sabato 15 marzo 2014

pc 15 marzo - il corteo di roma contro la repressione







pc 15 marzo - MA QUALE PARTE LESA, LORO SONO PARTE DEL PROBLEMA

Morti per amianto nei capannoni Alfa Romeo, la Regione parte civile
Regione Lombardia si è costituita parte civile nel processo penale contro alcuni ex dirigenti Fiat per ventuno decessi legati all’esposizione all’amianto negli anni Ottanta e Novanta all’Alfa Romeo di Arese

di Monica Guerci


Arese, 15 marzo 2014 - Regione Lombardia si è costituita parte civile nel processo penale contro alcuni ex dirigenti Fiat per ventuno decessi legati all’esposizione all’amianto negli anni Ottanta e Novanta all’Alfa Romeo di Arese. L’udienza preliminare è fissata per il prossimo 31 marzo al Palazzo di Giustizia di Milano. Nei giorni scorsi anche il Comune di Arese aveva preso la stessa decisione. «Sulla salute dei luoghi di lavoro non si scherza. Bene dunque ha fatto Regione Lombardia a costituirsi parte civile contro i vertici e manager Fiat».

Così il vicepresidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti (Lega Nord) commenta la decisione della Giunta regionale di costituirsi parte civile nei confronti agli ex manager Fiat, tra cui l’Ad Paolo Cantarella, in relazione alla morte per forme tumorali di 21 operai dello stabilimento motoristico, decessi avvenuti a metà degli anni 2000 e che secondo l’accusa sarebbero stati provocati dalla presenza di amianto nello stabilimento milanese. «Episodi di questo tipo - sottolinea Cecchetti - non sono più tollerabili e con questa azione Regione Lombardia lancia un messaggio chiaro. La salute sui luoghi di lavoro e il rispetto delle norme di sicurezza fanno parte delle conquiste di civiltà e coinvolgono in prima persona i lavoratori. Inoltre – conclude il vice presidente - rappresentano un beneficio per l’intera società che non è costretta di farsi carico dei costi per curare le persone che si sono ammalate a causa di un uso poco attento di tecnologie, materiali o altri tipi di componenti».
Cantarella risponde di omicidio colposo in relazione alle sue cariche di ex presidente di Alfa Lancia spa e Lancia Industriale nel 1991 e amministratore delegato di Fiat Auto tra il 1991 e il 1996. Gli altri indagati sono Corrado Innocenti (ex ad di Alfa Romeo), Piero Fusaro (ex presidente ed ex ad di Lancia Industriale spa), Luigi Francione (ex presidente di Lancia spa), Giorgio Garuzzo (ex presidente di Fiat Auto spa), Vincenzo Moro (ex ad di Alfa Romeo), Giovanni Battista Razelli (ex ad di Lancia Industriale spa). Per tutti l’accusa è omicidio colposo.
monica.guerci@ilgiorno.net

pc 15 marzo - PER DIFENDERE I LORO SPORCHI GUADAGNI VOGLIONO L'INPUNITA'....

....SIA QUANDO UCCIDONO NELLE FABBRICHE
SIA QUANDO "DIFENDONO" I FRUTTI DEL LORO SFRUTTAMENTO

Bombassei chiede la grazia
per l'imprenditore di Arzago
che uccise un ladro
Un'adesione che pesa quella di Alberto Bombassei, presidente di Scelta Civica e patron della Brembo, che sottoscrive la richiesta di grazia per l’imprenditore di Arzago d’Adda, Antonio Monella, che nella notte tra il 5 e il 6 settembre del 2006 sparò e uccise Elvis Hoxa, albanese di 19 anni, mentre stava fuggendo dal vialetto di casa sua con la Mercedes appena rubata. A confermare questa scelta è il senatore leghista bergamasco Giacomo Stucchi, presidente del Copasir.
In una nota diramata dallo stesso Stucchi si legge: "A pochi giorni di distanza dalla notizia della condanna definitiva a sei anni e due mesi da parte della Cassazione è partita la raccolta firme tra i parlamentari bergamaschi, tra i quali hanno già aderito l’onorevole Alberto Bombassei e il senatore Roberto Calderoli, i senatori Nunziante Consiglio della Lega, Marco Pagnoncelli e Enrico Piccinelli di Forza Italia, gli onorevoli Cristian Invernizzi della Lega e Gregorio Fontana del Pdl. Si ritiene opportuno sostenere la richiesta di grazia, che è stata già depositata dal diretto interessato il 3 marzo scorso".
Sabato, 8 Marzo, 2014



pc 15 marzo - i servizi dello stato borghese monitorizzano i movimenti di lotta per dare indicazione per la repressione

