mercoledì 8 ottobre 2014

pc 8 ottobre - E' iniziato nel circolo di Palermo il gruppo di studio del Che fare? di Lenin

Si è aperto nel Circolo di proletari comunisti a Palermo il nuovo gruppo di studio sul Che fare? Di Lenin, anche quest'anno avrà cadenza settimanale, in particolare si svolgerà il Lunedì pomeriggio e invitiamo a parteciparvi.


Nell'ottica che lo studio è sempre indirizzato ai compiti attuali che la lotta di classe ci pone, il Che fare? di Lenin è oggi da considerare come una vera e propria arma da impugnare nel percorso in cui siamo impegnati e cioè quello di costruire il partito politico oggi più che mai necessario alla classe del proletariato, degli operai, dei giovani, delle donne... un partito comunista di tipo nuovo che si pone l'obiettivo della rivoluzione per cambiarla davvero questa società capitalista basata sullo sfruttamento e oppressione di una minoranza (la borghesia) sulla maggioranza (il proletariato).
Un percorso rivoluzionario non facile ma entusiasmante che si deve articolare e concretizzare in diversi ambiti, teorico, ideologico, politico, economico, e che per questo richiede anche una lotta continua contro chi mira invece a soffocarlo, frenarlo, affossarlo.
Il Che fare? di Lenin in questo senso è un magistrale manuale di cui impossessarsi in maniera intelligente e viva per trarne insegnamenti, indicazioni, nuove risposte per i compiti attuali di costruzione del partito e nella lotta contro le tendenze opportuniste, economiciste, revisioniste.

Lenin lo scrive tra il 1901 e il 1902, in una fase che, preparando il secondo congresso del Posdr (Partito operaio socialdemocratico russo), è contrassegnata dalla lotta/scontro tra le diverse posizioni del movimento dei socialdemocratici, l'ala rivoluzionaria con a guida Lenin contro quella rappresentata dagli economicisti.
Il Che fare? attraverso cui Lenin pone netti paletti di come deve essere costruito il vero partito rivoluzionario è la manifestazione di tale lotta/scontro per prendere definitivamente posizione contro gli attacchi, polemiche e obiezioni degli economicisti, per definirsi chiaramente, dice Lenin, proprio come oggi spetta ai comunisti rivoluzionari marxisti-lenininisti-maoisti.

Lenin scrive nella prefazione di aver pensato di affrontare i problemi concreti che si ponevano in merito alla costruzione del partito, i compiti politici, organizzativi... in forma positiva senza ricorrere o quasi alla polemica, ma ciò è risultato irrealizzabile... perchè l'economicismo si è rivelato più vitale di quanto non supponessimo e al fine di una necessaria chiarificazione sistematica deve ricorrere alla polemica (dal greco Πόλεμος = guerra) come strumento di lotta per affermare le posizioni rivoluzionarie sul piano teorico attingendo dalla pratica concreta, basandosi sui fatti reali e non su vacue parole.

Chiarificazione sistematica! in teoria - senza teoria rivoluzionaria non ci può essere partito rivoluzionario - e in pratica - vasti orizzonti politici, energia rivoluzionaria, capacità organizzativa -  per affermare la giusta linea di lotta rivoluzionaria contro chi ci vuole invece trascinare nel pantano...

Riportiamo sotto stralci di alcuni interventi di cc del circolo a seguito della lettura del primo capitolo

