sabato 27 luglio 2013

pc 27 luglio - 2° GIORNATA: IL 27 LUGLIO 2012 DEI LAVORATORI ILVA - PER CHI FA FINTA DI NON RICORDARSI

Taranto, corrispondenza giornata del 27 luglio, dal ponte girevole


"Se quella di ieri è stata la giornata dell’invasione operaia della città, oggi è il giorno dell’assedio e paralisi completa. Dalla mattinata sono bloccati gli accessi alle statali per Bari e Regio Calabria, il ponte girevole e il ponte Punta Penna ( accesso alle strade da e per Brindisi).
Oggi a Taranto non si entra e da Taranto e non si esce, se non con estrema difficoltà, nè dentro Taranto è facile muoversi.
La mattinata si è aperta con l’assemblea generale all’esterno della portineria D dello stabilimento, tenuta alla presenza dei segretari nazionali Palombella e Landini, da cui gli operai hanno ascoltato parole che gli hanno lasciato poca chiarezza e nessuna fiducia.
Subito dopo sono ripresi i blocchi in tutti i punti strategici per l’accesso e la mobilità. In poco tempo la paralisi della circolazione è stata completa.
Tra gli operai i numeri sono inferiori a quelli di ieri, anche per la dispersione e distanza tra i diversi punti presidiati, resta la stessa confusione di idee e prospettive, ma crescono determinazione e l’insofferenza verso i presunti rappresentanti istituzionali e sindacali. Poche, quasi bandite, bandiere e striscioni dei sindacati confederali.
Buona invece l’accoglienza verso il manifestino dello slai cobas per il sindacato di classe, anche oggi al fianco degli operai in lotta, e le sue parole d’ordine che indicano lavoro e salute come entrambi irrinunciabili, ma anche i responsabili che devono pagare: i padroni, Riva e i tutti i loro amici e complici.
Verso mezzogiorno arriva un camioncino con un lungo rotolo di telo retinato e pali innocenti con cui gli operai costruiscono una specie di porticato lungo tutto un lato del ponte, per ripararsi almeno in parte dal sole a picco. Segno che vogliano andare avanti col blocco ancora per molto.
In conclusione di giornata ha fatto la sua comparsa il sindaco Stefàno, che ha raggiunto il ponte su una volante della polizia. È venuto a offrire il Municipio come ulteriore sito da occupare, per dimostrare che il Comune sta dalla parte dei lavoratori e magari fare del municipio il luogo della protesta, allentando la morsa su tutta la città. per convincere gli operai a stare sereni e avere fiducia, loda l'eccezionale risultato (sic!) ottenuto nel tavolo istituzionale di ieri: 336 milioni (329 pubblici e 7 privati) da spendere in 5 anni per avviare i lavori di bonifica dei siti industriali.
Dal capannello di operai che lo ha circondato riceve brusca diffidenza “basta letterine di Natale”, una richiesta perentoria “vogliamo certezza di lavorare e di non pagare noi nessun altro prezzo” e una promessa “se lunedì stiamo ancora in questa situazione, puoi scordartelo di tenere in pace il tuo primo consiglio comunale”.
Andato via il sindaco, continuano i capannelli e molte voci sul da farsi si accavallano, tra le tante idee comincia a farsi strada quella di tornare prima o poi in fabbrica, ma questa volta per occuparla.


Nel primo pomeriggio l’invito del sindaco a occupare anche il municipio è raccolto da una decina di operai che salgono nel salone degli specchi e vi si tratterranno fino a sera inoltrata.
Dopo il sindaco, tocca al parlamentare PD Vico venire a far passerella tra gli operai ma trova molta meno tolleranza, a stento gli permettono di parlare e viene allontanato sbrigativamente.
Nel frattempo, nella mattina erano maturati due fatti che peseranno gravemente sulla conclusione della giornata di lotta.
Il primo è stata la conferenza stampa dei vertici della Procura di Taranto. Qui il procuratore capo, il procuratore generale e l’avvocato generale di corte d’appello hanno in qualche modo minimizzato il contenuto del provvedimento di sequestro, quasi come mero atto dovuto...
Il secondo fatto è stato l’incontro tra segreterie sindacali e il nuovo direttore dello stabilimento, Ferrante, che, a detta dei confederali, avrebbe invertito di 180° l’atteggiamento tenuto finora dall’azienda in materia ambientale, garantendo l’impegno a restare a Taranto e a rispettare tutte le indicazioni della magistratura.
Tanto è bastato a rasserenare i sindacati confederali, che hanno subito inviato rappresentanti per invitare i lavoratori a “una nuova fase di lotta”, vale a dire: fine dei blocchi entro la serata, fine dello sciopero per le 7 di sabato mattina, e rientro in fabbrica fino a un nuovo sciopero di 24 ore giovedì prossimo il 2, la vigilia della pronuncia del tribunale del riesame, prevista per venerdì 3. Fino ad allora potrebbero esserci al massimo degli scioperi articolati di 2 ore a partire da lunedì. Uno scadenzario modellato sulla difesa legale dell’azienda…
A portare la buona notizia al presidio più visibile, il simbolo della lotta, quello del ponte girevole, si è scomodato di persona il segretario nazionale Uilm, Palombella. È arrivato intorno alle 5 del pomeriggio, quando il caldo e le tante ore di blocco avevano già quasi dimezzato le presenze. All’ombra di uno dei due ponteggi montati la mattina, tra le ripetute interruzioni, proteste e incontri ravvicinati mascella contro mascella, con ostinazione ha argomentato a lungo la fine dei blocchi e il ritorno in fabbrica fino al giorno del riesame.
Tante le voci di dissenso: “non ti sono bastati i fischi che hai preso stamattina? Con che diritto sei andato a parlare per noi e ora ci dici di smettere? Smettila tu, tornatene a Roma!”; “Finora abbiamo creato disagi alla città solo per essere sicuri che da venerdì possa ricominciare a crearli Riva!”; “Fino a ieri ci avete fatto credere che c’erano i messi del tribunale pronti con i sigilli, oggi ci vieni a dire che eravamo su ‘scherzi a parte’”. Alla fine Palombella si è stancato di raccogliere dissensi, radunato il seguito che lo ha accompagnato e spalleggiato, si è allontanato. Pochi minuti dopo sono stati frettolosamente smontati i ponteggi.
Intorno alle 18, è arrivata la notizia che nel centro studi Ilva di Via Duomo, poche decine di metri dal ponte girevole, è in corso la conferenza stampa di Ferrante. Alcuni tra gli operai più esperti e combattivi rimasti al presidio e un gruppo di giovani solidali da poco arrivati hanno deciso di fare un’improvvisata e la loro irruzione ha rotto il copione di sempre delle “conferenze stampa” Ilva a Taranto, compiaciuti monologhi di fronte a giornalisti che annuiscono mentre riempiono o taccuini o reggono microfoni. Hanno fatto domande non scontate, a ribattuto alle risposte. Hanno scombinato i piani al e in serata le tv locali hanno preferito mandare in onda interviste di fortuna girate faccia a faccia mentre la sala rimbombava ancora dei commenti degli invasori piuttosto che le immagini girate dal vivo della conferenza.
Quegli stessi operai, da tempo interlocutori dello Slaicobas, nel pomeriggio, prima della svolta che ha messo fine ai presidi avevano scritto un appello, che poi hanno preferito lasciar cadere e riportiamo per documentazione...".

pc 27 luglio - Egitto i nuovi Pinochet al potere al servizio dell'imperialismo americano e del sionismo sparano sulle masse -la tv Al Jazeera ha parlato di 120 morti e oltre 4.500 feriti

coloro che a sinistra anche estrema sinistra che hanno appoggiato il golpe militare egiziano sono
dei luridi porci al servizio dell'imperialismo
 proletari comunisti

IL CAIRO - Almeno 70 persone sarebbero rimaste uccise al Cairo a causa dei colpi di arma da fuoco esplosi dalle forze di sicurezza contro la folla durante un'ennesima manifestazione a sostegno dell'ex presidente dell'Egitto, l'islamista Mohamed Morsi: lo ha denunciato Gehad el-Haddad, portavoce dei Fratelli Musulmani (che prima avevano parlato di 31 vittime), cui fa capo lo stesso deposto capo dello Stato. "Non sparano per ferire, sparano per uccidere", ha sottolineato Haddad. "Le lesioni da proiettile sono alla testa e al torace". "Nel fiume ci sono decine di corpi". E il bilancio delle vittime, secondo Haddad, potrebbe essere molto più alto.