L'intelligence sul conflitto sociale
La relazione annuale che i servizi segreti italiani (Aisi) presentano al Parlamento  è ampia ed è dedicata a molti capitoli relativi alla sicurezza nazionale, ma è di grande interesse il capitolo dedicato alle “Strumentalizzazioni estremiste e minaccia eversiva".
Innanzitutto si conferma il doppio standard. al solito  alle organizzazioni neofasciste è dedicato anche minor spazio della relazione precedente: meno di una pagina e una colonnetta. I fascisti continuano ad essere considerati poco più di un fenomeno folkloristico, con la sola novità delle loro elaborazioni euroasiatiste ma – dicono i servizi – con scarso seguito. Per il resto si occupano “del sociale” e un po' delle curve negli stadi. Viene però segnalata la “strumentale partecipazione di militanti di estrema destra” nelle proteste dei c.d. forconi.
Ai movimenti di sinistra e antagonisti sono invece dedicate ben sei pagine e mezzo....
La premessa è emblematica: “gli ammortizzatori sociali e il ruolo di mediazione dei sindacati confederali hanno continuato ad agire da depotenziatori del conflitto, limitando i margini d'intervento delle frange estreme della sinistra antagonista”. Non si potrebbe definire in modo più chiaro quello che siamo andati denunciando in questi anni rispetto al ruolo di Cgil Cisl Uil. Le lotte nei call center e nella logistica vengono indicate come “sporadiche, emergenti forme di autorganizzazione operaia”.
 Secondo i servizi di sicurezza “Il ruolo del web si è confermato determinante quale amplificatore delle iniziative di lotta funzionale allo sviluppo di campagne condivise”.
 Secondo l'Aisi i movimenti subito dopo le elezioni di febbraio hanno rilanciato la mobilitazione anticrisi. “Particolare rilievo mobilitativo ha assunto la questione abitativa, ritenuta strategica e trainante per lo sviluppo del conflitto sociale” scrivono i servizi. “Nel frattempo sono stati sviluppati percorsi di azione comune su alcuni principi cardine della protesta anticrisi, quali la contestazione del Fiscal Compact e dei trattati liberisti europei, con l'obiettivo di aggregare la militanza attorno all'appello “anticapitalista” attraverso un processo che parta dal basso per costruire un'alternativa all'attuale sistema economico, sociale e politico”
Ai servizi di sicurezza non è poi sfuggita l'importanza della due giorni di mobilitazione nazionale del 18 e 19 ottobre “con lo sciopero generale dei sindacati di base e la manifestazione per il diritto alla casa e contro la crisi”. Molto attenti al dibattito nei movimenti, agli analisti e agli spioni dell'Aise non è sfuggito che “la mobilitazione è stata considerata dagli organizzatori un importante risultato “politico” da capitalizzare e consolidare con ulteriori momenti di lotta. Di rilievo, in questo senso, la pratica dell'occupazione della piazza a margine dell'evento capitolino che, sulla scia delle simboliche sollevazioni di Turchia, Spagna e Grecia, potrebbe diventare una pratica di aggregazione del consenso facilmente replicabile anche altri ambiti, sia territoriali che tematici”.
L'Aisi poi si preoccupa molto delle mobilitazioni contro gli insediamenti militari della Nato e degli Stati Uniti sul territorio italiano, in particolare della lotta contro il MUOS di Niscemi. Secondo i servizi “Il movimento NO MUOS continua a vedere impegnati da un lato i “comitati popolari” intenzionati a muoversi in un contesto legale..... e dall'altro componenti radicali determinate a compiere, con il supporto di esponenti antagonisti e anarchici siciliani, azioni di lotta più incisive, incentrate prioritariamente sulla tematica antimilitarista”. Infine viene segnalata anche l'intensificazione dell'attivismo degli ambienti antimperialisti a sostegno della causa palestinese.
L'Aisi suona l'allarme sulle “proteste di crescente spessore dell'antagonismo lombardo contro l'EXPO di Milano 2015”, di quello pugliese contro il gasdotto TAP. Riferendosi poi alla Campania e alla Terra dei Fuochi, i servizi segreti sottolineano che è sotto “attenzione informativa il tentativo da parte di settori dell'antagonismo locale di strumentalizzare la tematica inserendosi nella protesta animata dalla popolazione locale”.
Ovviamente quasi una pagina è dedicata al movimento NO TAV. I servizi segreti registrano che c'è una “differenziazione tra le frange oltranziste e la componente popolare del movimento che intende condurre una resistenza “pacifica” alla grande opera, anche se nel suo ambito si sono talora registrate posizioni di acquiescenza ad episodi di sabotaggio”. I servizi temono “l'innalzamento del livello di contrapposizione quale inevitabile conseguenza della “reazione” della popolazione a politiche decise dall'alto e al dispositivo repressivo”.
 ma c'è anche una parte dedicata ai settori dell'estremismo marxismo-leninista che si rifanno all'esperienza brigatista. La conclusione a cui giungono i servizi segreti è che si tratta di gruppi esigui, in condizione di minoranza rispetto all'area antagonista, considerati anche gli scarsi consensi sinora raccolti da un messaggio rivoluzionario ancorato ad un impianto ideologico rigidamente dogmatico, nonostante gli sforzi intrapresi per attualizzarne la portata e la diffusione”.
In conclusione per l'Aise oggi esiste solo il problema di “ipotizzabili azioni violente di limitato spessore operativo da parte di aggregazioni estemporanee o di individualità, intese non tanto a colpire il cuore del sistema, quanto piuttosto a dimostrare la capacità di ribellione, al fine di alimentare una progressiva radicalizzazione delle istanze contestative...”.
Dunque il mondo dei movimenti o delle organizzazioni del conflitto sociale, sindacale, ambientale viene dipinto dai servizi segreti come un arcipelago pieno di potenzialità ma frammentato e con debole soggettività politica e strategica, “per fortuna” dal loro punto di vista, più ribelle che rivoluzionario. Soprattutto, tornando così alla premessa, sembrano ancora funzionare istituti come gli ammortizzatori sociali e i sindacati confederali come “depotenziatori del conflitto”. 
stralci da Contropiano

