mercoledì 19 novembre 2014

pc 19 novembre - India, contro l'operazione Green Hunt a 5 anni di distanza

Da Manmohan-Chidambaram a Modi-Rajnath:
razzia, saccheggio e la guerra al popolo sempre più intensa!

Circa una settimana fa i media ci hanno informato un altro “scontro” e “selvaggia sparatoria” tra le piste nella foresta nel distretto di Bijapur in Chattisgarh. Tre “naxalite”, si dice siano state uccise dalle forze di congiunte CRPF e polizia, oltre un centinaio di uomini, tutti usciti illesi. Se in tutti i casi come questi la verità è sempre il più difficile da distinguere, ogni particolare ci riporta alla mente gli orrori dei ) falsi scontri di Sarkeguda (2012) e Edakmetta (2013 contro gli abitanti dei villaggi adivasi nello stesso distretto di Bijapur – anche quelle stragi furono inizialmente descritte dalle forze di sicurezza come “duri scontri a fuoco con naxaliti”. I grandi media, naturalmente, ripeterono a pappagallo la stessa versione. Nonostante i disperati tentativi della polizia, del CRPF e del ministero degli interni di tappare i tutti buchi di questa versione, fu subito chiaro che quella tragica notte del 28 giugno 2012 circa 600 le uomini di CRPF, cobra e polizia dello stato circondarono il villaggio di Sarkeguda e spararono indiscriminatamente sulle centinaia di adivasi venuti anche dai villaggi vicini riuniti per discutere i preparativi per l’annuale festa della semina. Mentre l’allora ministro degli Interni Chidambaram dichiarava di aver colpito “pericolosi maoisti”, per ammissione dello stesso Ministro per gli affari tribali, 20 delle persone assassinate, la metà, erano ragazzi in età scolare, tra i feriti c’era anche un bambino di appena quattro anni, non portavano armi e nessuno aveva precedenti penali. Una replica pressoché identica dello stesso terribile incidente si ebbe appena un anno dopo, nel villaggio di Edakmetta dello stesso distretto di Bijapur. Il 20 maggio 2013, in quella notte di morte le forze di sicurezza circondarono gli abitanti del villaggio riunitisi per celebrare la “Beej Pondum”, la festa della semina, e spararono raffiche indiscriminatamente contro la folla, uccidendo otto abitanti del villaggio, di cui tre ragazzi e gli altri di età compresa tra 28 e 30 anni, tutti disarmati. Anche in quel caso la versione del governo fu presto smentita. Questa è la storia delle atrocità o falsi s contri nella sempre più intensa guerra al popolo che da cinque anni lo stato indiano sta conducendo sotto il nome di Operazione Green Hunt.
A cinque anni dal suo inizio, i beneficiari di questa guerra sono sempre gli stessi, solo i carnefici si sono passati la mano. La guerra al popolo fu aperta nel 2009 dalla coppia Manmohan-Chidambaram, oggi è l’accoppiata ancora più brutale Modi-Rajnath che porta avanti la caccia. Ricordiamo ancora che anche dopo la scoperta dei falsi scontri di Sarkeguda, mentre tutte i settori progressisti e democratici erano indignati per questo assassinio a sangue freddo, l’allora ministro dell’Interno Chidambaram era irremovibile nella giustificazione / sostegno del CRPF. Diceva: “Per qualche ragione qualcuno lo chiama falso scontro, ma il capo della CRPF ha detto che non ha niente da nascondere, niente da temere. Io sono il ministro degli interni e la CRPF è sottoposta a me. Abbiamo parlato in modo assolutamente sincero, franco e a testa alta”. L’attuale Ministro degli Interni dell’Unione, Rajnath Singh, si è spinto oltre, dicendo che durante il suo mandato da primo ministro in Uttar Pradesh, ha lasciato ”mano libera” alla polizia nella lotta ai maoisti, rassicurandoli che non sarebbero “assillati” dalla Commissione per i diritti umani. E con ciò prepara il terreno a ulteriori falsi scontri, massacri, incendi, saccheggi, torture e stupri da parte delle forze di sicurezza, col pieno sostegno del governo. Ciò non fa che confermare l’accanimento con cui lo Stato indiano intende continuare questa guerra.