Alcuni testimoni parlano di decine di corpi trasportati negli obitori e la tv Al Jazeera ha parlato di 120 morti e oltre 4.500 feriti nei duri davanti alla moschea di Rabaa el Adaweya.

La violenza sarebbe esplosa in piena notte, quando agenti in assetto anti-sommossa avrebbero attaccato un sit-in allestito dai Fratelli Musulmani nei pressi della moschea di Rabaa al-Adawiya, nel nord-est della capitale. Dapprima sarebbero stati lanciati lacrimogeni contro i dimostranti, ma poi, davanti al rifiuto di questi ultimi di disperdersi, la polizia avrebbe cominciato a sparare ad altezza d'uomo. La polizia ha
arrestato 53 attivisti che avevano, a quanto riporta l'agenzia Mena, armi, bombe Molotov ed altri ordigni.

Autorità: "Fine e sit-in, ma nella legge"
. Le autorità egiziane intendono "mettere fine" al sit-in a oltranza organizzato dai Fratelli Musulmani nella parte nord-orientale del Cairo, ma ciò avverrà "secondo la legge": lo ha assicurato il ministro dell'Interno, Mohamed Ibrahim, in un'intervista rilasciata all'emittente satellitare 'al-Hayat'.

 

pc 27 luglio - disastro ferroviario in Galizia - le informazioni e posizioni dei compagni galiziani e spagnoli

Accidente ferroviario en Galicia: echan la culpa al más debil para tapar las responsabilidades del Estado



¿QUIÉNES SON LOS RESPONSABLES DEL ACCIDENTE FERROVIARIO DE GALICIA?

Hemos leído y oído con profusión en los repugnantes medios españoles la exclamación "¿Qué ha hecho este hombre, dios mío?" vinculada al maquinista del tren ALVIA Madrid-Ferrol, proferida por una persona horrorizada ante lo que estaba viendo. Es normal que en casos así, se piense primero en lo más simple; sin embargo nosotros pluralizamos la expresión y la dejamos en "Qué han hechos estos hombres". Porque han sido muchos. Más de uno, que es a quien, en estos momentos custodia y vigila la Policía. ¿A esos otros no los vigila nadie preventivamente?.

Esta mañana el Secretario General del Sindicato de Maquinistas ha vuelto a redundar en lo mismo. De sus declaraciones se deduce que existen dos sistemas de seguridad independientes entre sí. Según el modelo de la máquina, señalizan con ésta y actúan uno u otro, controlando al convoy e, incluso, llega a frenarlo completamente si es necesario. Sea cual fuera, no se ha activado. Esta versión contrasta con otras que dicen que en ese tramo no hay ningún sistema. De ser cierto, su inexistencia sería mucho más grave tratándose de un punto negro y de un tren de alta velocidad ¿Cuántos casos como el de antes de ayer se habrán producido sin ninguna incidencia porque todo funcionó? Nunca nos lo dirán.

Esto nos lleva a superar la responsabilidad única del maquinista e ir más allá, hacia los altos mandos de ADIF-RENFE, hacia el Ministerio de Fomento, hacia, en definitiva, el presidente del gobierno, último responsable de esta pirámide tan estrechamente ligada a la reducción del déficit a costa de los recortes que sean "necesarios" Y ese "a costa de lo que sea" está siendo trágico.

No esperamos nada de esta "investigación teledirigida" pero bajo nuestro punto de vista en el 24-J, como en el 11-M, la responsabilidad suprema compete al régimen y sus servidores. En lugar de decretar tres días de luto, Rajoy debería comparecer tres veces como mínimo, ante un juez. Nos tememos que no sucederá.

da odio de clase

 da dazibaorojo

GALIZA: Declaración do CCPCm-Galiza sobre o traxico accidente de tren en Compostela.




Comunicado
O Comité de Construción do Partido Comunista maoísta da Galiza diante do brutal accidente do tren Madrid/Ferrol, acontecido na tarde do 24 de xullo perto de Compostela, quere facer publico o noso fondo pesar e plena solidariedade coas vítimas e seus familiares. Así mesmo manifestar a nosa admiración polo decidido auxilio prestado particularmente polos veciños e veciñas do pobo de Angrois e tamén a os servizos de rescate, bombeiros e persoal sanitario.
Tamen calificamos de macabro e noxento oportunismo as declaracións de persoeiros da Xunta ou a "visita" dos membros da corrupta monarquía española presurosos por ocupar espazo nos medios informativos atentos a traxedia.
O feito de que os sistemas de seguridade do tren non foran suficientes, para evitar esta traxedia nunha liña de velocidade alta, ten que ter responsables como o trazado das vías, mais ala da responsabilidade do maquinista, un traballador cualificado ao que parece queren botar toda-las culpas.
Esixir unha ampla investigación independente dos feitos é hoxe unha obriga en ríspeto as vítimas desta traxedia e ao pobo galego.
Galiza, xullo 2013
Comité de Construción do Partido Comunista maoísta - Galiza

ACCIDENTE FERROVIARIO EN GALIZA; Una inquietante pregunta en el blog de JM Álvarez.

jueves, 25 de julio de 2013


No "llores", Feijoo y explíca esto a la opinión pública





El sindicato de maquinistas denuncia y muestra su estupor, porque el sistema de control de velocidad ERTMS no estuviera operativo en el tramo ferroviario donde se produjo el accidente del tren Alvia Ferrol-Madrid. Ahora empezarán las teorías conspiratorias y todo quedará del carajo.


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pc 27 luglio - maggioranza donne nella guerra popolare e nei maoisti indiani

in spagnolo facilmente comprensibile

El importante papel de la Mujer en la Guerra Popular en la India



Según una reciente estimación del enemigo, concretamente del Ministerio del Interior de la India, las mujeres constituyen el 60 por ciento de los efectivos maoístas en los Estados más afectados por el "extremismo de izquierda", osea el llamado Corredor Rojo.

Según las fuentes del enemigo a diferencia de años anteriores cuando las mujeres no tenían roles de combate, ahora casi todas están en zonas de batalla e involucradas en la lucha contra las fuerzas de seguridad. Las fuentes dicen que las mujeres han sido una parte integral de algunas de las grandes operaciones realizadas recientemente por los rebeldes rojos.

http://www.punjabnewsline.com/news/women-flock-to-naxal-cause/83345



El Partido Comunista de la India (Maoísta) da gran importancia a la situación de opresión de la mujer en la India y a la lucha por su emancipación como parte integral de la emancipación y liberación de todas las clases oprimidas de la India.

El Partido Comunista de la India (Maoísta) en su IX Congreso, congreso celebrado en enero y febrero de 2007 y que supuso la unidad de dos fuerzas comunistas MLM y un impulso decisivo a la Guerra Popular que avanza con éxito  en la India adoptaron esta resolución:

PCI (Maoísta): RESOLUCIÓN SOBRE LA VIOLENCIA DEL ESTADO CONTRA LAS MUJERES

"Este Congreso exhorta a todas las mujeres oprimidas y explotadas a levantarse contra la opresión y a unirse al movimiento revolucionario de liberación".

pc 27 luglio - il governo Napolitano-Letta sostenuto da esponenti mafia e ndrangheta


Il gip Piergiorgio Morosini ha detto no all'archiviazione e disposto nuove indagini 


'Ndrangheta, decine di arresti a Lamezia Terme.

