mercoledì 3 aprile 2013

pc 3 aprile. Femminicidio a Ravenna: un'altra donna uccisa dal proprio compagno


Ancora un'altra violenza su una donna, uccisa dal suo compagno, l'ennesimo femminicidio, affatto "a sè stante", ma prodotto da questo sistema sociale a comando maschile che concepisce anche i rapporti sociali come rapporti di proprietà privata, un sistema reazionario che "odia le donne", le discrimina, le umilia, le offende e le uccide se "osano" sfuggire al dominio maschilista, con la solita mistificazione ideologica che ne consegue da parte dei mass media sulle giustificazioni del maschio omicida in preda a raptus perchè lei "voleva lasciarlo".


dal foglio delle compagne mfpr

“…Non è possibile lottare contro la violenza sessuale e i femminicidi senza rovesciare questo sistema sociale che li produce e di cui se ne fa puntello. Questa lotta non ha niente da spartire con la politica del femminismo piccolo borghese che vuole “liberarsi dalla famiglia” in una logica però tutta individualista, né può essere ridotta a mera
lotta contro gli uomini… ma ha a che fare invece con la concezione/pratica del NOI ODIAMO GLI UOMINI CHE ODIANO LE DONNE, nel senso che ad una violenza che è sistemica la maggioranza delle donne deve rispondere, organizzandosi, con la legittima violenza rivoluzionaria – che deve esprimersi già da oggi, lasciando ad altri i lamenti e le inutili e impotenti richieste, e sviluppando una linea combattiva verso gli stupratori, assassini e le Istituzioni
“…Questa lotta, rivoluzionaria, se non può che essere fatta innanzitutto in prima persona dalle donne, che subiscono tutte le catene, non è però interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari, perché è una lotta per una nuova umanità, nuovi rapporti sociali…”
NOI ODIAMO GLI UOMINI CHE ODIANO LE DONNE vuol dire lottare contro le radici della violenza sessuale e delle uccisioni contro le donne, lottare contro questo sistema capitalista che deve essere distrutto, e le donne hanno doppie ragioni per farlo!"

Infermiera strangolata in casa
Il compagno confessa
La 36enne voleva lasciarlo, il 45enne muratore l'ha afferrata al collo poi è rimasto a vegliare il cadavere sul letto



Adela Simona Andro, 36enne uccisa dal compagno Valer Ispas Baciu. Lei voleva lasciarlo
Il 45enne romeno Valer Ispas Baciu - compagno della 36enne infermiera, la connazionale Adela Simona Andro, trovata morta in mattinata nel suo appartamento di via Bozzi a Ravenna - ha ammesso le proprie responsabilità: avrebbe afferrato all'improvviso la donna al collo perché lei voleva lasciarlo ma senza l'intenzione di ucciderla. Dopo il delitto è rimasto per diverse ore a vegliare il cadavere incerto sul da farsi. Si trova ora in stato di fermo.
L'uomo, difeso dall'avvocato Francesco De Angelis, conviveva con la donna nell'appartamento al secondo piano di una palazzina nelle vicinanze della Comet: è stato trovato dai carabinieri all'interno dell'abitazione e subito portato in caserma dove è stato interrogato fino alle 23 del 2 aprile nel tentativo di fare chiarezza sulle ore precedenti all'irruzione dei militari allertati da un vicino. In serata la confessione.
A imprimere un'accelerazione sul caso sono state le ecchimosi individuate sul collo della vittima che a giugno avrebbe compiuto 36 anni. Secondo una prima ispezione cadaverica i segni erano compatibili con uno strangolamento. Da subito era stata accertata la morte per asfissia ma non era escluso che potesse trattarsi di un suicidio. Il cadavere della donna era adagiato sul letto della camera dell'appartamento affittato circa un anno e mezzo fa.
Tra i due un rapporto tormentato da ormai un po' di tempo: «Simona parlava poco, ma so che voleva lasciarlo, e lui non lo accettava. Lei voleva che se ne andasse», racconta una collega di Simona (vedi anche tra gli articoli correlati). Infermiera domiciliare da tre anni con contratti annuali per l'Ausl, Simona, a quanto racconta chi l'ha conosciuta, era arrivata in Italia una quindicina di anni fa, lasciando una figlia piccola in Romania, che oggi ha diciotto anni e vive con i nonni materni. «Ha vissuto per anni facendo ciò che trovava, da irregolare - racconta anche l'infermiera sua collega - Ha lavorato in un macello. Poi è riuscita ad avere i documenti, a farsi riconoscere il diploma da infermiera preso in Romania. Ha lavorato in case per anziani per un po' e poi è arrivato il lavoro all'Ausl. Era venuta in Italia anche per inseguire quest'uomo che oggi...».
03 - 04 - 2013

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