pc 15 marzo - le piccole fiammiferaie del 24

La tragedia delle piccole fiammiferaie

A Rocca Canavese, 90 anni fa, l’incendio alla fabbrica dove morirono 18 operaie-bambine
Una foto del 16 marzo 1924: la fabbrica bruciò quasi completamente. Il sindaco: «I giovani non ne sanno nulla».

Si chiamavano Maddalena, Margherita, Giovanna, Clotilde, Maria. Avevano dai 12 ai 17 anni, non di più. L’età in cui si fiorisce alla vita. Erano poco più che ragazzine e morirono in diciotto, insieme ad altri tre uomini, nell’incendio che il 16 marzo 1924 distrusse la «Phos Italiana», la fabbrica che produceva fiammiferi.   Novant’anni dopo il Comune di Rocca Canavese ha deciso di dedicare un’intera giornata a quella tragedia. «Che non ricorda quasi più nessuno – dice il sindaco Fabrizio Bertetto -. Noi invece vogliamo che le generazioni giovani conoscano questo dramma perché la memoria non deve essere perduta». Anche la nonna del sindaco, Brasiliana Molinar Min lavorava alla Phos. Aveva 19 anni e, per sfuggire alle fiamme, si lanciò da una finestra e si ruppe una gamba.

Il ricordo
Oggi una fiaccolata partirà alle 20,45 dalla piazza dell’Avis e il corteo si sposterà proprio lungo via Vittime Phos, fino a raggiungere l’area in cui sorgeva lo stabilimento che saltò in aria. Qui, i ragazzi delle scuole medie diretti dalla professoressa di Musica, Daniela Gaiara, proporranno un canto dell’epoca che rievoca la tragedia. «Poi ci sposteremo davanti alla chiesa parrocchiale dove, con i giovani di oggi, verrà scattata una fotografia identica a quella di quasi un secolo fa che immortalava gli addetti della Phos».

