domenica 7 aprile 2013

pc 7 aprile - La Grecia rinfresca le idee

Leader neonazista di Alba Dorata gettato in mare da immigrati e comunisti
Fonte: atenecalling

Il militante di estrema destra, dopo aver aggredito un gruppo di immigrati, era andato a disturbare alcuni comunisti del Kke in riunione. Infine, anche un fanclub dell'Aek Atene...

Disavventura per Stelios Vlamakis, leader cretese del partito neonazista Alba Dorata , che martedì insieme a un manipolo di camerati ha partecipato a una manifestazione razzista a Chania, località turistica balneare sull'isola di Creta. Il corteo è stato caratterizzato dall'aggressione a un gruppo di immigrati e dalle continue provocazioni davanti alla sezione del partito comunista Kke. Sfortunatamente per i neonazisti, però, hanno pensato di disturbare anche un fanclub dell'Aek Atene: è finita che immigrati, comunisti e appassionati di calcio si sono uniti ed hanno deciso di reagire e di farlo con una certa decisione. I militanti di Alba Dorata sono stati spinti verso il porto: ormai braccati, non hanno però rinunciato ai loro slogan e hanno finito per prenderle di santa ragione.

Un paio di loro sono finiti in ospedale, mentre il loro capo Stelios Vlamakis è stato gettato in mare, quindi ripescato sano e salvo. C'è solo da sperare che si sia rinfrescato le idee.

di Davide Falcioni
06/04/2013

pc 7 aprile - La repressione non fermerà la lotta dei disoccupati organizzati e precari di Taranto

Lunedi 8 aprile  si tiene l'ennesimo processo contro i disoccupati
organizzati di Taranto.
Decine e decine di compagni, con i dirigenti e attivisti dello SlaiCobas per
il sindacato di classe, li subiscono ormai al ritmo di uno al mese, per le
forme di lotta sviluppate per il lavoro e il salario garantito a Taranto
Blocchi stradali , fermo di un treno per andare in regione a Bari  (questo
il reato contestato nel processo dell'8 aprile), occupazione dei comune,
presidi e iniziative presso tutte le istituzioni, scontro con i vigili e
forze dell'ordine ecc
Un repressione scatenata per impedire che a Taranto la lotta per il lavoro
vincesse contro il blocco unito di sindaco, prefettto, Stato, partiti
parlamentari, consigli d'amministrazione delle municipalizzate.
Ma, cionostante un bel gruppo di disoccupati oggi lavora, altri hanno fatto
corsi di formazione retribuiti, altri ancora sono ancora in lotta per un
piano di raccolta differenziata porta a porta per tutta la città, che dia
lavoro stabile e sicuro a 200 disoccupati.
Il piano di bonifica ambientale deve dare lavoro a centinaia di disoccupati
dei quartieri tamburi e PaoloVI.
Servono corsi di formazione retribuiti per centinaia di disoccupati
Servono forme di salario garantito, da strappare a Comune, Provincia
Regione.

I disoccupati organizzati sono uniti nella lotta con gli operai Ilva che
lottano per lavoro e salute, sono uniti con i precari degli appalti comunali
e provinciali che rischiano di perderlo, con le lavoratrici degli asili e
delle scuole statali.

La lotta e' una sola
La repressione non ci fermerà

coordinamento precari-disoccupati organizzati
slai cobas per il sindacato di classe taranto
info slaicobasta@gmail.com tel. 347-5301704

pc 7 aprile -Suicidi nelle Marche, Boldrini contestata ai funerali di Civitanova


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"Faceva meglio a non venire" è lo sfogo della sorella di Romeo Dionisi. "Non ce la facciamo più" grida la folla. Il presidente della Camera andrà all'obitorio per incontrare i familiari delle vittime