Indagato Aiello, senatore del Pdl

Sotto indagine o in manette 65 persone, fra loro anche membri della polizia penitenziaria. Il parlamentare del centrodestra accusato di voto di scambio
LAMEZIA TERME - Ci sono due pentiti che lo accusano. Dicono di averlo incontrato nello studio dell'avvocato Giovanni Scaramuzzino e di aver chiuso un accordo per portargli i voti del clan in cambio di appalti e forniture. Alle regionali del 2010, i potenti Giampà di Lamezia Terme, e i loro tirapiedi, votarono in blocco per Piero Aiello, candidato di punta del Pdl catanzarese. L'accordo era stato chiuso tra Giuseppe Giampà, detto "il principe", Saverio Cappello, esponente di punta della "famiglia" e l'avvocato "Chicco" Scaramuzzino, che poi li aveva fatti incontrare personalmente a Lamezia, dove c'era stata la stretta di mano. Niente parole, solo una presentazione, ma Giampà (poi pentitosi) ne è sicuro: "Certo che Aiello sapeva chi eravamo. Scaramuzzino disse a noi chi era lui, e quindi all'onorevole avrà detto chi siamo noi". Due incontri e poi la campagna elettorale "a tappeto, lasciando bigliettini dagli affiliati e dagli amici". L'avvocato li aveva presentati come "i numero uno della città". E di cattive figure non ne volevano fare.

La Dda di Catanzaro che ha notificato 65 ordinanze di custodia cautelare aveva chiesto anche l'arresto di Aiello, attualmente senatore del Pdl, ma il Gip, Abgail Mellace, non ha accolto la richiesta sostenendo che non ci fosse la prova della consapevolezza del senatore e che non esiste prova dello scambio di favori avvenuto. Una circostanza che spiegano i due pentiti ricordando di "essere stati arrestati pochi mesi dopo le elezioni". E tuttavia i Giampà la politica l'hanno sempre fatta.

Nelle oltre mille pagine di ordinanza sono raccontati diversi episodi di voti acquistati anche per le comunali di Lamezia. Senza contare poi che gli uomini del capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti, hanno arrestato anche a Giampaolo Bevilacqua, ex capogruppo provinciale del Pdl e vice presidente della Sacal, società che gestisce l'aeroporto di Lamezia Terme.

'Ndrangheta "pesante" e politici, ma anche tantissimi colletti bianchi. Con l'operazione "Perseo", all'alba sono finiti in manette avvocati, medici, periti e imprenditori letteralmente "a disposizione" dei clan lametini. Cosche che da anni avvelenano la quarta città calabrese mettendo le mani sugli appalti e sulle forniture, compiendo estorsioni (sono stati ricostruiti almeno 100 casi) e, soprattutto, godendo di una rete di protezione puntuale. Da carabinieri che si giravano dall'altra parte a guardie carcerarie che portavano ambasciate fuori dal carcere. Dai prestanome agli imprenditori con cui fare cordata e, perfino ai maestri del fuochi d'artificio divenuti fornitori della polvere pirica per far saltare negozi e automobili. Grazie ad alcuni pentiti, compresi i boss della cosca finiti in manette nell'ambito di una prima inchiesta sulla guerra di mafia di Lamezia, è stata ricostruita la storia criminale della città degli ultimi otto anni.

Per il Procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo "la cosca Giampà era una holding criminale in cui c'era un ramo che si occupava delle truffe alle assicurazioni, uno che si occupava di droga ed uno dedicato alle estorsioni che riguardavano tutti i commercianti che pagavano con varie modalità". L'auspicio del questore Guido Marino è che un giorno si possa esprimere "gratitudine alla società civile di Lamezia che aspettiamo batta un colpo". Una maniera per sottolineare il clima di omertà in cui la polizia ha dovuto operare. Tanto che il Procuratore aggiunto della Dda Giuseppe Borrelli ha sottolineato che "l'omertà non è dovuta solo alla paura ma anche a rapporti di cointeressenza". Un esempio?: "Con il sistema delle truffe alle assicurazioni messo in atto grazie a avvocati, medici, carrozzieri, periti, la cosca Giampà non solo aveva trovato un nuovo sistema di finanziamento, ma aveva creato una collusione tra 'ndrangheta e cittadini, non tutti ovviamente, che per ottenere benefici economici si rivolgevano al boss chiedendo ed ottenendo il permesso di beneficiare dello stesso meccanismo. Ciò è drammatico ed è indice della pervasività della 'ndrangheta e di come questa ottenga quel consenso che è la ragione del suo successo".

pc 27 luglio - contestare ovunque il PD di EPIFANI, puntello del governo Napolitano-Letta al servizio di Berlusconi dentro moderno fascismo e stato di polizia

Donne solidali con la no tav MARTA irrompono alla Festa dell'Unità - striscioni contro il senatore Esposito
 

Un gruppo di attiviste contro la realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione ha inscenato una contestazione sotto il palco dove è ospite il segretario del Pd Epifani. La protesta scatenata da un tweet. Il senatore: "C'è una deriva anti Stato"


Un gruppo di manifestanti No Tav ha scosso la Festa dell'Unità di Garbatella. Dopo aver esposto striscioni contro la realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione, i manifestanti hanno infatti contestato il senatore del Partito Democratico Stefano Esposito, sotto il palco dove è ospite il segretario del Pd Guglielmo Epifani.

La protesta è partita quando la giornalista Bianca Berlinguer ha pronunciato il nome del parlamentare subalpino, nel mirino dei contestatori per un tweet nel quale accusava una manifestante No Tav, Marta Camposana, di aver mentito accusando la polizia di averla molestata.

Per tenere a bada i circa 50 manifestanti, in maggioranza donne, sono dovuti intervenire i carabinieri con i quali sono volati spintoni. La Berlinguer a quel punto ha invitato sul palco una delle ragazze che protestava per esporre al microfono le proprie ragioni: "Marta è stata molestata dalle forze dell'ordine - ha detto la giovane - e il vostro partito non dice nulla". Nel frattempo da un altro gruppo, composto da esponenti di Occupy Pd, è partito lo slogan: "Guglielmo facci votare", riferendosi al dibattito sulle regole congressuali del partito.

"Deriva anti Stato". "Confermo quanto ho già detto. C'è
una deriva in cui la Tav non c'entra più nulla. C'è una deriva anti Stato". Così il senatore Esposito: "La signora Marta - ha proseguito - è indagata per azioni violente contro la polizia. Finalmente oggi la procura di Torino ha aperto fascicolo sulle presunte molestie. Immagino finirà come ho detto, che la signora Marta le molestie se le sia inventate". "C'è il problema - afferma il senatore, che non era presente alla festa dell'Unità a Roma e quindi non ha assistito alla protesta - di non consentire che servitori dello Stato che prendono le botte siano additati come molestatori con dichiarazioni false. Le forze dell'ordine devono essere tutelate e rispettate. Quando, invece, hanno sbagliato, come a Genova, sono state punite".

La protesta degli attivisti si è poi spostata sul Lungotevere, all'altezza di piazza Trilussa. Le forze dell'ordine sono intervenute per disperdere la manifestazione, chiuso un tratto di lungotevere tra Ponte Mazzini e ponte Garibaldi con i bus deviati.

pc 27 luglio - bastardi fascisti e razzisti contro il ministro Kienge.. e il 'suo' governo stà a guardare - Forza Nuova di Ravenna da sempre sostanzialmente protetta da sbirri, questura e prefettura - sempre solerti contro antifascisti e antirazzisti

Forza Nuova, lancio di banane
contro il ministro Kyenge

Durante la festa Pd a Cervia, nel ravennate, un contestatore ha lanciato due frutti contro la titolare dell'Integrazione, che era sul palco. Sono ricaduti tra la prima e la seconda fila. I carabinieri hanno identificato sei persone. Ieri sera i manichini insanguinati


RAVENNA - Dura contestazione - la seconda nel giro di poche ore - ai danni del ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge, ospite di una festa del Partito Democratico a Cervia, in provincia di Ravenna. Durante l'intervento dal palco, un militante di Forza Nuova nascosto tra il pubblico ha lanciato due banane nei suoi confronti, che però sono arrivate tra la prima e la seconda fila senza colpirla. Kyenge ha definito il gesto "uno schiaffo alla povertà" (guarda il tweet) e "uno spreco di cibo". Ieri sera, sempre il partito di estrema destra aveva fatto trovare dei manichini insanguinati contro lo ius-soli.