I ricordi
Ai funerali parteciparono quasi 10 mila persone. L’ultima superstite, Domenica Data, è morta nel 2003, a 96 anni. Non parlava mai volentieri del disastro. «Quelle giovani le conoscevo tutte, avevano cominciato a lavorare con me l’anno prima quando erano stati aperti i cancelli della fabbrica - raccontava la pensionata che era adibita al pennellaggio della carta smerigliata, la superficie dove si sfregano i fiammiferi -. La Phos aveva portato lavoro, noi guadagnavamo quattro o cinque lire al giorno, eravamo contente».

La giustizia
Poi cominciarono i processi. I parenti delle vittime vennero rimborsati. Il Sindacato Subalpino di Assicurazione Mutua pagò un indennizzo pari a 5 annualità di salario a cui si aggiunsero altre 52.249 lire grazie a una sottoscrizione. Alla fine, ai familiari dei deceduti arrivarono 8 mila lire e vennero aiutati con sottoscrizioni spedite addirittura dall’America. Soldi che per qualcuno significarono abbandonare la miseria più nera.
Lo storico Carlo Boccazzi Varotto, ha scritto un libro dal titolo «Le piccole fiammiferaie. Una tragedia del lavoro dimenticata», scavando in diversi archivi piemontesi, inseguendo le notizie pubblicate sui quotidiani, ascoltando le testimonianze. Ma, soprattutto ha cercato le radici del disinteresse e i possibili motivi della scomparsa della documentazione su una delle più grandi tragedie del lavoro in Italia.

pc 15 marzo - ancora condanne contro i NOTAV


Sono stati condannati a due anni e due mesi di reclusione e 5 mila euro di multa i due attivisti No Tav Davide Forgione, di Torino, e Paolo Rossi, di Bergamo, che il 30 agosto scorso furono arrestati in Val Susa su un'automobile carica di materiale sospetto che, secondo l'accusa, serviva a confezionare oggetti esplosivi e incendiari per un attacco al cantiere di Chiomonte: molotov, chiodi, tubi in plastica e altro materiale esplodente. I giudici hanno accolto l'impostazione della Procura ma, rispetto ai 6 anni chiesti dai pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, hanno ridotto la pena applicando il meccanismo giuridico della "continuazione interna".

"Non ci interessa - ha detto il pm Rinaudo nella sua requisitoria - l'aspetto ideologico della lotta al Tav, ci interessa la gravità del fatto". A questo proposito il gip che la scorsa estate aveva convalidato il fermo dei due imputati aveva rimarcato un preoccupante "salto di qualità criminale".

La difesa ha invece sottolineato il valore morale dell'impegno dei due imputati. "Si tratta di due ragazzi che lottano per cause morali e sociali rilevanti, e per questo, oltre alle attenuanti generiche, meritano l'attenuante specifica" ha sostenuto l'avvocato Claudio Novaro durante l'arringa conclusiva.

Il ministro Lupi: "Inaccettabile l'assedio dei criminali"
Il legale degli agenti: "La Val Susa luna park dei delinquenti"

"La Tav è una truffa - ha aggiunto Novaro - perché la linea ferroviaria esistente non è affatto satura e l'Europa non ci chiede di farla. La vuole una cupola di potenti. Forgione e Rossi sono due giovani incensurati che lottano per alcuni valori sanciti dalla nostra Costituzione come la tutela dell'ambiente, del paesaggio e il buon andamento della pubblica amministrazione". Lo stesso difensore ha cercato di ridimensionare il senso dei materiali esplosivi sequestrati ai due suoi assistiti: si sarebbe trattato di fuochi d'artificio e razzi da sparare in aria "per infastidire e illuminare", ma non per colpire delle persone.

