venerdì 7 febbraio 2014

pc 7 febbraio - e a Termini Imerese gli operai non ci stanno ad andare a casa. Il presidio permanente continua

http://lafiatditermininondevechiudere.blogspot.it/

pc 7 febbraio - da Pomigliano: Marchionne assassino!! Ma quanta ipocrisia della FIOM sullo stabilimento di Nola!


Pomigliano.

I cassintegrati contestano la convention della Fiat, e ricordano Pino

I lavoratori in cassa integrazione della Fiat di Pomigliano D'Arco (Napoli) e del reparto logistico di Nola, aderenti allo Slai Cobas, hanno manifestato questa mattina sul viadotto che porta agli ingressi della fabbrica, dove era stata convocata una convention con 700 concessionari italiani e stranieri.
I lavoratori chiedono il ritorno al lavoro di tutti i cassintegrati.

''Mentre i lavoratori si ammazzano per la disperazione - denuncia Luigi Aprea, ex Rsu in fabbrica - la Fiat organizza mega eventi, quasi a dire 'vogliamo stupirvi con effetti speciali'.
Lo ha fatto in passato, annunciando rilanci industriali per questa fabbrica, mai avvenuto, e lo fa oggi.

Ma noi siamo qui, con il rammarico nel cuore per aver salutato il nostro compagno Giuseppe,
che si è ammazzato solo pochi giorni fa.
Questo dramma rispecchia tutta la disperazione dei cassaintegrati: loro festeggiano tra scenografie colossali mentre sterminano i cassaintegrati. 
Non ci stiamo''.


Dichiarazione stampa della Fiom–Cgil di Napoli, in merito alla morte del lavoratore Fiat Giuseppe De Crescenzo.

“La Fiom-Cgil di Napoli esprime profondo cordoglio alla famiglia del dipendente Fiat di Pomigliano d’Arco Giuseppe De Crescenzo”

La notizia del suicidio del lavoratore ci lascia sgomenti.
E’ insopportabile che una persona decida di farla finita per la disperazione di vivere un forte
disagio sociale, aggravato anche da una lunga condizione di cassaintegrato.”
“Questa tragica morte non può passare inosservata nel silenzio assoluto, cosi come avvenuto per altri tentativi di suicidio tra i lavoratori che solo per pura fatalità non hanno avuto lo
stesso drammatico epilogo.”
“E’ necessario invece interrogarsi seriamente su cosa sta succedendo tra i lavoratori che, dopo anni di cassa integrazione si sentono esclusi ed emarginati, e impegnarsi ognuno per le proprie responsabilità per favorire soluzioni che permettano un rientro immediato nel ciclo produttivo dello stabilimento.”
Fiom-Cgil Napoli
Napoli, 5 febbraio

pc 7 febbraio - lo stato borghese, l'infame governo Letta, Renzi-Berlusconi, gli sbirri si preparano a intensificare la repressione contro le lotte proletarie, i movimenti... prepariamoci a rispondere alla loro guerra

a partire da lunedì

Spray al peperoncino per le forze di polizia
Sperimentazione a Napoli, Roma e Milano

Il via libera agli «strumenti di dissuasione e autodifesa»

NAPOLI - Partirà lunedì prossimo la sperimentazione dello spray urticante al peperoncino per polizia a carabinieri. Il via libera agli «strumenti di dissuasione e autodifesa all'Oleroresin capsicum» è stato disposto da un decreto del capo della Polizia, Alessandro Pansa. La sperimentazione - che riguarderà Roma, Milano e Napoli - durerà sei mesi, fino al 10 agosto 2014.
QUANDO SI POTRA' USARE - Il via libera è stato dato dal Dipartimento della pubblica sicurezza al termine di una serie di verifiche fatte da un apposito gruppo di lavoro. Da lunedì gli spray urticanti saranno consegnati a poliziotti e carabinieri che sono stati addestrati all’uso. Se la sperimentazione di Napoli, Roma e Milano darà risultati positivi l’uso sarà allargato. C’è un preciso disciplinare che regola l’impiego dello «strumento di dissuasione», che potrà scattare, si precisa, «a fronte di un’azione violenta, di resistenza attiva rivolta contro l’operatore di polizia o altre persone coinvolte negli scenari operativi quando ogni tentativo di mediazione, dialogo o negoziazione sia fallito».

l'infame sostegno della CGIL_POLIZIA

IL SINDACATO: PRIMA RISPOSTA - Il decreto con cui il capo della polizia ha autorizzato, in via sperimentale, l'utilizzo dello spray al peperoncino per le forze dell'ordine costituisce una prima risposta alle esigenze degli operatori». Lo afferma il Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp«-Cgil. Questi strumenti, secondo Tissone, «possono giovare in termini di una attiva prevenzione al fine di assicurare la giusta proporzione tra la situazione di pericolo e l'azione delle forze dell'ordine. Ciò - aggiunge - potrebbe costituire un vantaggio importante per la collettività. Che gli operatori della sicurezza possano disporre di uno strumento di azione efficace e al contempo adeguato al contesto renderà sempre più remoto l'utilizzo di strumenti di coazione fisica più dannosi esponendo, in tal modo, le persone coinvolte a sempre minori rischi».

pc 7 febbraio - E' USCITO IL DOSSIER "SCIOPERO DELLE DONNE"!


E' uscito l'importante Dossier di 63 pagine: "25 novembre - LA SCINTILLA DELLO SCIOPERO DELLE DONNE" a cura delle compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.

E' un dossier molto ricco, anche con foto, che dà un ampio quadro, completo e vivo dello "sciopero delle donne" tenutosi per la prima volta in Italia, dal nord, al centro al sud. 

Il Dossier riporta tutti gli avvenimenti, materiali, testi approfonditi, articoli, dibattiti, dati sullo sciopero, e altro, coprendo tutto il periodo dal 18 ottobre al dopo 25 novembre.

E' organizzato fondamentalmente in quattro sezioni:

-Una prima sezione su tutta la grande, articolata campagna che ha preparato lo sciopero delle donne - con decine e decine di iniziative, interventi, un lavoro di rete nazionale, di dibattiti; una campagna che via via che si sviluppava sgomberava anche dubbi e perplessità;
- una seconda ampia sezione di dibattito, polemica teorica, lotta di posizioni - che è stata necessaria per la stessa riuscita dello "sciopero delle donne" - sia verso posizioni politiche e pratiche che contrastavano attivamente lo "sciopero delle donne", sia verso altre che ne sottovalutavano e oscuravano l'importanza attuale e strategica per il movimento delle donne, nella battaglia di classe/di genere, rivoluzionaria;
- una terza sezione sulla entusiasmante realizzazione dello "sciopero delle donne", con al centro le operaie, lavoratrici che dal nord al sud, in ogni città hanno preso loro in mano lo sciopero, e le tante manifestazioni che hanno accompagnato la giornata del 25 novembre, con la presenza viva delle studentesse in tante città;   alcuni dati eccezionali sull'adesione allo sciopero; l'esplosione anche internazionale della novità di rottura dello sciopero delle donne; ecc.   
- infine, una quarta sezione che potremmo chiamare: della scintilla che deve rimanere accesa, estendersi e accendere un grande fuoco.

Il Dossier si può richiedere con un contributo di 5 euro, a:
mfprpa@libero.it - 3408429376

pc 7 febbraio - le donne in rosso di amburgo a sostegno dei prigionieri politici indiani e della guerra popolare in occasione della giornata internazionale del 25 gennaio!

Discorso del Rotes Frauenkomitee Hamburg (Comitato delle Donne Rosso Amburgo)

