lunedì 6 gennaio 2014

pc 5-6 gennaio- La borghesia imperialista italiana spera in altre guerre di rapina per rafforzarsi nella crisi e scarica sui proletari e masse popolari 5 milardi di spese militari. L'opposizione parlamentare è inconsistente, la rivoluzione è l'unica soluzione



Il Fatto Quotidiano

Armamenti, nel 2014 niente spending review per la Difesa: spese per 5 miliardi
Cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. E' la lista della spesa che l'apparato militare italiano ha in serbo nonostante l'opposizione parlamentare e le polemiche sugli F-35. Un "investimento" che non ha a che fare con la sicurezza nazionale, ma è il costo occulto delle missioni internazionali, prima fra tutte l'Afghanistan. E dal ministro Mauro arriva soltanto un "no comment"

di Enrico Piovesana | 4 gennaio 2014



Armamenti, nel 2014 niente spending review per la Difesa: spese per 5 miliardi

Generali e ammiragli brindano all’inizio di un nuovo anno di spese pazze in armamenti alla faccia della crisi. Nel 2014 la Difesa si prepara a spendere altri 5 miliardi di euro in cacciabombardieri, navi da guerra, blindati ed elicotteri da combattimento, cannoni, siluri, bombe, droni e satelliti spia. Impermeabili a ogni spending reviewe refrattari a qualsiasi controllo parlamentare, gli stati maggiori continuano a sentirsi intoccabili. Ma l’anno che viene potrebbe riservare loro qualche sorpresina.

Il 2013 verrà ricordato come l’anno in cui il Parlamento, pungolato dall’opposizione di Sel e Cinque stelle e facendo leva su un’articolo della riforma militare del 2012, ha osato esercitare le proprie prerogative di controllo sui programmi di riarmo della Difesa. A partire dai famigerati F35 da 150 milioni di euro l’uno, per cui le mozioni approvate da Camera e Senato il 26 giugno e 7 luglio impegnavano il governo a non procedere a nessuna “ulteriore acquisizione” in attesa delle conclusioni di un’apposita indagine conoscitiva parlamentare. Un’inaudita insolenza per i vertici militari, che hanno immediatamente reagito attraverso il Consiglio supremo di Difesa presieduto da Giorgio Napolitano lanciando un duro monito: “Niente veti del Parlamento sulle spese militari”. E infatti, incurante della volontà del Parlamento, il ministro della Difesa Mario Mauro ha continuando ad autorizzare di nascosto la firma di nuovi contratti per centinaia di milioni di euro.

IL MINISTERO: “NUOVE COMMESSE? NO COMMENT”. Il 27 settembre scorso, oltre a saldare l’ultima rata da 113 milioni dei primi 3 aerei già acquistati (e già pagati per 350 milioni di euro), è stato firmato il contratto d’acquisto definitivo di altri 3 aerei per 403 milioni (per i quali in precedenza erano stati anticipati 47 milioni). Successivamente, non è dato sapere quando, sono anche stati versati 60 milioni di anticipo per ulteriori 8 aerei (che la Difesa vuole acquistare nel 2014, anno in cui intende inoltre dare anticipi per altri 10 aerei). Quando queste informazioni di “ulteriori acquisizioni” – trapelate dagli Stati Uniti – sono state riferite in commissione Difesa, diversi parlamentari, sentitisi presi in giro, hanno chiesto immediate spiegazioni e hanno preteso di avere accesso a tutti i documenti contrattuali. Niente da fare: il ministro Mauro si è limitato a ribadire (nemmeno di persona, ma per bocca di un messaggio letto in aula il 18 ottobre dal sottosegretario all’Agricoltura…) che a suo giudizio le mozioni parlamentari “non incidono sulle politiche di acquisto già determinate”. A più riprese ilfattoquotidiano.it ha chiesto alla Difesa dettagli sull’avanzamento dei contratti del programma F35, rimbalzando contro un cortese muro di gomma e ottenendo alla fine solo un secco ma eloquente “no comment”.

“Queste ulteriori acquisizioni sono contra legem - taglia corto Gianpiero Scanu, capogruppo Pd in commissione Difesa – così come lo è l’ostinata resistenza della Difesa a ogni controllo parlamentare sulle sue politiche di spesa. Un potere di controllo che è stato introdotto nella legislazione italiana con una norma dall’aspetto innocuo ma di portata dirompente: l’articolo 4 della legge 244 del 31 dicembre 2012. Dal giorno della sua approvazione è in atto uno scontro durissimo, una continua guerra di posizione tra il Parlamento e la Difesa che non vuole accettare questa legge che pone fine a decenni di spese incontrollate. L’indagine conoscitiva parlamentare sugli F35, che qualcuno voleva chiudere frettolosamente a dicembre senza alcuna presa di posizione, proseguirà fino a febbraio e si dovrà concludere con un documento prescrittivo che la Difesa dovrà rispettare”. Quale sarà questa ‘prescrizione’ non è ancora dato sapere ma, dopo la svolta renziana del Pd, tra gli addetti ai lavori c’è chi ipotizza (e chi teme) un congelamento del programma o un suo ulteriore forte ridimensionamento. Durante la campagna per le primarie, il sindaco di Firenze aveva dichiarato: “Gli F35 sono soldi buttati via, io ho proposto il dimezzamento”.

E GLI F-35 “ABBATTONO” GLI EUROFIGHTER. Ipotesi a parte, al momento ciò che fa testo rimane il cosiddetto Dpp (Documento programmatico pluriennale) della Difesa per il triennio 2013-2015 presentato lo scorso aprile dall’allora ministro della Difesa Di Paola – oggi consulente di Finmeccanica – che dei 5 miliardi di spesa totale allocata per il nuovo anno su decine di programmi di riarmo (guarda la tabella) ne assegna oltre mezzo (535,4 milioni per la precisione) agli F35 della Lockheed Martin. Questo mentre si continua a investire il doppio (un miliardo l’anno, anche nel 2014) nel programma aeronautico alternativo Eurofighter – rara concretizzazione della tanto auspicata cooperazione industriale europea nel settore difesa e principale concorrente del programma americano – che invece la Difesa ha deciso di tagliare proprio per far posto agli F35, nonostante tutti gli esperti del settore lo ritengano ampiamente sufficiente a soddisfare da solo le esigenze della nostra Aeronautica (come lo è per la Luftwaffe tedesca, che infatti ha scelto Eurofighter rinunciando agli F35), per giunta con indiscutibili vantaggi in termini di costi di manutenzione, di ricaduta tecnologica e occupazionale e, non ultimi, di autonomia operativa vista la comproprietà dell’hardware, che invece rimane sotto esclusivo controllo americano sugli F35: veri e propri “aerei a sovranità limitata”.

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