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La “valutazione” di quanto letto non è semplice ma è necessario cimentarsi, nel 1901 Lenin tentò di unificare le organizzazioni socialdemocratiche all'estero, se questo tentativo fosse riuscito si sarebbero dovute esporre le opinioni dell'Iskra. Uno dei motivi che ritardarono il nascere del “Che fare” sta proprio in questo.
Sulla Libertà di critica: era un concetto di falsa democrazia che i revisionisti usavano per giustificare la loro retromarcia sui principi (tutt'oggi indispensabili) del Marxismo, per loro “vecchi e dogmatici” ovvero superati... L'artefice principale e il teorico di Libertà di critica fu Bernstein, dirigente del partito socialdemocratico tedesco. Fu egli che cominciando a “cambiare le carte in tavola” disse che oramai non si poteva più parlare di miseria crescente, di proletarizzazione, di inasprimento verso il capitalismo, dichiarando che la dittatura del proletariato non aveva più modo di essere e che non c'era più opposizione tra liberalismo e socialismo (Bertinotti ha insegnato negli anni passati) per cui la lotta di classe non aveva motivo di esistere. Ci trovavamo ormai in una società rigorosamente democratica e amministrata dalla volontà della maggioranza; insomma, da buon revisionista, lavorava per stravolgere anni di dura lotta che le masse avevano portato avanti con il loro sangue . . . anche lui, come tanti, aveva scelto la strada pìù facile, trasformando il partito della e per la rivoluzione sociale in un partito democratico di riforme, trascinando tutti in quel pantano del quale il compagno Lenin parla in questo primo capitolo.
Bernstein fu messo in minoranza dal suo partito ma il danno era già fatto poiché un certo Millerand, esponente del partito gemello francese, applicò subito in senso pratico le teorie del tedesco e Vollmar lo difese a spada tratta.
Da ottimi revisionisti, dichiararono pubblicamente che se democrazia voleva significare “soppressione del dominio di classe”, esisteva un motivo per il quale, la borghesia non dovesse essere affascinata da un ministero socialista che di collaborazione tra le classi, parlasse?
Si presentano vittoriosi con progetti di riforme che nemmeno il peggior ministero borghese avrebbe sognato di fare... loro da “socialisti” si ritengono autorizzati a fare scellerate scelte, convinti di avere il beneplacito delle masse stesse.
Usarono tutte le armi che ebbero a disposizione per far trasmigrare il partito social democratico nel “pantano borghese” . . .
La libertà è una grande parola ma sotto la bandiera della libertà delle industrie, si sono fatte le guerre più brigantesche e sotto la bandiera della libertà del lavoro, i lavoratori sono stati costantemente derubati . . . quando si parla di di libertà, quindi, dobbiamo chiederci, di quale parliamo, di quella dei padroni o di quella dei proletari?
Stellarossa222

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...Sventoliamo alta la bandiera della lotta rivoluzionaria e per dirla con le parole di Lenin, siamo un piccolo gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile tenendoci con forza per mano...
Siamo contenti e fieri di studiare questo testo anche se ci rendiamo conto che non sarà una passeggiata, arrivare alla fine del libro avendo fatto nostro il messaggio del compagno Lenin.
Non è una lettura fine a se stessa e nello stesso tempo nemmeno opera di “approfondimento culturale” . . . si studia per poi tradurre in pratica quello che si riesce a prendere dai grandi maestri del Comunismo Internazionale.
In questa prima fase, ci siamo occupati della premessa e abbiamo studiato il primo capitolo (nei suoi punti A e B) DOGMATISMO E LIBERTA' DI CRITICA.
Lenin avrebbe preferito scrivere un libro “pro”, cioè uno scritto che rivelasse chiaramente quali sono le cose da fare per cambiare la società ma stando alle difficoltà del momento si vide “costretto” a scrivere un libro “contro” perché con la polemica è più facile affermare la giustezza delle proprie idee...
Il “Che fare” nasce per mettere in chiaro che la lotta di classe e il riformismo-revisionismo (Bernstein- Millerand) sono inconciliabili e ancora che in un partito rivoluzionario ci può stare solo chi è attivo nel senso più stretto della parola e secondo la linea stabilita dal partito, si muove.
Lo studio di questa prima parte ha evidenziato e più profondamente ha spiegato il ruolo di Bernstein e di tutti quelli che attratti dal “sistema borghese”, parlarono di superamento di Marx (come oggi per esempio Bob Avakian sul piano internazionale parla di superamento di Mao), di “non necessità” della rivoluzione e quindi della conciliabilità delle classi, per cui attraverso i socialdemocratici al governo i lavoratori avrebbero nel tempo ottenuto i loro diritti (era chiaramente intrinseca nella loro teoria, quella visione tradunionista della quale abbiamo abbondantemente parlato in “principi del Leninismo”).
Tra le tante cose, in questa prima parte si evidenzia quanto necessario sia l'uso appropriato dei vocaboli e quindi di una terminologia che differenzi i rivoluzionari dai riformisti.
L'uso revisionista che nel tempo si fece, di pubblicazioni come il Raboceie Dielo, portò il partito rivoluzionario ad avere un unico giornale che nel tempo si diffondesse in tutta la Russia e oltre . . . l'ISKRA (la scintilla), primo giornale nazionale del POSDR (il partito rivoluzionario che nascerà sotto la guida di Lenin) fondato dal compagno Lenin.
Dice Lenin dobbiamo saper comprendere, noi pure, i compiti e le particolarità della nuova epoca. Questo è un compito che ci tocca.
Redforever