Care compagne e compagni, care amiche e amici,
Noi del Rotes Frauenkomitee Hamburg vogliamo parlare qui del ruolo particolare delle donne impegnate nella guerra popolare in India. La donna in India è, come in tutto il mondo, doppiamente oppressa e sfruttata. Il patriarcato in India assume le più diverse forme ed si impone fortemente. Le condizioni delle donne indiane sono complicate dalla società semi-feudale e società semi-coloniale che si esprime nel capitalismo burocratico.
Abbiamo sentito la notizia che una donna di 20 anni è stata violentata da 12 uomini. Il capo villaggio aveva organizzato questo come misura di punizione, per un presunto contatto avuto con un ragazzo di un altro villaggio. Ciò nei villaggi indiani non fa eccezione, questa è la realtà quotidiana in cui le donne vivono nei paesi oppressi! L'espressione concreta della semifeudalità e del semicolonialismo e del capitalismo burocratico. L'eccezione è che ciò succede ancora oggi.
Le donne in India hanno perciò innumerevoli ragioni per combattere. E questo lo fanno anche specificamente nella guerra popolare, il modo più coerente per distruggere il vecchio sistema con tutti i suoi mali.
Nel 1986, è stata fondata l'organizzazione AMS che è entrata nel KAMS (Krantikari Adivasi Mahila Sangathan) e ora ha 90.000 aderenti. Si tratta della più grande Organizzazione delle donne in India. Tutti le 90.000 aderenti sono comuniste. Il KAMS fa propaganda contro le tradizioni adivasi del matrimonio forzato e del rapimento. Contro l'usanza dell'isolamento delle donne mestruate fuori dal centro urbano in una capanna nella foresta. Contro la bigamia e la violenza domestica. Nello Stato del Dandakaranya, è ancora vietato alle donne oggi seminare i campi.
Il Partito Comunista dell'India (Maoista) ha deciso, quindi, che le donne possano seminare nei campi di proprietà collettiva. Su questa terra seminano, coltivare ortaggi e costruiscono dighe e canali di irrigazione.
Per molte giovani donne entrare nel Partito comunista e in particolare nell'Esercito Guerrigliero di Liberazione Popolare(PLGA) significa avere la possibilità di sfuggire al soffocamento sociale. Questo è spesso l'unico modo per proteggersi contro il matrimonio forzato, lo stupro, e cose di questo tipo.
Se una donna delle basi di appoggio viene violentata o picchiata, le compagne rispondono con i mezzi della guerra popolare. Cioè, l'uomo viene messo sotto accusa dalle compagne e punito. Se ripete il delitto, egli deve essere punito una seconda volta e punito in maniera ancora più pesante… fino a quando non farà una cosa del genere mai più.
Con la guerra popolare in India che viene portata avanti da oltre 40 anni da parte del PCI (Maoista), unitamente ai contadini e agli oppressi, le donne hanno la possibilità attivamente e concretamente di combattere e rovesciare le condizioni dominanti.
La repressione dello stato contro le donne è particolarmente dura. Arresti e torture sono pericoli che incombono su tutti i rivoluzionari in lotta. Per le donne rivoluzionarie in aggiunta ci sono lo stupro e le mutilazioni sessuali. I prigionieri in India, in particolare le donne, soffrono questa violenza da parte dello stato indiano, sostenuto dagli imperialisti, come arma usata contro la guerra popolare. Tali maniere degli Stati reazionari le conosciamo dalla storia di tutte le lotte rivoluzionarie. Ma le donne che combattono nella guerra popolare in India, non si lasciano scoraggiare. Molte di loro sono state testimoni di come la polizia e gli squadroni fascisti paramilitari distruggono interi villaggi per saccheggiare ai contadini quel poco che hanno per vivere, e violentare le donne fino a farle morire. Il senso di impotenza per la maggior parte di loro è stato il motivo che le ha fatte entrare nel Partito Comunista e nell'Esercito Guerrigliero Popolare di Liberazione. Nella misura in cui aumenta la repressione della polizia, tanto più sono le donne del KAMS diventare una forza potente e si uniscono a centinaia, a volte migliaia per attaccare e combattere contro la polizia.
Molti degli stupri e delle bestiali mutilazioni sessuali sono indirizzati contro le aderenti al KAMS. Molte giovani donne che hanno visto questa barbarie sono entrate poi nel'EGPL, e ora rappresentano il 45 % dei suoi quadri.
Le donne nella guerra popolare in India sono combattenti, sono sorelle in armi attivamente al fianco dei loro compagni combattenti. Il loro compito nell'Esercito Popolare non è quello di cucinare e fare altri lavori riproduttivi.
Salutiamo la forza delle donne in India e prendiamo la loro lotta contro l'imperialismo e
tutte le espressioni del patriarcato come un grande esempio.
LUNGA VITA AL KAMS!
LIBERTA' PER TUTTI I PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI IN INDIA!
VITTORIA ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA!
FEMMINISMO PROLETARIO PER IL COMUNISMO!

Rotes Frauenkomitee Hamburg

pc 7 febbraio - nuova edizione dei 'Principi del leninismo' di Stalin con un opuscolo di commento di proletari comunisti - PCm Italia



pc 7 febbraio - la lotta degli operai della logistica si estende alla TNT di Teverola Campania

una corrispondenza da clash city workers

areCronaca di una giornata di lotta

Sembrava avere un epilogo già scritto e invece il caso della Server Coop si sta sviluppando in maniera inaspettata.
Già nei giorni scorsi vi avevamo raccontato la vicenda dell’azienda di Teverola – che si occupa della logistica, che fa parte del consorzio Gesco e che lavora in appalto per la TNT. Per “smaltire” il personale in esubero la Server Coop aveva offerto 5000 euro di buono uscita per chi avesse lasciato volontariamente il proprio posto di lavoro, a parte dei restanti lavoratori era stato poi proposto di firmare un contratto con una “nuova azienda” (ubicata nello stesso stabilimento, che fa parte dello stesso consorzio e ha lo stesso committente), altri invece erano stati semplicemente scaricati: cig a zero ore per sei mesi e poi a casa.
Nonostante i tentativi del SI Cobas di aprire un tavolo negli scorsi giorni per chiedere il rinnovo dei contratti attualmente in vigore con stesse condizioni di lavoro e retribuzione, accettando il passaggio alla nuova cooperativa, l’azienda aveva dimostrato assoluta chiusura, rifiutando anche solo di ascoltare e prendere in considerazione le rivendicazioni dei facchini.
Ma non tutti i lavoratori si rassegnano e stamattina all’alba circa venti facchini si riuniscono in presidio davanti all’ingresso della Server Coop assieme agli attivisti del Assemblea di sostegno costituitosi attorno alla vicenda di Teverola.
Fin dalle 5:20 partono volantinaggi e megafonaggi per comunicare con i lavoratori che iniziano il turno delle 6, poi, intorno alle 6:30, inizia il vero e proprio blocco dei mezzi carichi di merci in entrate e in uscita dall’azienda. Non si fanno attendere Carabinieri e Digos che osservano, annotano, controllano la situazione.
Dall’interno dello stabilimento intanto sondano il terreno, cercano di capire le intenzioni dei dimostranti, poi, dopo circa un’ora di presidio e di blocchi ad intermittenza, un incaricato della TNT di Teverola intento a parlare con alcuni manifestanti riceve una chiamata da un responsabile nazionale TNT: viene proposto un incontro, l'azienda chiede di sospendere il blocco.
Sono passate da poco le otto quando i lavoratori in presidio e alcuni rappresentanti dell’Assemblea di sostegno vengono invitati a parlare all'interno dello stabilimento con un responsabile TNT dell'impianto e con un responsabile del consorzio Gesco. All’esterno, nonostante il timido segnale di apertura da parte dell’azienda, il blocco continua.
Pochi minuti dopo una delegazione di lavoratori, del SI Cobas e dell'Assemblea di sostegno ai lavoratori della logistica entrano nello stabilimento della Server Cop. Dopo il primo intervento di rito da parte di consorzio Gesco e SI Cobas comincia la trattativa: la richiesta sindacale è il reintegro immediato dei facchini per cui è stata disposta la cig a 0 ore, quella dell'azienda è la sospensione del blocco.

Ci si confronta, si torna all'esterno con una proposta del responsabile locale consorzio Gesco da discutere coi lavoratori: un impegno scritto per convocare un tavolo di trattativa entro sette giorni da oggi tra TNT, consorzio Gesco e SI Cobas in cui parlare a partire da:
- cassa integrazione a 0 ore per sei mesi
- impegno al riassorbimento con assunzione nella cooperativa che subentrerà alla Server Coop- valutazione della distribuzione dei carichi di lavoro tra i facchini al momento del riassorbimento
Verso le 10 del mattino, dopo aver discusso tra loro sulla proposta, i lavoratori decidono di accettare la convocazione del tavolo e sospendere il blocco.
Sicuramente sarebbe avventato e troppo ottimista parlare di una vittoria, questo non è che il primo passo di una lotta che si prospetta faticosa e difficile. Una cosa però i facchini di Teverola stamattina l’hanno dimostrata: che vale la pena di ribellarsi e pretendere che le proprie ragioni vengono ascoltate e i propri diritti affermati anche quando le condizioni sembrano non giocare assolutamente a nostro favore. Quali che siano gli sviluppi della vicenda legata alla Server Coop questa è una lezione da non dimenticare.

pc 7 febbraio - GLI OPERAI SI AMMAZZANO E MARCHIONNE FESTEGGIA A POMIGLIANO:

SVERGOGNAMOLO! 
PRESIDIO AI CANCELLI FIAT DALLE ORE 9

Gli operai, suoi colleghi di lavoro di Fiat Pomigliano e Nola sono da poco ritornati dal funerale di "Peppe" e, in sede, quella dello Slai cobas di Pomigliano, non si parla d'altro:  in fabbrica, alla Fiat di Pomigliano, è prevista la "periodica e festaiola Kermesse aziendale con tanto di rinfresco per 700 "invitati" tra investitori e concessionari pronti ad osannare le "nuove" di Marchionne.
Giuseppe de Crescenzo appena l'altro giorno si è tolto la vita impiccandosi nella sua casa di Afragola.
Era uno dei 300 operai della Fiat confinati da Pomigliano nell'inesistente reparto Logistica e che - a fronte delle innumerevoli promesse di decollo industriale dei fantomatici "piani" dell'a.d. Fiat - si trovano da 6 anni collocati in cassa integrazione senza alcun verosimile futuro lavorativo. Come le migliaia di cassintegrati "senza futuro" di Fiat Pomigliano e delle aziende dell'indotto, tutti in ridimensionamento o chiusura come anche i ciechi possono constatare!
Oggi a Pomigliano, in tutte le fabbriche Fiat e dell'indotto collegato, settore che rappresenta la sostanza dell'industria italiana, si sta consumando una vera e propria tragedia industriale e sociale avallata da tutti: dal presidente Napolitano che spudoratamente nominò Marchionne cavaliere del lavoro, al governo Prodi che, con Rinaldini e Bertinotti (all'epoca cantori dello slogan elettorale di "un nuovo mondo è possibile" preteso da una sinistra ormai fallita) che plaudirono l'avvento in Fiat di questo "imprenditore illuminato". Per finire ai Berlusconi Monti ed i parenti Letta ed a Renzi dei nostri giorni senza dimenticare Camusso, Bonanni ed Angeletti! Tutti quanti insieme, "questi", con decenni di frottole stanno consapevolmente portando i lavoratori allo  sfascio "stile Grecia".
Altro che "suicidi": noi, operai e compagni di Peppe e di tutti quei  lavoratori che da anni si tolgono la vita - e che ormai si contano a centinaia - ben sappiamo che oggi, a questo punto, ci troviamo di fronte a veri propri OMICIDI DI STATO!

