mercoledì 16 gennaio 2013

pc 16 gennaio - sciacallaggio sulla memoria del compagno Prospero Gallinari - funerali venerdì o sabato a roma -

stralci da un intervista apparsa su contropiano


Il giorno dopo la sua morte, i media si sono esercitati nel loro macabro rituale. Abbiamo intervistato Francesco Piccioni, che con Prospero ha condiviso buona parte della vita militante.

Prospero non c'è più. Ti aspettavi questa reazione dei media?

Tutto sommato sì, anche se c'è sempre una qualcosa di più, di infame, che riesce a sorprendere.

A cosa ti riferisci?
Tutti i giornali e tutti i tg – sia di destra che di centrosinistra - hanno dato sostanzialmente lo stesso servizio, centrato su una frase semplice e ripetuta ossessivamente: “se n'è andato con i suoi segreti”. Nessuno ha provato a chiedersi come mai un uomo con la sua storia, della sua età e con tre infarti sul cuore, se ne stesse andando come tutte le mattine a lavorare, per uno stipendiuccio da precario o quasi, uscendo da una casa popolare. Chi detiene segreti importanti o muore presto o viene ricoperto d'oro, non fa una vita così, no? Ma l'informazione, in Italia, è diventata un semplice copia-e-incolla della “verità” delle agenzie stampa...

È il frutto della “dietrologia”...
Sì, ma con una differenza importante rispetto a 20 o 40 anni fa. Allora la dietrologia era sostanzialmente “di sinistra”. Nel senso che i dietrologi militanti (Flamigni, i fratelli Cipriani, ecc) venivano dal Pci e lavoravano per i suoi giornali. Era una dietrologia orientata dalla teoria di comodo del “doppio stato” (uno fedele alle istituzioni, uno agli ordini di “forze oscure”), ma che era nata dentro uno scontro politico e ideologico a far data dal '68: chi era “veramente” comunista? Il Pci che guardava al compromesso con le altre “grandi famiglie” della politica italiana (Dc e Psi), oppure i soggetti che guardavano alla Rivoluzione come un obiettivo possibile? Persino “il manifesto”, a quei tempi, venne accusato di esser “pagato dalla reazione”. La dietrologia di oggi è invece un discorso vago, che parla di “misteri” senza nemmeno più nominare gli episodi che in una mente malata o in malafede potrebbero sembrare tali....la versione ufficiale diventa: ci sono dei misteri, non si può risolverli, ma va bene così. Ma è un accordo politico che guarda soprattutto al futuro, più che al passato.

In che senso?
C'è un bisogno disperato di dire che nulla è possibile al di fuori del campo politico disegnato dagli attuali rapporti di forza, che è inutile opporsi, organizzarsi, lottare, progettare futuro. La figura di Prospero rompe decisamente questo schema paralizzante: un contadino comunista che insieme a operai e studenti arriva a “colpire il cuore dello stato”, catturando il principale protagonista del potere dell'epoca. Al di là delle forme storiche, è la prova empirica che l'organizzazione degli sfruttati può raggiungere risultati impensabili. Una constatazione del genere, già da sola, rappresenta una minaccia per la continuità del potere. ....

Tu hai scritto spesso che la “dietrologia” è anche una questione di interessi economici...
Beh, basti pensare che c'è stata una commissione di inchiesta parlamentare aperta continuativamente per 18 anni. I “consulenti” - come i fratelli Cipriani ed altri – hanno avuto compensi favolosi per tutto il periodo. Figuriamoci se qualcuno di loro poteva accettare di arrivare all'accertamento della verità, di mettere un punto finale... Solo l'archivista della Comissione, Vladimiro Satta, l'unico che sie era letto il milione e mezzo di pagine degli atti, alla fine ci ha scritto un libro definitivo ("Odissea nel caso Moro") distruggendo tutti i cosiddetti "misteri" uno per uno. A momenti lo accusano di essere un brigatista! Finché c'è mistero, c'è un prodotto da vendere, libri da fare, film da girare, psudo-inchieste giornalistiche che ti riportano sempre al punto di partenza, così magari tra due anni se ne fa un'altra uguale... Su questa strada sonostate costruite fortune politiche, giornalistiche, editoriali, con tanto di poltrone parlamentari e contratti d'oro. Un'industria che poi ha chiuso bottega per manifesta insussistenza dell'oggetto, ma che ha distribuito a lungo dei bei dividendi.

C'è un dato di fatto che può smontare tutta la dietrologia?
Premetto che in queste cose, stabilito un punto, si può sempre ricominciare da capo a inventarne altre. Però, se uno conosce la letteratura dietrologica, tutto si riduce a un solo punto e una sola persona: “Mario Moretti non ce la conta giusta”. Basta guardare alla situazione di fatto. Dei brigatisti storici e di tutti gli uomini e donne di via Fani, soltanto uno è ancora in carcere, e da 32 anni: Mario Moretti. Un osservatore neutro ne trarrebbe una sola conclusione: Mario ha sempre detto la verità e sta pagando di persona per essere stato a capo dell'organizzazione che ha “messo paura” al potere in Italia. Del resto, al governo di questo paese ci sono stati piduisti ed ex comunisti, democristiani “tecnici” e ora persino il capo europeo della Trilateral. E Mario è sempre rimasto dentro, da semilibero, con una lavoro che rende poco e che si deve continuamente inventare. Vale quel che ho detto prima per Prospero: che detiene segreti “decisivi” o muore presto e viene coperto d'oro. Altrimenti, è uno che ha sempre raccontato la verità. Che poi questa sia sgradita, è cosa che pone domande sugli accusatori, non sull'accusato.
img668 copy


Qual'è stata la sua importanza, nella vostra storia?
È stato il militante che dava l'esempio, senza alcuna preoccupazione individualistica. Un esempio per come – da contadino orgoglioso delle proprie origini – ha “studiato di notte”, rubando ore al riposo dopo il lavoro, per migliorare la propria conoscenza. Per come ha interpretato la dimensione del “collettivo”, del fare insieme, dell'assumere ruoli di direzione soltanto perché “qualcuno deve pur farlo”, mantenendo sempre quel distacco autocritico che consiste nel non darsi individualmente troppa importanza. È qualcosa che oggi appare difficile persino da raccontare, figuriamoci a spiegarlo. Ma chiunque abbia “militato” davvero in un'organizzazione rivoluzionaria, dove si rischia la vita e non c'è una poltrona (e uno stipendio) da conquistare, sa che la posizione di vertice è un ruolo funzionale; che il “dirigere” è un'attività complessa che viene fuori come risultante dall'insieme dei militanti.....

Nessun commento:

Posta un commento