Forza Nuova rivendica il gesto. Poco dopo Forza Nuova ha rivendicato il gesto di protesta. E ha scritto che "tutelare l'identità italiana deve essere di primario interesse, in quanto essa rappresenta la forza da cui trae linfa la vita stessa del nostro popolo".

Sei fermati dai carabinieri. I carabinieri della Compagnia cittadina hanno già identificato sei persone quali possibili autori del blitz, mentre il Pd di Cervia ha espresso "assoluto sdegno per l'atto di intimidazione" realizzato da "un gruppo di estremisti nei confronti del nostro partito, impegnato in questi giorni nella tradizionale Festa Democratica. Preoccupazione e stupore per la presenza nella nostra città di vergognosi fenomeni di rigurgiti fascisti".

I manichini insanguinati. La scorsa notte, sempre a Cervia, alcuni manichini vestiti con giubbotti scuri e jeans, imbrattati sul petto di vernice color rosso sangue e corredati da cartelli e volantini con la scritta "L'immigrazione uccide-No ius solI", erano stati abbandonati nella centrale piazza dei Salinari; il gesto era stato poi rivendicato da Forza Nuova.

pc 27 luglio - se non con marta quando ? contro i NOTAV solo repressione.. ma non capiscono.. la repressione alimenta la ribellione !

Manganellate e feriti al presidio per Marta

striscSi conclude il pomeriggio di mobilitazione sotto il tribunale di Torino a sostegno di Marta, giovane donna No Tav che venerdì notte è stata picchiata e molestata sessualmente dalle forze dell’ordine mentre era in stato di fermo.
Convocata dal pm Rinaudo,  quest’oggi è stata interrogata in duplice veste: persona indagata  e persona offesa. Duplice ruolo anche per il pm quindi, colui che abbiamo avuto la sfortuna di conoscere in questi mesi nelle aule di tribunale e  dove si distingue per la sua intolleranza al movimento No Tav.
Marta si è avvalsa della facoltà di non rispondere rispetto ai fatti per cui è indagata, mentre ha depositato una dettagliata descrizione dei pestaggi e delle molestie subite durante quella notte:  i pm hanno deciso di non farle domande rispetto alle violenze da lei subite e hanno acquisito la testimonianza scritta.
notavaggrMentre Marta era da poco entrata in tribunale e circa un centinaio di persone rimaneva all’esterno del presidio, un gruppo di 5 o 6  giovani donne  si è avvicinato al cancello del tribunale per appendere uno striscione di solidarietà con su scritto “Se toccano una, toccano tutte…non un passo indietro! Solidarietà a Marta!”. Appena sfiorato il cancello una decina di uomini della polizia in assetto antisommossa si è scaraventata contro le giovani, con violenza, tentando di allontanarle. I No Tav presenti al presidio sono subito accorsi in difesa delle No Tav e a quel punto la celere, a suon di scudate e manganellate ha caricato, spingendo le persone in mezzo la strada laddove passavano le macchine.
La reazione del presidio non si è fatta attendere ed immediatamente ci si è riuniti, questa volta proprio di fronte all’entrata del tribunale, a ridosso dei cordoni della polizia.
Anche quest’oggi la polizia ha fatto diversi feriti, tra cui una ragazza colpita alla testa che è dovuta ricorrere alle cure ospedaliere.
Non possiamo che sottolineare l’ennesima dimostrazione di violenza da parte delle forze dell’ordine che, oramai, si sentono legittimate ad aggredire gli attivisti del movimento No Tav ogni qualvolta gli si presenti l’occasione.
Il presidio è continuato con numerosi interventi dal microfono, attendendo il ritorno di Marta che è stata accolta da un lungo applauso e molti, molti abbracci.
Non sarai sola, #senonconmartaquando?

pc 27 luglio - di Governo in Governo TV e giornali comanda sempre Berlusconi !

MA QUALE RIEQUILIBRIO?!?
L'Agcom (Agenzia per le Garanzie nelle Comunicazioni) è il comitato ministeriale di controllo che si occupa, tra l'altro, dei servizi radiotelevisivi.
Notizia di venerdì ventisei luglio è che, questo presunto organo di garanzia della pluralità politica delle presenze all'interno dei palinsesti, ha ordinato il riequilibrio degli spazi concessi ai vari partiti in alcune trasmissioni - nello specifico Che tempo che fa?, di Fabio Fazio, e In mezz'ora, di Lucia Annunziata - omaggiando le assurde pretese di Ino Brunetta e della sua co..., pardon formazione politica.
Il Delinquente di Arcore è anche proprietario, diretto o indiretto, di centinaia di mezzi di comunicazione, i più conosciuti dei quali sono: televisioni (Canale Cinque, Italia Uno, Rete Quattro, La Cinque, Mediaset Italia Due, Iris, Top Crime, Mediaset Extra, Boing, Cartoonito, Mediaset Premium, Class Cnbc), radio (Dee Jay, Kiss Kiss), quotidiani (Libero, Il Giornale), case editrici (Arnoldo Mondadori Editore) con i loro periodici (Automobile Club, Auto oggi - fino al 2011, Cambio Panoramauto, Casa Facile, Casabella, Casaviva - fino al 2013, Chi, Ciak, Confidenze, Cosmopolitan - fino al 2011, Creare - fino al 2007, Cucina Moderna, Cucina No Problem, Donna Moderna, Doppiovù - fino al 1978, Economy - fino al 2012, Epoca, Evo, Flair, Focus, Focus Brain Trainer - fino al 2012, Focus Junior, Focus Pico, Focus Storia, Geo, Grazia, Grazia Casa, Guida Cucina, Guida TV, Interni, Jack - fino al 2012, Men's Health - fino al 2013, Nuovi Argomenti, Panorama, Panorama Icon, Panorama Travel - fino al 2013, PC Professionale, Prometeo, Sale & Pepe, Starbene, Telepiù, Tu Style, TV Sorrisi e Canzoni, Ville Giardini - fino al 2013), e persino case cinematografiche (Medusa, Cinecittà Digital Factory).
E' indegno di un Paese civile che il servizio pubblico sia costretto a dare voce al partito il cui capo è anche proprietario, diretto o indiretto, di centinaia di mezzi di comunicazione dove può dare spazio a chi vuole senza che nessuno possa intervenire.
E lo è ancora di più quando si pensi che, con l'avvento del digitale terrestre - voluto dal Criminale Lombardo per omaggiare la ditta di suo fratello che vende apparecchi decodificatori - ed il contestuale allargamento delle frequenze, il Padrino Milanese potrebbe tranquillamente acquistare la concessione di una frequenza libera dove far starnazzare tutti i suoi servi, senza obbligare la gente ad ascoltare le loro str...ate sui canali pubblici.
Genova, 26 luglio 2013

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova

pc 27 luglio - Moretti l'inamovibile presidente delle Ferrovie dello stato targato CGIL-PD..e ora anche PDL-Monti Napolitano

Cavalier Moretti è ora di scendere da cavallo!

Il 18 luglio il Tribunale di Lucca ha rinviato a giudizio l’Ad delle Ferrovie dello Stato italiane (FSi) assieme agli altri Ad e dirigenti delle società Fs (Elia, Soprano, Galloni, Castaldo, Di Marco, Costa, Marzilli, Margarita, Pezzati, Di Venuta, Rossi, Testa, Favo, Fumi, Andronico, Maestrini, Farneti).
Per la strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009, Moretti, assieme a questi, è stato prima indagato, poi imputato e adesso rinviato a giudizio.
Nell’udienza preliminare, iniziata il 25 marzo scorso e conclusasi il 18 luglio, da parte degli avvocati di Moretti & soci, ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori: che Moretti non c’entra niente … (ed allora chi c’entra? gli altri Ad e dirigenti Fs? i subalterni a Moretti saranno disposti ad accollarsi la responsabilità delle 32 Vittime?), o addirittura: a ciascuno il suo … (come dire: io difendo i miei, degli altri chi se ne frega …), che i treni-bomba come quello di Viareggio se viaggiano ad una velocità ridotta sono più pericolosi (nella sola tratta della stazione di Viareggio non possono superare i 50 km/h, quindi a Viareggio la situazione è ancora più pericolosa?), che il dispositivo anti-svio è un barattolo con un sasso dentro…quindi, se installato, aumenta la pericolosità (e i treni dell'Alta velocità dotati dell’anti-svio in quanto strumento di prevenzione e protezione?!), che gli vien da ridere a pensare al picchetto (la madre di una Vittima ha risposto: “a me viene da piangere tutte le volte che penso a mio figlio”), che lo “spiacevole episodio” (come lo definì Moretti nell’audizione al Senato) non è un incidente sul lavoro, perché i due macchinisti sono ancora vivi (e i macchinisti in cura per mesi non sono più potuti salire su un locomotore per le conseguenze di quella maledetta notte!).
Udienza per udienza hanno offeso onestà intellettuale e competenza tecnico-scientifica, oltre alla memoria delle Vittime ed al dolore dei familiari. Solo ascoltarli è stato un calvario. Hanno difeso l’indifendibile! Le loro ‘argomentazioni’ hanno contrastato la realtà ed i fatti. Ma come si dice: tanto peggio … per realtà e fatti. Disgraziati coloro che continuamente hanno parlato di disgrazia.