Lo Slai cobas convoca per oggi, ore 9, presidio operaio alla Fiat Pomigliano invitando i lavoratori indipendentemente da ogni loro iscrizione sindacale o meno e le loro organizzazioni disponibili.
Slai Cobas Fiat Alfa Romeo e terziarizzate - Pomigliano d'Arco, 6/2/2014

giovedì 6 febbraio 2014

pc 6 febbraio - ancora brutalità vile degli sbirri


Botte a ragazzo durante perquisizione, 5 carabinieri a processo


Botte a ragazzo durante perquisizione, 5 carabinieri a processo
Concorso in lesioni. Per quest'accusa sono finiti sotto processo, davanti al tribunale monocratico della Capitale, cinque militari in forza all’Arma dei Carabinieri che nell'agosto del 2008 eseguirono una perquisizione nella casa di un giovane in viale Marconi, a Roma, per verificare se coltivava marijuana.
Secondo l’accusa tre carabinieri avrebbero picchiato il ragazzo durante la perquisizione provocandogli alcune lesioni gravi tra le quali un’ecchimosi ad un braccio e la rottura di un timpano. Gli altri due militari inquisiti sono invece accusati di non essere intervenuti per bloccare i colleghi violenti.
I Carabinieri rinviati a giudizio sono: Giulio Maria Sala, Raffaele Priore, Antonio Pasini, Andrea Ranieri ed Ernesto Salandra.
Sulla base di alcune incongruenze nella testimonianza del ragazzo, al termine della fase istruttoria il pm aveva chiesto l'archiviazione del procedimento. Il gip però ha imposto la formulazione dell'imputazione coatta basandosi sulla necessità di indagare sull'origine delle inconfutabili lesioni riscontrate sul denunciante.
I militari, difesi dagli avvocati Diego Perugini e Antonio Lombardo, da parte loro hanno sempre respinto le accuse sostenendo che uno di loro fosse caduto addosso al giovane mentre era in corso la perquisizione (!) procurandogli così le lesioni poi riscontrate da una perizia medica. 

pc 6 febbraio - ILVA - il parlamento approva il decreto pro-ILVA/RIVA/BONDI, l'azienda chiude gli stabilimenti a PRATICA e TORINO e a Taranto .. come sempre grave incidente nell'appalto ILVA con operaio che rischia le gambe!

1
Il Senato ha convertito in legge il decreto 136 che contiene una serie di norme sull’Ilva . La Camera lo aveva già approvato il 31 gennaio. Veloce l’approvazione del Senato. Tutto si è «consumato» in pochissimi giorni anche perché il provvedimento era già stato ampiamente emendato dalla Camera tra commissione Ambiente e Aula.Uno dei punti fondamentali del decreto è l’aumento di capitale dell’Ilva finalizzato al risanamento ambientale. Il percorso individuato - frutto di un emendamento approvato in commissione Ambiente - prevede che il commissario Bondi proponga alla proprietà dell’azienda, i Riva, l’aumento di capitale. In caso di rifiuto, Bondi potrà rivolgersi a investitori terzi e, ancora, chiedere all’autorità giudiziaria lo svincolo delle somme sequestrate agli stessi Riva anche per reati diversi da quelli ambientali. Un percorso «ardito» e rispetto al quale non è affatto escluso che i Riva facciano ricorso, impugnando con i loro avvocati il decreto per incostituzionalità.

2
 L'ilva annuncia la chiusura dei i siti di Patrica, in provincia di Frosinone, e di Torino. Sono destinati a chiudere entrambi per l’azienda. A Patrica lavorano in 67 e l’ultima attività ha riguardato la zincatura, non essendo mai partita quella nuova, cioè la carpenteria. A Torino, invece, che è un centro servizi, gli addetti sono 22. Per Patrica si profila il ricorso alla mobilità mentre per Torino potrebbe scattare il trasferimento in due siti Ilva non distanti: Racconigi, in provincia di Cuneo, e Novi Ligure, in provincia di Alessandria.
Mentre all'ILVA Taranto nei sindacati si fa comunque strada un timore e un interrogativo, che poi hanno la stessa matrice: e se questi primi ridimensionamenti non fossero che l’inizio? Oltretutto, il piano industriale dell’azienda non è stato ancora presentato e questo sarà il documento che indicherà la «nuova» Ilva. Taranto può quindi dirsi al riparo?

Ilva - appalto -  grave incidente un giovane operaio rischia le gambe

comunicato slai cobas

Gli operai dello slai cobas per il sindacato di classe ilva sono stati i primi a denunciare l'accaduto.
Un giovane operaio 22 anni, Andrea Incalza, dipendente della ditta Castiglia di Massafra - appalto ILVA. è stato schiacciato dal muletto all’altezza delle gambe ed è stato trascinato per alcuni metri. Si stava recando verso gli impianti marittimi, lungo la discesa che porta al tubificio 2, quando il carrello sollevatore semovente, per cause in corso di accertamento, si è ribaltato. L'operaio è stato subito soccorso e condotto in ospedale.
Ora rischia una gamba
 Oggi all'Ilva il rischio salute e vita è maggiore di prima, frutto anche di una situazione interna all'insegna della
provvisorietà, e all'ombra degli "lavori per l'Aia" che giustificherebbero un clima di interventi fatti senza andare troppo per il sottile sul fronte pianificazione/controlli sicurezza.

A questo si unisce, sulla base di un accordo Bondi-OO.SS del 14 gennaio scorso, una procedura da seguire per Rls e interventi a fronte di pericoli, che diventa in realtà un "catenaccio" per gli operai e per gli
stessi Rls; a questo si aggiunge l'atteggiamento degli organi ispettivi che mettono davanti la burocrazia legislativa e procedurale invece di essere immediatamente presenti in una situazione all'Ilva di costante emergenza pericolo.

SLAI COBAS per il sindacato di classe Ilva
slaicobasta@gmail.com - 3475301704

pc 6 febbraio - "DA CHE PARTE C'E' VIOLENZA - RESPINGIAMO STRUMENTALISMI" - da Mfpr



Da Che parte c'è violenza - respingiamo strumentalismi

Nell'attacco al M5S, noi siamo contro la Boldrini, il PD, il governo e Napolitano.
La vera violenza, il vero attacco alla democrazia, pur quella parlamentare borghese, fatto con una politica, concezione e metodi fascisti, sono quelli portati avanti dalla presidente della Camera col sostegno del PD/Letta/Napolitano, che ha utilizzato strumenti illegali per bloccare un legittimo dibattito parlamentare - anche l'ostruzionismo è previsto ed è legittimo per impedire leggi antipopolari.  Appellare tutto questo come "terrorismo-dittatura" è voler coscientemente capovolgere la situazione per continuare a imporre (in questo ormai l'uso abnorme dei decreti legge e della fiducia) la loro dittatura al servizio di leggi a favore dei padroni, delle banche, dei grandi e protetti evasori e dei grandi criminali.
La reazione dei deputati del M5S in questa occasione a una dittatura del presidente della Camera, che ha imposto per la prima volta e, ripetiamo, in maniera illegale lo strumento della "ghigliottina" per impedire gli interventi in parlamento, attuando un pericoloso precedente, è stata necessaria e sacrosanta, perchè contro leggi-truffa e l'affossamento di ogni forma democratica non ci si può limitare solo alle parole ma occorre, in alcuni snodi particolari, materialmente e in ogni modo impedire la violenza istituzionale.
Le donne hanno sperimentato recentemente sulla nostra pelle queste politiche e metodi truffa, fatti anche facendosi beffe delle loro stessi regolamenti parlamentari, quando il governo ha imposto la fiducia sulla legge sul femminicidio facendo passare all'ombra di questa, nuove pesanti misure repressive contro i movimenti di lotta, in primis No Tav; ugualmente oggi dietro lo sbandieramento dell'Imu in realtà si è voluto far passare il regalo di 7,5 miliardi alle banche e assicurazioni private.
Sappiamo bene come chi usa metodi antidemocratici chiami "democrazia" ciò che è fascismo e chiami il fascismo "democrazia". Ma i proletari e le masse popolari non possono lasciarsi ingannare.
Ugualmente dobbiamo denunciare PRIMA DI TUTTO lo squallido gioco che PD, Boldrini, con l'aiuto di certa stampa e televisione, stanno portando avanti sulla questione delle offese sessiste.
Chi ha cominciato a fare violenza non solo a parole ma con i fatti contro le donne del M5S è stato il questore Dambruoso del PD, a cui è seguito il silenzio della Bondrini.
Respingiamo, poi, la strumentalizzazione fatta in alcune dichiarazioni della stessa Boldrini su stupri, violenza sessuali sulle donne come alimentate dalle offese sessiste apparse nel blog del M5S, per coprire le vere responsabilità di questo sistema, dei suoi governi, della sua polizia, dei suoi politici, negli attacchi alle donne, nella repressione poliziesca contro le lotte delle donne con uso di offese, molestie sessuali, fino a stupri, nell'averci dato governanti che si pregiavano di essere "utilizzatori" delle donne, e nell'alimentare quotidianamente con le loro parole e azioni un humus sessista, maschilista. Questa è la vera violenza quotidiana, sistemica.
Così come respingiamo e onestamente ci fa senso la concezione del "rispetto verso le donne" espressa da alcune deputate del PD, che rivendicano le loro "scalate al potere" come dimostrazione della battaglia delle donne, e alzano la voce "indignate" solo perchè, secondo loro, le offese sessiste metterebbero questo "potere" in discussione, mentre queste stesse donne di "potere" continuando a fregarsene della condizione della maggioranza delle donne.

