mercoledì 7 novembre 2012

pc 7 novembre - Rivoluzione d’ottobre: studio e aperitivo rosso al circolo di Palermo


I compagni del circolo proletari comunisti di Palermo oggi pomeriggio nel contesto del percorso di formazione proseguono la lettura dello scritto di Lenin “Stato e rivoluzione”.

Cosa sia lo Stato borghese nelle sue diverse articolazioni, quale sia la sua funzione nell’attuale società, i proletari hanno l’occasione di vederlo anche alla luce delle ultime elezioni regionali in Sicilia e ne approfondiscono la conoscenza per contribuire all’elaborazione della teoria rivoluzionaria…

pc 7 novembre - anniversario della rivoluzione d'ottobre.. le sue lezioni e noi adesso

 da un opuscolo utilizzato nei seminari di  proletari comunisti

"Lenin ribadisce quelli che sono i caratteri universali dell’Ottobre e in particolare del partito dell’Ottobre. Pur scevri noi da ogni idea di “modelli”, è evidente di come siamo ancora lontani da uno stadio di costruzione del partito corrispondente a questa universalità.
Lenin dice che condizione della vittoria dell’Ottobre sono stati:
“disciplina severissima; appoggio pieno e incondizionato della classe operaia e in particolare degli elementi pensanti e onesti di essa;
centralizzazione assoluta”.
Sulla disciplina ribadita da Lenin noi la dobbiamo considerare come sinonimo di “organizzazione”, cioè quello che deve puntare ad essere oggi comunque un’organizzazione:
primo, coscienza della causa rivoluzionaria e dedizione alla causa rivoluzionaria, fermezza ed abnegazione fino all’eroismo;
secondo, capacità dell’avanguardia di collegarsi, avvicinarsi, unirsi, fondersi con la massa dei lavoratori, proletari innanzitutto ma anche non proletari;
terzo, direzione politica strategica e tattica.
Lenin chiarisce che questo tipo di partito,questo tipo di militanti, questo tipo di condizioni sono “risultato di un lavoro lungo e di esperienza dura e che la loro creazione è facilitata da una giusta teoria rivoluzionaria che non è un dogma perchè si costruisce in modo definitivo solo in stretta connessione con la pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario”.

Mettiamo in rilievo di questa citazione da un lato alcuni elementi che sono stati sempre al centro del nostro lavoro e che come organizzazione complessiva abbiamo cercato di realizzare, e questo distingue la nostra organizzazione da altri gruppi e formazioni; dall’altro però dell’insufficienza nel costruirla e farle assolvere la funzione, che ha caratterizzato in maniera abbastanza permanente la nostra attività, e quindi della necessità di mettere mano in maniera radicale a questo sforzo, anche per evitare che gli sforzi ancora compiuti svaniscano nel nulla.
Due cose sono importanti in questo momento. Il fatto che questo tipo di organizzazione si realizza nella disciplina e con la disciplina e sfocia in una disciplina che sia l’habitat naturale della sua produzione/riproduzione; l’altro elemento è la funzione facilitante della teoria rivoluzionaria che dimensiona esattamente il ruolo della teoria rivoluzionaria nella costruzione, così come l’essere questa teoria un continuo divenire in stretta connessione con la pratica, ma non di qualsiasi pratica, ma quella di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario; cosa che rende ragione a quel nostro modo di intendere e sforzo di praticare la costruzione, l’utilizzo, l’appropriazione, lo sviluppo della teoria nel fuoco della lotta di classe (quello che Lenin chiama “movimento veramente rivoluzionario”) in stretto legame con le masse (quello che Lenin chiama “movimento realmente di massa”).
Tutta la nostra esperienza di mostra che quando siamo riusciti ad agire realmente così, la disciplina della nostra organizzazione, la sua capacità di agire come organizzazione è stato un dato di fatto e che questo corrisponde ai momenti “più felici” di elaborazione teorica, linea politica, ecc.
Per evitare forme di idealismo nel assimilare questo punto, Lenin segnala col senno di poi quale siano state le fasi del bolscevismo, cioè l’inevitabile costruzione per tappe della rivoluzione proletaria.
In particolare ci soffermiamo alle due fasi che dice Lenin: prima fase, lotta tra organi di stampa, che si riferiscono alla classe, alla lotta di classe e nella seconda fase azione aperta nella lotta di classe, nella classe e nelle classi. Noi tendiamo a non dare sufficiente rilievo al fatto che tutto il nostro lavoro è ancora dentro quella che è la prima fase e, quindi, a non dare sufficiente rilievo all’essenzialità della lotta di concezioni, di posizione e di impostazione della pratica della lotta di classe come compito principale rispetto a quello di azione aperta nella classe (intesa come influente, incisiva) che non si può ancora fare pienamente.
Nel tracciare la storia del bolscevismo Lenin chiarisce molto bene come la fase del 1907/1910 sia stata la fase più negativa del bolscevismo ma anche la fase più decisiva per la vittoria: “Proprio la grande sconfitta è per i partiti rivoluzionari e per la classe rivoluzionaria una lezione effettiva e molto utile, una lezione di dialettica storica, una lezione che fa loro capire e apprendere l’arte di condurre la lotta politica”.