Il presidente Napolitano nominò Moretti cavaliere del lavoro a poche ore dal 1° anniversario della strage (giugno 2010); le 10.000 firme raccolte a Viareggio per le dimissioni consegnate ai presidenti delle Camere e al ministro delle Infrastrutture (Schifani, Fini, Matteoli) cestinate.
Oggi a rivendicare le dimissioni di Moretti sono il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), l’Associazione utenti del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, senatori e deputati (di tre giorni fa l’interrogazione a risposta immediata della sen. Granaiola), la Cgil e la Filt-Cgil della regione Calabria, consigli comunali dei Comuni della Versilia, familiari di altre stragi simili a Viareggio.
Moretti ha praticato la politica dell’abbandono dei treni pendolari e viaggiatori (si è preoccupato solo a treni ad “Alta velocità”) e della sicurezza, senza MAI dimenticare che dal 2007 sui binari sono morti 40 lavoratori (una statistica impressionante: 1 ogni due mesi). E Moretti continua a dichiarare che in ferrovia il problema sicurezza non esiste

Moretti deve ritirare tutti i provvedimenti disciplinari (licenziamenti e sospensioni) nei confronti dei ferrovieri impegnati su sicurezza e salute, dimettersi da Ad ed affrontare il processo senza alcun tentativo di fuga. Questo è l’unico atto responsabile di fronte alla strage ferroviaria di Viareggio, alle rappresaglie attuate contro i ferrovieri (o come ha detto l’avvocato del Comune di Viareggio e di alcuni familiari nell’udienza preliminare: “il ferroviere Riccardo Antonini è stato oggetto di un ostracismo vigliacco”), alle frasi offensive esternate in questi 4 anni. Chi lo nominò a dirigere le ferrovie deve fare una profonda autocritica e destituirlo immediatamente!
Le dimissioni di Moretti e degli altri Ad rinviati a giudizio sono un atto liberatorio ed una scelta moralmente obbligata!

25 luglio 2013
AssociazioneIl Mondo che vorrei (familiari delle Vittime) danielarombi6@gmail.com Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com

venerdì 26 luglio 2013

pc 26 luglio - L'Aquila: Inizia l'ennesimo processo per le manifestazioni contro la ricostruzione negata

A L'Aquila è inziato oggi il processo contro 14 accusati di manifestazione non autorizzata e violenza privata, i quali scesero in piazza nel novembre 2010 contro la visita di Berlusconi per "consegnare le onorificienze a Bertolaso", disturbando quella che nelle intenzioni doveva essere una cerimonia blindata, una lavata di faccia per Berlusconi, Bertolaso e cricche varie, che in quei giorni precipitavano nel discredito per gli scandali quotidiani.
Sul senso di quella giornata di lotta, riportiamo all'articolo che pubblicammo allora sul nostro blog.
Chi sia Antonio Cicchetti, uno dei famigerati Gentiluomini di Sua Santità, nominato vicecommissario per la  ricostruzione, la "persona offesa" contro cui si sarebbe consumato il reato di volenza privata (la sua auto fu bloccata e costretta a una breve deviazione per raggiungere la cerimonia ufficiale) rimandiamo a un documentato articolo del Corriere della Sera.
Prima riferiamo dell'udienza del processo di oggi, iniziata verso le 10, sospesa e poi conclusasi dopo le 14.
Il Giudice titolare del procedimento, Quirino Cervelini, è un GOT, non un giudice togato, entrato in magistratura per concorso, ma un Giudice Onorario, nominatro perchè risponde a determinati requisiti.
Costui è oggi in primo luogo un funzionario del Ministero dell'Economia e Finanze, ma all'epoca dei fatti era dirigente del Settore Economico del Comune di L'Aquila e già in passato aveva "interagito" col Cicchetti, allora presidente di amministrazone della Perdonanza (dove si produssero irregolarità di bilancio, sanzionate dalla Corte dei Conti per «Mala gestio», con indebitamento per il Comune di L'Aquila di due milioni di euro.).
Gli avvocati difensori hanno perciò oggi prodotto una memoria per richiedere al GOT Cervellini di astenersi, per evidenti ragioni di convenienza. Il Cervellini ha rimesso la decisione al presidente del Tribunale, che molto probabilmente lo assegnerà ad altri.
In pratica si riparte daccapo.
Un primo punto segnato a favore della difesa in un processo il cui svuluppo si preannuncia importante, non solo a livello locale, per le vicende del movimento di resistenza alla cancellazione di una città, ma a livello nazionale, perché può essere l'occasione per mettere a nudo l'nfame gestione della vicenda terremoto a l'Aquila, dal mancato allarme, alla gestione dell'emergenza, al G8, alla repressione delle lote di resistenza, fino alla nomina di Cicchetti e alla ricostruzione ancora oggi negata.
Basta citare il fatto che nella lista dei testimoni compaiono gli stessi Berlusconi e Bertolaso.
E' certamente un'occasione per ribaltare il tavolo, trasformare un processo a chi protestava in un processo agli accusatori, lo Stato, il Governo e cricche ad essi associate.
Ma per farlo occorre riprodurre al Tribunale lo stesso livello di attenzione e mobilitazione che oggi si vogliono criminalizzare.
Questo ci sforzeremo di fare e per questo manteniamo alta l'attenzione sulla vicenda.

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pc quotidiano 10 novembre - Lo Stato dei magnaccia torna all’Aquila a lavarsi la faccia