Gli attacchi sessisti osceni del "popolo grillino" - che restano quindi una contraddizione secondaria - sono interni e frutto di una concezione, di una politica quella di Grillo e della logica del M5S che noi l'abbiamo chiamata fin dal primo momento populista reazionaria, che parla alla "pancia" degli italiani e quindi ne sollecita i più bassi istinti, il linguaggio stupido, crudo, il turpiloquio; noi fin dall'apparire il fenomeno Grillo e del M5S abbiamo detto che Grillo era lo sdoganamento delle posizioni fasciste, reazionarie, che accarezzava il razzismo antimmigrati come il sessismo antifemminista. Quello che è successo sia in parlamento da parte di un deputato del M5S sia soprattutto nel blog è frutto di questo humus nero che fa di Grillo e del grillismo una componente delle tre destre oggi in Italia (Berlusconi, Grillo, Renzi) - in questo è una contraddizione loro, interna al loro politica, ideologia, metodi moderno fascisti, non è una contraddizione esterna - e chi ora si indigna mentre è stata zitta verso offese, attacchi alla dignità delle donne a parole e nei fatti, legittimando in parlamento in tutti questi anni, con silenzi o alzate di spalle, l'uso berlusconiano delle donne e le loro scalate alla tv, a posti di potere istituzionali, fa come quel detto: "il bue che dice cornuto all'asino"...
Questo humus populista reazionario del grillismo non poteva non suscitare lo squallore degli insulti sessisti nel blog di Grillo; questo è stato alimentato dallo stesso strumento del blog, fb, ecc. che fa diventare "fenomeno", dà voce a delle pulci, a dei miserabili quanto idioti maschilisti, che altrimenti non avrebbero voce; uno strumento che fa diventare immediatamente tendenza espressioni da "cesso di bar", che tali dovrebbero restare e invece trovano indegna pubblicità.
Chiaramente questi commenti sessisti nel blog, l'idiotismo maschilista di fatto pubblicizzato da Grillo e soci mettono ancora una volta in luce quanto vasto e nero sia l'humus maschilista - quello che noi chiamiamo "uomini che odiano le donne" - quanto sia trasversale in termini di settori sociali e di idee politiche. Ma questo è un problema di lotta nostra!

Non ci vuole la Boldrini o le donne del PD che si tengono ben stretta la loro poltrona in parlamento a ricordarcelo; nè possiamo accettare che strillano da una parte e si tappano dall'altra le orecchie sugli insulti razzisti e sessisti di uso comune nella fogna che è diventato il parlamento.
Nessuno può imbrogliare da che parte sta il vero attacco alla democrazia, e l'attacco sistemico, violento alle donne, alla loro dignità e condizione.

MC del MFPR Taranto

pc 6 febbraio - Fiat, governo e sindacati: totale sudditanza e nessuna risposta agli operai né sull'occupazione né sul contratto

Ieri il ministro Zanonato ha risposto ad una interrogazione parlamentare sulla situazione della Fiat in Italia. Le chiacchiere di circostanza sull'impegno del governo sono servite al ministro per nascondere un atteggiamento di vera sudditanza nei confronti del padrone, fatta di spudorata accondiscendenza sui programmi definiti condivisibili rivolti alla produzione di auto di "alta gamma" e di promesse di tutta una serie di incentivi, l'azienda richiede infatti "supporti sistemici di assistenza", "facilitazioni" di vario genere anche per l'"apertura di nuovi mercati". La Fiat da parte sua conferma tutta la sua arroganza nella contrattazione continuando a negare ogni aumento salariale agli operai.

***
IL MINISTRO ZANONATO
"Senza risposta la questione occupazionale"

"Sono ancora senza risposta" le questioni relative ai problemi occupazionali della Fiat "nel breve e nel medio periodo". Lo ha detto ieri il  ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato al question time. L'obbiettivo, ha aggiunto il ministro, è che "indipendentemente dalla sede, rimanga in Italia la sede produttiva di primaria importanza". Il ministero mantiene "una forte attenzione sul comparto auto e sulla Fiat in particolare", con "la consulta permanente dell'automotive per individuare le linee di intervento per la ripresa del comparto e di  una filiera duramente colpita dalla crisi" e "ha rapporti regolari con la Fiat". Pertanto, ha proseguito Zanonato, l'azienda è "stata sollecitata a chiarire al più presto le prospettive degli impianti, non è però tutto fermo". Da questo punto di vista Zanonato ha citato infatti i programmi relativi a Grugliasco, Cassino e Mirafiori, alla ristrutturazione di Melfi.


AUTO
Contratto Fiat, tavolo in stallo

La trattativa sindacale per il rinnovo del contratto del gruppo Fiat resta a un punto morto. E si interrompe sul tema degli aumenti salariali. Il Lingotto tiene il punto e in nome del cattivo andamento del mercato e della zavorra della cassa integrazione – 32 milioni di ore nel 2013, come l'anno prima – non vuole parlare di aumenti in busta paga per il 2014. I sindacati ribadiscono che senza un riconoscimento sulla parte salariale il contratto non si chiude. Nulla di fatto, dunque: il tavolo si interrompe, e non c'è una data fissata per un prossimo incontro. Lo stallo mette il sindacato in una situazione non facile rispetto, ad esempio, a quanto previsto dal contratto nazionale dei metalmeccanici, con aumenti nel triennio 2013-15 pari a 130 euro a fine periodo. Se non si riuscisse a chiudere, gli addetti Fiat resterebbero un passo indietro rispetto al resto della categoria. Da Roma, intanto, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha sottolineato ieri che restano senza risposta le questioni "sui problemi occupazionali della Fiat nel breve e nel  medio periodo". Indipendentemente dalla sede, ha aggiunto il ministro, "l'obbiettivo è che rimanga in Italia la sede produttiva di primaria importanza e il centro di sviluppo di nuovi prodotti e competenze".

Il sole 24 ore

6/2/14

pc 6 febbraio - S.ANTIMO: GLI OPERAI BENGALESI DELLE AZIENDE TESSILI ALZANO LA TESTA

«Lo Stato ci dia lo status di schiavi».

Richiesta choc degli immigrati del Napoletano


Il Mattino.it, lunedì 3 febbraio 2014 - 15:56

Chiedono lo status di schiavi per sfuggire al ricatto dei loro "padroni", i datori di lavoro di Sant'Antimo che, sottraendo loro i passaporti, li costringono a lavorare fino a 14 ore al giorno senza riposo settimanale con una paga, quando raramente corrisposta, che non arriva a 250 euro al mese.
È la paradossale ma disperata richiesta di aiuto, raccolta dall'associazione per la difesa dei diritti degli immigrati «3 Febbraio», delle centinaia di cittadini bengalesi, molti dei quali clandestini, da anni utilizzati nelle fabbriche tessili di Sant'Antimo e di altri comuni vicini a nord di Napoli.

«Denunceremo per riduzione in schiavitù - si legge in un comunicato dell'associazione - gli imprenditori italiani e bengalesi chiedendo al prefetto che siano concessi a tutti i firmatari i permessi di soggiorno per motivi umanitari così come previsto dall'ex articolo 18 della legge 40 sull'immigrazione».

Ieri, per la prima volta, i bengalesi di Sant'Antimo si sono riuniti in assemblea in una sala della parrocchia del paese. «È stata l'occasione per molti di loro di uscire coraggiosamente dall'anonimato - spiega Gianluca Petruzzo di 3 febbraio - e le storie di sfruttamento e di violenza che hanno raccontato non sono certo degne di un Paese civile. Ribadiremo il nostro no al nuovo schiavismo il prossimo 21 febbraio nella piazza di Sant'Antimo in occasione della festa della lingua del Bangladesh».

