giovedì 27 novembre 2014

pc 27 novembre - FORMAZIONE OPERAIA su "IL CAPITALE" di KARL MARX - 2

Che cos'è la merce? Quanto vale una merce?
Che cos'è il lavoro? Quanto vale un operaio? Che cos'è il salario?
Da dove viene il denaro? Che cos'è e quando diventa capitale?
Come e quando il lavoro da necessità vitale diventa schiavitù?

 Per spiegare questo e tanto altro Marx nel Capitale inizia con l'analisi della merce


LA MERCE

I due fattori della merce: VALORE D'USO E VALORE (sostanza di valore, grandezza di valore).

[VALORE D'USO]

La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una "immane raccolta di merci" e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l'analisi della merce.
La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo. La natura di questi bisogni, per esempio il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia, non cambia nulla alla cosa. Qui non si tratta neppure del modo in cui la cosa soddisfi il bisogno umano; se immediatamente, come mezzo di sussistenza, cioè come oggetto di godimento [cibo, vestiti, libri…] o per via indiretta, come mezzo di produzione [strumento di lavoro, macchina in fabbrica…].

Ogni cosa utile, come il ferro, la carta, ecc., dev'essere considerata da un duplice punto di vista, secondo la qualità e secondo la quantità. Ognuna di tali cose è un complesso di molte qualità e quindi può essere utile da diversi lati. E' opera della storia scoprire questi diversi lati e quindi i molteplici modi di usare delle cose. Così pure il ritrovamento di misure sociali per la quantità delle cose utili. La differenza nelle misure delle merci sorge in parte dalla differente natura degli oggetti da misurare, in parte da convenzioni.
L'utilità di una cosa ne fa un valore d'uso. Ma questa utilità non aleggia nell'aria. E' un portato delle qualità del corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce stesso, come il ferro, il grano, un diamante, ecc., è quindi un valore d'uso, ossia un bene. Questo suo carattere non dipende dal fatto che l'appropriazione delle sue qualità utili costi all'uomo molto o poco lavoro.

Quando si considerano i valori d'uso si presuppone che siano determinati quantitativamente, come una dozzina di orologi, un braccio di tela di lino, una tonnellata di ferro, ecc. Il valore d'uso si realizza soltanto nell'uso, ossia nel consumo.

I valori d'uso costituiscono il contenuto materiale della ricchezza, qualunque sia la forma sociale di questa.

[VALORE DI SCAMBIO]

Nella forma di società che noi dobbiamo considerare i valori d'uso costituiscono insieme i depositari materiali del valore di scambio.

Il valore di scambio si presenta in un primo momento come il rapporto quantitativo, la proporzione nella quale valori d'uso d'un tipo sono scambiati con valori d'uso di altro tipo; tale rapporto cambia continuamente coi tempi e coi luoghi. Perciò si presenta come qualcosa di casuale e puramente relativo, come un valore di scambio interno alla merce, si presenta dunque come una contraddizione (contradictio in adjecto). È al tempo stesso una cosa e l'altra. Come la cellula che si sdoppia: un parte si vede sempre in quanto oggetto concreto, l'altra si "vede" solo e soltanto nello scambio tra esseri umani. Consideriamo la cosa più da vicino.

Una certa merce, per esempio 1 quarter di grano, si scambia con x lucido da stivali, o con y seta, o con z oro: in breve, si scambia con altre merci in differentissime proporzioni. Quindi il grano ha molteplici valori di scambio invece di averne uno solo.
Prendiamo poi due merci: per esempio grano e ferro. Quale che sia il loro rapporto di scambio, esso è sempre rappresentabile in una equazione, nella quale una quantità data di grano è posta come eguale a una data quantità di ferro, per esempio

1 quarter di grano = 1 quintale di ferro.

Cosa ci dice questa equazione? Che in due cose differenti, in 1 quarter di grano come pure in 1 quintale di ferro, esiste un qualcosa di comune, qualcosa che le rende uguali, e della stessa grandezza.
Questo qualcosa di comune non può essere una qualità geometrica, fisica, chimica o altra qualità naturale delle merci. Quindi, l'altro loro valore, quello che le rende cose che si  possono scambiare, il valore di scambio appunto, non deve tener conto, deve astrarre, dal loro essere valore d'uso.
Come valori d'uso le merci sono soprattutto di qualità differente, come valori di scambio possono essere soltanto di quantità differente, cioè non contengono nemmeno un atomo di valore d'uso.
Ma, se si prescinde dal valore d'uso dei corpi delle merci, rimane loro soltanto una qualità, quella di essere prodotti del lavoro.

[PRODOTTI DEL LAVORO]

Col carattere di utilità dei prodotti del lavoro scompare il carattere di utilità dei lavori rappresentati in essi, scompaiono dunque anche le diverse forme concrete di questi lavori (falegnameria o lavoro edilizio o lavoro di filatura o di altro lavoro produttivo determinato) le quali non si distinguono più, ma sono ridotte tutte insieme a lavoro umano eguale, lavoro umano in astratto, una semplice concrezione di lavoro umano indistinto, cioè di dispendio di forza lavorativa umana senza riguardo alla forma del suo dispendio. Come cristalli di questa sostanza sociale ad esse comune, esse sono valori, valori di merci.

... Dunque quell'elemento comune che si manifesta nel rapporto di scambio, è il valore della merce stessa.

Dunque, un valore d'uso o bene ha valore soltanto perché in esso viene oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente umano.