pc 7 novembre - ilva taranto - sabato manifestazione ore 14.30 piazzale arsenale

sporco tentativo dell'azienda e dei sindacati confederali di addebitare la cassaintegrazione per 2000 operai dell'area a freddo allo sciopero ad oltranza degli operai del MOF

per tenere legati gli operai, avevano detto che non ci sarebbe stata
cassaintegrazione
i sindacati confederali li avevano assecondati e agito da portavoce
ora annunciano 2000 cassintegrati dal 19 novembre nell'area a freddo, per
incatenare ancor più gli operai
mentre sull'area a caldo aspettano le decisioni del giudice
Riva scarica sugli operai la sua crisi, come ha sempre fatto
ma ora dobbiamo opporci

non vogliamo nessuna cassaintegrazione senz aprospettive e garanzie di
lavoro e salario
non vogliamo sindacati che la firmino per noi, come è sempre avvenuto

vogliamo lavorare per vivere e non per morire

lo slai cobas per  il sindacato di classe dice a tutti gli operai
scendiamo in sciopero generale ben organizzato e nelle mani dirette degli
operai
contro l'attacco al lavoro , alla, vita e alla salute

per lo slai cobas ilva per il sindacato di classe taranto
andrea, piero e lorenzo del cobas ilva
6 novembre 2012
347-5301704
.

martedì 6 novembre 2012

pc 6 novembre - Obama e la crisi mondiale... chiacchiere e promesse da marinaio... imperialista


Mettiamoci comodi! L'attuale crisi economica mondiale per la Merkel, capo del governo del più forte paese imperialista nel cuore dell'Europa, durerà almeno altri 5 anni. La riunione del G20 di Città del Messico è stata, come dice La Repubblica, “decisamente sottotono visto che mancano diversi esponenti di spicco, a cominciare proprio da colui che normalmente rappresenta gli Usa in queste riunioni, il segretario al Tesoro Timothy Geithner. Assenti anche i ministri delle Finanze francese, Pierre Moscovici, e brasiliano, Guido Mantega, oltre al presidente della Banca centrale europea Mario Draghi.”! E si è chiusa infatti con quattro chiacchiere sull'auspicabile ripresa e con alcune inutili promesse.

I vari tentativi di risolvere la crisi messi in campo fino ad ora soprattutto con il “quantitative easing” e cioè l'immissione nei rispettivi circuiti delle banche di miliardi di soldi americani, cinesi ed europei non sono serviti se non a fermare momentaneamente la “speculazione”, e cioè la spasmodica ricerca da parte di chi gestisce immensi capitali finanziari di investimenti che diano qualche profitto.

Nessuno quindi riesce a prevedere quando finirà questa crisi da sovrapproduzione del sistema capitalistico iniziata nel 2008 e ciò viene confermato anche dalla situazione in cui si trova attualmente “la fabbrica del mondo” cui tutti guardano con grandi speranze, e cioè la Cina.

Ma come titola un articolo di Affari & Finanza di ieri in “Cina, la crescita è un'illusione” e in maniera ancora più esplicita “i fondi pubblici sostengono il Pil”.