Laura Boldrini
Omicidio di Stato“, “Omicidio della politica”, “Ladri“,  e “neanche gli animali sono trattati così”. La tensione era alta nella Chiesa di San Pietro e Paolo di Civitanova Marche all’arrivo dei feretri deitre anziani che si sono suicidati per gravi motivi economici. E, quando le porte della Chiesa si sono chiuse, chi è rimasto all’esterno ha continuato a gridare  ”assassini” e frasi come “non è vero che non hanno chiesto aiuto, non glielo hanno dato“.
E al suo arrivo nella cittadina marchigiana la presidente della Camera è stata contestata. “Faceva meglio a non venire”, è lo sfogo che accoglie Laura Boldrini, giunta per partecipare ai funerali. 
 ”Non ce la facciamo più – è l’urlo della folla – non c’è futuro per i giovani”. Davanti al Comune, dove era in corso una riunione aperta per i coniugi morti, le grida erano alte. Laura Boldrini, però, si è difesa: “Ci tenevo ad essere qui, è una tragedia immensa“.
”Bisogna dare più misure di protezione sociale in un momento in cui la crisi è pesante” è l’appello lanciato dalla presidente della Camera,

pc 7 aprile - il magna magna della LEGA, Lombardia, governa la band di Maroni. Piazzati nella sanità gli amici del presidente



Regione Lombardia, Maroni porta un musicista della sua band al Pirellone

Giovanni Daverio, già direttore generale della Asl di Varese è ora in Regione a capo dell’assessorato alla famiglia e aveva già lavorato nel ministero del Welfare guidato da Maroni; Giuseppe Rossi è invece a capo del polo ospedaliero di Lodi

Regione Lombardia, Maroni porta un musicista della sua band al Pirellone
“Persone di specchiata fiducia e professionalità”, dicono dal Pirellone. E soprattutto amici da sempre del neopresidente,
che ha a cuore i compagni della sua band: uniti dal 1981. Nella villa che il suocero gli regalò per il matrimonio, Maroni è entrato prima con loro che con la moglie: la cantina, quando il resto della casa era ancora un cantiere , veniva usata come sala prove. E da allora sono rimasti quasi tutti uniti. Gli stessi saliti sul palco in corso Como poche domeniche fa per festeggiare la conquista della Lombardia e gli stessi che domenica suoneranno, secondo il programma della giornata a metà pomeriggio (salvo contestazioni o ripensamenti) a Pontida. Prima la band, poi il Nord.
L’altra vocalist, Simona Paudice, è tuttora “coadiutore amministrativo esperto” all’ospedale di Treviglio, nonostante le proteste che la nomina scatenò nell’agosto 2011 e le interrogazioni del Pd, rimaste senza risposte. “Tutto regolare”, secondo Cesare Ercole, direttore dell’azienda nonché altro uomo dalla bandiera leghista. E nel distretto sanitario Treviglio-Gallarate c’è un altro componente della band: Ivan Caico, sax tenore e baritono, primario di cardiologia all’ospedale di Gallarate. Tutti professionisti prima che musicisti.

pc 7 aprile - A Torino un'azienda meccanica su tre ha chiuso nei quattro anni di crisi



di Filomena Greco sole24ore

Un terzo delle aziende chiuse "per crisi" dal 2008 a oggi e circa 14mila lavoratori persi nell'arco di quattro anni, un quarto del totale: è la fotografia presentata dalla Fiom di Torino sul campione di aziende metalmeccaniche, 406, monitorate dalle tute blu della Cgil.
Uno spaccato drammatico del momento economico vissuto in terra piemontese, uno spaccato che non comprende le aziende del gruppo Fiat, «né la miriade di piccole imprese – aggiunge il segretario provinciale Federico Bellono – travolte dalla crisi e difficili da censire». Il tema della tutela del lavoro e della difesa del reddito sarà al centro della manifestazione che la Fiom ha organizzato per la prossima settimana, martedì 9 aprile, a Torino: «Temi urgenti, quanto quello dei crediti alle imprese, che richiedono uno sforzo per irrobustire la dotazione di tutele sociali per chi ha perso o rischia di perdere il lavoro, a cominciare dal rifinanziamento della cassa in deroga e ai contratti di solidarietà. L'obiettivo è superare questa fase e salvaguardare le professionalità» sottolinea Bellono. 
Una crisi che tocca profondamente il settore dell'automotive – 5mila i posti persi nelle aziende seguite dalla Fiom – e che rimanda all'urgenza degli investimenti sul sito di Mirafiori. Anche se la difficoltà riguarda il comparto della meccanica in generale – tanto che alla manifestazione di martedì ci saranno le delegazioni di una ventina di aziende dello stampaggio della zona del Canavese, ad esempio – come anche il settore dell'Ict.
La chiusura delle acciaierie Beltrame di San Didero, con oltre 350 addetti, e della Bergo, travolta dalla crisi del Gruppo Thyssenkrupp – un centinaio i lavoratori dello stabilimento piemontese – sono soltanto le ultime due gravi vertenze. Che si affiancano alla crisi della ex De Tomaso – 900 lavoratori in cassa fino a luglio – e della Romi Sandretto, in capo alla multinazionale brasiliana, che ha annunciato la chiusura dello stabilimento qualche settimana fa senza, di fatto, alcuna prospettiva.
Nel monitoraggio fatto dalla Fiom, sono 129 le imprese che dal 2008 hanno chiuso i battenti con una perdita di circa 8mila posti di lavoro. «Ma a forte rischio – spiegano i rappresentanti sindacali – sono anche gli oltre 8.700 addetti di aziende dove c'è la cassa integrazione straordinaria e i 4.500 che lavorano in imprese con la mobilità».