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Lenin nei primi due paragrafi ci spiega come in quei tempi iniziò a manifestarsi all’interno dei partiti socialdemocratici un nuovo tipo di revisonismo/riformismo che usava libertà di critica come parola d’ordine. Parola che criticava il marxismo in molti punti, trasformando i partiti di rivoluzione sociale in partiti di riforma sociale, negando punti fondamentali del marxismo come la dittatura del proletariato, le fondamenta scientifiche del proletariato e la visione materialistica della storia. Creando invece al suo posto delle fondamenta vuote, negando anche la lotta di classe e creando il mito della conciliazione tra la classe sfruttatrice e la classe sfruttata, tra oppressi e oppressori .
E’ ovvio che da qui si deduce che la famosa parola libertà di critica; che veniva usata in quei tempi, non era una parola bella che inneggiava alla libertà in sè come poteva sembrare alle masse popolari ingannate, ma solo un nuovo metodo di opportunismo e di revisionismo che nega la vera opportunità al proletariato di liberarsi dall’oppressione della borghesia, che ci sarà sempre finché quest’ultima non cesserà di esistere. Per questo in controrisposta alla conciliazione esiste solo la lotta di classe e la rivoluzione socialista per il proletariato per essere veramente libero.
Oggi questo si ripete ancora con tutti i partiti in Italia della sinistra revisionista, anzi alcuni si sono smascherati al tal punto da diventare dei veri e propri partiti reazionari, mostrando il vero volto (vedi il PD con Renzi).
Ma già il revisionismo in Italia si faceva vedere nel dopoguerra con il PCI di Togliatti che guidò la resistenza alla via riformista e conciliatrice con la borghesia... Anche oggi si inneggia a parole dall’aspetto bello come: Libertà, che questo è uno stato democratico (democrazia per la borghesia), che dobbiamo credere nella legalità (che uccide giovani proletari in motorino, che reprime le masse che chiedono i propri diritti, che arma i mercenari dello stato di spray al peperoncino e ora anche di pistole taser per fermare le masse giustamente in rivolta, perché questa “democrazia” borghese li sta uccidendo, ecc…)... Una società rigorosamente democratica, dovrebbe essere amministrata dalla volontà della maggioranza, e in questo caso dalla classe operaia e lavoratrice e cioè dalle masse popolari, ma di fatto nello stato di cose attuali è amministrata e governata dalla minoranza e cioè dalla borghesia, che per trarre profitto deve sfruttare la forza lavoro della classe operaia e lavoratrice, quindi di quale democrazia ci parlano questi individui?, a quale libertà inneggiano i partiti riformisti?
Della democrazia borghese che all’interno ha la libertà della borghesia come classe di opprimere e sfruttare la classe operaia e il proletariato in generale.
Un vero partito comunista si dà come scopo fondamentale quello di dare il potere al proletariato, e per conquistarlo deve percorrere la via della rivoluzione proletaria...tutto il resto è revisionismo al servizio del capitale, che quando grida la parola libertà di critica è come se gridasse andiamo nel pantano!.
Come dice Lenin: Siete liberi di andare voi stessi dove volete, anche nel pantano; del resto pensiamo che il vostro posto è proprio nel pantano e siamo pronti a darvi il nostro aiuto per trasportarvi i vostri penati. Ma lasciate la nostra mano, non aggrappatevi a noi e non insozzate la nostra grande parola della libertà, perché anche noi siamo liberi di andare dove vogliamo, liberi di combattere non solo contro il pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di esso
S.

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Lenin chiarisce sin dall'inizio che è costretto a fare un'aspra lotta alla tendenza economicista in quanto essa era più vitale del previsto e dunque pericolosa.
Non solo, essa utilizzava (e lo fa tuttora) linguaggi in parte diversi dai nostri o che tendono a trarre in inganno, vedi i concetti di alcune realtà politiche di oggi come soggettività, territorialità... o concetti che vogliono far passare come scientifici vedi governo di blocco popolare.
I punti salienti della “nuova” tendenza socialdemocratica internazionale (economicista) teorizzata da Bernstein e poi applicata concretamente da Millerand in Francia:
  • NEGA il fondamento scientifico del socialismo ( e la sua necessità)
  • NEGA la crescente proletarizzazione e la miseria in aumento
  • NEGA l'inasprimento delle contraddizioni capitaliste
  • Rigetta la teoria della lotta di classe, non più necessaria ed applicabile in un regime democratico (a maggioranza)
Qual è una delle conseguenze più rilevanti? Si abbandona la lotta di classe e tutte le pratiche che da essa scaturiscono e si percorre la via parlamentarista e riformista....
La tesi di fondo è che se il parlamento rappresenta la via per sopprimere il dominio di una classe su di un'altra allora un socialista deve mettersi in gioco all'interno del parlamento affinché le politiche siano orientate verso le masse (svolta revisionista presa ad esempio da Prachanda in Nepal...).

Lenin afferma che la nuova tendenza critica al socialismo non è altro che una nuova varietà di opportunismo e se si giudica la gente dall'agire questo diventa più chiaro: quante organizzazioni, partiti, ecc. si dicono rivoluzionari? Quante realmente lo sono? Partendo dall'analisi di quello che fanno il giudizio è più semplice...
M1

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