Oltre che la brutalità di questo accanimento, serve anche a dimostrare la disperazione dello stato indiano. Le grandi imprese, le multinazionali, le Tata, Birla, Ambani, Adanis, e Mittal, ai cui ordini l’UPA ha lanciato questa guerra per favorire la razzia indiscriminata, il saccheggio e la svendita di risorse naturali per un valore migliaia di miliardi di dollari nel cuore Adivasi dell’India centrale e orientale, hanno oggi ancora più fame di profitti. Con centinaia di protocolli d’intesa per miniera, estrazione e svendite per una miseria, bloccati in cantiere, diventano sempre più smaniosi di schiacciare la resistenza delle popolazioni che lottano per difendere la loro vita, i mezzi di sussistenza e la propria dignità contro il modello di morte, distruzione e la deportazione che lo Stato impone in nome dello “sviluppo” e “progresso”. Lo hanno mostrato con evidenza il forsennato sostegno delle grandi compagnie alla la campagna Na-Mo e l’impegno di Modi a mantenere le sue promesse di più “pugno di ferro” (rispetto al precedente governo UPA) per “asfaltare tutti gli ostacoli” al processo di “sviluppo della nazione” (leggi processo di sfrenata razzia delle risorse). Mantenendo queste promesse, per la gioia delle grandi compagnie, subito dopo l’insediamento al potere Modi ha rimosso tutti i le normative di tutela di ambiente / foresta / fauna selvatica in una guerra lampo di sanatorie. In circa un mese il Ministero delle Foreste ha autorizzato un numero record di 175 progetti. Rimuovendo gli esperti indipendenti, Modi ha “asfaltato”, rendendolo più “orientato agli investimenti”, anche il Consiglio Nazionale per la Fauna Selvatica che di volata ha stabilito il record di 133 progetti approvati in due giorni sui 160 in sospeso! Facendosi beffe della trasparenza delle istituzioni pubbliche, nessun dettaglio su queste approvazioni lampo è stato reso pubbliche, per evitare protesta generale e indignazione. Portando il piano di Chidambaram alle estreme conseguenze: rivedere ulteriormente le già indebolite norme in materia di ambiente; distorcere le norme di valutazione dell’impatto ambientale; riformare National Green Tribunal; consentire l’estrazione di carbone, senza pubblica autorizzazione; e infine rimuovere il diritto dei gram sabhas ad opporsi a qualsiasi progetto in terra adivasi. Quello che preparano è una svolta filo-padronale e anti-popolare di proporzioni genocide.
Realizzare questi obiettivi implica l’ulteriore intensificazione di Green Hunt per schiacciare brutalmente ogni resistenza del popolo per salvare le loro terre, i mezzi di sussistenza e le risorse (che minacciano il cosiddetto “clima favorevole per gli investimenti” / “sviluppo”). Appena assunta la carica, Modi ha aggiunto altri 10 battaglioni CRPF all’arsenale di morte dello Stato, che comprende CRPF, ITBP, BSF, Cobra, Greyhound, C60, Thunderbolt, col sostegno dell’Esercito, dell’Aeronautica, anche con droni israeliani, altre alla milizia privata Salwa Judum. Sul totale di 36 battaglioni schierati dalle forze dello Stato centrale, 29 sono impiegati in Bastar. Ora, con i 10 battaglioni supplementari ancora in Bastar, si arriva a 39 battaglioni che si aggiungono ai circa 30.000 paramilitari, facendo così di questo distretto una delle regioni più militarizzate del subcontinente. Modi ha inoltre nominato Ispettore Generale del Bastar il famigerato SRP Kalluri – quello che gli attivisti democratici di tutto il paese ritengono il responsabile dell’incendio di 300 case adivasi in Tadmetla e Morapalli nel 2011.
La caccia alle streghe contro l’opposizione a Green Hunt non è altro che l’estensione della stessa Operazione Green Hunt: La scorsa settimana, alcuni gruppi democratici che volevano a organizzare un’assemblea a Vishakapatnam per denunciare le atrocità di stato della Operazione Green Hunt e mobilitare il pubblico contro di esse. Per assicurarsi che nessuna notizia sulla guerra dello Stato sta facendo contro il popolo possa raggiungere le città, diversi attivisti delle libertà civili e politiche appartenenti all’APCLC e a Virasam sono stati preventivamente arrestati per impedire la riunione. Gli arresti, repressione e soffocamento di tutte voci democratiche contro Green Hunt sono stati una componente essenziale di questa guerra, fin dall’inizio, nel 2009 – parliamo di Binayak Sen, Sudhir Dhawale, Sachin Mali, Hem Mishra e tantissimi altri attivisti e organizzazioni popolari. Allo stesso modo, alcuni mesi fa lo Stato ha braccato, rapito e accusato di una pletora di false imputazioni G.N. Saibaba, uno dei promotori del Forum Contro la Guerra al Popolo di Delhi. Quanto più lo stato intensifica questa guerra contro i più oppressi nel paese, gli adivasi e i dalit, per usurpare la loro terra e le sue risorse, tanto più la parte democratico e progressista si deve unire e costruire un più determinato movimento di resistenza, in solidarietà con la lotta per la Jal-Jangal-Jameen e che esiga la fine immediata della Operazione Green Hunt

dal Forum JNU Contro la Guerra al Popolo

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