pc 15 marzo - IL SEGNO CORPORATIVO DELLA POLITICA DEL "MATTEORENZI" GOVERNO

Sull'aumento in busta paga, mediamente di 83 euro, ma per tanti molto meno, dal 27 maggio per i lavoratori con salari fino ai 1.500 euro, sbandierato da Renzi e plaudito dai sindacati confederali, con vergognoso giubilo della Camusso, a parte che si dimostrerà nei fatti come pochissima cosa, e un "giro di partita" del tipo: dai da una parte e togli dall'altra, ciò che va soprattutto sottolineato è il segno politico di questo provvedimento. Esso, anche per il tipo di propaganda che ne viene fatta da Renzi, ha un segnale di fatto corporativo, che vuole stringere intorno alla politica del governo una parte dei lavoratori, contro un'altra parte di proletari. Mentre viene dato questo "bonus", nulla viene deciso sul fronte del lavoro ai disoccupati, per tutti gli operai e i lavoratori che hanno perso o stanno per perdere il lavoro e sono privi di ammortizzatori sociali, come nulla per la marea dei lavoratori a sotto reddito, per i precari - anzi per questi nelle misure del Jobs act viene istituzionalizzata e resa permanente la condanna alla precarizzazione a vita. Questo segno corporativo, insieme ad un uso populista, demagogico (anche in funzione elettorale, ma non solo) di questa miseria di aumento, questo scopiazzare un "giovane berlusconi" ma trasversale e ammiccante a destra come a "sinistra", e "più velocemente in sintonia con la pancia dei cittadini", anche qui spaziando dagli industriali (che - vedi le parole di Squinzi - stanno reagendo benevolmente, sia pur non ancora soddisfatti) ai ceti medi, alla "gente", rilancia il moderno fascismo.
Renzi, nelle sue sparate piazziste, impone anche come usare quella miseria di 80 euro: per i consumi...: "dovere andare a un ristorante, comprare un giocattolo al vostro bambino...". Cioè, attenzione, dovete incrementare il mercato - altrimenti perchè ve li abbiamo dati!? 80 o meno euro...!! che i lavoratori e le lavoratrici utilizzeranno per pagare una piccolissima parte di quelle tariffe, bollette, servizi che servono per sopravvivere e che il governo stesso aumenta...

Ma c'è anche l'altro segnale che rafforza l'aspetto di corporativismo dell'azione del "matteorenzi" governo: "padroni e lavoratori stanno entrambi male e il governo deve pensare agli uni e agli altri", questo dovrebbe spingere i lavoratori a non rivolgere più le loro "armi" contro i padroni. La lotta sindacale per aumenti salariali, per i contratti, che già era sparita dall'orizzonte delle fabbriche, dei posti di lavoro, ora viene sostituita dall'azione del governo, che di fatto dando un contentino di aumento salariale vuole esautorare la lotta di classe dei proletari, mentre concede ai padroni un'ampia flessibilità di utilizzo della forza-lavoro (vedi provvedimenti su contratti a termine, azzeramento di fatto dell'art.18, apprendistato). E che questo costituisca una forte garanzia per i padroni, è dimostrato dall'entusiasmo con cui Marchionne ha accolto questa prima uscita del governo "matteorenzi", molto diverso dai suoi precedenti atteggiamenti e dichiarazioni verso gli atri governi.

Da una prima scheda fatta da Usb:
Il bonus "verrà finanziato dai tagli della spending review, tra cui meno servizi sociali, pesante attacco al pubblico impiego con decine di migliaia di persone in mobilità, chiusure e accorpamenti di uffici, chiusura o privatizzazione delle partecipate, in particolare trasporti, igiene ambientale e servizi alla persona i cui costi comunque lieviteranno per i cittadini;
Non si rinnovano i contratti; quanto promesso di recupero economico attraverso una modifica della tassazione ai redditi fino a 25.000 euro non copre neanche lontanamente quanto si perde con il blocco dei contratti e della vacanza contrattuale.
Ai pensionati non va un euro, neanche a quelli al minimo;
A chi guadagna meno di 8.000 euro l’anno e che quindi non paga tasse (gli incapienti) non va un euro
Ai disoccupati non va un euro nè un pensiero;
Agli ex LSU ATA e a tutto il mondo del precariato non si da alcuna prospettiva di lavoro e di reddito
Alle imprese regalano nuove flessibilità allungando a tre anni il periodo di prova e così facendo eliminano l’articolo 18 per ben 3 anni, e portano a 36 mesi, dai dodici della Fornero, l’a-casualità, cioè l’obbligo di dichiarare la causa del perché si assumeva a tempo determinato e non a tempo indeterminato;
La Cassa integrazione in deroga (per cui manca 1 mld per il 2014) scompare, e quella ordinaria e quella speciale non potranno intervenire in caso di cessazione dell’attività"
Ma ancora, tutti gli ammortizzatori sociali spariranno sostituiti da un indennità unica, più bassa, che taglia immediatamente ogni legame con l'azienda (ancora almeno formalmente esistente con Cigo e Cigs e cassa in deroga).
Verranno cancellati i controlli e la formazione per l'apprendistato

pc 15 marzo - CON LA SCUSA DELLE GRANDI OPERE VOGLIONO CONTINUARE AD AVVELENARE LA POPOLAZIONE

Incubo diossina, 37 anni dopo
«No al cantiere Pedemontana»
I sindaci di Desio e Seveso chiedono la sospensione dei lavori. I timori: le ruspe faranno riemergere sostanze tossiche
di Diego Colombo Marco Mologni