E come misurare ora la grandezza del suo valore?

Mediante la quantità della "sostanza valorificante", cioè del lavoro, in esso contenuta. La quantità del lavoro a sua volta si misura con la sua durata temporale, e il tempo di lavoro ha a sua volta la sua misura in parti determinate di tempo, come l'ora, il giorno, ecc.

Potrebbe sembrare che, se il valore di una merce è determinato dalla quantità di lavoro spesa durante la produzione di essa, quanto più pigro o quanto meno abile fosse un uomo, tanto più di valore dovrebbe essere la sua merce, poiché egli avrebbe bisogno di tanto più tempo per finirla.

 Però il lavoro che forma la sostanza dei valori è lavoro umano eguale, dispendio della medesima forza lavorativa umana.

La forza lavorativa complessiva della società che si presenta nei valori del mondo delle merci, vale qui come unica e identica forza-lavoro umana, benché consista di innumerevoli forze-lavoro individuali. Ognuna di queste forze-lavoro individuali è una forza-lavoro umana identica alle altre, in quanto possiede il carattere di una forza-lavoro sociale media e in quanto opera come tale forza-lavoro sociale media, e dunque abbisogna, nella produzione di una merce, soltanto del tempo di lavoro necessario in media, ossia socialmente necessario.

Tempo di lavoro socialmente necessario è il tempo di lavoro richiesto per rappresentare un qualsiasi valore d'uso nelle esistenti condizioni di produzione socialmente normali, e col grado sociale medio di abilità e intensità di lavoro.

Per esempio, dopo l'introduzione del telaio a vapore in Inghilterra, è bastata forse la metà del tempo prima necessario per trasformare in tessuto una data quantità di filato. Il tessitore inglese al telaio a mano aveva di fatto bisogno dello stesso tempo di lavoro, prima e dopo, per questa trasformazione; ma il prodotto della sua ora lavorativa individuale rappresentava ormai, dopo l'introduzione del telaio meccanico, soltanto una mezza ora lavorativa sociale, e quindi scese alla metà del suo valore precedente.
Quindi è soltanto la quantità di lavoro socialmente necessario, cioè il tempo di lavoro socialmente necessario per fornire un valore d'uso che determina la sua grandezza di valore. Qui la singola merce vale in generale come esemplare medio del suo genere. Merci nelle quali sono contenute eguali quantità di lavoro ossia merci che possono venir prodotte nello stesso tempo di lavoro hanno quindi la stessa grandezza di valore.

"Come valori, tutte le merci sono soltanto misure determinate di tempo di lavoro coagulato".

[FORZA PRODUTTIVA]

La grandezza di valore di una merce rimarrebbe quindi costante se il tempo di lavoro richiesto per la sua produzione fosse costante. Ma esso cambia con ogni cambiamento della forza produttiva del lavoro. La forza produttiva del lavoro è determinata da molteplici circostanze, e, fra le altre, dal grado medio di abilità dell'operaio, dal grado di sviluppo e di applicabilità tecnologica della scienza, dalla combinazione sociale del processo di produzione, dall'entità e dalla capacità operativa dei mezzi di produzione, e da situazioni naturali.
Per esempio la stessa quantità di lavoro si presenta in una stagione favorevole con 8 bushel di grano, in una situazione sfavorevole solo con 4.
La stessa quantità di lavoro fornisce più metallo in miniere ricche che in miniere povere, ecc.
I diamanti si trovano di rado sulla crosta terrestre, quindi il loro reperimento costa in media molto tempo di lavoro. Di conseguenza, essi rappresentano molto lavoro in poco volume.
Se si avessero miniere più ricche, la stessa quantità di lavoro si rappresenterebbe in una maggiore quantità di diamanti, e il valore di questi scenderebbe. Se si riesce a trasformare il carbone in diamante con poco lavoro, il valore del diamante può scendere al di sotto di quello dei mattoni.

In generale: quanto maggiore la forza produttiva del lavoro, tanto minore il tempo di lavoro richiesto per la produzione di un articolo, tanto minore la massa di lavoro in esso cristallizzata, e tanto minore il suo valore.

Viceversa, tanto minore la forza produttiva del lavoro, tanto maggiore il tempo di lavoro necessario per la produzione di un articolo, e tanto maggiore il suo valore.

Infine: una cosa può essere valore d'uso senza essere valore. Il caso si verifica quando la sua utilità per l'uomo non è ottenuta mediante il lavoro: aria, terreno vergine, praterie naturali, legna di boschi incolti, ecc.


Una cosa può essere utile e può essere prodotto di lavoro umano senza essere merce. Chi soddisfa con la propria produzione il proprio bisogno, crea sì valore d'uso, ma non merce. Per produrre merce, deve produrre non solo valore d'uso, ma valore d'uso per altri, valore d'uso sociale. (E non solo per altri semplicemente. Il contadino medievale produceva il grano d'obbligo per il signore feudale, il grano della decima per il prete. Ma né il grano d'obbligo né il grano della decima diventavano merce per il fatto d'essere prodotti per altri. Per divenire merce il prodotto deve essere trasmesso all'altro, a cui serve come valore d'uso, mediante lo scambio). E, in fine, nessuna cosa può essere valore, senza essere oggetto d'uso. Se è inutile, anche il lavoro contenuto in essa è inutile, non conta come lavoro e non costituisce quindi valore.

***
per la Parte 1
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/11/pc-20-novembre-formazione-operaia-su-il.html

Nessun commento:

Posta un commento