venerdì 10 ottobre 2014

pc 10 ottobre - EBOLA - L'IMPERIALISMO CAUSA E UTILIZZATORE FINALE

(Da Il Manifesto)

di Nicoletta Dentico
Geo­po­li­tica della salute

Il fatto che l’epidemia sia fuori con­trollo, come aveva anti­ci­pato qual­che set­ti­mana fa la pre­si­dente di Medici Senza Fron­tiere Joanne Liu, e come ormai rico­no­scono anche nei cor­ri­doi dell’Oms, la dice lunga sui dispo­si­tivi che muo­vono la geo­po­li­tica della salute, nei tempi inter­con­nessi della glo­ba­liz­za­zione. I feno­meni di urba­niz­za­zione e l’espansione delle città, non­ché la mag­giore mobi­lità delle per­sone, creano ogget­ti­va­mente i pre­sup­po­sti di quella che Mark Woo­lhouse, epi­de­mio­logo delle malat­tie infet­tive dell’Università di Edin­burgo ha defi­nito «la tem­pe­sta per­fetta per l’emersione dei virus».

La sepoltura a Freetown  di una vittima del virus
La sepol­tura a Free­town di una vit­tima del virus
«In un certo senso si tratta di una morte annun­ciata — com­menta Janis Laz­dins, già respon­sa­bile della ricerca presso la Tro­pi­cal Disease Research Unit (TDR) dell’Organizzazione mon­diale della sanità (Oms) -, per diversi anni si è cer­cato di con­vin­cere l’Oms a pro­muo­vere la ricerca con­tro l’Ebola, magari inse­ren­dola nel paniere di pato­lo­gie cui poteva dedi­carsi Tdr, ma è sem­pre stato rispo­sto che si trat­tava di una malat­tia focale, di foco­lai viru­lenti, capaci di estin­guersi da soli. Oggi è cam­biato tutto. Ma il rischio è che l’Oms abbia un know-how molto limi­tato sulla malat­tia, sicu­ra­mente in ambito di ricerca e svi­luppo di nuovi far­maci per combatterla».
Solo ad ago­sto l’Oms ha rico­no­sciuto Ebola come un’emergenza inter­na­zio­nale, segno che non pro­prio tutti i con­tagi pesano in ugual misura. Di tutt’altro dina­mi­smo fu la rispo­sta che l’Oms seppe sol­le­ci­tare nel 2003 al virus della sin­drome acuta respi­ra­to­ria (Sars). Il virus colpì paesi eco­no­mi­ca­mente forti e ful­minò in poche set­ti­mane pochi busi­ness­men glo­bali appro­dati in Canada dalle aree dell’Asia ripor­tate come foco­lai della malat­tia...
Eppure i motivi di pre­oc­cu­pa­zione per la dif­fu­sione dell’Ebola non man­cano. In Sierra Leone e in Libe­ria sol­tanto, più di 20 mila nuovi casi potreb­bero emer­gere nelle pros­sime set­ti­mane e qual­cosa come 1,4 milioni entro gen­naio 2015 se il con­ta­gio con­ti­nuasse a pro­pa­garsi ai ritmi attuali.
Il virus ha potuto dif­fon­dersi con sor­pren­dente rapi­dità finora per­ché il com­pito di iden­ti­fi­carlo e gestirlo è stato lasciato in buona sostanza ai sistemi sani­tari del tutto ina­de­guati di paesi molto poveri, e asso­lu­ta­mente impre­pa­rati ad affron­tarne la viru­lenza. Gli ospe­dali e i pre­sidi sani­tari erano, e restano ancora oggi, del tutto sguar­niti degli stru­menti fon­da­men­tali per con­te­nere l’infezione: i guanti, l’acqua cor­rente, gli sca­fan­dri pro­tet­tivi. Il per­so­nale sani­ta­rio afri­cano, che già si conta al lumi­cino, ha pagato un prezzo altis­simo in ter­mini di con­ta­gio e di vite. Un tri­ste cata­logo di disfun­zioni poli­ti­che, medi­che e logi­sti­che, peral­tro non nuove. Un elenco fitto di lezioni che Ebola inse­gna alla comu­nità sani­ta­ria glo­bale, foca­liz­zata da troppi anni su poche, spe­ci­fi­che, malat­tie in voga presso la comu­nità dei dona­tori, a disca­pito dell’attenzione rivolta alla salute pri­ma­ria, alle prio­rità che per gli afri­cani con­tano dav­vero. La pre­ven­zione e la pro­mo­zione della salute.

Un operatore dell'Oms mostra a un'infermiera di Freetown come indossare la tuta protettiva
Un ope­ra­tore dell’Oms mostra a un’infermiera di Free­town come indos­sare la tuta protettiva

Attenti al «filantropo»

Inol­tre l’Oms è stata con­di­zio­nata negli ultimi anni da un nugolo sem­pre più ristretto di paesi dona­tori e di finan­zia­tori pri­vati che hanno lasciato ben poco spa­zio di mano­vra all’agenzia in ter­mini di prio­rità sani­ta­rie. Il filan­tropo Bill Gates la fa da padrone: dal 2013 è il primo ero­ga­tore di fondi dell’Oms, e non era mai avve­nuto nella sto­ria dell’agenzia che un pri­vato supe­rasse il finan­zia­mento dei governi. I quali dal canto loro, per­met­tono che tutto que­sto avvenga, al mas­simo con qual­che mal di pan­cia. Nep­pure i potenti Brics fanno ecce­zione.

