giovedì 14 marzo 2013

pc 14 marzo - assemblea all'Istituto Orientale Napoli il 12 marzo, verso l'iniziativa nazionale ilva tamburi taranto del 22 marzo

"A scuola dalle masse". Conversazioni con un operaio dell'Ilva


Pubblichiamo una riflessione scritta a caldo da compagno dopo l'iniziativa "ILVA: lavoro o salute? Noi non vogliamo scegliere!".
- qualche foto dell'iniziativa

Il macabro scenario di una città dilaniata dagli interessi padronali che sta morendo di indifferenza, con una stragrande parte di popolazione succube dei più retorici luoghi comuni che, aimè, trovano un reale riscontro in alcune fette della popolazione

Piero, un operaio dell'Ilva, è entrato in aula, indossando quell'umiltà che solo chi, come lui, nell'oblio più totale riesce ancora a preservare. L'umiltà però non ci interessa, adesso, quello che inizialmente non salta alla vista è la grande voglia di rivoltare lo stato di cose che, quotidianamente, subisce.

All’inizio decido di avvicinarmi pensando potesse essere utile ascoltare ciò che aveva da dire, dopo poco mi accorgo che l'utilità diviene interesse e l'interesse partecipazione.

Potrei analizzare, avendo forse ragione, tutto ciò che Piero inizia a raccontare, potrei scrivere un report, oppure dare sacrosanta ragione a quel rivoluzionario con barba e capelli lunghi che a noi piace tanto, ma sono impedito in questo intento, sono impedito dal momento in cui la commozione ha spodestato la partecipazione ed avendo la possibilità di affrontare l'argomento in quell'ottica lucida ed intelligente nell'assemblea che a breve incomincerà, decido di immergermi, di immedesimarmi per quanto possibile, decido che forse in questo momento la cosa più giusta sarebbe cercare di provare anche minimamente cosa vuol dire vivere a Taranto, cosa vuol dire lavorare all'Ilva e come tutto ciò modifichi profondamente la vita di un uomo.

Quello descritto da Piero diviene uno scenario tragico, il ghetto d'Italia, una città sacrificata affinchè la produzione possa andare avanti ed il capitale gonfiarsi a dismisura, ma i picchi più tragici si toccano, forse per un'estrema sensibilità a questi argomenti, quando il racconto esce dall'ilva ed entra nelle famiglie di questi lavoratori, nei reparti ospedalieri dove un numero troppo alto di bambini lotta per la vita, ma anche all'interno della testa di quegli operai che stando alla propria postazione lavorativa devono "fare i conti" con le innumerevoli tragedie che si paventano sotto forma di pensieri; in un susseguirsi di mutui per la casa, mantenimento della famiglia, salute dei propri cari a rischio, un posto di lavoro che diviene precario nel momento in cui si vuole preservare la propria incolumità, spese economiche di ogni genere che crollano a capofitto su un corpo già massacrato da macchinari industriali e tremende esalazioni. Esalazioni emesse da scarichi di fabbrica, esalazioni emesse dalla bocca di un uomo, dov'è la differenza? Questa è la vera alienazione, l'uomo ridotto a macchina, costretto a sacrificare la propria salute per non sacrificare la propria esistenza, la propria famiglia, la propria sicurezza economica, se di sicurezza si può parlare.
Piero continua, mi invita ad entrare in quei reparti dove, come ho già detto, troppi sono i bambini in cura, mi assicura che ne uscirei con la pelle accapponata, troppi bambini in cura come troppi sono i lavoratori condannati a morte in quel mostro chiamato ilva. Troppi ancora sono gli incidenti, molti non denunciati per ricatto, che si susseguono giorno dopo giorno.

In questo clima, con tutti questi assurdi pensieri che offuscano la mente di un lavoratore, non ci si può distrarre, una distrazione equivarrebbe ad un altro incidente, come continua a raccontare colui dalle cui labbra pendo in questo momento; allora l'uomo viene totalmente annullato, inghiottito dalla macchina del capitale, tramutato anch'esso in macchinario, in mero esecutore che per forza di cose è costretto a "staccare" quello che più ha di prezioso, il cervello, affinchè tutti questi pensieri non siano causa di un’ulteriore tragedia.

In questo momento di estrema tragicità, che potrebbe essere reputato irreale da chi non abituato a questo genere di racconti, Piero cambia tono, con una rabbia ed una commozione che sicuramente avranno coinvolto tutti.
Cambia tono, ma paradossalmente, ed è questa la bellezza, non sono nè rabbia, nè commozione, a concludere il discorso, bensì una voglia, una voglia sana cambiamento, di riscossa, di riscatto, di lotta.

E' questo il sentimento che pervade la voce, il corpo ed il pensiero di Piero, un sentimento di lotta, primo passo per l’emancipazione dell'uomo dalla macchia in cui qualcuno lo vorrebbe tramutato, un sentimento che riempie di forza lui e chi lo ascolta; una voglia di riscossa smarrita da molti, uno smarrimento che è conseguenza dell'abile costruzione del capitale, uno smarrimento che non è causato dalla fragilità delle idee poste alla base di questa lotta, bensì da una società che tende ad ingoiare ed omologare tutti gli oppressi, affinchè questi non possano sovvertire l'attuale stato di cose, rivendicando diritti, lavoro, salute, emancipazione e dignità.

La goccia, ultima purtroppo, che fa traboccare il vaso è l'appello agli studenti: questa volta non è Piero, che pure avrebbe condiviso, ma la voce di una compagna, una voce pregna di lotte passate, di speranza,di sconfitte e di vittorie, questa voce si rivolge agli operai dell'ilva e non, agli studenti, a tutte le masse popolari oppresse, gridando coesione, unione, sotto una linea che è frutto delle più grandi riflessioni politiche, una linea che è figlia di tante lotte piene di errori e di vittorie susseguitesi nell'ultimo secolo della nostra storia.
"I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli;
se non comprendiamo questo, è impossibile acquisire una conoscenza sia pure rudimentale."

Mao, Prefazione e poscritto a Inchiesta nelle Campagne




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