5 aprile 2013

pc 7 aprile - IMPORTANTE SENTENZA A VENEZIA LA COOPERATIVA QUADRIFOGLIO FORNIVA ILLECITAMENTE MANODOPERA IN INTERPOSIZIONE


COME AVEVAMO DENUNCIATO SIN DAL 2010 IN CUI LA QUADRIFOGLIO POI QUADRICOOP E POI
FLORENCE WORK, CHE "DAVA LAVORO" (EUFEMISMO) A 400 OPERAI IN BUONA PARTE IMMIGRATI,
CHE LAVORAVANO IN NUMEROSE FABBRICHE DEL VENETO,
ORA C'è UNA SENTENZA PER VIOLAZIONE DELLE NORME DELLA LEGGE 276/2003 (RICORSO PER
INTERPOSIZIONE ILLECITA DI MANODOPERA).
AGLI OPERAI IMMIGRATI M.C. E C.Y. E' STATO ANCHE RICONOSCIUTA COME DOVUTA LA
RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO DAL LICENZIAMENTO (FINE 2008) AD OGGI.
LO STUDIO PALADIN HA COSI' OTTENUTO UN OTTIMO RISULTATO CHE RENDE GIUSTIZIA
ALLE NOSTRE DENUNCE ED ATTIVITA' DIRETTE AD EVIDENZIARE IL "MODERNO" SCHIAVISMO
DEL MODELLO DEL NORD-EST CHE RICORDIAMO NOI E' STATO MOLTO 
APPREZZATO DA NOTI INTELLETTUALI TRADITORI DELLA CLASSE OPERAIA.
L'AZIENDA CONDANNATA AL RISARCIMENTO E' LA ZA DI VENEZIA CHE OPERAVA NELL'AMBITO
DELLE FORNITURE A FINCANTIERI, LA ZA OPERA NELLA RACCOLTA CERNITA FORNITURA DI
MATERIALI FERROSI.
IL COBAS DEI DISOCCUPATI EX QUDRIFOGLIO AVEVA GIA' OTTENUTO POSITIVI RISULTATI IN
PROCESSI VERSO PERMSTELISA E ARREDO3, MA QUI OTTIENE UN SUCCESSO COMPLESSIVO.

sabato 6 aprile 2013

pc 6 aprile. Processo per il 15 Ottobre: rinvio a giudizio per 18 compagni e 7 assoluzioni




Si è aperto ieri a Roma il processo a carico di 25 compagni e compagne per i fatti del 15 ottobre 2011, quando centinaia di migliaia di persone parteciparono al corteo nella capitale per gridare il proprio no alle politiche di austerity e del sacrificio, come avveniva contemporaneamente in moltissime altre città europee e non solo.

Circa un anno fa le indagini sugli scontri che avvennero in piazza San Giovanni si concretizzarono in arresti, misure cautelari e perquisizioni in diverse città italiane: l’accusa – tra le altre - è di devastazione e saccheggio, la stessa già impiegata per il G8 di Genova, un reato di derivazione fascista risalente al Codice Rocco.