Senza fronzoli dunque il giornalista dice che “Gli ultimi sei mesi per le esportazioni cinesi sono stati i peggiori della storia. Ufficialmente l'export, su base annua, è cresciuto quasi del 10%. A tirare però restano pochi settori, legati a telecomunicazioni ed elettronica, dominati dalle multinazionali straniere. Per gli imprenditori cinesi i bilanci sono in realtà ben al di sotto del picco negativo di fine 2008... L'Europa consuma sempre meno, gli Stati Uniti riprendono a spendere lentamente, il Giappone affonda nella crisi e il mercato interno della Cina non ha raggiunto i livelli di crescita necessari a compensare il rallentamento dell'Occidente.”

Per quanto riguarda gli Stati Uniti è chiaro che ciò che permette comunque la “ripresa lenta” della spesa è il gigantesco apparato militare (circa 700 miliardi di dollari all'anno) per le guerre in corso. È per questo che “Il mercato risulta sconvolto: i clienti fanno ordini sempre più piccoli per gestire meglio le scorte, i termini di pagamento slittano oltre i 90 giorni, i tempi di consegna si accorciano e i grossisti, invece che acquistare merce, si limitano a informarsi sui prezzi. Il motore del “made in China” appare ingolfato e la banche avvertono che “la situazione è più negativa di quanto i dati rivelino”.”

Analisi bancarie rivelano che i margini [cioè i profitti] rispetto a prima della crisi del 2008, sono precipitati del 30% a incidere, anche l'aumento del costo del lavoro e delle materie prime.”
L'aumento del costo del lavoro, e cioè dei salari, è dovuto alle grandi lotte operaie di questi anni e quello delle materie prime spesso alle lotte dei lavoratori delle miniere.
A inizio anno la maggioranza dei grandi gruppi stranieri prevedeva che nel secondo semestre la Cina avrebbe ripreso a crescere a ritmi sostenuti. Con la fine dell'estate è stato chiaro che la situazione non poteva che peggiorare.”

Secondo l'ufficio di statistica nazionale, la crescita del PIL cinese 2012 si assesterà infine attorno al 7,5%. Il dato risulta però gonfiato dai fondi pubblici destinati alle infrastrutture. Le aziende confermano invece che per la prima volta oltre l'80% chiuderà i conti in rosso, il 58% sarà costretto a chiudere almeno uno stabilimento, il 45% trasferirà parte della produzione all'estero e il 90% ridurrà il personale.”
A questo punto “tutto il mondo è paese” e anche i padroni cinesi, come fanno tutti gli altri, mentre ipocritamente parlano di libero concorrenza, chiedono che i governi diano loro soldi a fondo perduto: “La lobby degli industriali, alla vigilia del congresso del partito comunista, si è appellata al governo per ottenere sovvenzioni all'export, rimborsi fiscali e credito agevolato.”
L'impatto della recessione dell'Occidente si abbatte dunque sull'Oriente, che sperava di assistere da lontano allo sgonfiamento del ciclone.”

Le previsioni del futuro sono quelle che spaventano di più: “Uno studio di Bank of America rivela che i grandi rivenditori di Usa e Ue, per tagliare il costo di trasposto sui beni ad alta intensità di lavoro, cominciano ad assicurarsi produzioni a basso costo in luoghi più vicini. Gli stati Uniti guardano a Messico e America Latina, l'Europa torna nei distretti abbandonati dell'Est e si affaccia in Africa. L'Oriente investe sulle potenze industriali emergenti, come Cambogia, Vietnam e Birmania. Pechino prende atto che a breve termine il rimbalzo positivo di una eventuale ripresa globale interesserà la Cina in misura minore del necessario. L'ex “fabbrica del mondo” si prepara così ad una ristrutturazione epocale. L'imperativo è creare aziende più agili, aprire stabilimenti all'estero e scegliere distretti dotati di infrastrutture migliori.”