Ebola ci costringe dun­que a misu­rare il col­lasso del governo mon­diale della salute. Ora che l’epidemia priva di medi­ci­nali essen­ziali ha inne­scato la com­pe­ti­zione fra case far­ma­ceu­ti­che, aziende bio­tech e cen­tri di ricerca, si tratta di capire se l’Oms possa accom­pa­gnare la corsa al vac­cino che si è sca­te­nata, e con quali pro­cessi di tra­spa­renza, di com­pe­tenza tec­nica, di arruo­la­mento degli esperti. Già con l’influenza avia­ria, l’agenzia è stata fago­ci­tata dal con­flitto di inte­ressi, con gravi effetti reputazionali.

Controlli sanitari alla frontiera  tra Mali e Guinea Conakry
Con­trolli sani­tari alla fron­tiera tra Mali e Gui­nea Conakry
Le ricer­che con­tro il virus dell’Ebola, avviate tra­mite l’uso dei sieri delle per­sone infette come rac­co­man­dato dall’Oms, sono ancora a una fase molto inci­piente, nel senso che nes­suna spe­ri­men­ta­zione è andata oltre il livello ani­male. Inol­tre tutto il discorso della ricerca sem­bra essere sfug­gito, in senso stretto, alle auto­rità dei paesi col­piti, le quali hanno detto in tutte le lin­gue di non essere in grado di valu­tare la qua­lità dei far­maci con­tro Ebola. All’Oms non resta che affi­darsi alla Food and Drug Admi­ni­stra­tion (Fda), sem­pre più coin­volta dato l’attivismo delle aziende bio­tech ame­ri­cane, o all’Euro­pean Medi­ci­nes Agency (Ema).
Lo sce­na­rio pre­senta alcuni pro­blemi. Il primo rischio è che i cri­teri strin­genti e com­pe­ti­tivi di Fda e Ema ral­len­tino la messa in campo di nuovi vac­cini, e pro­du­cano un impatto inde­si­de­rato sul prezzo del pro­dotto finale, come del resto avviene in maniera sem­pre più siste­ma­tica con i vac­cini di ultima gene­ra­zione... L’altro pro­blema riguarda il volume di pro­du­zione dei nuovi pro­dotti. Dif­fi­cile capire che cosa abbia fatto finora l’Oms per spin­gere quelli che hanno la tec­no­lo­gia a impe­gnarsi sui grossi volumi di far­maci, nego­ziando un accordo fra inven­tori e pro­dut­tori del vac­cino... Infine, si chiede Janis Laz­dins, «una volta pronto il vac­cino, chi ne con­trol­lerà l’accessibilità: il paese col­pito, l’azienda pro­dut­trice o il finan­zia­tore del pro­getto di ricerca?».


di Raffaele K. Salinari
La ricolonizzazione dell'Occidente

In realtà die­tro ciò che sta acca­dendo vive, tra le altre cose, la visione, cinica ma rea­li­stica, che l’Africa sub saha­riana possa essere «rico­lo­niz­zata» dall’Occidente entro una decina di anni senza colpo ferire... Detto con chia­rezza: come non sof­fer­marsi sulla pos­si­bi­lità che un Occi­dente in affanno di mate­rie prime a basso costo e spazi nei quali sca­ri­care i rifiuti, non aspetti che le pan­de­mie fac­ciano il loro corso per poi cogliere il frutto maturo di nazioni depri­vate delle sue forze migliori, magari spar­ten­dole con l’emergente Cina? Una pura spie­ga­zione bio­po­li­tica secondo la visione di Fou­cault, nulla di ori­gi­nale. Chi oggi andasse a Mon­ro­via vedrebbe scene da Medio Evo: veri e pro­pri laz­za­retti dove i disgra­ziati sospet­tati di Ebola ven­gono con­fi­nati e lasciati a se stessi.
A cosa ser­vono quindi real­mente i milioni di dol­lari che comun­que arri­ve­ranno, con tanto di tute gialle riprese e rilan­ciate dal media main­stream su tutti gli schermi del mondo? In sin­tesi a raf­for­zare le basi per un con­trollo mirato delle popo­la­zioni ma soprat­tutto delle loro rela­zioni ter­ri­to­riali con le risorse stra­te­gi­che. Già da anni, infatti, con la scusa dell’epidemiologia dell’Aids, ven­gono «trac­ciate» le popo­la­zioni nei loro flussi migra­tori; anche per Ebola sarà così, basti pen­sare alla rela­zione tra epi­de­mio­lo­gia e migra­zioni inter­na­zio­nali per capire che stru­mento potente di «con­te­ni­mento» rap­pre­senta poten­zial­mente que­sta epi­de­mia. E, con la scusa di Ebola, è ormai ope­ra­tivo in Libe­ria un pre­si­dio di tre­mila sol­dati Usa (solo per­so­nale mili­tare). Se è vero, in con­clu­sione, che coste­rebbe meno pre­ve­nire che curare, pos­siamo dire, para­fra­sando Karl Kraus, che oggi l’umanitario è la pul­sione sadica del capitalismo.

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