S.Antimo: i tessitori bengalesi alzano la testa contro le sartorie dello sfruttamento

Sono i subappaltatari di note marche della moda italiana. Fabbriche tessili diffuse tra la provincia di Napoli e di Caserta. A volte gestite da italiani, altre da stranieri, i lavoratori invece sono quasi sempre immigrati e la paga da fame. Capita così che dopo la tragedia di Prato, con sette operai cinesi morti nel rogo della fabbrica che faceva anche da casa, tanti decidano che è il momento di cominciare ad alzare la testa. E’ accaduto a S.Antimo, dove da oltre un mese diversi lavoratori bengalesi delle tante sartorie tessili si stanno incontrando periodicamente in piazza per denunciare le condizioni di sfruttamento, per avviare cause di lavoro (sostenuti da Maurizio D’Ago, avvocato dell’associazione 3 febbraio), per cambiare la qualità della propria vita.
E’ cominciata con la mobilitazione di parte dei tessitori bengalesi che lavorano in quattro sartorie tra S.Antimo, Grumo Nevano e Casandrino, fondate da un proprio connazionale che è arrivato in Italia con un preciso progetto imprenditoriale, disponendo di capitali e proprietà già nel paese d’origine. Ma i lavoratori non se la passano per niente bene: orari massacranti e paghe da fame, come in molte altre fabbrichette della zona create da napoletani. 14 ore di lavoro nei giorni feriali e sette nei festivi per salari che raramente superano i 300 euro al mese….!
E’ la versione informale di quella che i francesi chiamano “délocalisation sur place”… la globalizzazione della precarietà invece che dei diritti, trasferire una fabbrica per inserirsi in filiere che promettono buoni guadagni, mantenendo però un bassissimo livello dei salari.
Tre anni fà erano stati gli imprenditori immigrati a mobilitarsi per pretendere il dovuto da note firme dell’alta moda. Ora sono invece i lavoratori, stiratori e cucitori stanchi di massacrarsi tutto il giorno per un tozzo di pane. Domenica alle 16.00 c’è l’assemblea in piazza della Repubblica a S.Antimo. Potrebbero unirsi anche lavoratori migranti di altre nazionalità.

mercoledì 5 febbraio 2014

pc 5 febbraio - PINO DE CRESCENZO OPERAIO FIAT DELLO SLAI COBAS DI POMIGLIANO E' STATO "UCCISO"!

LO SLAI COBAS per il sindacato di classe si unisce al dolore, alla rabbia dei compagni e compagne dello Slai cobas di Pomigliano per la morte di Pino De Crescenzo, assassinato dalla Fiat, dalle Istituzioni complici

slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale.
5 febbraio 2013



IERI SI E' SUICIDATO PEPPE, "UNO DI NOI"

PEPPE E' STATO DEPORTATO CON ACCORDO SINDACALE DALLA FIAT POMIGLIANO AL
REPARTO-CONFINO "LOGISTICO" DI NOLA NEL MAGGIO 2008 E DA ALLORA COLLOCATO CON ALTRI 300 OPERAI IN CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI SENZA FINE IN QUANTO TALE REPARTO, IL WCL DI NOLA, NON E' MAI ENTRATO IN FUNZIONE PERCHE' LA LOGISTICA, IN UNA FABBRICA AUTOMOBILISTICA, E' NECESSARIAMENTE SVOLTA 'IN LOCO' ESSENDO FUNZIONALE ALL'ALIMENTAZIONE  DEI PARTICOLARI DA ASSEMBLARE ALLE SCOCCHE NELLE LINEE DEL MONTAGGIO CARROZZERIA. IL WCL DI NOLA SINTETIZZA AL MASSIMO LE FROTTOLE INDUSTRIALI DELLA FIAT PLAUDITE DA ANNI DALL'INTERO QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE E SINDACALE

"Non è finita compagno, perché non hai mai abbassato la testa. non hai mai  detto "si" a comando. non hai accettato che altri patissero affinché tu avessi un posto. tutti devono tornare in fabbrica. o tutti o nessuno. e lo dicesti da subito con il tuo NO forte e deciso al referendum. con i tuoi picchetti. volantinaggi. gridando da quel megafono per far sentire a chi entrava, nascondendo il suo viso, che solo l'unità dei lavoratori era la
risposta giusta al ricatto ed alla bugie di Marchionne".
Non ci lasci, ci sei, più di prima. noi non molliamo. come non hai mollato tu!

A Peppe dalle compagne e dai compagni dello Slai cobas
Pomigliano d'Arco
5.2.14


IERI SI E' SUICIDATO PEPPE, "UNO DI NOI", UNO DEI 1.400 CASSINTEGRATI FIAT
SENZA FUTURO.

ALTRO CHE "DISTURBI PSICHICI O DEPRESSIONE PER QUESTIONI FAMILIARI", PEPPE E'
STATO AMMAZZATO: DALLE COMPLICITA' POLITICHE, SINDACALI ED ISTITUZIONALI COL "PIANO" DI MARCHIONNE CHE HA MANDATO A ROTOLI LA FIAT PRECIPITANDO I
LAVORATORI E LE LORO FAMIGLIE NELLA DISPERAZIONE, E CHE STA DISTRUGGENDO L'INTERA ECONOMIA TERRITORIALE

Ieri è toccato a Peppe De Crescenzo, operaio della Fiat di Pomigliano e militante dello Slai cobas da 6 anni confinato, insieme ad altri 300 operai, al reparto fantasma della - inesistente - Logistica di Nola e da allora in
cassa integrazione senza futuro. Peppe si è impiccato ieri pomeriggio nella sua casa di Afragola. Peppe era, ed è, "uno di noi"! Lo ricordiamo con affetto, sempre in prima fila in tutte le mobilitazioni col megafono in
spalla e macchina fotografica a tracolla.
Per la disperazione, a Pomigliano d'Arco, appena qualche giorno fa stava per suicidarsi lanciandosi dal tetto insieme ai suoi tre figli M. D. moglietrentaduenne di un operaio della Fiat di Pomigliano da 7 anni licenziato
arbitrariamente dall'azienda ed ancora in attesa della causa rimandata alle "calende greche" dai giudici del Tribunale del lavoro di Nola.
La notte dello scorso ottobre un altro operaio della Fiat di Pomigliano in cassa integrazione ha tentato il suicidio gettandosi dal cavalcavia dell' A16 (autostrada Napoli.Bari) a Marigliano.
Già nell'agosto del 2011 C. P. operaio della Fiat di Pomigliano di 44 anni di Scampia (NA) tentò il suicidio tagliandosi le vene dei polsi ed infliggendosi profonde ferite al collo ed all'addome dopo aver ricevuto la
lettera dall'azienda che gli comunicava la permanenza in cassa integrazione per altri due anni. Il 1° maggio 2010 M. C. addetto in cigs da anni al polo logistico di Nola, dopo essersi licenziato appena un mese prima dalla Fiat per disperazione, si suicidò lanciandosi giù dal balcone della propria casa di Castellammare.
Sono ormai decine le minacce di suicidio fatte pervenire alla Fiat (ai capisquadra, agli assistenti sociali, al direttore di stabilimento ed alla direzione del personale di Torino) da lavoratori disperati che si vedono
precluso dalla Fiat ogni futuro.A fronte della tragedia industriale, sociale ed umana causata dalla Fiat con
la conseguente escalation di gesti disperati ci colpiscono come un pugno nell'occhio gli asserviti "depistaggi" della prevalenza del sistema mediatico (che in quasi tutti i casi ha omesso l'evidente collegamento con
la Fiat) ed orientati anche dalle "veline minimizzatrici" delle forze dell'ordine, il tutto a coprire le gravissime responsabilità aziendali.Anche per questo la necessità di ricostruzione e rilancio della
mobilitazione dei lavoratori contro i piani di barbarie industriale della Fiat e dei suoi complici rappresenta oggi non solo la necessaria risposta per la tutela occupazionale ma un forte presidio di tenuta democratica per l'intera società.
E' per questo che oggi Peppe vive e lotta ancora insieme agli operai ed insieme a noi, le loro donne.

Comitato Mogli Operai Pomigliano

pc 5 febbraio - ancora processi ai NOTAV a Torino - uniti e solidali contro la repressione

il 6 febbraio presso il Tribunale di Torino si terrà l'udienza del tribunale ordinario per Paolo e Forgi, i due No Tav arrestati in Valle il 30 agosto 2013 poiché trasportavano nella loro auto (definita dei media «auto arsenale») materiale per azioni di disturbo alle reti e di difesa dai lacrimogeni sparati ad altezza uomo.
Da tale data si trovano sottoposti a misura cautelare, oggi quella dei domiciliari dopo un periodo di detenzione presso il carcere delle Vallette di Torino.

Ricordiamo chiaramente l'atteggiamento dei media, della procura e della politica locale in occasione del fermo dei due ragazzi, che non hanno esitato a sbattere in prima pagina la cronaca alterata dei fatti, con l'obiettivo di creare il «mostro No Tav» e delineare i contorni di un'azione con «finalità terroristica».
Questo clima creato attorno alla vicenda ha contribuito a determinare la situazione di oggi, con un tribunale asservito alla procura torinese che si è già espresso una volta in sede di riesame confermando il castello accusatorio dei pm con l'elmetto, Rinaudo e Padalino.

Lanciamo quindi per tale data un presidio presso il Palazzo di Giustizia, per far sentire ai due giovani la solidarietà del movimento tutto e ribadire, come se ancora ce ne fosse bisogno, il diritto alla Resistenza di un popolo che non si arrende e difende il proprio territorio.