pc 6 novembre - Il partner afghano di Monti



di Manlio Dinucci

Il premier Monti ha celebrato la giornata delle forze armate con una visita «a sorpresa» in Afghanistan. Ai militari italiani a Herat ha ribadito che «non siete l'espressione di una nazione in guerra: siamo qui per assicurare a questo paese sicurezza, stabilità e prosperità». Ha quindi incontrato il premier Karzai, assicurandolo che l'Italia, come gli altri paesi, «trasformerà il suo supporto, ma questo non significa lasciare il paese da solo». Lo garantisce l'Accordo di partenariato firmato a Roma il 26 gennaio da Monti e Karzai. Per la realizzazione di «infrastrutture strategiche» nella provincia di Herat, l'Italia concede al governo afghano un credito agevolato di 150 milioni di euro (mentre L'Aquila e altre zone disastrate non hanno i soldi per ricostruire). Si prevedono investimenti italiani anche nel settore minerario afghano (mentre chiudono le miniere in Sardegna) e a sostegno delle piccole e medie imprese afghane (mentre quelle italiane falliscono). Oltre agli impegni previsti dall'accordo, vi sono quelli assunti dall'Italia nel quadro Nato. Dopo aver speso nella guerra in Afghanistan 650 miliardi di dollari, gli Usa hanno impegnato gli alleati a contribuire alla formazione delle «forze di sicurezza afghane», già costata circa 60 miliardi di dollari, e al «fondo per la ricostruzione», già costato circa 20 miliardi. Dove finisce questo fiume di denaro? In gran parte nelle tasche della famiglia estesa di Hamid Karzai, il partner ricevuto al Quirinale, con tutti gli onori, dal presidente Napolitano. Gli affari di famiglia, in parte già noti, sono venuti a galla in un'inchiesta del New York Times. I fratelli del presidente e altri familiari, molti dei quali hanno cittadinanza Usa, si sono arricchiti con i miliardi della Nato (usciti anche dalle nostre tasche), gli affari sottobanco con compagnie straniere, gli appalti truccati, il traffico di droga. Per accaparrarseli, si è scatenata tra i fratelli una lotta al coltello. Mentre Qayum Karzai si prepara a subentrare al fratello Hamid come presidente, un altro fratello, Ahmed Wali Karzai, boss dell'Afghanistan meridionale, è stato assassinato. Grazie alla corruzione e al traffico di droga, aveva accumulato centinaia di milioni di dollari trasferendoli a Dubai. Al suo posto il presidente Karzai ha nominato un altro fratello, Shah Wali Karzai, manager della società Afco di proprietà del fratello Mahmoud Karzai: un palazzinaro che, dopo aver messo le mani su 40 km2 di terreni demaniali, sta costruendo a Kandahar migliaia di case per gli afghani benestanti. Mahmoud è anche un abile banchiere: nel 2010 è riuscito a sottrarre 900 milioni di dollari alla maggiore banca del paese, trasferendoli su un proprio conto a Dubai. Una volta al potere, Shah Wali ha rotto col fratello Mahmoud (contro cui è stato ordito un complotto per assassinarlo): ha creato una propria società, alla quale ha trasferito sottobanco 55 milioni di dollari provenienti dalla Banca per lo sviluppo edilizio. Con questa controparte il governo Monti ha stipulato l'Accordo di partenariato, approvato il 6 settembre dalla Camera a schiacciante maggioranza (396 contro 8) e il 30 ottobre dal Senato all'unanimità. In base alla solenne dichiarazione che le due parti hanno «interessi condivisi e obiettivi comuni».

pc 6 novembre - manifestazionesabato a Taranto a sostegno degli operai del Mof-Ilva in lotta


noi ci saremo                                

slaicobas per il sindacato di 

classe taranto  

disoccupati organizzati/slai cobas 

circolo proletari comunisti taranto

MAI PIÙ OMICIDI SUL LAVORO E PER IL LAVORO
Appello per una giornata di lotta sui temi della
"SICUREZZA sul LAVORO, della SALUTE e dell'AMBIENTE”

SABATO 10 Novembre - Manifestazione e Corteo a TARANTO
 
I Lavoratori dell'ILVA in SCIOPERO-PRESIDIO 

permanente da sei
giorni davanti alla Portineria A dell'ILVA di Taranto, proclamato
dopo “l'omicidio” di Claudio, riuniti in Assemblea 

di fronte alla
chiusura al dialogo delle Istituzioni e dell'Azienda

 decidono:
1) di proseguire la protesta;
2) di invitare tutte le realtà sociali e sindacali, locali e
nazionali, che si battono contro l'inquinamento 

dell'ambiente e dei
luoghi di lavoro e per un Lavoro dignitoso e sicuro,

 in cui non vi sia
spazio ad accordi sindacali che favoriscano 

gli omicidi sul lavoro, a
unirsi in una giornata di lotta sui temi 

della "SICUREZZA sul
LAVORO, della SALUTE e dell'AMBIENTE".
SABATO 10 Novembre
Manifestazione e Corteo a Taranto
con concentramento alle ore 14.30
MAI PIÙ OMICIDI SUL LAVORO 

