domenica 2 novembre 2014

pc 2 novembre - una intervista interessante da decifrare e commentare


Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, presenta il piano internazionale contro l’evasione fiscale

di Paolo Lepri


Wolfgang Schäuble è molto soddisfatto. L’accordo sullo scambio automatico di informazioni fiscali che verrà firmato mercoledì a Berlino da più di quarantasei Paesi (sarà presente anche Pier Carlo Padoan) è un po’ una sua creatura... Sarà vita dura, dal 2017, per gli evasori che nascondono all’estero il loro denaro. «Si tratta di un notevole successo», afferma il ministro delle Finanze tedesco «Siete i rappresentanti dei principali Paesi europei» dice sorridendo... 
Per quanto riguarda le vicende di casa nostra, la sua opinione è che la riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Renzi «sia decisiva per fare avanzare l’Italia», una nazione amica che i tedeschi vogliono «forte e di successo»...
Signor ministro, lei ha un’idea di quante tasse finora non pagate verranno scoperte, per esempio in Germania, dopo la firma di questo accordo?
«Mi sono sempre rifiutato di indicare una somma, perché ritengo che un ministro delle Finanze debba fare attenzione al fatto che la gente si fidi della serietà di quello che dice. Qualcuno parla di un numero a due cifre di miliardi, altri parlano di un numero a tre cifre di miliardi. Io dico che non lo so... Ma siamo su rilevanti ordini di grandezza...

Secondo alcune stime, l’ammontare dei patrimoni occultati all’estero da cittadini italiani sarebbe di almeno 200 miliardi di euro. Pensa che questa svolta nella cooperazione internazionale contro l’evasione possa apportare un contributo significativo al miglioramento dei conti pubblici italiani?
«Sono convinto che lo scambio automatico di informazioni diminuirà la possibilità di sfuggire in misura legale alle tasse. Riguardo alla quantificazione delle somme che si potranno incassare, non lo posso fare per la Germania e certamente nemmeno per l’Italia. Il mio consiglio è quello di non basare sul principio della speranza ma più su quello della realtà le nostre decisioni sulle politiche finanziare, di bilancio e strutturali...».
Si potrebbe dire ipoteticamente che l’accordo di Berlino contribuirà al raggiungimento del pareggio di bilancio in Germania grazie anche alle autodenunce dei cittadini?
«Ho già dato al collega italiano il consiglio che vale anche per me. Dobbiamo realizzare la nostra politica finanziaria con presupposti seri e non ipotetici... Il vero pericolo è che si parli a vuoto di recessione. Le prospettive economiche in Germania sono stabili. Non siamo in crisi. Abbiamo una previsione di crescita leggermente ridotta. Manterremo ferma la nostra linea, che rappresenta un’ancora per la fiducia»...
La crisi ucraina e il raffreddamento delle relazioni tra l’Europa e Mosca hanno influito sulla collaborazione della Russia in questo campo?
«La Russia collabora nel Global Forum, ma non fa parte dei firmatari. Presumo che questo sarebbe accaduto anche se non ci fosse stata la crisi ucraina. Per di più, anche gli Stati Uniti non firmeranno a causa delle difficoltà che si registrano nel Congresso sulle questioni legate alla reciprocità. Ma partecipano Paesi che vengono indicati come oasi fiscali. Singapore non è tra gli “Early Adopters” ma ha già annunciato che firmerà l’accordo. Anche la Svizzera lo farà presto. Altri Paesi come le isole Vergini, le Bermuda, le isole Cayman sono presenti. Si tratta di una iniziativa molto forte».
Il G20 ha dato via libera al piano d’azione Beps (Base erosion and profit shifting) con cui si vogliono colpire le multinazionali che spostano artificiosamente gli utili nei Paesi o nelle giurisdizioni dove il prelievo fiscale è minimo. Ci sono molte imprese globali che sfruttano tutti i metodi di risparmio fiscale, mentre invece la piccola e media impresa non lo può fare. Come si può arrivare anche a loro?
«È in primo luogo una questione di giustizia. Non bisogna avere l’illusione che riusciremo a risolvere tutto, ma penso che l’accordo sullo scambio automatico di informazioni e l’iniziativa Beps facciano sperare di poter limitare più efficacemente questi andamenti... Anche gli Stati Uniti devono cooperare con gli altri. Questo richiede che all’occasione il principio della reciprocità debba essere applicato. Il problema non è così facile perché la questione di dove un’attività tassabile abbia luogo e con quale profitto non è così ovvia come sembra a prima vista. E per questo ci impegniamo con forza con questa iniziativa globale per raggiungere una sensibilità comune su come sia possibile attribuire un trattamento fiscale, per esempio, a quelle attività economiche che si producono esclusivamente su Internet. E questo non è tutto...
È d’accordo con il suo collega dell’Economia Sigmar Gabriel che ha sostenuto recentemente che qualsiasi artigiano tedesco paga più tasse di Google o Apple?
«Questo è esattamente il punto. Ripeto che è una questione di giustizia. Noi siamo per la globalizzazione. Tutte le economie dipendono in modo decisivo per il loro successo dai mercati finanziari globali... Ma quando la globalizzazione porta al fatto che chi opera a livello internazionale paga molte meno tasse di quelli che operano a livello nazionale, si pone una questione di giustizia...».
I problemi finanziari della Francia sono noti. Però c’è ancora fiducia dei mercati perché anche la Germania la sostiene. Qual è il limite di questo sostegno?
«La questione non si pone. La Francia è un Paese grande e forte. Ogni Paese ha talvolta difficoltà. Come sanno tutti, anche la Germania ha un grande interesse per una Francia forte. Altrettanto per una forte Spagna e una forte Italia che raggiungano il successo. In Europa è così. Il successo di uno non è un danno per l’altro, mentre il problema di uno è anche un problema per tutti gli altri. Questo è il principio del processo di unificazione europea. Bisogna spiegarlo sempre di nuovo al proprio elettorato e alla popolazione. Faremo quello che dobbiamo fare nel nostro interesse comune...».

Riguardo ai rapporti tra Gran Bretagna e Germania, il governo tedesco è disponibile a sostenere alcune restrizioni della libertà di movimento in Europa?
«Il principio della libera circolazione delle persone e delle merci è un principio fondante dell’unificazione europea. Non può essere limitato. Una cosa del genere sarebbe incompatibile con i Trattati europei. Il problema, che tutti abbiamo in Europa, che può diventare più grande se si guarda agli avvenimenti in altri parti del mondo, deve essere risolto con uno sforzo comune europeo. Non può essere risolto ristabilendo i confini nell’Ue. Sarebbe impensabile».

Nessun commento:

Posta un commento