di seguito il questionario somministrato ai due gruppi e le risposte collettive divise in “gruppo A” (il primo gruppo di lavoratori non propriamente minatori ma svolgenti mansioni di manutenzione dei macchinari) e il “gruppo B” (minatori intervistati sul sito di estrazione dei fosfati). C’è da sottolineare che in entrambe le imterviste erano presenti i capi. Entrambi i gruppi erano formati d circa 10 operai ciascuno.
1) Quanti operai siete in questa miniera?
2) Ci sono altre miniere simili a questa nella zona?
3) Quanti minatori sul numero totale è iscritto ad un sindacato?
4) Qual è il sindacato maggioritario?
5) Mi può parlare dei recenti scontri avvenuti a Metaloui, perchè sono nati?
6) Secondo lei quali sono le differenze nelle condizioni di lavoro prima e dopo la "rivoluzione"? ci sono stati cambiamenti positivi e/o negativi? E quali?
7) Pensa che l'ANC ha tenuto in considerazione le necessità dei lavoratori e di voi minatori?
8) Cosa pensa delle prossime elezioni che si dovranno tenere entro il 2014?
9) Cosa pensa degli attuali partiti rappresentanti all'interno della ANC?
10) Il ministro dell'industria Bennaceur ha dichiarato che se continuano gli scioperi come quelli che avete tenuto ultimamente, circa 27mila posti di lavoro andranno persi. Cosa ne pensa?
11) Ha anche dichiarato che lo sciopero alla miniera di Bassin sta creando danno all'esportazione e all'economia del paese. Cosa ne pensa?
12) Vuole aggiungere qualcosa liberamente?
N.B. le prime quattro domande non sono state somministrate, ma i dati ci sono stati forniti dal professore Zoyhaier che è membro della sezione locale dell’UGTT e ha accesso a questi dati:
1) circa 3000 operai nella miniera di Kaffedour a Metlaoui che è la più grande, 7400 operai in tutto considerando le altre miniere del governoratorato.
2) ci sono miniere a Maulognes, Redeyeb e Mdhilla.
3) tutti sono iscritti al sindacato
4) oltre il 90% è iscritto all’UGTT
Gruppo A
5) Ci sono stati scioperi riguardanti le assegnazioni di quote di lavoro, la principale ragione degli scioperi è il lavoro, alcuni disoccupati che hanno avuto problemi d’impiego hanno organizzato gli scioperi.
6) Nessun cambiamento in particolare, adesso lavora un po’ più di gente per la compagnia, questo è l’unico cambiamento. I contributi dati al governatorato di Gafsa non sono sufficienti, la compagnia fa un sacco di profitti al giorno e in confronto ai lavoratori viene dato niente.
7) 8) e 9) Circa le prossime elezioni la compagnia è neutrale, non ci interessa granchè dei partiti rappresentati nella Assemblea Nazionale Costituente, non abbiamo un’idea ne un’orientamento chiaro, dopo aver letto i programmi elettorali vedremo. Il nostro problema è che ora c’è più gente impiegata in miniera e lavoriamo tutti di meno, prima della rivoluzione i lavoratori stavano meglio perchè c’era la possibilità di fare gli straordinari e guadagnare di più, con l’ingresso dei nuovi minatori non c’è la possibilità di fare gli straordinari e ai nuovi neanche interessa farli.
10) Il ministro in questione è di Gafsa. Conosciamo molto meglio la situazione noi lavoratori che il ministro, quindi non ci interessa niente di questo tipo di dichiarazioni. Se il ministero non ci farà problemi non ci saranno scioperi.....
12) Vogliamo la possibilità di fare gli straordinari, per gli operai anziani sono molto importanti, ai giovani invece non interessano. Lavoriamo sodo e non abbiamo niente in cambio, neanche luoghi per svagarci in città come parchi, teatri, cinema nè per noi nè per le nostre famiglie. Metlaoui è la seconda città del governatorato di Gafsa e ha la principale miniera e in cambio non abbiamo niente. L’azienda fa 7 milioni di dinari di profitti al giorno (3 milioni e 211 mila euro) di questi profitti solo il 4% va al governatorato di Gafsa per Metlaoui.
Gruppo B
5) Qui la principale questione è stato il risultato delle graduatorie... (Stessa risposta del gruppo A, chiedo qual è il nesso tra lo sciopero in questione ed il fatto di aver dato fuoco alla sede locale di Ennahdha) Non c’è nessuna relazione, qualcuno che è contro quel partito si è staccato dal corteo e lo ha fatto.
6) Le condizioni di lavoro sono peggiorate... (stessa risposta del gruppo A)
7) Tutti i partiti non hanno mantenuto le promesse circa noi lavoratori.
8) e 9) (risponde ridendo n.d.r.) di sicuro non voteremo ne Ennahdha ne Nida Tounes (partito che ha al suo interno esponenti dell’ex regime di Ben Ali n.d.r). avranno scarsi risultati elettorali.