L’Aquila 9 novembre 2010 Una settantina di persone hanno manifestato nei pressi della scuola della guardia di finanza (dove si è svolto il G8), contro l’arrivo di Berlusconi e Bertolaso e per rilanciare la manifestazione nazionale all’Aquila - “macerie di democrazia”- indetta dai comitati cittadini per il 20 novembre.
Uno sproporzionato schieramento di carabinieri e polizia in assetto antisommossa ha respinto per 2 volte consecutive il tentativo dei manifestanti di forzare il blocco e di recarsi fin sotto il cuore della cittadella blindata (che ovviamente non era aperta al pubblico). “Corruzione, polizia è questa la loro democrazia” è stato urlato più volte in risposta alle cariche e poi ancora “fuori gli sciacalli dalla città”.
Ancora una volta Berlusconi e Bertolaso hanno evitato di avvicinarsi ai cittadini che protestavano e sono arrivati alla caserma attraverso altre vie, ma la nostra contestazione è arrivata comunque a destinazione.
Schierati con cartelli e striscioni siamo rimasti a presidiare la rotonda prima del blocco con le carriole piene di macerie e urlando alla passerella di militari, funzionari, protezione civile, croce rossa, vigili del fuoco, forestale ecc. diretta alla cerimonia, tutta la nostra rabbia.
“Paramilitari in polo blu, L’Aquila non sarà la vostra Salò”, recitava uno striscione strappatoci durante la prima carica. “Macerie di democrazia, 20 novembre L’Aquila chiama Italia” ricordava invece lo striscione strappato durante la seconda.
Un ombrello con scritto “Vattene” ricordava al presidente, nel caso fosse arrivato in elicottero, il suo dovere nei confronti dei terremotati aquilani e di tutta l’Italia.
Donne con cartelli con su scritto: “tu bunga bunga, noi macerie macerie” oppure “…noi tasse tasse” “…noi map map”. “Fatti, non escort”, “Berlusconi + Bertolaso = monnezza + macerie”.
Sul cartello del movimento femminista proletario rivoluzionario era scritto –milioni per “massaggi” e bunga bunga, Beffe e Botte per chi da vendere ha solo la rabbia, LO STATO DEI MAGNACCIA TORNA ALL’AQUILA A LAVARSI LA FACCIA–
Durante il presidio è stato riconosciuto, a bordo della sua Audi con autista, l’attuale vicecommissario alla ricostruzione Antonio Cicchetti, un altro gentiluomo di sua Santità, coinvolto nell’ennesima “parentopoli” e condannato dalla Corte dei Conti per malagestione della Perdonanza.
Il neo vice commissario è stato bloccato dai manifestanti. Davanti la sua auto spiccava lo striscione con su scritto “basta commissari e cricche d’affari” e da dietro i vetri gli hanno urlato “condannato, è lui, sono i corrotti che dovete arrestare, non noi!” e gli sono stati lanciati coriandoli.
La sua auto è stata quindi vigorosamente presa d’assalto con i corpi, gli striscioni arrotolati, calci e ombrellate e un manifestante vi ha attaccato addosso il cartello che portava con sé: “da noi macerie e topi, nei vostri palazzi mascalzoni e zoccole”.
Il presidio si è concluso con una pioggia battente e con un ingenuo consiglio agli sbirri e un impegno per tutti, da parte di un manifestante che protestava perché ci avevano circondato dentro la rotonda.
Rivolto alle guardie ha urlato: “sono i criminali che dovete reprimere non noi e i criminali sono lì, dietro di voi; quelli come Gheddafi e i suoi amici vanno fucilati, se non lo farete voi lo faremo noi!”
Naturalmente è stato messo a tacere dai buonisti del presidio e da una funzionaria della digos.

Foto e video:

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Il centro

Il 'Corriere della Sera' sul futuro vice commissario

Nuove ombre sulla controversa figura di Antonio Cicchetti, l'imprenditore aquilano amico del Vaticano che a giorni dovrebbe diventare nuovo vice commissario alla ricostruzione con il compito di coordinamento della Struttura di Gestione dell'Emergenza.
Sessantanove anni, Cicchetti è dal 2004 direttore amministrativo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ed è componente della "Famiglia pontificia" come gentiluomo di Papa Benedetto XVI, a L'Aquila lo si ricorda come presidente onorario del Comitato Perdonanza negli anni in cui la manifestazione fu travolta da scandali giudiziari e lo si conosce per il suo impegno nella riqualificazione della frazione di Santi di Preturo, dove ha aperto il primo campo da golf del comprensorio e sta realizzando centro residenziale, albergo, centro benessere, centro congressi, insomma, un impero immerso nel verde fino a qualche anno fa desolato a venti chilometri dalla città.
Dalle colonne del quotidiano "Il Centro" ha minimizzato, ma l'articolo che segue, dal titolo "Appalti alle ditte dei parenti. Veleni al vertice della Cattolica", apparso ieri sul Corriere della Sera, parla in questi termini del vice commissario in pectore:
«Mala gestio». Cattiva amministrazione, nomine discutibili, conflitti di interessi. L' Università del Sacro Cuore e l' Istituto Giuseppe Toniolo, vale a dire il fulcro del mondo cattolico a Milano (ma non solo), sono toccati da sospetti e indiscrezioni come minimo imbarazzanti. La polemica investe, in prima battuta, il direttore amministrativo dell' Ateneo, Antonio Cicchetti, manager dai «multiformi impegni» (pubblici e privati) cui sta per aggiungere la poltrona di vice commissario per la ricostruzione post-terremoto a L' Aquila. La scia delle eventuali responsabilità o negligenze si impone all' attenzione dell' establishment cattolico, che si concentra nel Comitato permanente dell' Istituto Toniolo, l' Ente morale fondato nel 1920 dal Vaticano con il compito di indirizzare l' azione dei cattolici in ambito universitario. Con il tempo il Toniolo è diventato il centro nevralgico degli equilibri tra Santa sede e Curia milanese, attraverso anche l' innesto di manager e personalità laiche provenienti dal mondo politico (gli eredi della vecchia Dc), giuridico ed economico. Oggi del Comitato fanno parte il cardinale Dionigi Tettamanzi (presidente), Paola Bignardi, Dino Boffo, Giuseppe Camadini, Felice Martinelli, Roberto Mazzotta, Piero Melazzini, Cesare Mirabelli, Alberto Quadrio Curzio, Anna Maria Tarantola e il rettore della Cattolica, appena riconfermato, Lorenzo Ornaghi. Il «caso Toniolo-Cattolica» nasce da tre lettere scritte dal professor Alberto Crespi, giurista di indiscussa levatura, ora in pensione dopo ventisei anni di insegnamento culminati con l' incarico di preside della Facoltà di Giurisprudenza in Largo Gemelli. Crespi sceglie come destinatario-interlocutore l' Arcivescovo di Milano, Tettamanzi, collocato alla presidenza del Toniolo ancora da Papa Wojtyla. Nella serie di scritti (l' ultimo risale al 20 giugno 2010, sul primo aveva già riferito il Corriere), il grande penalista «segnala» quelle che definisce «forti anomalie» nelle scelte compiute dal Comitato permanente del Toniolo. Notazioni sferzanti sullo «scadimento professionale» si alternano a rilievi concreti. Solo tre esempi ricavati da un testo di sette pagine. Primo: «la perdita di un finanziamento statale e regionale a fondo perduto di ben otto milioni di euro, a causa del mancato inoltro della richiesta da parte del Toniolo». Secondo: «Il conflitto di interessi» in cui si viene a trovare Roberto Mazzotta, componente degli organi dirigenti del Toniolo, ma anche promotore della campagna di raccolta fondi avviata dall' Università Bocconi. Infine la cooptazione nel Comitato di Dino Boffo (l' ex direttore di Avvenire, al centro di una campagna che lo ha portato alle dimissioni) a scapito di Giovanni Maria Flick, «cattedratico universitario», già ministro e Presidente della Corte costituzionale. Naturalmente non mancheranno le repliche. Mazzotta, per esempio, fa sapere di aver «esaurito già sei anni fa l' incarico alla Bocconi». Tuttavia, incrociando le verifiche, il consigliere delegato della stessa Bocconi, Bruno Pavesi, riconosce «con orgoglio» che «Mazzotta fa ancora parte di un comitato di indirizzo per la campagna Bocconi 2015, anche se l' organismo si riunisce una o due volte all' anno». Ma i casi specifici alludono, evidentemente, a dinamiche più profonde, a ciò che Crespi definisce, appunto «un' avventurosa mala gestio». Non a caso in parallelo alle «lettere-denuncia» del professore, sono cominciate a spuntare segnalazioni e veri dossier dai contenuti potenzialmente devastanti. Questa volta il focus si concentra sul direttore amministrativo della Cattolica, Antonio Cicchetti, (69 anni, nato a l' Aquila), il cui mandato scade il mese prossimo. Basta digitare il suo nome e cognome nell' archivio telematico del Cerved per ottenere la prima sorpresa: oltre alla carica di «procuratore dell' Università cattolica», ottenuta il 14 febbraio 2008, Cicchetti figura come presidente del consiglio di amministrazione della «Rio Forcella spa», sede all' Aquila; amministratore unico della S.c.a.i. (Società chirurgica addominale italiana, sede a Roma); consigliere della Fondazione Poliambulanza; consigliere di Progettare per la Sanità, iniziative e tecniche editoriali. Dalla sua postazione di comando in Cattolica, Cicchetti è in grado di orientare le scelte economico-amministrative non solo dell' Università, ma soprattutto della vasta area di istituti sanitari che gravitano intorno al Policlinico Agostino Gemelli di Roma (la «clinica dei papi»). Ora, la fitta rete di relazioni, società, clientele attribuita a Cicchetti è semplicemente impressionante. Nel libro soci della Rio Forcella spa, che si occupa di campi da golf in Abruzzo, compaiono personaggi, per lo più amici e parenti, che formano un sistema a grappolo con interessi, tra l' altro, nelle forniture sanitarie, nelle costruzioni, nelle attrezzature informatiche. Un clan familistico, che vede impegnati la moglie Maria Adelaide Venti, i figli Paolo e Americo Cicchetti, il nipote Mauro Cuomo (nominato tra l' altro dallo stesso Antonio Cicchetti direttore amministrativo di cinque strutture collegate all' Agostino Gemelli), il cognato Antonio Cuomo (padre di Mauro e titolare dell' agenzia di viaggio Triremis, fornitore della facoltà di Medicina e chirurgia dell' Università cattolica, sede di Roma). Famiglia, dunque, ma anche vecchie e nuove amicizie. A cominciare dal rapporto consolidato con l' architetto Giuseppe Manara, socio di Rio Forcella, ma soprattutto riferimento costante dei principali lavori di ampliamento del Gemelli a Roma, a quello con Antonio Angelucci (anche lui nato in provincia dell' Aquila), fondatore del gruppo di cliniche private Tosinvest. Il punto chiave, naturalmente, è capire se, in che misura e, soprattutto, con quali procedure, gli appalti e le forniture del «Sistema Cattolica» siano state assegnati da Antonio Cicchetti alle società dei suoi amici e familiari. Toccherà agli organi dell' Università cattolica e alla vigilanza del Toniolo, di cui è garante il cardinale Tettamanzi, dare una risposta. Certo, alcune tracce rafforzano i dubbi. Manara, per esempio, è sicuramente un professionista con un ricco carnet di committenti. Sul suo sito web sono illustrati, per esempio i grandi progetti realizzati a Dubai. Ma è anche un fatto che 5 lavori sui 16 presentati dallo stesso architetto sul suo indirizzo Internet alla voce «sanità» riguardino il Policlinico Gemelli, e 4 su 5 (casella «università») si riferiscano alla Cattolica. Altro riscontro facile: il rinnovamento delle strutture informatiche sempre del Policlinico affidato alla Gesi, società presieduta da Andrea Di Maulo, cugino di Antonio Cicchetti. La Gesi partecipa al consorzio Edith (soluzioni informatiche) con l' Università cattolica. Si potrebbe continuare davvero per ore, seguendo la «Cicchetti map» e tenendo conto di un precedente. Il direttore amministrativo della Università cattolica è già stato condannato dalla Corte dei conti nel 2008 in relazione al buco di bilancio del comitato della «Perdonanza», istituto religioso dell' Aquila. In compenso Cicchetti si fregia del titolo di «Gentiluomo di sua Santità» (piuttosto svalutato di questi tempi in verità). In attesa che da Roma arrivi la nomina ufficiale per il posto da vice commissario all' Aquila e che a Milano i vertici della Cattolica decidano se rinnovargli il mandato da direttore amministrativo.
Giuseppe
Sarcina