Ieri mattina in concomitanza con l’apertura del processo era stato convocato un presidio in piazzale Clodio, sotto il Tribunale di Roma, a cui hanno partecipato moltissime persone decise a portare solidarietà agli imputati.

Contemporaneamente, a Teramo, un presidio sotto la Prefettura per sostenere Davide Rosci, uno degli imputati attualmente in carcere e vittima di un particolare accanimento giudiziario nei propri confronti. Molte anche le iniziative e gli striscioni di solidarietà in altre città d’Italia.

L’udienza preliminare si è conclusa con il rinvio a giudizio per 18 degli imputati , mentre per 7 di loro è stato disposto il proscioglimento. Tre indagati finiti a giudizio risponderanno anche dell'accusa di tentato omicidio per aver partecipato all'assalto di un blindato dell'Arma (per lo stesso assalto sono già stati condannati altri 6 manifestanti).

Nella giornata di ieri sono intervenute come parti civili il ministero dell’Interno, quello dell’Economia e quello della Difesa assieme ad alcuni agenti di polizia: come in altri casi lo Stato al completo per condannare e demonizzare i momenti di conflitto sociale di questi anni.

La prossima udienza si aprirà il 27 di giugno, mentre per l’11 aprile è già stato convocato un nuovo presidio di solidarietà – sempre a piazzale Clodio – in occasione del Tribunale del riesame che deciderà sulla posizione di Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo.


da InfoAut

pc 6 aprile: IL GOLPISTA, ORA E SEMPRE CAVALIER SERVENTE



Caso Abu Omar, Napolitano concede la grazia a Joseph Romano
Fonti del Quirinale sostengono che Giorgio Napolitano nella concessione della grazia al militare Usa si sia ispirato "allo stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due marò in India". E' un fatto, però, che Obama in persona il 15 febbraio aveva chiesto la grazia per tutti i 23 condannati Usa per i sequestri (22 agenti Cia e un militare), come ha rivelato Il Fatto Quotidiano il 22 febbraio.
Ultimo atto prima di lasciare il Colle. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha concesso la grazia al colonnello Joseph Romano, che era stato condannato dalla Corte d’Appello di Milano in relazione al cosiddetto caso Abu Omar. Fonti del Quirinale sostengono che Giorgio Napolitano nella concessione della grazia al militare Usa si sia ispirato “allo stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due marò in India“. E’ un fatto, però, che Obama in persona il 15 febbraio aveva chiesto la grazia per tutti i 23 condannati Usa per i sequestri (22 agenti Cia e un militare), come ha rivelato Il Fatto Quotidiano il 22 febbraio. Quello che resta da chiarire è il destino degli altri condannati definitivi, una patata bollente che Napolitano lascerà nelle mani del suo successore. Gli americani vogliono il colpo di spugna per tutti, anche per l’ex capo della Cia in Italia Jeff Castelli, appena condannato in appello. In caso di conferma della sentenza di secondo grado, il principio della clemenza potrebbe valere anche per Nicola Pollari  e Marco Mancini.
LE MOTIVAZIONI UFFICIALI DEL COLLE –  Secondo quanto si legge nel comunicato del Quirinale, il Capo dello Stato “ai sensi dell’articolo 87, comma 11, della Costituzione, ha oggi concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano III, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012. La decisione è stata assunta dopo aver acquisito la documentazione relativa alla domanda avanzata dal difensore avvocato Cesare Graziano Bulgheroni, le osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere non ostativo del Ministro della Giustizia”. “A fondamento della concessione della grazia – prosegue il Quirinale – il Capo dello Stato ha, in primo luogo, tenuto conto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, subito dopo la sua elezione, ha posto fine a un approccio alle sfide della sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico e concretatosi in pratiche ritenute dall’Italia e dalla Unione Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di diritto”.     “D’altra parte – si legge nella nota – della peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione che, pur escludendo che il Romano – come gli altri imputati americani – potesse beneficiare della causa di giustificazione dell’avere obbedito all’ordine delle Autorità statunitensi, ha però ricordato ‘il dramma dell’abbattimento delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo; e ha evidenziato ‘la consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare, consapevolezza alla quale conseguì l’adozione da parte degli Stati Uniti di drastici provvedimenti”.
“L’esercizio del potere di clemenza – è la conclusione- ha ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di promozione della democrazia e di tutela della sicurezza”.
POLLARI E LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO – La decisione di Napolitano avviene, inoltre, nel giorno in cui sono state depositate le motivazioni della Corte D’Appello di Milano che ha condannato a 10 anni Nicolò Pollari. ”In Italia chi fa il suo dovere viene perseguito. Chi osserva la legge viene condannato: ma qualcuno si sta dando carico di questo problema? Io credo che nelle sedi proprie si debba molto riflettere, perchè qui stiamo scherzano con la democrazia”, è lo sfogo di Pollari. “E’ stato condannato un innocente – ha ribadito – leggo dalle motivazioni di essere stato condannato perché mi viene imputato un comportamento che è invece diametralmente opposto a quello tenuto nell’esercizio delle mie funzioni: non solo sono estraneo a questa vicenda, ma ho impedito che il Sismi da me diretto potesse anche semplicemente immaginare ipotesi del genere”. Non solo. Secondo Pollari la prova della sua innocenza è “documentale“, essendo contenuta nei vari atti “coperti da segreto di Stato: non è colpa mia – dice – se tre governi mi hanno ordinato di non utilizzare quegli atti e di non propagarne il contenuto. Io ho solo osservato la legge, ho rispettato quello che è un obbligo sanzionato penalmente, ma a quanto pare oggi ciò in Italia non serve. Sono incredulo. Cosa mi si rimprovera?”. 
LA REAZIONE DEGLI USA – Una nota dell’ambasciata Usa a Roma fa sapere che “l‘ambasciata americana accoglie con estremo favore la decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di concedere la grazia al colonnello Joseph L. Romano e apprezza il contesto di amicizia italo-americana nel quale è maturata”. La posizione di Romano, l’unico militare del Pentagono e Nato tra gli americani condannati, è sempre stata molto al cuore all’amministrazione Usa, che in occasione della prima condanna espresse “disappunto”, sostenendo che i tribunali italiani non avessero alcuna giurisdizione su di lui. La cassazione – respingendo la tesi di Romano che sosteneva di godere di immunità – ha però stabilito che “legittimamente” i carabinieri svolsero le indagini sul rapimento di Abu Omar anche nella base Nato di Aviano, in quanto la base, e gli uffici “ivi allocati”, non godono “di extraterritorialità ed immunità dalla giurisdizione penale per fatti rientranti nella giurisdizione italiana”.

