mercoledì 29 ottobre 2014

pc 29 ottobre - NOTAV al Maxiprocesso difesa la lotta e la "Rabbia legittima della Val Susa"

Maxiprocesso ai No Tav, la parola alla difesa: "Rabbia legittima della Val Susa"

L'avvocato Novaro parla di "resistenza", invoca l'attenuante delle azioni "di particolare valore morale", accusa le forze dell'ordine di eccessi. "Dietro quei sassi - ha aggiunto - c'è il conflitto sociale degradato a fenomeno di ordine pubblico
Senza un’analisi del contesto «non è possibile capire» né l’andamento né il significato degli scontri in Valle di Susa dell’estate 2011, al centro del maxiprocesso a 53 No Tav, e «la rabbia e la frustrazione di quelle giornate»: è cominciato così l’intervento del primo dei difensori degli imputati, Claudio Novaro. «Il movimento No Tav — ha detto il legale — è stato capace di organizzare manifestazioni con 50 mila persone in una valle di 80 mila abitanti solo per rivendicare il diritto a interloquire su una questione, il passaggio del Tav, che riguarda la vita della gente. Eppure bastava un sussulto di un politico di terza fila, magari un senatore del Pd, perché le sue ragioni venissero dimenticate».

Nelle due giornate di scontri in Valle di Susa «abbiamo avuto un campionario di comportamenti scorretti da parte delle forze dell’ordine» ha detto Novaro. L’avvocato ha citato più volte l’articolo del codice penale che giustifica «la reazione legittima a un atto arbitrario dei pubblici ufficiali». Ha poi parlato di «lanci fuori protocollo di lacrimogeni anche ad altezza d’uomo», di «intemperanze dei poliziotti», dell’«ignobile episodio della distruzione delle tende» del presidio dei No Tav in località Maddalena di Chiomonte, di appartenenti alle forze dell’ordine che «scagliavano sassi» sui manifestanti.

Novaro ha citato poi un rapporto di polizia in cui si parlava, nel 2011, della possibilità di valutare per i No Tav il reato di «attentato contro l’integrità e l’unità dello Stato». L’annotazione si riferisce alla cosiddetta «Libera repubblica della Maddalena», il grande presidio che i No Tav tennero per alcune settimane nel territorio di Chiomonte, dove oggi sorge il cantiere del tunnel preliminare della Torino-Lione, fino allo sgombero del 27 giugno 2011. Questa ipotesi di reato (prevista dall’articolo 241 del codice penale) non è mai stata contestata ma Novaro ha detto che il fatto che se ne fosse parlato, unito «alle parole pronunciate in questo processo sulla ‘perdita di sovranità’ di una porzione del territorio dello Stato, induce al sorriso in un momento in cui è la Commissione europea che decide come si vive in Italia, in Grecia, in Spagna».

Il legale ha anche attaccato il progetto dell’alta velocità: «La truffa del Tav, un’opera inutile, costosa e devastante per il territorio, contrasta con i principi della nostra Costituzione». Per questo, ha argomentato, bisognerebbe applicare agli imputati la speciale attenuante di «avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale».

«In Valsusa parlare di professionisti della violenza non fa i conti con quelle giornate che si calano in una vicenda più complessiva» ha sostenuto ancora il difensore, parlando di «territorio militarizzato» e affermando che «la Valsusa è stata un laboratorio politico importante, anche per l’esperienza della Libera Repubblica della Maddalena».

Il legale ha parlato di «resistenza» che «non significa — ha spiegato — preordinare le violenze, ma preordinare un meccanismo per reagire quando arrivano le forze dell’ordine», e ha rilevato che «l’organizzazione c’è stata, ma sempre per la resistenza e non per attacchi violenti». Secondo il legale infatti «dietro quei sassi, dietro quelle giornate, c’è il conflitto sociale, degradato a fenomeno di ordine pubblico da parte della procura senza rendersi conto che è un fenomeno di più alta prospettiva».

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