domenica 27 gennaio 2013

pc 28 gennaio - Egitto: "il popolo vuole la caduta del regime". La repressione accende la ribellione!




Il popolo egiziano, che si era sollevato e cacciato il tiranno al servizio dell'imperialismo, Mubarak, nel secondo anniversario della sua rivoluzione democratica ha dimostrato a reazionari e imperialisti che non vuole più tornare indietro. Gli scontri di questi giorni con la polizia e l'esercito sono stati il punto più alto di una ribellione che da tempo covava, contro il peggioramento delle condizioni del popolo, i bassi salari, le tasse, la nuova Costituzione, la repressione, la limitazione del diritto di sciopero nel quadro più generale dell'attacco liberticida alle organizzazzioni sindacali, ai diritti dei lavoratori, con gli operai tessili, i portuali, i lavoratori della sanità, i giovani in prima fila nelle proteste che hanno avuto un solo obiettivo: la cacciata del governo islamico Morsi ormai smascherato agli occhi del popolo come continuatore della politica filoimperialista e reazionaria di Mubarak.
La scintilla è scoppiata a Port Said dopo la sentenza di condanna a morte per 21 degli imputati nell'uccisione di 73 tifosi della squadra di calcio dell'Ahly, avvenuta circa un anno fa, gli ultras simbolo della rivoluzione di piazza Tarhir.
Scontri violentissimi al Cairo, Alessandria, Ismaila, Port Said e Suez, caserme, prigioni e negozi presi d'assalto, detenuti liberati.
La risposta del governo islamico è stata in continuità con la politica repressiva del reazionario Mubarak, con un bagno di sangue, con una cinquantina di morti e la proclamazione dello stato d'emergenza a Port Said, Suez, Ismailiya.
Se la rivolta si trasformerà in rivoluzione il popolo egiziano potrà andare fino in fondo, formare una nuova classe dirigente che affermi la giustizia sociale, una società di nuova democrazia in direzione del socialismo.

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