Torna la paura. Come dopo il 10 luglio del 1976. E i sindaci di Seveso e Desio, due dei comuni brianzoli più colpiti dalla nube tossica che fuoriuscì dall’Icmesa di Meda, sono preoccupati. Molto preoccupati. Il passaggio della Pedemontana nel Bosco delle Querce rischia di riportare in superficie la diossina che riposa sotto uno strato di terra nei 4,5 ettari di alberi e prati di quella che una volta era la zona A, la più colpita dalla sostanza chimica. Se le ruspe dovessero muovere il terreno nel quale è imprigionata per far spazio alla futura autostrada che collegherà Varese a Bergamo, i 100 mila abitanti che vivono attorno all’area verde corrono il pericolo di andare incontro a chissà quali malattie. Un incubo. Di qui la decisione dei primi cittadini di Desio e Seveso di diffidare la Regione dall’aprire i cantieri lungo la superstrada Milano-Meda finché non sarà compiuta una serie di carotaggi per monitorare la presenza di Tcdd (la formula chimica del micidiale veleno). Anche perché le ultime analisi effettuate nella zona B (quella immediatamente a ridosso dell’area più inquinata dalla nube tossica) hanno rilevato a distanza di anni lo sforamento dei limiti di legge in 56 zone agricole e in 10 zone industriali. Un campanello d’allarme che ha convinto i due sindaci a chiedere al Pirellone di sospendere ogni intervento in mancanza di rilievi sull’area tra Seveso, Meda, Cesano Maderno e Desio dove passerà la Pedemontana. «È sconcertante - afferma il primo cittadino di Seveso, Paolo Butti - che non ci siano certezze neppure su ciò che è garantito dalla legge. Eppure a tutt’oggi è così».
Il problema riguarda non solo il Bosco delle Querce, dove si trovano le due vasche che contengono il terreno contaminato dalla nube tossica, ma anche lo strato di diossina che si è depositato su larga parte del territorio dei Comuni di Seveso, Meda, Desio, Cesano Maderno e Bovisio Masciago. Quasi 40 anni dopo quel veleno è ancora lì, sepolto sotto pochi centimetri di terra. Recenti studi hanno dimostrato che movimentarlo moltiplica i rischi per la salute di una popolazione che, nel corso dei decenni, ha assorbito una notevole quantità di Tcdd. «Abbiamo chiesto - spiega il sindaco di Desio, Roberto Corti - che anche nel mio comune siano effettuate le analisi richieste dal Cipe. Nel 1976 furono centinaia gli abitanti di Seveso, Meda, Desio e Cesano Maderno che ebbero problemi con la diossina. Non siamo pregiudizialmente ostili a Pedemontana, ma sulla salute dei nostri concittadini non si scherza». La posizione dei sindaci è sostenuta dagli ambientalisti brianzoli. «Finora - fa notare Alberto Colombo dell’associazione Insieme in rete per uno sviluppo sostenibile - Regione e Pedemontana non hanno eseguito alcuna analisi. Non solo: non ci hanno neppure dato una risposta alla nostra richiesta di accesso agli atti. Se non ci ascolteranno, saremo costretti a dare inizio a una serie di azioni legali che potrebbero bloccare i cantieri». «Allarmismo inutile». Così bolla la denuncia dei sindaci l’assessore regionale alle Infrastrutture Maurizio del Tenno: «L’ho già detto e lo ripeto fino alla noia: siamo ancora in una fase di valutazione del progetto per il tratto tra Lentate sul Seveso e Cesano Maderno. Non appena arriverà in Regione il tracciato definitivo, convocherò i sindaci per valutarlo insieme».
14 marzo 2014 | 11:43