pc 7 aprile - MANIFESTAZIONE NO TAV-TERZO VALICO - UNA CORRISPONDENZA

ARQUATA SCRIVIA (AL), SABATO 5 APRILE: MANIFESTAZIONE NO TAV-TERZO VALICO

Si svolge - sabato cinque aprile, ad Arquata Scrivia - una manifestazione del movimento No Tav-Terzo Valico; il concentramento è alle ore 14:00 in piazza della Repubblica, quella della stazione ferroviaria: da qui la marcia popolare si muoverà intorno alle ore 15:00 per raggiungere la località di Radimero, dove sono in corso i lavori per la costruzione della linea ad alta capacità che, quando e se mai sarà ultimata, collegherà il quartiere genovese di Fegino con la frazione tortonese di Rivalta Scrivia.
Al momento in cui arrivo sul posto, sono le ore 13:00, trovo già una decina di attivisti locali, con un banchetto che offre gadgets: magliette, libri, adesivi, spille; pochi minuti dopo si presenta un altro gruppetto composto in maggioranza da valsusini, mentre alle ore 13:30 fa la sua comparsa il camion del sound-system che farà da colonna sonora all'intero pomeriggio con le sue canzoni di lotta.
Nei successivi minuti si ingrossano le file dei manifestanti, anche con presenze significative di altri solidali: cittadini casalesi, ben riconoscibili dalle bandiere tricolori con la scritta in nero "Eternit: giustizia"; No F35 novaresi; la Federazione Anarchica Italiana, sia quella alessandrina che quella torinese; Riscossa Proletaria per il Comunismo; il circolo di Alessandria/Genova di Proletari Comunisti.
In contemporanea anche le 'forze dell'ordine' aumentano gli effettivi presenti, sia in divisa sia in borghese,  ma il livello di tensione è pari a zero: gli organi repressivi dello Stato borghese sembrano aver scelto un basso profilo, limitandosi ad osservare da lontano ciò che avviene sulla piazza.
La nota stonata della giornata è rappresentata da un avvenimento strettamente legato alla ormai prossima campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo: intorno alle ore 13:55, fa capolino - evidentemente proveniente da bordo del treno Regionale 2515, appena giunto da Torino - il segretario di Rifondazione Comunista, il Pastore Valdese, munito di valigia tipo trolley, accompagnato dal codazzo di alcuni suoi accoliti; per contro, la sorpresa positiva è data dalla presenza delle telecamere di Sky Tg 24.
Al momento della partenza lo schieramento dei manifestanti è il seguente: in testa il sound-system, seguito dagli striscioni del movimento "Riprendiamoci la nostra terra" e "Terra e salute non si vendono"; seguono: quello del Movimento per la Casa di Alessandria, "Una sola grande opera: casa e reddito per tutti", ed un lungo serpentone umano, composto da alcune migliaia di unità, chiuso dal comitato No Tav-Terzo Valico di Pontecurone - che sorregge un 'lenzuolo' con la scritta "La nostra terra, il nostro futuro" - e dalle percussioni degli Artisti di strada.
Il corteo si dipana per le vie della città, attraversando prima la circonvallazione in direzione sud, e successivamente la strada centrale della stessa in senso opposto, senza alcun tipo di incidente: c'è spazio anche - al momento del passaggio davanti a piazza Santo Bertelli, dove ha sede il palazzo comunale - per una polemica con il sindaco fascista, Paolo Spineto, accusato di aver tradito il movimento.
La manifestazione prosegue poi costeggiando l'azienda Cementir - attualmente sotto inchiesta della Magistratura, per reati ambientali collegati ad emissioni nocive di polveri - e raggiunge la meta finale: il cantiere di località Radimero; qui, ad attenderla, ci sono moltissimi agenti in assetto antisommossa che, alla richiesta di poter passare per tagliare parte della recinzione ed inaugurare il Parco Archeologico, rispondono con un fitto lancio di lacrimogeni e l'uso spropositato dei manganelli, arrivando persino a colpire violentemente sulla testa un signore di sessantotto anni.
La giornata si conclude comunque con l'inaugurazione simbolica del Parco, ed il successivo concerto di alcuni gruppi musicali sul piazzale antistante la zona dei lavori.
Arquata Scrivia (Al), 06 aprile 2014

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
http://pennatagliente.wordpress.com

pc 7 aprile - "SALARIO MINIMO" = LEGALIZZAZIONE SALARIO NERO, BASTA CON CCNL, GABBIE SALARIALI



«Una legge sul salario minimo" - annuncia il vice ministro dell'Economia Enrico Morando - «un'altra riforma che ha un'assoluta centralità soprattutto adesso che c'è l'accordo tra le parti sociali per misurare la rappresentanza». Una legge destinata a «rivoluzionare le relazioni sindacali», di fatto capovolgendo l'attuale schema della contrattazione attraverso tre pilastri: salario minimo, con tanto di «galera» a chi non lo garantisce, un contratto nazionale che agisca solo «per default», ovvero là dove sul territorio non si è stati in grado di fare accordi di secondo livello, che rappresentano il terzo pilastro. «così possiamo finalmente salvare la produttività, spostando la contrattazione nel luogo dove la produttività si può misurare davvero». (Da Sole 24 Ore)
"Salario minimo (ma) contemporanea introduzione di forti deroghe ai contratti collettivi nazionali, che sarebbero molto depotenziati" (Da Gazzetta del Mezzogiorno)

Potremmo rispondere con una battuta: se assicurate ai lavoratori 1.874 euro, come il minimo mensile del Lussemburgo, ci stiamo! Visto che in Italia si sta ragionando sui 5 euro all'ora...!!

Ma il problema, è evidente, non è la quantità dell'importo. Di fatto questa legge sul salario minimo che viene presentata - e a Cernobbio accolta molto positivamente dagli Industriali - come una difesa del salario dei lavoratori, in realtà vuole da un lato dare legalità al sottosalario a nero già pagato da tante aziende - della serie: per "NON far andare in galera", per non far avere sanzioni alle aziende, tante, che non applicano le retribuzioni contrattuali, e non invece, come dice Morando, "per dare il carcere a chi sgarra"; dall'altro vuole affossare definitivamente i contratti collettivi nazionali, un "auspicio" da molto tempo chiesto dai padroni, nonostante, grazie ai sindacati confederali, questi CCNL siano già ora molto "depotenziati".
Ma le aziende vogliono mettere in soffitta la stessa idea di contrattazione nazionale che unifichi le condizioni salariali e normative dei lavoratori. Vogliono tornare alle "gabbie salariali", dividere i lavoratori; vogliono differenziare le retribuzioni rendendole dipendenti dall'andamento aziendale - ma chiaramente sempre e solo quando i loro affari vanno male, mai quando vanno bene...; vogliono legare il salario alla produttività, cioè a più sfruttamento, più carico e intensità del lavoro. Per far lavorare di più e pagare di meno, per scaricare ancora di più la loro crisi sul salario operaio e salvaguardare i loro profitti.
Il risvolto politico è che gli industriali vogliono spezzare l'unità, il peso nazionale dei lavoratori, rompere ogni residua idea di unica classe che si difende insieme dal nord al sud, per rinforzare la loro classe e interessi padronali sulle divisioni dei lavoratori, sul legame mortale tra operai e padrone.
L'"unità" dei lavoratori verrebbe stabilita dal "salario minimo", per unificare tutti i salari a questo livello minimo. Quindi, altro che difesa: invece di garantire a chi viene sottopagato un salario contrattuale, si darà a chi prende ancora un salario contrattuale un salario minimo.

Ma Morando ha detto un'altra cosa: adesso dobbiamo varare il salario minimo "adesso che c'è l'accordo tra le parti sociali per misurare la rappresentanza".
Questa è effettivamente una tragica verità. I padroni sono abbastanza sicuri che non ci sarà una opposizione da parte di Cgil, Cisl, Uil all'introduzione del "salario minimo". Ma dicono di più, se ci fosse opposizione nelle fabbriche, sui posti di lavoro, l' "accordo con i sindacati confederali sulla rappresentanza", gli garantisce che verrebbero stroncate, dalle stesse segreterie sindacali, ogni contestazione, ogni sciopero, con tutte le sanzioni previste...