---> Appuntamento alle ore 9 davanti al Palagiustizia <--- span="">

NO TAV FINO ALLA VITTORIA!

pc 5 febbraio - in sudafrica prosegue lo scontro minatori-padroni multinazionali-stato dei padroni, gestito dall'ANC

Sudafrica: la polizia difende le multinazionali dai minatori in sciopero

Sudafrica: la polizia difende le multinazionali dai minatori in sciopero
Non passa quasi giorno che le forze di sicurezza sudafricane non utilizzino la repressione selvaggia contro i lavoratori in sciopero e le popolazioni delle enormi township in rivolta contro un governo nazionale e locale completamente inadempiente rispetto alle promesse di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Questa volta è toccato di nuovo ai minatori che stavano manifestando di fronte all'ingresso di una delle maggiori miniere di platino del Sudafrica, bloccate da uno sciopero che va avanti da diversi giorni convocato da un sindacato indipendente. La polizia contro la folla ha lanciato numerose granate stordenti ed ha sparato proiettili di gomma nel tentativo di disperdere circa 3000 minatori che impedivano a coloro che non scioperavano di poter entrare all'interno dei pozzi.
Il nuovo atto repressivo si è verificato alla periferia di Rustenburg, nella Provincia nord-occidentale, presso un giacimento dato in concessione alla multinazionale Anglo American Platinum (Amplats). Lo sciopero a oltranza è stato proclamato dall’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu) con la richiesta di aumenti di salario superiori al 100%, fino a 12.500 rand al mese, circa 850 euro. Amplats ha aggravato la situazione, annunciando almeno 1400 licenziamenti, motivati con il calo della produzione delle ultime settimane.
La multinazionale, primo produttore mondiale di platino, aveva già attuato lo scorso anno una “ristrutturazione” costata migliaia di posti di lavoro. Un ennesimo segnale negativo per il Sudafrica dopo le violenze che avevano segnato gli scioperi del 2012; e, in particolare, il massacro da parte della polizia di 34 minatori che protestavano nei pressi dei giacimenti di platino di Marikana.

da contropiano

pc 5 febbraio - una volta tanto un po' di onestà intellettuale- Lucarelli chiede scusa ai lavoratori in lotta della Granarolo

Aveva attaccato i facchini, lo scrittore Lucarelli chiede scusa

Lo scrittore Carlo Lucarelli risponde alla lettera aperta indirizzatagli da Valerio Evangelisti, Wu Ming, Alberto Prunetti e Girolamo De Michele. Di fatto Lucarelli chiede scusa per il suo intervento pubblicato in tutta la stampa locale bolognese domenica scorsa che attaccava la lotta dei facchini contro la Granarolo definendola ‘violenta’.
 *** *** ***
Allora eccomi qua. Intanto vi ringrazio di questa lettera aperta che mi permette di chiarire il mio pensiero. Lo farò il più brevemente possibile, perché come dite giustamente qui non è in gioco la nostra reputazione ma le esistenze dei lavoratori.
Allora: la mia dichiarazione su rabbia, violenza e riscaldamento dei toni non si riferiva allo sciopero dei facchini in modo così diretto come è sembrato e come anche voi mi rinfacciate. Sollecitato da più parti perché mi esprimessi su quello che stava succedendo alla Granarolo ho rifiutato di farlo perché non ero abbastanza informato sulla vicenda. Ho accettato di esprimermi soltanto su uno stato generale di rabbia e di potenziale violenza a livello nazionale (di cui mi sento per tanti motivi competente), nella cui deriva temevo potesse finire anche lo sciopero in questione come tante altre battaglie più che legittime o necessarie. Il mio essere dalla parte dei lavoratori in quel contesto significava che sono contro i licenziamenti a prescindere: non si licenziano i lavoratori che hanno bisogno o si ricollocano con giusta soddisfazione.
Attenzione, non sto cercando giustificazioni: ho sbagliato. Una dichiarazione fatta in un determinato contesto, per quanto generica o indiretta, finisce sempre per riguardare anche quello e basta poco per trovarsi arruolato da una parte piuttosto che da un’altra. Per esempio: non mi sono mai espresso contro i blocchi alla Granarolo (sui blocchi in generale penso se fatti in un certo modo siano comunque uno strumento di lotta più che legittimo e necessario) e non intendevo neppure riferirmi a voi (posso essere di diverso parere, “prendere le distanze” è un’altra cosa: non accetto di far parte di una lista di “buoni” contro “cattivi” politicamente scorretti). E non mi sono neppure espresso riguardo alla manifestazione di sabato, la mia dichiarazione era precedente anche se è uscita quel giorno, e non ci ha niente a che fare.
Ripeto, però: non voglio giustificarmi. Ho sbagliato e me ne scuso. Colpa mia, probabilmente come scrittore e comunicatore non sono così bravo come a volte penso. Non esprimerò più nessun parere, neppure generico o indiretto, su nessuna vicenda della quale non sia a conoscenza secondo il metodo che ho sempre applicato: accettare quello che leggo su giornali, blog e newsletter –di una parte o dell’altra- soltanto come spunto di riflessione e poi andare a vedere personalmente. Lo farò anche in questo caso appena sarò di nuovo in grado di muovermi liberamente dopo un incidente che mi tiene confinato in casa da un paio di mesi.
Rivendico, naturalmente, il diritto di non essere d’accordo su tante cose. Per esempio non condivido l’analisi della storia –e in parte anche del presente- del movimento cooperativo fatto su queste pagine, mi lascia perplesso la citazione dello Squalo e continuano a non piacermi le liste di proscrizione in genere. Continuo a pensare che certi toni (e di nuovo, qui non mi riferisco alla vicenda in particolare e neppure a voi) non servano e anzi facciano il gioco di un potere oggi così subdolo e “ambientale” da dover essere combattuto in un altro modo che non frontalmente.
Ma queste sono opinioni che possono essere oggetto di dibattito, come anche le mie precisazioni, ma che in fondo non hanno grande importanza.
Lo avete scritto e lo ripeto: in questo caso non sono in gioco le nostre reputazioni ma il futuro dei lavoratori.
Carlo Lucarelli

pc 5 febbraio - senza tregua il presidio degli operai fiat termini imerese sotto la Regione a Palermo

Oggi pomeriggio, 5 febbraio, c'è un altro incontro degli operai che hanno deciso per ora di continuare il presidio davanti la Presidenza della Regione con i responsabili della Regione, in continuità con le iniziative decise in assemblea dagli operai, nei prossimi giorni si deciderà se e quando mobilitarsi attivamente  anche verso Comune e Provincia

La rabbia degli operai è ancora tutta in campo visto che la riunione del 31 a Roma, tenuta presso il Ministero,non ha risolto le preoccupazioni degli operai rispetto al loro futuro, anzi, la delegazione di politici e sindacalisti che è stata a Roma ha riferito che il rappresentante della Fiat-Chrysler ha tenuto a precisare, ancora prima che cominciasse la riunione, che l'azienda non è affatto interessata al rilancio dello stabilimento di Termini Imerese!
La promessa di altra cassa in deroga, come risulta da documento consegnato alla delegazione, non può in nessun caso calmare gli animi degli operai ..., dato che questa storia dell'attesa e delle promesse dura già da due anni.

La riconvocazione del Tavolo per il 14 febbraio prossimo al Mise con la presenza promessa di un rappresentante del governo, se da un lato è stata ottenuta perché gli operai hanno rimesso in campo la lotta, dall'altro significa altra perdita di tempo, tempo guadagnato dal governo e dall'azienda Fiat che provano a “rasserenare” gli operai con

la concessione dio altri ammortizzatori sociali perché non vogliono dare seguito alle promesse già fatte nel 2011 con il vecchio Accordo di Programma.

Davanti a questa situazione il “programma” di lotta degli operai dovrà per forza continuare “fino a risultato conseguito” per dirla con le parole del governo!

Il foglio consegnato alla delegazione che si è presentata al Mise e che riportiamo sotto ne è la conferma:
***
TAVOLO TERMINI IMERESE
31 Gennaio 2014

Conclusioni del governo
  1. Il Tavolo Termini Imerese è riconvocato al Ministero dello sviluppo Economico il prossimo 14 febbraio, confermando l'impegno diretto, oltre che del Mise, della Presidenza del Consiglio.

  2. Nel merito dei problemi sollevati:

    a) Il Governo è impegnato nella fase di strutturazione del finanziamento dei progetti industriali già individuati ed è impegnato altresì a sostenere le prospettive di reindustrializzazione del sito di Termini Imerese fino a risultato conseguito

b) Per questa ragione il Governo si adopererà per tutelare il reddito dei lavoratori attraverso l'utilizzo degli ammortizzatori sociali necessari ad accompagnare il processo di reindustrializzazione. Inoltre sarà verificata la possibilità di utilizzare le residue posizioni esodabili a fini pensionistici

        c) E' confermato l'impegno assunto nell'accordo dell'ottobre 2013 al pagamento diretto della CIG in deroga da parte dell'INPS, come sancito nell'apposito Decreto della regione Siciliana

        d) La Regione siciliana si sta adoperando per creare le condizioni per la revoca dei licenziamenti nella Lear, che ha dichiarato la sua disponibilità ad aderire alla CIG in deroga qualora quelle condizioni siano verificate


        3) Governo e regione stanno predisponendo il testo di aggiornamento dell'Accordo di Programma comprensivo delle necessarie risorse, che sarà firmato a breve.
***


Slai Cobas per il sindacato di classe
Via G. del Duca 4 Palermo
091/20.36.86 - 338.7708110

 

pc 5 gennaio - basta con i CIE - verso la manifestazione del 15 febbraio a Ponte galeria




martedì 4 febbraio 2014

pc 4 febbraio - IL "SALARIO MINIMO" FA MALE ALL'OPERAIO... I GIULLARI DEI PADRONI

In questi giorni, mentre i padroni, l'esempio in campo è l'Electrolux ma non solo, si danno da fare per abbassare i salari degli operai, escono su Sole 24 Ore (giornale della confindustria) articoli sulla positività, convenienza per le aziende stesse di fissare per legge un "salario minimo", al di sotto del quale le aziende non potrebbero andare. 
Un primo paradosso è che questa proposta viene presentata come favorevole agli operai e di conseguenza in controtendenza alla politica del padronato per cui nei suoi desideri (e sempre più spesso nella realtà) non c'è un limite all'abbassamento dei salari molto al di sotto delle retribuzioni in corso, già risicate. In realtà non è così, perchè questa proposta di "salario minimo" ha l'unico scopo di dare legittimità di legge al padronato per tagliare i salari e pagare retribuzioni al di sotto di quelle dei CCNL.