E PER IL LAVORO
Per contatti e adesioni: 

presidioilvataranto@virgilio.it
Taranto, 5 novembre 2012
I LAVORATORI ILVA di TARANTO 

in PRESIDIO


I

pc 6 novembre - la conferenza internazionale di sostegno alla guerra popolare in India - Amburgo 24 novembre - un grande avvenimento internazionale e internazionalista

a tutti compagni interessati
una delegazione di 25 compagne e compagni, operai,lavoratori,donne, disoccupati,precari di diverse città italiane, sarà ad amburgo il 24 novembre per la conferenza internazionale di sostegno alla guerra popolare in india, insieme ad altri gruppi di compagni e rappresentanti  di organizzazzioni comuniste, rivoluzionarie e antimperialiste di altri paesi d'Europa sopratutto, ma anche da fuori dell'Europa registriamo adesioni, presenze, messaggi
  Icompagni che vogliano unirsi alla delegazione italiana- lo devono ora farlo sapere subito, dato che bisogna attrezzare accoglienza traduzioni e logistica. Scrivere a csgpindia@gmail.com
Viaggio a carico dei compagni che vengono.
per i compagni che vengono in forma organizzata e restano anche la notte del 23 o 24, si sistemazione alloggio con sacco a pelo in uno degli spazi sociali a disposizione

pc 6 novembre - il corso di formazione marxista-leninista-maoista al circolo proletari comunisti di taranto

Il lavoro di studio e formazione sul campo è ripreso intenso al circolo proletari comunisti di Taranto.
Lavoratrici e lavoratori, precari e disoccupati hanno affrontato in due riunioni 'La concezione materialista della storia' di Marx- Engels con attenzione e sforzo di impadronirsene nella sua sostanza rivoluzionaria sul piano ideologico e di vederla nell'applicazione concreta nel movimento proletario e di massa in cui si opera; in particolare sul complesso problema dei livelli di coscienza delle avanguardie e del loro formarsi a partire dalla pratica.
Altre due riunioni finora sono state dedicate all'opera di Lenin, con l'utilizzo del testo 'Principi del leninismo' di Stalin. Il capitolo in studio è quello della 'strategia e tattica'. Qui insieme alla lettura collettiva si stà utilizzando il metodo di una sorta di applicazione da 'laboratorio' a eventi che toccano la lotta di classe a Taranto: la grande lotta dei disoccupati organizzati in questi tre anni, con i suoi successi e sconfitte, errori e limiti e la lotta così importante in corso all'Ilva di Taranto, con l'analisi degli obiettivi, forze in campo, forme di lotta.
Lo studio è in progress e in divenire, la crescita è costante, anche se è la pratica il suo banco di prova.
Oggi riteniamo assolutamente indispensabile per chi è realmente impegnato nella costruzione del partito rivoluzionario, nel fuoco della lotta di classe e in stretta relazione con le masse, innanzitutto operaie e proletararie, impegnarsi in uno studio simile al circolo di Taranto contro ogni ecomicismo, lotta puramente sindacale, economicismo e eclettismo teorico ideologico.

circolo proletari comunisti Taranto
6 ottobre 2012

per l'anniversario della rivoluzione d'ottobre... una festa rossa che serve anche a finanziare la partecipazione
dei proletari e disoccupati di Taranto alla Conferenza internazionale di sostegno alla guerra popolare in India del 24 novembre ad Amburgo

lunedì 5 novembre 2012

pc 5 novembre - Obama e la sua polizia nelle Filippine...


L'accordo PNP-NYPD porterà ad un ulteriore intervento degli Stati Uniti, violazioni dei diritti sotto il regime di Aquino-PCF

Il Partito Comunista delle Filippine (PCF) ha denunciato il protocollo d'intesa tra la Polizia Nazionale delle Filippine (PNP) e il New York City Police Department (NYPD) firmato lo scorso mercoledì, come "parte per rafforzare l'intervento del governo degli Stati Uniti nelle Filippine." Inoltre il PCF ha detto che "l'accordo con la polizia di New York degli Stati Uniti, una delle organizzazioni di polizia notoriamente più fasciste in tutto il mondo, non può che portare a peggiori violazioni dei diritti umani da parte degli operatori di polizia sotto il regime Aquino,". Il MOA è stato firmato dal Capo della PNP, Nicanor Bartolome, e il capo della polizia dell'ufficio satellite di Singapore Lt. Gustavo Gutierrez. Presumibilmente serve per avanzare nella "Cooperazione transnazionale per affrontare i crimini" e "capacità di addestramento e formazione" tra la PNP e la polizia di New York. Secondo le informazioni rilasciate in precedenza dalla PNP, la polizia di New York aprirà un ufficio satellite all'interno del quartier generale della PNP a Camp Crame.