pc 26 luglio - IL 26 LUGLIO DEI LAVORATORI ILVA - CHI E PERCHE' VUOLE CALARE IL SILENZIO?




Tutti i mass media locali, e anche nazionali, parlano oggi, 26 luglio, della libertà, per scadenza termini, dei Riva e di Capogrosso, e dell'anno trascorso scandito dall'azione della magistratura (a cui comunque si dà poco spazio) e del governo (a cui si dà invece molto spazio).

Nessuno riporta il 26 luglio 2012 dalla parte dei lavoratori Ilva. 
Oggi iniziarono 2 lunghe giornate di rivolta.
Anche sul fronte operaio è come si volesse calare un silenzio su questo "anniversario" - pure da parte del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti che oggi fa una ciclopasseggiata, dedicata soprattutto ai bambini... (in cui sembrano lontani mille miglia anche i fatti di pochi giorni dopo, del 2 agosto)
Noi invece vogliamo ricordare quei giorni, perchè nel bene e nel male sono parte della storia recente dei lavoratori dell'Ilva ed è bene tornarco per vedere anche ciò che è stato giusto e ciò che era sbagliato e inutile e a volte controproducente per una vera lotta di classe degli operai, contro padron Riva, governo e Stato dei padroni.

Per questo oggi riportiamo la cronaca diretta che facemmo all'epoca del primo giorno della rivolta che bloccò la città
Domani pubblicheremo la cronaca del secondo giorno.

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Taranto: lunga giornata di rabbia operaia


Un lungo pomeriggio di lotta e rabbia operaia oggi a Taranto, con blocchi del ponte girevole e della statale 106 che proseguono ancora e per tutta la notte, mentre i sindacati hanno proclamato lo sciopero a oltranza.
Già ieri gli operai avevano bloccato per un paio d’ore le statali di accesso alla città, al termine dell’assemblea indetta dai sindacati.
Oggi alle 14.00 le agenzie hanno rilanciano la notizia che il G.I.P. Todisco,al termine dell’inchiesta per disastro ambientale, ha disposto il sequestro, senza facoltà di continuità d’uso, dell’area a caldo dello stabilimento Ilva e gli arresti domiciliari per 8 tra proprietari, dirigenti ed ex dirigenti.
Immediatamente l’azienda ha messo in libertà i lavoratori e i sindacati hanno chiamato alla mobilitazione. Un imponente corteo di 8mila parte dallo stabilimento e marcia verso la città.
Hanno bloccato ancora le statali, attraversato la città vecchia, bloccato per oltre un’ora il ponte, e infine raggiunto la Prefettura, dove era in programma un incontro tra prefetto e segreterie sindacali per “ottenere chiarimenti sul contenuto e le conseguenze immediate del provvedimento della Magistratura”.
Al ponte e poi sotto la prefettura si è unita alla folla di operai una delegazione dello Slai Cobas per il sindacato di classe che partecipa alla lotta e sostiene gli operai, ma con parole d’ordine differenti da quelle dei sindacati confederali.
Il coro “il lavoro non si tocca” è rimbombo a lungo per tutto il pomeriggio, ma a parte la feroce determinazione a difendere il proprio lavoro, tra gli operai abbiamo ascoltato anche tanta confusione e poca fiducia in chi li rappresenta.
Molti hanno ripetuto il ritornello azienda e sindacati “perché tanto accanimento contro l’ILVA, mentre nulla si dice dell’Eni, della Marina e delle altre industrie inquinati nel territorio?”.
Ma da tanti abbiamo anche sentito discorsi più simili ai nostri: “l'Ilva non deve chiudere, ma di Riva, e dei politici che hanno gestito l’Italsider quando era pubblica, non ce ne frega niente, devono pagare loro, noi abbiamo già pagato, anche con i nostri morti, loro se ne possono andare, la fabbrica, e il nostro lavoro, devono rimanere”; “se siamo arrivati a questo punto la colpa è di Riva e dei sindacati, che per anni si sono coperti a vicenda, se ci fossero stati prima i cobas, se ora fossimo tutti dei cobas, le cose non starebbero così”.
Dopo un paio d’ore di attesa, escono dal portone i segretari, gli operai si accalcano per ascoltare, c’è frastuono ressa, vola anche qualche spintone. Appena c’è un po’ di silenzio, col filo di voce di un megafono afono il segretario Uilm Talò esordisce con enfasi “oggi , con questa nostra manifestazione abbiamo voluto affermare che è un grave lutto quello che abbiamo subito in questa città…”. Gli sguardi si incrociano mentre tutti ci chiediamo “ma che ha detto? Che vuol dire? Niente!” e giù  altri spintoni e il coro “te ne vai si o no?”.
Alla fine un gruppetto si schiera a protezione del sindacalista, lo circonda e scorta di peso fuori del porticato, lo fa arrampicare sul basamento dei pilastri da dove, sempre con lo stesso megafono da camera, cerca di riferire il contenuto della discussione appena conclusa, in pochi riescono a sentirla.
Abbiamo poi ricostruito che si è trattato di un nulla di fatto: il governo prende posizione contro la chiusura, c’è in corso una procedura d’urgenza per l’immediato riesame del provvedimento di sequestro e l'impugnativa, sono già stati stanziati 336 milioni per gli interventi di bonifica. Tutte cose che la stampa aveva riferito già in mattinata, al termine del tavolo tra regione Puglia, enti locali e ministeri competenti tenutosi a Roma oggi stesso. Tutto buono per Riva, poco o niente per gli operai.
Su come continuare la mobilitazione, la proposta è, più o meno: non ce ne andiamo, ho detto al prefetto restiamo qui fino a quando non riceviamo una risposta soddisfacente. Di nuovo gli sguardi si incrociano perplessi, tutti dicono la loro ma nessuno, proprio nessuno, è disposto a rimanere lì in attesa: c’è chi propone di andare a bloccare la raffineria Eni, chi di riprendere i blocchi di ponte e statali, chi di rientrare nel palazzo. Nel frattempo il numero dei presenti si è ridotto a meno della metà. Alla fine si gruppi di operai riprendono il blocco del ponte girevole e della statale 106, quella per Reggio Calabria, con l’intenzione di portarli avanti per tutta la notte. Domattina assemblea generale fuori della portineria D della fabbrica.

pc 26 luglio- Assassinato un altro dirigente dell'opposizione in Tunisia per mano del fascismo islamico al governo

Scontri a Sidi Bouzid tra polizia e manifestanti.