Per chi del governo Renzi ha voluto vedere il rametto, lo specchietto per le allodole delle "80 euro in busta paga" (ancora tutte da confermare) e non ha visto la foresta, è lo stesso governo Renzi che rimette le cose a posto: per una mano che darà (se li darà...) qualche decina di euro a una parte dei lavoratori, c'è l'altra mano che sta rubando definitivamente migliaia di euro a tutti i lavoratori.

pc 7 aprile - manifesto nazionale per il 12 aprile a Roma - affiggere, far circolare ovunque!

12 aprile a Roma

contro il jobs act

contro il governo Renzi

Il nuovo governo del giovane Renzi è nel solco di Berlusconi, Monti, Letta al servizio dei padroni, della grande finanza, nell'Europa del capitale per proseguire e intensificare nella crisi - e con la collaborazione di tutti i partiti parlamentari e dei sindacati confederali - l'attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari e delle masse popolari all'insegna della precarizzazione del lavoro, cancellazione dei diritti. 

Un governo con un immagine più forte per reprimere più "velocemente" le lotte dei lavoratori, giovani, disoccupati, senza casa, movimento NOTav, ecc.

Un governo da combattere sui posti di lavoro, nel territorio, nelle piazze, contro ogni illusione elettorale e riformista, sviluppando e rafforzando ora il movimento autonomo di lotta, il sindacato di classe, il fronte unito delle masse popolari.

pcro.red@gmail.com  - Leggi http://proletaricomunisti.blogspot.com

pc 7 aprile - Dall'opuscolo di studio del testo Principi del Leninismo

Collocare il capitolo sul Partito di Principi del Leninismo di Stalin ai nostri tempi ci è utile per descrivere le ragioni del fallimento dei partiti revisionisti e opportunisti dell'estrema sinistra che sono stati una riedizione in piccolo dei partiti della II internazionale descritti dal testo. Con un'aggravante, che la degenerazione dei partiti della II Internazionale fu il prodotto dello sviluppo più o meno pacifico dell'epoca, mentre i partiti opportunisti di estrema sinistra sono stati e sono coscientemente collocati programmaticamente e come personale politico nella concezione dei partiti degenerati della II Internazionale. In questo senso hanno rappresentato e rappresentano partiti e organizzazioni che al di là delle parole o dei testi dei loro documenti sono peggiori perfino del vecchio Pci.
Questi partiti considerano le forme parlamentari di lotta come principali, vivono praticamente per le elezioni, “non sono strumenti adatti per la lotta rivoluzionaria del proletariato – e questo neanche lo vogliono – non sono partiti di lotta del proletariato”. 
E questo carattere è stato ed è alla base dell'estraneità alle lotte proletarie in genere e anche del fatto che siano maturate nelle masse in lotta l'idea che i partiti in genere, anche di estrema sinistra, siano inutili, estranei alla loro lotte e quindi non in grado di rappresentarle. 
Non sono partiti che guidano gli operai alla conquista del potere ma un apparato elettorale – e questo è alla base di un mancato radicamento sociale di questi partiti – adatto alle elezioni parlamentare e alla lotta parlamentare”; questione divenuta peraltro assolutamente inefficace anche sul piano parlamentare per le trasformazioni che il parlamento ha avuto.

Per questi partiti, come giustamente si dice, “l'organizzazione politica fondamentale del proletariato non è il partito ma il gruppo parlamentare... il partito era di fatto un'appendice del gruppo parlamentare e destinato a servirlo”, e ad esserne servito, diremmo, visto che questi partiti quando sono riusciti ad entrare in parlamento hanno fondato essenzialmente la loro attività politica, organizzativa sul finanziamento pubblico. Questo ha provocato il discredito generale non solo di questi partiti ma dei partiti in genere nell'estrema sinistra e nel movimento operaio e popolare, nei movimenti di lotta....

Libro e opuscolo si possono richiedere alla redazione: pcro.red@gmail.com

Sono inoltre in corso gruppi di studio nei circoli territoriali


pc 7 aprile - Pillole comuniste

Il punto è animare le energie proletarie e giovanili perchè prendano nelle proprie mani la costruzione del Partito.
Il punto è dare fiducia, illuminando la strada del corpo militante del Partito.

da Pillole comuniste - 1 -
1-5-2013

pc 7 aprile - Sull'ultimo numero di proletari comunisti importante articolo sulla natura del governo Renzi e come lottare contro di esso


Il giornale è in diffusione nelle città e fabbriche dove siamo presenti. Gli articoli presenti nel giornale non sono usciti sul blog di proletari comunisti nè diffusi in rete.

Si può richiedere alla redazione sia per la diffusione sia per averlo invia email a: pcro.red@gmail.com

domenica 6 aprile 2014

pc 6 aprile 2014 - L'Aquila 5 anni dal sisma: 5 anni di inganni

L’Aquila 6 aprile 2014
Oggi no, è lutto cittadino per 2 ore e poi è domenica e funzionari e pubblici impiegati non lavorano.
E poi c’è il “salone della ricostruzione” con il focal point sulle "Imprese delle donne", che diamine! Come se le donne, per il fatto di essere tali, non possano essere stronze!
E poi ci sono le elezioni ricordate abruzzesi?
Quindi no, oggi è lutto cittadino per 2 ore e poi è domenica e funzionari e pubblici impiegati non lavorano e i padroni no, non lavorano mai

Ma da domani si ricomincia e per chi non lo avesse ancora capito o non lo sapesse, si ricomincia come e peggio di prima:
Senza i propri cari, che le istituzioni non protessero allora, ma di cui oggi si nutrono, come parassiti, come ogni anno dal 2009, per lavarsi la coscienza
Senza casa, per gli aquilani senza fissa dimora e per chi non può permettersi di pagare un affitto
Senza lavoro
Senza reddito per i proletari

Ma con:
Il Sindaco Cialente sempre ben inchiodato alla poltrona a fare il clown melodrammatico
Politici, borghesi e giornalisti di destra e di sinistra a sbracciarsi per “L’Aquila che vogliamo”, con la preghiera del Papa

Mentre piovono:
Denunce per chi ha lottato
Avvisi di sfratto per i proletari del progetto case, che non sono in grado di pagare l’affitto o le bollette
Comunicazioni di licenziamento da parte di aziende che con il terremoto hanno fatto cassa e, passato il periodo delle vacche grasse per i grassi, si liberano degli “esuberi” senza neanche i cosiddetti ammortizzatori sociali

Questa è L’Aquila, secca, nuda e cruda, vista con gli occhi di chi ancora ci vive.

Certo, c’è chi è contento, come scrive Giustino Parisse, “per essersi rifatto un palazzone con 8 milioni di euro dei contribuenti italiani” e chi, come scrivo io, ha raddoppiato i propri profitti proprio grazie al terremoto (aquilani e non).