CHI E’ JOSEPH ROMANO -  Il colonnello Joseph L. Romano, l’ufficiale graziato oggi dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, all’epoca del sequestro di Abu Omar era il responsabile statunitense della sicurezza della base di Aviano, dove sostò l’aereo che portò l’ex imam in Germania e da lì in Egitto. Il 19 settembre 2012 la Cassazione lo ha condannato in via definitiva insieme a 22 agenti della Cia, ritenuti responsabili del rapimento: all’ex ‘capo centro’ Robert Seldon Lady sono stati inflitti 9 anni di reclusione e agli altri 7. Joseph Romano, 56 anni, originario di Darby, in Pennsylvania, dal 6 luglio 2001 al 7 luglio 2003 è stato in servizio al 31/o SFS (Security Forces Squadron) Usaf dell’aeroporto di Aviano: dopo i fatti èstato trasferito al Pentagono. Secondo gli atti dell’inchiesta avrebbe, nella sua qualità di “ufficiale superiore responsabile statunitense nella base di Aviano”, “atteso i sequestratori ed il sequestrato nella base, garantendo ai primi l’ingresso sicuro e la possibilità di imbarcare il sequestrato su un aereo che lo conduceva fuori dell’Italia”.

pc 6 aprile: Il 75% delle tasse? IN TASCA LORO!

da Roberto -Formigoni- a Roberto "Bobo" -Maroni- il metodo è uguale E' COSA NOSTRA, PARDON, COSA LORO