pc 15 marzo - Gli scioperi del marzo 1944


Lo sciopero generale attuato nel Nord Italia dall'1 all'8 marzo 1944 costituì  l'atto conclusivo di una serie di agitazioni cominciate, in forme e modalità diverse, già nel settembre 1943, all'indomani della costituzione della Repubblica Sociale Italiana e dell'occupazione tedesca, e sviluppatesi soprattutto nei mesi di novembre e dicembre. Lo sciopero del marzo 1944 presentò tuttavia una sostanziale novità. Esso fu infatti caratterizzato da una precisa matrice di natura politica, mentre le precedenti agitazioni, seppur non prive di risvolti politici, erano state attuate sostanzialmente in un'ottica di tipo economico-rivendicativo e avevano avuto come scopo primario il miglioramento sia delle condizioni salariali, attraverso la richiesta di aumenti, sia della situazione alimentare.
Con lo sciopero generale del marzo 1944 invece «le lotte operaie assunsero
un carattere differente» perché si configurarono come una precisa forma di lotta politica antifascista e antitedesca. Deciso su iniziativa dei comunisti e approvato, dopo qualche esitazione dei socialisti, anche dagli altri partiti che facevano parte del Comitato Nazionale di Liberazione, lo sciopero iniziò il 1° marzo nelle fabbriche del "triangolo industriale", si diffuse rapidamente e per più di una settimana, fino a quando non venne represso dai tedeschi e dalla polizia di Salò attraverso una massiccia azione di rappresaglia e di deportazione dei lavoratori, bloccò gran parte delle attività produttive del Nord Italia.
Secondo fonti repubblichine allo sciopero parteciparono complessivamente 208.549 operai. A Milano gli scioperanti erano stati 119.000 nell'arco di cinque giorni e a Torino 32.600 per tre giorni. Addirittura maggiore risultava per i tedeschi il numero di coloro che si erano astenuti dal lavoro. Poiché Hitler aveva ordinato di deportare in Germania il 20% degli scioperanti, l'ambasciatore tedesco presso la Repubblica Sociale, Rudolph Rahn, calcolò che tale percentuale corrispondeva a 70.000 persone. Ciò significava valutare gli astenuti dal lavoro in 350.000, cifra veramente imponente. Proprio il consistente numero di coloro che avrebbero dovuto essere deportati, che avrebbe potuto rivelarsi controproducente sul piano politico e avere conseguenze di rilievo sullo sviluppo della Resistenza, indusse poi i tedeschi a ridurre le deportazioni. Anche se «la cifra esatta» dei deportati «non si è potuta avere», non è tuttavia «improbabile che ammontasse a 1200». Occorre inoltre sottolineare che i lavoratori tennero, nella maggior parte dei casi, un atteggiamento fermo di fronte ai tentativi dei dirigenti politici e sindacali repubblichini di indurli a riprendere il lavoro, cedendo alla fine solo per la repressione tedesca.
Preso in considerazione nell'ottica della «dimostrazione politica», lo sciopero generale ebbe «una grandissima importanza»:
Fu la più grande protesta di massa con la quale dovette confrontarsi la potenza occupante: attuata dimostrativamente senza aiuti dall'esterno, senza armi ma con grande energia e sacrifici. E non fu soltanto (assieme a quello dell'anno precedente) il più importante sciopero in Italia dopo vent'anni di dominio fascista, fu anche il più grande sciopero generale compiuto nell'Europa occupata dai nazionalsocialisti.
A ciò si deve aggiungere che «nella sottovalutazione del peso politico dello sciopero generale» non si è tenuto conto «a sufficienza del fatto che esso si svolgeva in un paese sottoposto alle leggi di guerra e dell'occupazione: più di 200.000 operai contemporaneamente in sciopero, dopo un inverno in cui le fabbriche erano state in continua agitazione, tranne che nel mese di febbraio, era un fatto di eccezionale rilievo e significato».Lo sciopero ebbe risvolti importanti anche nel favorire lo sviluppo della Resistenza perché, «dopo questa prima prova di forza condotta con armi diseguali», fece capire che «ormai il tempo degli scioperi era passato». La «scena dello scontro» quindi «si trasferì sui monti» e apparve chiaro che «soltanto la lotta armata delle bande partigiane contro gli occupanti avrebbe potuto avere successo». Non va inoltre dimenticato che le agitazioni diedero il colpo mortale alle speranze dei fascisti di Salò di "agganciare", attraverso la "socializzazione", i lavoratori.