Ma presto ci sarà un’altra “tregua” mediatica su L’Aquila, che durerà almeno fino alle prossime regionali, salvo ulteriori scandalicchi o scandaloni sulla non-ricostruzione
Perché L’Aquila è un affare solo per ricchi sciacalli, non necessariamente “mafiosi”

L’Aquila è un affare solo per ricchi

pc 6 aprile - Taranto - Mazzette negli appalti della Base navale - La fogna della Marina Militare

Mazzette per gli appalti militari, l’inchiesta del Giud. Carbone, iniziata con l'arresto del Capitano della Base navale il 12 marzo scorso, si allarga a macchia d’olio, e sembra destinata ad avere sviluppi importanti e clamorosi e salire di livello l’indagine sugli appalti militari che sarebbero stati viziati dalle tangenti.

La Marina Militare cerca di mettersi al riparo dicendosi subito pronta a lavorare al fianco della magistratura, con un comunicato che gronda falsità da tutte le parti: "debellare il fenomeno della corruzione a salvaguardia del personale che quotidianamente lavora con spirito di servizio e senso dello Stato... I valori di trasparenza amministrativa e integerrimo portamento nella gestione delle risorse affidate alla Marina Militare per i suoi compiti istituzionali, rimangono punti fermi...".

Il messaggio è chiaro: le mele marce sono un’eccezione, e verranno punite. L’implicito riferimento è al caso sfociato nell’arresto del capitano di fregata Roberto La Gioia, 45 anni, tarantino, che si occupava di contratti e appalti . L’ufficiale della Marina militare, comandante del quinto reparto di Maricommi, è stato arrestato dai carabinieri il 12 marzo scorso con l’accusa di concussione.

L'indagato fu ammanettato in flagranza di reato nella base navale di Chiapparo subito dopo aver ricevuto da un imprenditore una busta contenente 2.000 euro in contanti, somma che rappresenterebbe solo una tranche di una tangente imposta per emettere mandati di pagamento ad un’azienda che ritira e tratta le acque di sentina dalle unità militari alla fonda nei porti di Taranto e Brindisi. Gli investigatori sospettano che il militare abbia chiesto il 10 per cento dei profitti (che ammonterebbero a 150.000 euro).

Il problema è che questo ufficiale pare pronto a parlare e a tirare in ballo alti vertici della MM sia locale che nazionale. In realtà verrebbe fuori che si tratta di tutto un "normale" sistema di tangenti in vigore nella Base navale più grande d'Italia; tant'è che la mattina in cui stava incassando la mazzetta ed è stato arrestato era in corso un'ispezione e il comandante del V Reparto lo sapeva bene - ma tanto questo sistema di tangenti era un fatto "normale"...

«Ogni volta che gli ho dato dei soldi - ha dichiarato l'imprenditore che ha incastrato l'ufficiale - l'ho visto tirar fuori una pen-drive che inseriva nel computer dove annotava i pagamenti ricevuti» E la conferma è arrivata dalla perquisizione del suo ufficio nella base navale: due pen-drive che racconterebbero molto di più di una o due tangenti.

Tutto ciò mentre il neo-ministro della Difesa Roberta Pinotti promette che saranno cacciate via eventuali «mele marce» nelle Forze Armate. Ma qui è tutta la Marina Militare una grande mela marcia.


pc 6 aprile - Afghanistan, sfrenata campagna imperialista per legittimare le elezioni fatte per scegliere chi gestirà l'accordo con gli imperialisti sul falso ritiro



Afghanistan, seggi chiusi dopo quasi 10 ore di voto: alta partecipazione

Secondo il capo della Commissione elettorale, potrebbero aver votato sette milioni di elettori sui 12 milioni di aventi diritto

Malgrado siano stati mobilitati 195.000 uomini delle forze di sicurezza, circa il dieci per cento dei seggi sono rimasti chiusi per non mettere a repentaglio la vita degli elettori e degli scrutatori. Oltre al timore di violenze, sulla consultazione è pesato anche il sospetto di brogli, già manifestato apertamente da alcuni candidati.
Alle 8 ha votato anche Karzai. Prima di inserire le schede (per presidenziali e provinciali) nelle urne, il capo dello Stato uscente ha detto che "il voto porterà una vita più prospera per i nostri figli e le generazioni future". Sebbene i candidati siano otto, la sfida è a tre: Abdullah Abdullah, padre di etnia pashtun e madre tagika, è acerrimo avversario di Karzai, del cui governo fece parte fino al 2006; Zalmai Rassoul, pashtun, ex ministro degli Esteri che gode dell'appoggio non dichiarato di Karzai, è l'unico ad avere inserito una donna tra i suoi due vice; Ashraf Ghani, pashtun, intellettuale che ha insegnato negli Stati Uniti e ha lavorato per la Banca mondiale, considerato troppo al di fuori delle logiche tribali.
La lunghezza del processo elettorale è un altro fattore che alimenta sospetti e timori: il passaggio di consegne potrebbe non essere confermato prima di ottobre, lasciando poco margine per completare l'accordo con Washington e Bruxelles per mantenere nel Paese, seppur sotto forma di addestratori, un contingente dopo che il grosso avrà completato il ritiro.


dal PC Afghanistan 


Le terze elezioni presidenziali dalla nascita del regime fantoccio hanno un’importanza particolare. In queste elezioni chi sarà scelto come presidente del regime fantoccio firmerà l’accordo di sicurezza bilaterale (BSA) con gli imperialisti americani occupanti e diventerà principale esecutore del contratto per il regime per i prossimi cinque anni. Chiunque si aggiudicherà la posizione di primo traditore, non cambierà dopo le elezioni il carattere anti-patriottico, anti-nazionale e anti-popolare del regime fantoccio. Tutti i candidati in queste elezioni hanno già annunciato che firmeranno l’accordo con gli imperialisti americani.

La firma del BSA con gli imperialisti americani da parte della futura guida del regime fantoccio significa che le basi militari strategiche americane resteranno in Afghanistan fino al 2024, se non fino al 2034. Dunque si prolungheranno la condizione di occupazione del nostro paese, e la dominazione nazionale del nostro popolo: le forze di occupazione continueranno a essere gli effettivi governanti dell’Afghanistan, il suolo e i cieli del paese rimarranno sotto il loro controllo e continueranno le vili incursioni e attacchi contro il paese e il suo popolo. È possibile che il regime fantoccio col nuovo presidente abbia un po’ più autorità in certe aree, ma comunque la sua essenza di satrapo di un regime fantoccio resterebbe fondamentalmente intatta. La disoccupazione, la povertà, la fame, la dipendenza, l’oppressione delle donne e le nazionalità oppresse, il furto e saccheggio dei beni comuni, il saccheggio delle risorse minerarie e la distruzione dell’ambiente continueranno a pesa su questo paese già devastato e a devastare sul suo popolo.