Uno di questi articoli "esemplari" è quello uscito il 26 gennaio di Fabrizio Galimberti, intitolato "Il "salario minimo" fa bene al lavoro"
Ne riportiamo alcuni stralci:

"Bisognerebbe pagare a chi lavora almeno un salario minimo? Ci dovrebbe essere una cifra - che so, 5 euro all'ora - al di sotto della quale sarebbe illegale pagare i lavoratori? Suppongo che voi, pensando al vostro futuro di lavoratori, non avreste dubbi a dire di sì: non vogliamo essere sfruttati, ci dovrebbero dare almeno x euro... Ed è giusto che lo Stato, in una situazione in cui il potere negoziale dei datori di lavoro è superiore a quello dei lavoratori (vista la crisi che c'è in giro), si preoccupi di piantare un paletto per stabilire un livello di compenso al di sotto del quale non è giusto andare."

Già la premessa è tutta un programma: "pagare almeno un salario minimo", che qualche rigo dopo viene chiamato "compenso".
Intanto chiariamo, contro chi vuole offuscarne la vera natura, cos'è il salario, cosa percepisce l'operaio.
Il salario è il prezzo dei mezzi di sostentamento necessari a riprodurre la forza-lavoro dell'operaio, in questo per il capitalista la forza-lavoro è come una qualsiasi altra merce il cui prezzo è stabilito sulla base del tempo medio/sociale necessario alla sua produzione; ma l'operaio è una merce speciale che dopo aver lavorato per un tempo x per riprodursi (lavoro necessario) continua a lavorare gratis per il padrone e quindi a produrre plusvalore.

Quindi intanto il salario non è un "compenso" dato dal capitalista per il "lavoro fatto dall'operaio", ma il pagamento del tempo che serve all'operaio per riprodursi come merce forza-lavoro. Quindi stando alle loro stesse leggi capitalistiche, le aziende dovrebbero "almeno" pagare il salario corrispondente al tempo necessario per la produzione dei beni, in condizioni sociali date, che servono all'operaio per tornare il giorno dopo, il mese dopo a lavorare per il capitale. 

Invece, qui si dice che "almeno" i capitalisti devono pagare un "salario minimo", senza minimamente vergognarsi che questo salario è anche fuori dalle stesse leggi del capitale. Qui siamo già nella illegalità - non è che l'illegalità c'è solo se le aziende vanno al di sotto del "salario minimo". 
Ma per F. Galimberti, solo e soltanto, quando e se le aziende pagassero meno dei 5 euro l'ora di "salario minimo", allora gli operai dovrebbero esclamare "Sì, non vogliamo essere sfruttati..." - come se fino a 7/8 o anche 10 euro/dollari (come per es. ora dice Obama) non ci fosse sfruttamento.
E il Galimberti chiama lo Stato a ratificare per legge questa illegalità di rapina da parte dei padroni anche sul lavoro necessario dell'operaio.

Certo, i padroni, i loro economisti non hanno limite alla rapina sul salario, per cui tutto l'articolo si snocciola nel convincere i padroni che questo "salario minimo" gli conviene...    
"La prima obiezione che farebbero - scrive Galimberti - è questa: se si introduce un salario minimo si perdono posti di lavoro... Certamente - continua - si tratta di una norma che interferisce col libero mercato. Non esiste un prezzo minimo per le patate o il taglio dei capelli o il biglietto del cinema. Perchè allora esiste questa norma per il lavoro?...". 

Appunto, perchè se la forza-lavoro è, quando il padrone la prende dal "mercato", una merce come tutte le altre nel sistema capitalista non deve "almeno" essere pagata con le stesse leggi delle altre merci?
Il "libero mercato" è solo per il capitale che punta a trovare sul mercato, mondiale, il costo della forza lavoro alle condizioni salariali e normative a lui più favorevoli - e in generale solo la lotta degli operai in varie fasi ha messo un argine alla ricerca del "massimo ribasso" - sia dettando e utilizzando le leggi ai suoi governi, sia, soprattutto nella fasi di crisi, utilizzando l'arma dei licenziamenti e l'aumento della massa dei disoccupati; per gli operai non c'è un "libero mercato" ma solo la legge dello sfruttamento.

Ma il nostro giornalista insiste: vediamo negli altri paesi, il "salario minimo ha danneggiato o no l'occupazione? La risposta è in generale favorevole all'introduzione di un livello minimo di salario..."
E spiega poi il perchè: “Mettiamo che in un mercato libero il salario che si verrebbe a creare spontaneamente, per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, sia di 6 euro l’ora. Ma nella realtà – sempre una realtà lasciata a se stessa – si riscontrano salari di 5 euro l’ora. Perché? Perché ci sono degli “attriti” nel mercato del lavoro. Se un lavoratore vuole lasciare un posto che rende poco e cercarne un altro, ci sono costi legati a questa ricerca: deve darsi da fare, chiedere a destra e a sinistra… Allora, data l’esistenza di questi costi, rimane dov’è e al datore di lavoro rimane il vantaggio di pagare 5 euro per un’ora di lavoro che, in un mercato privo di “attriti”, costerebbe 6. Ecco che in quel caso lo Stato sarebbe giustificato a introdurre un salario minimo di 6. 
Ci possono poi essere altre ragioni: per esempio, con un salario minimo più alto ci sono maggiori costi per l’impresa ma anche più vantaggi. Se il lavoratore è più contento, ci sarà meno andirivieni nella forza lavoro: dover frequentemente assumere e formare lavoratori è un costo e una noia per l’impresa. Insomma, il salario minimo, purché fissato a livelli adeguati… può far più bene che male”.

Galimberti per rispondere all'obiezione per cui "un salario minimo ridurrebbe l'occupazione", utilizza argomentazioni che non hanno alcuna base scientifica e che vogliono unicamente affermare la legittimità di un salario minimo per permettere, via legge, ai padroni di poter tagliare i salari (ma fino ad un certo punto... - visto che lo Stato deve pur sempre tener conto dell'interesse generale dei capitalisti e non di quello particolare di uno o pochi capitalisti...).
Con queste premesse di argomentazioni le conclusioni (per cui accettando un salario minimo si difende l'occupazione), sono solo nella testa di Galimberti non nella realtà.
Per arrivare a queste conclusioni il giornalista (che tra l'altro dovrebbe "spiegare l'economia ai ragazzi") usa affermazioni del tipo "il salario si verrebbe a creare spontaneamente, per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro" - affermazioni che non stanno nè in cielo nè in terra.
Il nostro uomo dà una rappresentazione di un mercato in cui conterebbero solo le "libere volontà" del capitalista e del lavoratore, in cui entrambi avrebbero uguale "libertà"; il nostro uomo nasconde che le oscillazioni che ci possono essere tra domanda e offerta sul salario sono minime, legate a fasi del sistema capitalista, ma ruotano sempre intorno al valore della forza-lavoro stabilito dal prezzo dei beni necessari per la sua riproduzione (prezzo, ripetiamo, anche a sua volta stabilito dal tempo di lavoro per produrre quei beni).
Il nostro uomo chiama "attriti" (?) nel mercato del lavoro, i mezzi vari e anche violenti che il capitalista (sia singolo, sia come classe generale) utilizza per abbassare o direttamente o indirettamente il salario.
Il nostro uomo rappresenta la situazione di un lavoratore che smetterebbe di "darsi da fare, chiedere a destra e a sinistra" per cercare un lavoro più remunerativo solo per stanchezza, ma che avrebbe (se non si stancasse presto) tutta la possibilità di andarsene da un'azienda e scegliersi un altro lavoro - alla faccia di tutti i lavoratori che soprattutto oggi, nella crisi, vengono cacciati (non che se ne vanno) dal loro posto di lavoro se non accettano i tagli al salario e ai diritti, e vanno ad ingrassare la marea di disoccupati.
Per non parlare poi della descrizione del capitalista che avrebbe tanto interesse che "il lavoratore sia più contento (perchè così) ci sarà meno andirivieni nella forza lavoro: (visto che) dover frequentemente assumere e formare lavoratori è un costo e una noia per l’impresa"; un capitalista che rinuncerebbe a licenziare i lavoratori e a prendere altri a cui potrebbe dare un salario più basso soprattutto per "noia" - alla faccia dei piani concreti del capitale che invece si muove eccome, fa "andirivieni", licenzia qui e occupa all'estero per tagliare i costi del lavoro - e non gliene può fregar di meno se il lavoratore è "contento" o no.