Regione Lombardia paga 268mila euro all’ex assessore in carcere per mafia
Domenico Zambetti, arrestato per voto di scambio con la 'ndrangheta, ha già ricevuto la liquidazione per i 12 anni passati in Consiglio al Pirellone. La notizia emerge da un colloquio intercetato in carcere. di Fabio Abati | 5 aprile 2013
E adesso ai lombardi tocca pure pagare la buonauscita a Domenico Zambetti, l’ex assessore regionale della Lombardia, rinviato a giudizio con la pesantissima accusa di voto di scambio con la ‘ndrangheta. Ammonta ad una cifra di poco superiore ai 260mila euro: 268 mila per l’esattezza, quanto la Regione Lombardia – e quindi il contribuente – ha liquidato all’ex assessore alla Casa della giunta di Roberto Formigoni, rinviato a processo con rito immediato assieme ad altre 17 persone, alcune delle quali accusate di essere contigue all’organizzazione criminale calabrese. Quindi 268mila euro per tre legislature. Un tesoretto che Zambetti ha accumulato durante la sua attività al Pirellone e che la Regione non poteva esimersi dal liquidargli. La notizia la si apprende dalla bocca del diretto interessato, l’ex assessore, che è stato intercettato durante la sua detenzione presso il carcere di Opera su richiesta di Giuseppe D’Amico, il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Milano, che ha condotto le indagini e ordinato l’arresto di Zambetti il 10 ottobre scorso. D’Amico aveva richiesto l’acquisizione di queste intercettazioni quali fonti di prova; alcuni avvocati avevano però sollevato una serie di eccezioni e solo di recente il giudice s’è pronunciato, ammettendo nell’ambito del procedimento, le trascrizioni delle parole di Zambetti, registrate nella sala colloqui del carcere di massima sicurezza alle porte di Milano. Il 5 gennaio scorso alle ore 10 e 15 del mattino l’ex assessore sta dialogando con la convivente, Mara Grazioli, la figlia Simona nonché il genero Francesco Stoccoro. Di questa intercettazione il personale dei carabinieri in forze al Nucleo investigativo di Milano non fa una trascrizione letterale, ma un riassunto che riporta successivamente nel brogliaccio da consegnare in Procura. Ecco cosa scrivono i militari: “Dopo i saluti Mara Grazioli riferisce a Zambetti che sono arrivati i suoi documenti della pensione dalla Regione Lombardia. Come fine rapporto di lavoro, a Domenico Zambetti gli hanno conteggiato duecentosessantotto (268.000 euro, ndr). Nel corso della conversazione Mara precisa che ha avvisato l’avvocato di verificare che non ci siano blocchi in tal senso”. Fonti interne confermano a ilfattoquotidiano.it che la cifra dovuta all’ex assessore alla Casa, come “trattamento di fine servizio” è stata liquidata a inizio 2013. Domenico Zambetti fu eletto per la prima volta al Pirellone come consigliere nel 2000, col gruppo “Cristiano Democratici Uniti – Partito Popolare Europeo”; da quel momento non ha mai interrotto la sua attività in Regione, arrivando quindi al terzo mandato. L’ultimo, nel 2012, è quello sotto accusa, per il quale Zambetti è imputato di aver acquistato 4 mila voti dalla ‘ndrangheta, in cambio di 200 mila euro in contanti, di assunzioni e promesse di appalti. Come lasciato intendere dalle parole dell’ex assessore, l’economato della Regione avrebbe potuto opporre eccezione legale alla liquidazione di quanto dovuto. Ma il diretto interessato non era intenzionato a tirare i remi in barca: in fondo era suo diritto avere quei soldi, perché la legge regionale parla chiaro. In un’intercettazione registrata a Opera a inizio dicembre 2012, per la precisione il giorno 5, Zambetti sbotta: “Questi pensano che… Gli faccio un culo come… Questo coglione (si riferisce a qualcuno che stava seguendo la pratica per lui nrd), ieri gli ho fatto l’elenco, deve andare in Regione! Adesso la pensione la modificheranno…” Successivamente – come riassume il personale addetto all’ascolto – “Zambetti prosegue il discorso sugli anni di contributi pensionistici, sul suo vitalizio, sulla sua liquidazione, di circa 240 mia euro per tre legislature…” una cifra calcolata per difetto, come abbiamo visto.