In questa situazione, lo scoppio della pace tra imperialisti e traditori nazionali non è altro che la calma che i predatori mantengono prima di cacciare, si tradurrà in nuovi spargimenti di sangue e nella continuazione delle brutalità degli occupanti e dei traditori nazionali. Se gli eserciti invasori e le forze di occupazione imperialiste continuano a prolungare la loro presenza nel paese, il popolo non ha altra scelta che continuare una resistenza altrettanto prolungata.

In questo contesto, la nostra responsabilità principale è ancora quella di continuare la preparazione per un inizio più immediato di una giusta guerra popolare rivoluzionaria nazionale di resistenza contro gli occupanti imperialisti e i loro satrapi traditori nazionali. Il Partito Comunista (maoista) dell’Afghanistan, per avanzare in questo percorso di lotta, fa appello al boicottaggio delle elezioni, il cui obiettivo principale è determinare il primo traditore nazionale che andrà a firmare l’accordo strategico con gli occupanti americani. Auspichiamo la solidarietà, il sostegno e il coordinamento di tutte le forze democratiche e rivoluzionarie nazionali nella lotta comune contro gli occupanti imperialisti ei loro satrapi traditori nazionali.

Partito Comunista (maoista) dell’Afghanistan

pc 6 aprile - manifestazione a Roma del 12 aprile - i bus organizzati da alcune città

bus12a_shortManifestazione nazionale a Roma - 12 Aprile 2014 da Porta Pia: NoTroika! Contro precarietà e austerità!
I DIRITTI SI CONQUISTANO A SPINTA!!!
ASSEDIAMO il governo Renzi! Ribaltiamo il "Jobs Act"! CASA - REDDITO - DIGNITA' PER TUTTI!
TUTTI a ROMA!

Bologna
Appuntamento h 5.00 all’autostazione
Costo del biglietto 20 euro.
Per info e prenotazioni chiama il 3899328870 o scrivi sul profilo FB del Laboratorio Crash!

Torino
20 euro per gli/le studenti/esse, qualcosa di più per tutti gli altri
dove acquistarli:
Terzo Piano Biblioteca Autogestita
Senza Pazienza Infoshop, via Artisti 13/a (dalle h 17 lun-ven)
csoa Askatasuna (mart sera h 21.30)
Sportello Casa Pietra Alta (tutti i martedì dalle h 19)
tel. 3476577844

Casertano
CONTATTATECI SULLE PAGINE O PASSATE AL CSOA TEMPO ROSSO (PIGNATARO)
O ALLO SPAZIO CALES (SPARANISE)

Pisa
Ore 7.00
per info costi, orari e prenotazioni chiamare al 3271440865

Cosenza
Ore 5.00
per info e prenotazioni
cell: 3490726439 - 3396951018
e-mail: rialzo_at_autistici.org

Brescia
ore 5.00 al CSA Magazzino47
Sottoscrizione a partire da 20 euro a persona, andata e ritorno.
Per prenotare o per informazioni:

chiamare Radio Onda d'Urto allo 030-45670

Cremona
concentramento ore 04.00 davanti al CSA Dordoni, via Mantova 7A (ex foro Boario), per prenotare i posti o avere informazione scrivere in privato alla pagina facebook del comitato antisfratto cremona oppure inviare una mail nosfratti.cr@gmail.comQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Milano
meetpoint dalle 20 a SMS piazza stuparich 18 partenza ore 24.00
costo 30 euro numero 3272937274

Firenze
Numero per info e prenotazioni: 3896619215

Palermo
appuntamento alle ore 22 di giorno 11 di fronte la stazione Orleans. Costo del biglietto 30€. Per info e prenotazioni 3899981308.

Romagna (Ravenna e Cesena)
h 6.00, Piazza N. Vacchi, Ravenna
h 6.30, Ippodromo, Cesena
Costo del biglietto 20 euro a/r.
Per info e prenotazioni chiama il 339 77 51 604 o scrivi sul profilo FB del Collettivo Autonomo Studentesco Ravenna!
Salerno
Per informazioni ed adesioni contattaci attraverso un messaggio di posta oppure chiama il numero 373 81 63 975 - su facebook : Rivolta la città

Bari
Per info ed adesioni invia una mail a 12aprilebari@canaglie.net

pc 6 aprile - Corteo NOTAV con cariche

Cariche al corteo notav terzo valico, ma le reti vanno giù!

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E’ ancora in corso mentre scriviamo la giornata notav noterzovalico che ha visto partire un grosso e partecipato corteo da Arquata Scrivia fino al cantiere di  Radimero.
Il movimento che si è sviluppato in questi anni tra il Piemonte e la Liguria ha dato filo da torcere a quanti pensavano di fare il terzo valico senza opposizione, tant’è che i lavori sono già in fortissimo ritardo sulla tabella di marcia. E’ cresciuta un’opposizione popolare decisa, concreta che ha saputo tenere duro in questi anni con risultati incredibili.
Si respira la stessa aria di lotta e condivisione da quelle parti e non solo per le bandiere in comune con la Valle, c’è capacità e determinazione nel fermare l’ennesima opera inutile a discapito dei reali bisogni dei nostri territori e del nostro Paese.
I notav lo avevano detto e lo hanno fatto, arrivati al cantiere hanno tagliato le reti del cantiere per una buona parte e le forze dell’ordine presenti in un numero ben superiore alle altre volte hanno caricato e lanciato lacrimogeni provocando diversi feriti, tra cui un signore di 70 anni e per molto poco, il senatore 5 stelle Marco Scibona, che era in prima fila con le mani alzate. Lo hanno manganellato mirando al volto che è riuscito a coprirsi con le braccia, questo nonostante che tutti gridassero “è un senatore”.

Da Radio Onda d’urto  Nadia, No Tav Brescia, ci  descrive le cariche e poi Claudio, no Tav terzo valico, ci offre un commento a caldo. Ascolta o scarica la diretta delle cariche. 
In seguito alle cariche il corteo però non si è disperso e prosegue la mobilitazione con il concerto e le altre inziative in programma, una grande giornata dei notav no terzo valico che dimostra, nella reazione scomposta delle forze dell’ordine, che l’opposizione popolare fa paura, ovunque.
La cronaca della giornata da Infoaut

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pc 6 aprile - Canadà - elezioni in Quebec - l'unica via è il boicottaggio!