ALLA FINE, TUTTA QUESTA "LEZIONE" E' SOLO PER FISSARE UN SALARIO MINIMO, NON PER I PADRONI, PER GLI OPERAI!

pc 4 febbraio - lo scandalo delle casse edili sindacalisti confederali arricchiti e corrotti sulla pelle della sicurezza dei lavoratori

Il pozzo delle casse edili: «Sindacalisti pagati 100 euro all'ora»




In Italia ci sono 120 casse edili, più di una per ogni provincia. Ogni cassa ha un consiglio di amministrazione composto mediamente da 20 persone, scelte tra i rappresentanti dei costruttori e i sindacati di categoria dei lavoratori Cgil, Cisl e Uil.
Le imprese devono versare per ogni dipendente una percentuale che supera il 20% del reddito lordo degli operai e che varia per ogni provincia. Questi soldi tornano in gran parte direttamente ai lavoratori: ferie, tredicesima, etc. Una parte invece torna sotto forma di servizi: il vestiario, i libri scolastici per i figli e corsi di formazione per la sicurezza.
I corsi sono gestiti dalle Scuole Edili che sono enti paritetici con ulteriori consigli di amministrazione. Ad Arezzo la Scuola Edile ha incaricato come rappresentanti territoriali della sicurezza i sindacalisti. Questi esperti devono girare sui cantieri, fare riunioni con i lavoratori, rilevare le problematiche di sicurezza indicate dagli operai, compilare un verbale e comunicare al datore di lavoro le eventuali anomalie riscontrate per la prevenzione e la sicurezza. Il verbale deve essere consegnato al datore di lavoro che, in caso di ispezione, deve esibirlo.
Questo servizio è finanziato attraverso una percentuale che le aziende pagano sul reddito del lavoratore alla cassa edile. L’ingegner Fabozzi è stato presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) di Arezzo e della Cassa Edile ma, quando ha chiesto il riscontro dei verbali prima di effettuare i pagamenti, ha trovato molte anomalie. I sindacati hanno consegnato schede fotocopiate di visite svolte in diversi cantieri e alcune avevano le date palesemente modificate. Inoltre dividendo la somma richiesta per le ore di formazione dichiarate, ha calcolato che i sindacalisti avrebbero chiesto oltre 100 euro all’ora. Mentre l’accordo prevede che il rimborso sia equiparato a quello del distacco sindacale, vale a dire circa 25 euro all’ora.
Oggi l’ingegnere Fabozzi è vicepresidente di Confindustria di Arezzo, tutta la documentazione è stata consegnata alla procura. La sua, oltre che una denuncia, è un appello per l’abolizione delle casse edili. Questi soldi, dice, dovrebbero essere inseriti in un contratto unico nazionale e andare direttamente ai lavoratori.

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pc 4 febbraio - India .. sono ormai mille i prigionieri politici in sciopero della fame ad oltranza nelle carceri indiane - continua la campagna di solidarietà internazionalista.. dopo il 25 gennaio.. ora andiamo a una manifestazione all'ambasciata a ROMA!

comunicato del comitato di sostegno internazionale alla guerra popolare in India-Roma

0ltre un migliaio di prigionieri politici in differenti carceri dello Stato di Jharkhand sono in sciopero della fame per richiedere la liberazione .. 700 in sciopero a Jay Prakash Narayan Central, 200 a Garwah e 140 aMedninagar.
Sono prigionieri politici che hanno scontato la loro condanna e non li vogliono far uscire, qualcuno ha scontato 20 anni.
Il primo ministro del regime dice che 'il comitato che li doveva far uscire' non si è ancora riunito..


 A Roma in occasione della giornata internazionale di solidarietà e lotta  del 25 gennaio -- vedi appello del 25 e altri materiali - abbiamo cominciato anche a Roma una campagna con affissione di una sessantina di manifesti e due vistosi striscioni a un ingresso della Sapienza e nel quartiere di S. Lorenzo.. 

Ora facciamo appello  a tutti compagni, centri sociali, comitati, forze comuniste, antimperialiste, rivoluzionarie, antirepressione, internazionaliste ecc. per organizzare una manifestazione nel mese di febbraio all'Ambasciata Indiana a Roma. 
Prepariamo l'iniziativa con una assemblea con film- in luogo che sarà comunicato in seguito. 
Chiediamo a tutti i compagni e forze interessate di prendere subito contatti con noi


info 
prolcomra@gmail.com per Roma
csgpindia@gmail.com riferimento nazionale

pc 4 febbraio - Lucarelli e Granarolo ..insomma è una nuova moda ..ex progressisti in odore di PD fiancheggiano apertamento il fascismo di Stato ora nelle istituzioni ora poliziesco e pretendono di farlo in nome della democrazia

Lettera aperta a Carlo Lucarelli sulle violenze (quelle vere) alla Granarolo

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    Tratto da wumingfoundation
    Caro Carlo,
    una doverosa premessa: questa non è una “disputa tra intellettuali”, ma una storia dove lavoratori sono stati licenziati per un giorno di sciopero e poi denunciati, pestati e ripestati, gassati e calunniati dai media. Non sono in ballo le nostre reputazioni: sono in ballo le loro esistenze.
    Chiarito questo: tu lo conosci quel «Carlo Lucarelli» che ha rilasciato dichiarazioni sui giornali di Bologna a proposito della vertenza che oppone i lavoratori della logistica alla Granarolo e della manifestazione di sabato scorso a Bologna? Quello che parla di «rabbia fine a se stessa che si traduce in minacce, violenze, liste di proscrizione»?
    Te lo chiediamo, ricordando le molte occasioni di incontro e collaborazione che abbiamo avuto con te, perché i quotidiani sembrano voler contrapporre, con una furbesca titolazione, due generi di scrittori: quelli “buoni” e quelli “politicamente scorretti” che legittimerebbero la violenza. Una distinzione inaccettabile.
    La «violenza»: ma quale violenza? Non c’è stato alcun atto di violenza da parte dei lavoratori in lotta, in massima parte migranti. C’è stato quell’uso della forza che è proprio di ogni sciopero e si esprime nei picchetti, nei blocchi, nell’intenzione di danneggiare gli interessi economici della controparte come forma di pressione sindacale.
    Al contrario, la violenza fisica delle manganellate e degli spray urticanti, gli arresti ingiustificati dei delegati sindacali (in violazione delle norme), i licenziamenti, il mancato reintegro dei lavoratori in spregio agli accordi sottoscritti  (ed anche, a Milano, il pestaggio in stile mafioso del sindacalista del Si Cobas Fabio Zerbini) sono forme di violenza padronale. Una violenza fisica, reale, su cui avremmo voluto sentire da quel «Carlo Lucarelli» qualcosa di più che il semplice «sto dalla parte dei lavoratori». Perché se poi il dichiarante  «non entra nel merito», ma proprio nel merito ci sono la violenza e la negazione dei diritti, allora le parole non corrispondono alle cose, e questo tu e noi, come scrittori, giornalisti e lavoratori nella cultura, lo sappiamo bene.
    In secondo luogo, nella dichiarazione di quello strano, non molto credibile «Carlo Lucarelli» si mescolano cose diverse in modo improprio: le «liste di proscrizione» di cui si parla sono in realtà una protesta avvenuta non alla Granarolo ma all’università. Una protesta a nostro avviso legittima, contro abusi e illegalità che avvengono ad opera di quelli che un tempo si sarebbero chiamati «baroni universitari», e che è giusto vengano denunciate da chi le subisce, se chi di dovere non se ne accorge, o non interviene. In ogni caso, è una battaglia combattuta con le armi della critica, come in democrazia dovrebbe essere pacifico.
    Ma cosa c’entra questa vicenda universitaria con quella delle vertenze nella logistica? Nulla. Però l’accostamento tra le due cose, accompagnato dal nome di uno dei collettivi impegnati nello sciopero della logistica, crea l’impressione che esista un’organizzazione violenta che sovrintende a questo e quello. Abbiamo da tempo constatato che su alcuni giornali ogni volta che c’è un evento “politicamente scorretto” si corre a fare il nome di un centro sociale o un collettivo, per suggerire al lettore che non di movimenti sociali, ma di «cattivi maestri” (o “cattivi allievi”) si tratta. Lo stesso metodo poliziesco che troviamo nell’interrogazione parlamentare presentata da 10 senatori del PD e di Forza Italia, nella quale si nominano centri sociali e sindacati, esortando il Ministro degli Interni a visionare le pagine web dei loro siti. Questa sì ci sembra una lista di proscrizione.
    Facchini in corteo a Bologna
    I dipendenti comunali che hanno donato 300 buoni pasto ai lavoratori in sciopero, i lavoratori degli asili nido che hanno annunciato il boicottaggio dei prodotti Granarolo per non rendere i bambini «complici dello sfruttamento», o i partecipanti alla manifestazione di solidarietà che scendevano in piazza sabato scorso, contribuiscono forse a costituire «un clima preoccupante»? Forse preoccupano chi continua a raccontarci che i conflitti sociali, le lotte e i diritti dei lavoratori sono un retaggio del Novecento, epperò vuole il latte fresco in frigorifero ogni mattina, che è anch’esso un retaggio del Novecento.
    A noi preoccupa invece il fatto che in questa vertenza – e non solo in questa – si stia perdendo il senso di parole come «padrone», «crumiro», «proletario», «diritti», «sindacato». Ci preoccupa che Granarolo e Legacoop possano comportarsi da padroni, e pretendere di essere considerate cooperative di sinistra, e avere la solidarietà congiunta dei senatori e delle senatrici PD e FI dell’Emilia-Romagna. E ci preoccupa, anche, l’uso della violenza contro i lavoratori in lotta – ma questa, tu ci insegni, è un’altra storia, o no?
    Valerio Evangelisti - Wu Ming - Alberto Prunetti - Girolamo De Michele

    Bologna, 3 febbraio 2014