Sciopero generale in Tunisia dopo l’omicidio di Brahmi





La principale organizzazione sindacale tunisina, Ugtt, ha convocato uno sciopero generale per protestare contro il governo e contro l’omicidio del deputato dell’opposizione, Mohamed Brahmi, ucciso il 25 luglio davanti a casa sua. Le compagnie aeree Tunisair e Tunisair Express hanno annunciato la cancellazione di tutti i voli programmati.

Aggiornamento da infoaut:
23h: La polizia, dopo aver blindato il centro di Tunisi, è tornata a caricare duramente e a lanciare numerosi lacrimogeni non appena alcuni manifestanti hanno tentato di istallare delle tende davanti al ministero degli interni. In questo momento gli scontri proseguono e sembra che la polizia stia tentando di effettuare arresti mirati contro i militanti più conosciuti della capitale. In altre città numerose le manifestazioni sfociate in scontri con la celere e in assalti alle sedi del partito di Ennahdha.

Aggiornamento 20h: durante una conferenza stampa il portavoce del Fronte Popolare Hamma Hammami (già segretario del Partito Comunista dei Lavoratori Tunisini) ha lanciato per domani una giornata di disobbedienza civile generalizzata, ha fatto appello allo scioglimento dell'assemblea nazionale costituente e all'abattimento del governo. Su spinta dell'intervento di Hammami diverse associazioni stanno rilanciando la mobilitazione di domani (che già prevede lo sciopero generale in tutta la Tunisia) puntando il dito contro Ennahdha al grido di "il popolo vuole la caduta del regime". Anche Besma Khalfaoui, vedova del martire Chokri Belaid, intervistata ha invitato il popolo tunisino a riversarsi per le strade del paese e abattere il regime.

Mohamed Brahmi, militante e deputato all'Assemblea Nazionale Costituente per il Fronte Popolare (organizzazione che riunisce partiti e associazioni della sinistra comunista, rivoluzionaria o nazionalista) è stato assassinato a colpi di pistola poche ore fa a Tunisi, a pochi passi dalla sua casa nel quartiere Ariana. Compagno di Chokri Belaid (assassinato 6 mesi fa) recentemente aveva espresso la necessità di riorganizzare la base sociale e politica della sinistra rivoluzionaria e tentare con la piazza l'avvio di una nuova stagione di lotta contro la così detta “transizione democratica” guidata, dopo elezioni farsa, dal partito demo-islamista Ennahdha. In questi minuti sono incorso scontri nel centro della città dove la polizia sta facendo uso di lacrimogeni per contenere i primi gruppi di proletari e militanti carichi di rabbia per il nuovo atto politico. Al grido di “il popolo vuole la caduta del regime!” si stanno radunando manifestanti anche in altre zone della capitale. Dalle prime dichiarazioni rilasciate alla stampa dai manifestanti, il mandante politico dell'omicidio ha un solo nome: Ennahdha, il partito islamista di corrotti e reazionari che dopo le elezioni farsa “garantite” dalle potenze europee e dell'America ha continuato in pieno stile benalinista a stringere nella morsa della repressione e della povertà il popolo tunisino. Nel giorno della festa della Repubblica la Tunisia ha il suo ennesimo martire, una scelta, quella della data per l'omicidio, ad alto valore simbolico che sembra lasciare davvero pochi dubbi a riguardo delle accuse rivolte dai manifestanti al nuovo partito del regime ormai tinto della reazione verde-islamista e dal sangue rosso dei militanti uccisi per la giustizia sociale e la libertà.




pc 26 luglio - NO TAV .. Marta prima picchiata e molestata dagli sbirri porci.. ora processata ! massima solidarietà

                 Non ti lasceremo sola,
      oggi  tutti e tutte ore 12,30 al Tribunale di Torino!

martaPisa, 25 Luglio 2013
Mi hanno ferita, ma le ferite che fanno più male non sono quelle sulla pelle, ma quelle sottopelle, quelle che non mi lasciano dormire di notte. 
A queste si aggiungono gli insulti gratuiti e vigliacchi scagliati da dietro un pc o dal microfono di una radio.
Lavoro aiutando donne che hanno subito violenza, le spingo a lottare per se stesse, ed ora che tocca a me non mi tiro indietro.
In questi giorni sono state tante le braccia che mi hanno stretto e che mi hanno dato forza.
Il calore della pelle dei compagni e soprattutto delle compagne aiuta a rimarginare ciò che si è rotto. Come braccia strette a cordone che sorreggono e spingono in avanti, a testa alta.
Ringrazio già da ora chi mi è stato vicino e chi lo sarà domani davanti al tribunale di Torino.
 Ringrazio le Donne della Val di Susa.
Se toccano una toccano tutte!
Non un passo indietro!
Marta Camposano
Queste sono le poche righe scritte da Marta al movimento No Tav, poche ma dense di significato e che racchiudono il senso di cosa vuol dire oggi resistere alla violenza del potere.
Marta è stata convocata nella giornata di domani dai pm Padalino e Rinaudo. Una prima convocazione per interrogarla in quanto indagata rispetto ai fatti di venerdì notte, una seconda per ascoltarla rispetto alle molestie sessuali subite e  denunciate pubblicamente.
Il pensiero che Marta debba raccontare la sua esperienza a chi quella notte era dentro il cantiere e ha sposato pubblicamente e in aula di tribunale la battaglia contro il movimento No Tav è un qualcosa di profondamente scorretto e, questo sì, violento.
Lo è alla luce dei motivi più evidenti sopracitati, ma anche se pensiamo a che fine hanno fatto (e faranno) tutte le denuncie di violenza e diffamazione che tanti del movimento No Tav hanno sporto: richiesta di archiviazione da parte della Procura di Caselli. Una procura, questa torinese, che viaggia a senso unico e che anche in occasione della denuncia dei pestaggi del 3 luglio con le prove fornite dal dossier “operazione Hunter” si è girata dall’altra parte.
Il fatto che siano Rinaudo e Padalino, amici dei poteri forti, ad interrogare Marta è inaccettabile, pertanto il movimento No Tav convoca un presidio fuori dal Tribunale di Torino domani alle ore 12,30 per non lasciare sola Marta e denunciare l’ennesima schifezza messa in piedi dai tifosi del Tav.
La Procura di Caselli è impegnata da anni in un attacco sistematico alla lotta No Tav, lo fa attraverso le centinaia di denunce agli attivisti del movimento, i fogli di via, le restrizioni della libertà personale e i numerosi processi in corso e quelli che si apriranno a breve. Nel fare ciò lavora a stretto contatto con la Questura e si appoggia a tutta una rete di politici e giornalisti che, grazie al potere del loro ruolo (i primi) e la potenza della carta stampata (i secondi), completano un sistema che ha come obiettivo quello di screditare il movimento agli occhi dell’opinione pubblica e di indebolirlo.
La notizia che oggi ci da Marta è però portatrice di un tale livello di infamia che merita una presa di posizione più ampia ed una pronta risposta collettiva.