Quebec al voto, sfida indipendentista e studenti in piazza




Les camarades du Mouvement étudiant révolutionnaire vont se joindre au contingent abstentionniste  contre les mesures d’austérité du PQ.
La manifestation est organisée par l’Association pour une solidarité syndicale étudiante (ASSÉ) sous le thème “Aux riches de faire leur juste part!“.
Pour le socialisme, boycottons leurs élections!

da un articolo informativo di Contropiano
Si vota in Quebec, la provincia francofona del Canada che conta il 25% della popolazione totale della Federazione e che rivendica da sempre il distacco da Ottawa. L’appuntamento elettorale di domani si carica quindi di notevoli aspettative per il fronte indipendentista uscito vincitore dalle elezioni anticipate del 4 settembre del 2012 convocate dal premier liberale precedente dopo aver sciolto il governo sull’onda di una imponente mobilitazione di studenti e lavoratori contro le politiche autoritarie e liberiste dell’esecutivo guidato da Jean Charest. La nuova premier ministre Pauline Marois, sfuggita ad un attentato mentre festeggiava la vittoria del suo Parti Québécois, formò un governo di minoranza che venne incontro ad alcune delle richieste dei dimostranti che avevano causato la caduta del governo precedente ma che poi ha tradito molte delle aspettative generate nei settori sociali meno abbienti.
Il Parti Québécois (PQ, di centrosinistra), che già in passato - 1980 e 1995 – ha promosso referendum indipendentisti persi per pochi voti, ha fatto appello agli elettori affinché gli concedano una maggioranza in grado di promulgare la “Charte des valeurs québécoises”, una corta di dichiarazione di ‘pre-indipendenza’. Si tratta di un progetto di legge che, in nome della laicità dello Stato, proibisce tra le altre cose l’esibizione pubblica di simboli religiosi oppure l’osservanza da parte dei centri per l’infanzia di regimi dietetici dettati da precetti religiosi. I nazionalisti canadesi accusano i québecois di voler ridurre i diritti delle minoranze etniche e religiose non cristiane. Insieme alle opposte valutazioni sui referendum già indetti in Scozia e in Catalogna per i prossimi mesi, naturalmente le polemiche sulla ‘Charte’ hanno tenuto banco in una campagna elettorale trasformatasi ben presto in referendum pro o contro l’indipendenza della regione che molti canadesi considerano un fardello.
D’altronde nel 1995 i ‘si’ all’indipendenza arrivarono ad un soffio dalla vittoria, fermandosi ad un frustrante 49,4%. Ma secondo alcuni politologi se il Quebec ottenesse il tanto agognato distacco, il Canada rischierebbe la disintegrazione con una parte dello stato – le province occidentali – che diventerebbero periferiche e lontane dal centro politico della federazione e si rischierebbe una spinta centrifuga.
La maggior parte dei più recenti sondaggi davano per vincente, nel voto per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale della ‘nuova Francia’, il centrodestra del Parti Liberal e il suo leader Philippe Couillard. Che durante la campagna elettorale pur attaccando frontalmente le rivendicazioni indipendentiste del Parti Québécois e degli altri partiti di sinistra che rivendicano piena sovranità, ha spostato il suo discorso politico verso lidi federalisti, affermando di voler ottenere un maggior decentramento dei poteri e una maggiore autonomia per il Quebec.
Intanto giovedì scorso sono tornati in piazza gli studenti, che hanno dato non poco filo da torcere al governo liberale di Jean Charest e che ora hanno protestato anche contro le politiche sull’istruzione della prima ministra socialdemocratica. Più di 10 mila studenti delle scuole superiori e dell’università hanno sfilato nelle strade di Montréal sfidando la famigerata legge P6 – varata dal governo liberale proprio per impedire le proteste studentesche – che impone l’obbligo di fornire alle autorità l’itinerario delle manifestazioni. In particolare slogan e striscioni hanno preso di mira le politiche di austerità e i tagli implementati dal governo di centrosinistra che pure aveva promesso un cambiamento di rotta forte rispetto alle misure antipopolari imposte dai liberali. Ma anche il PQ non è sfuggito al ricatto del debito pubblico da ridurre anche a costo di tagliare istruzione, sanità, lavoro e diritti. Il corteo ha sfilato per circa due ore ma poi è stato bloccato dalla polizia che ha caricato gli studenti nel tentativo di realizzare alcuni arresti. Quando gli studenti hanno cercato di intervenire per impedire gli arresti i reparti antisommossa hanno di nuovo attaccato duramente il corteo con lacrimogeni e proiettili di gomma. Alla fine sei persone sono state arrestate e altrettante sono rimaste ferite.
La virata filo austerity del governo Marois potrebbe far perdere al fronte Québécois i consensi necessari ad ottenere la maggioranza nell’Assemblea Nazionale.

pc 6 aprile - Cambogia: le fabbriche di abbigliamento uccidono


  • Redazione Contropiano

Cambogia: le fabbriche di abbigliamento uccidono
Un gran numero di operai di manifatture tessili sono intossicati ogni anno da solventi, collanti e vernici. Una realtà poco nota, emersa oggi per il ricovero di 118 dipendenti di due aziende che producono per importanti marchi internazionali, tra cui Puma e Adidas.
A segnalarlo sono all'agenzia di stampa Misna fonti della polizia di Phnom Penh, a conferma della precarietà delle condizioni d lavoro nel paese asiatico, tra i preferiti dai brand internazionali che terziarizzano sovente a imprese di proprietà cinese, come Shen Zhou e Daqian Textile, dove lavoravano gli intossicati di oggi nella capitale. Un ulteriore colpo per l’immagine del paese e un ulteriore rischio che le multinazionali delle calzature sportive o dell’abbigliamento si allontanino verso mete forse meno lucrose ma più accettabili per i loro clienti. Puma e Adidas hanno già annunciato un’inchiesta sui malori odierni.
Nessuna certezza sull’accaduto, salvo che le testimonianze parlano di operai caduti a terra senza ragioni apparenti o più probabilmente diverse rispetto ai rischi abituali. Fonti sindacali parlano di 200 lavoratori svenuti solo in questa settimana, con 53 sicuramente intossicati dalle vernici utilizzate.
Situazioni come quelle di oggi non sono infrequenti nel paese, data la scarsa ventilazione degli ambienti di lavoro e l’uso di prodotti tossici. Iniziative governative e private per limitare queste patologie del lavoro hanno portato a pochi risultati, dato il contemporaneo aumento delle iniziative produttive. Le sole manifatture dell’abbigliamento danno lavoro a 600.000 cambogiani e garantiscono alla modesta economia cambogiana un introito indispensabile di oltre 5 miliardi di dollari all’anno.

pc 6 aprile - Assedio all’Ue, portuali contro polizia: scontri e feriti a Bruxelles