pc 15 marzo - ENNESIMO OLTRAGGIO ALLA RESISTENZA A MILANO, CON LA COPERTURA DELLA QUESTURA NEL GIORNO IN CUI SI RICORDANO GLI SCIOPERI DEL '44

Convegno con Alba Dorata, zona Fiera sotto sorveglianza
Antifascisti contro Casa Pound: fermare la manifestazione. Sede dell'incontro sarà l’hotel Admiral di via Domodossola: «Sala prenotata da un’associazione. Siamo inondati di insulti e minacce»

di Nicola Palma


Milano, 15 marzo 2014 - Un convegno sulla Grecia. Relatori: due esponenti di Alba Dorata, il partito filonazista ellenico decapitato dall’accusa di associazione a delinquere mossa dopo l’omicidio del rapper Pavlos Fyssas, avvenuto nel settembre 2013. Organizzatori: gli autoproclamatisi «fascisti del Terzo millennio» di Casa Pound, compagine più conosciuta a Roma che in Lombardia. Location: l’hotel Admiral, 4 stelle di via Domodossola. In albergo cadono dalle nuvole: «Ci hanno chiamati una settimana fa dall’associazione Roccabruna per prenotare una sala senza specificare il tema del meeting», spiegano al telefono. Non un inedito: spesso i militanti di estrema destra mandano avanti enti-civetta per non allarmare i proprietari degli spazi affittati. Ieri mattina la sorpresa: «Abbiamo subito avvisato la proprietà». Nel frattempo, però, «siamo stati tempestati di telefonate di minacce e insulti». Stesso tam tam in rete per boicottare l’iniziativa in zona Fiera, in programma oggi alle 16: «Milano si appresta nuovamente a essere infangata nella sua storia e nella sua memoria», lancia l’allarme la Rete Antifascista. Quindi, «alziamo la nostra voce e facciamo in modo che le autorità intervengano per impedire che ciò avvenga». Dal canto suo, la Questura monitorerà la situazione con un servizio di ordine pubblico per prevenire possibili incursioni di centri sociali e movimenti antagonisti. Pure dalla Prefettura l’attenzione sarà massima, come sempre succede, si sottolinea da Palazzo Diotti, quando si tengono in città e hinterland eventi del genere. «Invito le autorità preposte — incalza Graziano Gorla, segretario della Camera del lavoro — a difendere l’ordine pubblico e a mettere in atto ogni misura atta a impedire tale manifestazione». Gli fa eco l’Anpi provinciale, che esprime «preoccupazione per il rifiorire di movimenti neofascisti e di provocazioni antisemite, xenofobe e razziste che si ripetono con sempre maggior frequenza». Aggiunge il Pd: «Incontri da vietare». Chiude Rifondazione comunista: «Chiediamo che Comune, prefetto e istituzioni operino per impedire il raduno». Prevista un’affluenza di trecento persone per ascoltare «le ragioni del popolo greco», come recita il volantino sulla pagina Facebook di Casa Pound Italia Milano. «Tentano di far leva sulla notorietà di un movimento come Alba Dorata per rilanciarsi», ragiona Saverio Ferrari, animatore dell’Osservatorio democratico. Gli ospiti d’onore arrivano proprio da Atene: si tratta di Leonidas Stathopoulos e Konstantinos Boviatsos.
Chi sono? Il giornalista Dimitri Deliolanes ne delinea i profili nel libro «Alba Dorata - La Grecia nazista minaccia l’Europa»: «Sono due seconde file del partito: Stathopoulos è il candidato di Alba Dorata alle Regionali della Grecia centro-occidentale, che si tengono in contemporanea con le Europee: è stato imputato, e poi assolto, per violenze contro alcuni ambulanti». E Boviatsos? Sarebbe «l’ambasciatore del nazismo greco in Italia», nonché il direttore di Radio Bandiera Nera Hellas. Può bastare? No. Nei prossimi giorni, l’estrema destra ha calendarizzato altre iniziative: domenica 23, data di fondazione dei Fasci di combattimento, si terrà alle 15 un incontro al Cimitero Monumentale per rendere omaggio al futurista Filippo Tommaso Marinetti e soprattutto ai 13 squadristi del Ventennio sepolti nella cripta fatta erigere nel 1925 da Benito Mussolini, oggi Campo B rialzato di levante.
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