Assedio all’Ue, portuali contro polizia: scontri e feriti a Bruxelles


Doveva essere una tranquilla – e rituale – manifestazione quella organizzata ieri nella capitale belga ed europea Bruxelles dai sindacati europei aderenti alla confederazione concertativa Ces – alla quale aderisce anche alla Cgil – ma la crisi si fa sentire in maniera sempre più forte e una parte del corteo che ieri ha attraversato la città sede delle istituzioni europee ha deciso di farsi sentire in maniera più contundente.
In mattinata circa 30 mila lavoratori provenienti da vari paesi del continente avevano sfilato tranquillamente in una città letteralmente blindata da uno schieramento di polizia imponente che aveva trasformato in zona rossa inaccessibile il quartiere delle sedi comunitarie, in particolare l’edificio che ospita la Commissione Europea. Una manifestazione continentale contro le politiche di austerità e contro i tagli imposti dall’Unione Europea, che naturalmente non metteva in discussione l’origine di questi processi – l’UE – ma solo gli effetti. Il corteo, alla quale partecipavano delegazioni arrivate da 12 paesi, era partito dalla stazione del Nord di Bruxelles diretto verso il Parco del Cinquantenario, uno spazio verde contiguo alla zona che ospita le istituzioni comunitarie. I lavoratori portavano striscioni redatti in diverse lingue che recitavano “per un salario giusto e un lavoro decente”, “misure di austerità uguale povertà duratura” e ancora “persone, non profitti”. Molti gli striscioni e i cartelli di un’utopistica “Europa sociale e unita con diritti uguali per tutti” mentre altri mostravano una bandiera dell’Unione Europea nella quale le stelle in campo azzurro erano diventate delle forbici. Una manifestazione elettorale, quella di ieri, indetta dalla Confederazione Europea dei Sindacati in vista delle elezioni che si terranno in tutto il continente dal 22 al 25 maggio per rinnovare il parlamento europeo. Una manifestazione strumentale, per tirare la volata ai partiti di centrosinistra, a detta dei sindacati di lotta e conflittuali che non hanno aderito all’iniziativa che ha chiesto alle istituzioni il varo di una specie di ‘Piano Marshall del XXI secolo’, un piano di investimenti per un totale di 250 miliardi di euro da racimolare dalla Banca Europea di Investimenti (BEI) e anche da altre fonti. I sindacati – compresi Cgil, Cisl e Uil - chiedono investimenti pari al 2% del pil europeo in ricerca, formazione, infrastrutture che portino a occupazione di qualità, oltre a un salario minimo europeo, un corretto finanziamento dei servizi pubblici, servizi sociali rafforzati e una fiscalità più equa.
Ma a frustrare la volontà di partecipazione dei lavoratori scesi in piazza insieme alla CES ci ha pensato la polizia belga che ha sbarrato il passo al corteo quando questo ha sfilato vicino al parlamento e poi ancora ad alcune ambasciate. Quando la manifestazione è arrivata in Viale delle Arti gruppi di giovani ma anche di operai hanno cominciato a lanciare oggetti – bottiglie, pietre, bastoni - verso l’ambasciata degli Stati Uniti presso l’Unione Europea, all’interno del quale l'ambasciatore Anthony L. Gardner stava conducendo una riunione con i giornalisti. I reparti antisommossa hanno caricato e si sono verificati i primi scontri con un bilancio di nove feriti tra manifestanti e agenti.
Più avanti lungo il percorso un nutrito gruppo di lavoratori dei porti di Anversa e di Gand hanno evidentemente evidentemente troppo morbido l’atteggiamento dei sindacati e ha iniziato a lanciare petardi contro i cordoni di polizia tentando di forzarli per avvicinarsi alla sede della Commissione Europea. Ne sono nati nuovi scontri con la Polizia che ha usato anche i lacrimogeni, i cannoni ad acqua e gli spray urticanti al peperoncino per disperdere i tenaci dimostranti che rispondevano con pietre ma anche arance. Alla fine il bilancio è stato di 28 feriti.

pc 6 aprile - a Torino con i NOTAV processati - massima solidarietà - proletari comunisti-PCm/Italia


pc 6 aprile - Pillole comuniste

Fare lavoro teorico è difficile, fare lavoro pratico è facile.
Ma la pratica senza la teoria è coazione a ripetere e non porta da nessuna parte


da Pillole comuniste - 1 -
21-5-2013

pc 6 aprile - nessuna impunità per i padroni della Thyssenkrupp! locandina nazionale della rete nazionale- affiggere ovunque - info bastamortesullavoro@gmail.com


pc 6 aprile - LA SCUOLA NON E' UNA FILIALE DELLE QUESTURA!

IN MERITO A CIO’ CHE E’ ACCADUTO PRESSO IL LICEO LINGUISTICO CASSARA’ A PALERMO, RIPORTIAMO QUANTO SEGUE:

“PALERMO – “Denunciamo con forza l’atteggiamento della questura di Palermo che nella giornata di oggi, in pieno orario di lezione, ha sottoposto docenti ed alunni ad un interrogatorio in relazione all’occupazione che ha coinvolto la sede staccata del Liceo Linguistico “N.Cassarà” di via Fattori, a Palermo, come altre decine di scuole, nei mesi di novembre e dicembre”. Lo scrive in una nota l’Unione sindacale di base Palermo Scuola.
“L’interrogatorio, che ha visto coinvolto anche il nostro responsabile regionale - prosegue la nota del sindacato – in quanto insegnante della scuola, si è svolto a metà mattinata mentre le classi erano regolarmente a scuola, con docenti ed alunni che venivano volta per volta chiamati in presidenza per le dichiarazioni, alla presenza del Dirigente Scolastico che ha consentito questa procedura “poco ortodossa”. In un clima di tensione, con docenti sottoposti ad interrogatori “sostenuti” ed “incalzanti” che mettevano in dubbio la loro professionalità, al termine degli stessi alcuni alunni sono stati denunciati per interruzione di pubblico servizio e violenza privata”.
“Troviamo inaccettabile – recita la nota dell’Usb Palermo Scuola – che il dirigente scolastico abbia consentito tutto questo, trasformando la scuola in una “sala interrogatori” con alunni e docenti attraversati da un senso di profonda angoscia e paura, in relazione ad un evento come l’occupazione che ha interessato tutto il territorio nazionale e che rappresenta anche un momento di crescita per i ragazzi. L’accusa di violenza privata è assurda, nei confronti di ragazzi appena maggiorenni, che avevano vissuto la stessa esperienza l’anno precedente senza che avvenisse tutto questo; invece, quest’anno, si vedono catapultati in una condizione “delinquenziale” che non ha nessun presupposto logico: non un solo docente è stato vittima di alcuna violenza fisica ed il personale Ata ha potuto svolgere regolarmente il proprio servizio nella scuola durante l’occupazione. Ricordiamo alla questura di Palermo, al Dirigente scolastico e ai funzionari della polizia di Stato che la scuola è un luogo “sacro” di formazione culturale ed esistenziale, in cui i genitori mandano i loro figli per studiare e formarsi e non può diventare quello in cui è stato trasformato oggi il Linguistico N. Cassarà, ossia un covo di pericolosissimi “delinquenti” o di docenti “irresponsabili”. Il nostro sindacato sarà accanto a docenti ed alunni coinvolti in questa “bruttissimo” episodio, riteniamo fondamentale difendere il diritto al dissenso pacifico di ogni alunno, questo paese ha bisogno di fiducia nelle nuove generazioni e non di criminalizzazione del pensiero critico”.
(FONTE: M.LIVESICILIA.IT)

QUANTO ACCADUTO ALL’INTERNO DEL PLESSO DEL LICEO LINGUISTICO PALERMITANO E’ MOLTO GRAVE ED INDICATIVO DI UN LIVELLO SEMPRE CRESCENTE DI REPRESSIONE POLIZIESCA NEI CONFRONTI DI CHI ACCENNA, ANCHE SOLO IN PICCOLE - E PACIFICHE COME UN’OCCUPAZIONE STUDENTESCA! - AZIONI DI PROTESTA, AD ALZARE LA TESTA E RIBELLARSI CONTRO LA CRISI, I GOVERNI, L’ISTRUZIONE SEMPRE PIU’ CARENTE E FUNZIONALE AL CAPITALISMO, AI PADRONI.

DENUNCIAMO QUEST’ATTACCO POLIZIESCO, DENUNCIAMO LA FIGURA SBIRRESCA DI UN PRESIDE COME QUELLO DEL LICEO “CASSARA’” CHE HA CONCESSO, COME FOSSE UN’AZIONE LEGITTIMA, CHE GLI STUDENTI VENISSERO INTERROGATI E ALCUNI DI ESSI DENUNCIATI.

ESPRIMIAMO LA NOSTRA FORTE SOLIDARIETA’ AI RAGAZZI COLPITI ANCORA UNA VOLTA DALLA REPRESSIONE DEL MODERNO FASCISMO CHE AVANZA… ALZIAMO IL TIRO DELLA NOSTRA RESISTENZA CONTRO QUESTO STATO DI POLIZIA, CHE CI VUOLE RENDERE SEMPRE PIU’ VITTIME DEL SISTEMA!

COLLETTIVO UNIVERSITARIO RIVOLUZIONARIO 

http://curpalermo.wordpress.com/2014/04/05/la-scuola-non-e-una-filiale-della-questura-ma-la-culla-della-cultura/

pc 6 aprile - Milano 12 aprile - INDIETRO NON TORNIAMO! IL DIRITTO D’ABORTO NON SI TOCCA! da Mfpr

A Milano il 12 Aprile ci sarà un corteo promosso dal Comitato No194, che programmaticamente, si pone l’obiettivo dell’abrogazione della L. 194 con l’intento che sia la donna che il medico che pratica l’aborto vengano perseguiti  penalmente e considerati assassini. Questo corteo arriva dopo quasi un anno di “preghiere in riparazione di aborto ed eutanasia” davanti agli ospedali pubblici di diverse città. Una presenza fortemente molesta e intimidatoria, di criminalizzazione  verso le donne.
In questi ultimi anni,  l’attacco al diritto d’aborto, in questo paese, è avvenuto con modalità diverse : pratiche, politiche, campagne ideologiche. Il progressivo aumento dell’obiezione di coscienza che, da un lato, in intere regioni rende impossibile il ricorso all’ IVG e determina il fenomeno del pendolarismo nelle regioni in cui l’obiezione di coscienza è meno diffusa e, dall’altro, sta producendo come effetto il ritorno a modalità d’aborto “fai da te”, soprattutto tra le donne immigrate, pericolosissime per la salute e la vita stessa delle donne; il seppellimento dei feti abortiti, introdotto in maniera strumentale in regolamenti cimiteriali di diversi EELL; le campagne contro l’aborto equiparato a un omicidio che periodicamente vengono lanciate; l’obbligo di ricovero per tre giorni se si ricorre alla RU486 disincentiva l’uso, a discapito di tecniche migliorative- le donne devono sempre soffrire-; la difficoltà di accesso alla pillola del giorno dopo..
L’integralismo non è lontano, in Italia abbiamo il Vaticano!
La manifestazione del 12 aprile promossa dal comitato NO194, ha lo scopo di  propugnare una concezione delle donne oscurantista e reazionaria. Noi riteniamo ci sia un nesso stretto tra l’ humus oscurantista  e reazionario che vuole riportare le donne a un Moderno Medioevo e l’aumento delle violenze contro le donne, sino alle uccisioni. L’abbiamo fortemente affermato nello storico sciopero delle donne del 25 novembre e nell’ 8 marzo Giornata internazionale di lotta delle donne. Per ciò riteniamo che questo corteo sia parte della guerra di bassa intensità contro le donne.La Chiesa cattolica non ha mai smesso di “dettare l’agenda” in questo paese in tema di diritto di scelta delle donne,  sulla centralità della famiglia e il ruolo in essa delle donne, ma anche in tema di interventi nelle scuole su sessismo, omofobia, contribuendo a diffondere un humus maschilista e reazionario.
Il 12 aprile  le frange più oltranziste del fondamentalismo cattolico  compresa Militia christi vengono lasciate sfilare tranquillamente in questa città per poter affermare che l’aborto è un omicidio e, quindi, le donne che abortiscono delle assassine. In una città che  nel 2006 ha visto una grandiosa manifestazione di 200.000 donne contro gli attacchi al diritto d’aborto. In una fase di crisi, per prime le donne vengono ricacciate a casa, sia perché sono le prime ad essere licenziate, sia perché si scarica su di esse  il ruolo di “supplente” dei servizi di cura sempre più carenti e queste manifestazioni sono parte delle campagne che servono a giustificare e rendere “normale” una condizione delle donne difficile, di subalternità, sottomissione, questa manifestazione ne è parte.
Nelle recenti, grandi mobilitazioni in Spagna contro il progetto di legge Gallardon, le donne hanno giustamente gridato “le ricche abortiscono, le povere muoiono”, alludendo che per le proletarie l’oppressione è doppia, di classe e di genere.
Il 12 aprile noi saremo, per contrastarlo, lungo il percorso del corteo che parte alle 15 da piazzale Cadorna fino a Piazza Medaglie d’Oro e invitiamo le lavoratrici, le donne in lotta contro precarietà, contro gli attacchi ai diritti a partecipare con cartelli, slogan….
Le lavoratrici, precarie, disoccupate aderenti all’  mfpr di Milano
Mfpr.mi1@gmail.com

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