"Il MoA [Memorandum of Understanding-Protocollo d'intesa] tra PNP-NYPD servirà solo come copertura giuridica per l'ulteriore innalzamento dell'intervento del governo americano nelle Filippine.... "Anche prima dell'Accordo la polizia e gli agenti federali degli Stati Uniti hanno già operaro nelle Filippine clandestinamente con la cooperazione della polizia locale." In carcere i prigionieri politici hanno potuto scoprire a Camp Crame la presenza degli agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI)...

Diversi cittadini indonesiani accusati di essere "terroristi" e arrestati da agenti degli Stati Uniti in Indonesia e Malesia vengono portati [rendition] nelle Filippine presso il Camp Crame con false identità filippine... Si tratta di una violazione della sovranità nazionale filippina e dei diritti umani dei detenuti indonesiani...
"Il NYPD è noto per essere uno strumento di repressione fascista contro il popolo americano", ha detto il PCF. "Recentemente, la polizia di New York è stata impiegata nella repressione di azioni di protesta a Zuccotti Park vicino a Wall Street da parte di lavoratori americani, studenti e gente comune contro le politiche a favore dei grandi monopoli del governo americano. "

"Nelle inchieste svolte dalla difesa dei diritti umani... la polizia di New York è stata accusata di uso eccessivo della forza, e colpevole di centinaia di altre violazioni, tra cui arresti ingiustificati, abuso di giornalisti, chiusura illegale di marciapiedi e parchi ai manifestanti, e pervasiva sorveglianza di attivisti pacifici... "Seguendo l'esempio del suo nuovo partner, la PNP è destinata a diventare ancora più brutale nei rapporti con le proteste, con le barricate dei poveri delle città contro le demolizioni e altre azioni di massa," ha detto il PCF.

Partito Comunista delle Filippine novembre 04, 2012

pc 5 novembre - Obama in Pakistan... guerra del terrore con i droni


Assassini per mezzo di droni: la guerra del terrore degli Stati Uniti in Pakistan

Mentre i droni americani occupano il cielo in tutto il Nord Waziristan del Pakistan, gli Stati Uniti continuano a mentire circa le molte centinaia di persone comuni fatti a pezzi o incenerite e il terrore esercitato su tutta la popolazione.

Di recente, un funzionario dell'ambasciata americana in Pakistan ha insistito sul fatto che le proteste contro gli attacchi dei droni sono ingiustificati alla luce del "processo intrapreso volto ad evitare quelli che molto tristemente vengono chiamati 'danni collaterali'." Anche se non ha il permesso di rivelare informazioni riservate, ha detto, il numero di vittime civili è "piuttosto basso"...
Questa dichiarazione ha lo scopo di contrastare la copertura internazionale della notizia di un convoglio di centinaia di persone provenienti da tutto il Pakistan e decine di attivisti occidentali contro la guerra (comprese le donne del gruppo statunitense Code Pink) diretti in una città del Sud Waziristan per manifestare contro gli attacchi dei droni e la complicità del governo pakistano.

Il rapporto Living Under Drones [Vivere sotto i droni] statunitensi emesso da due gruppi di ricerca accademici nel mese di settembre dipinge un quadro molto diverso.

"Da giugno del 2004 a metà settembre 2012, i dati disponibili indicano che attacchi dei droni hanno ucciso 2.562-3.325 persone in Pakistan, di cui 474-881 erano civili, tra cui 176 bambini ... questi attacchi hanno anche ferito un ulteriore 1.228-1.362 gli individui. " (Secondo il Bureau of Investigative Journalism, un'organizzazione indipendente senza scopo di lucro con base alla City University di Londra i cui dati e la metodologia sono considerati validi.)

La discrepanza nei numeri è dovuta in parte al fatto che "ai fini dell'individuazione di vittime civili, il governo USA presume che tutti i maschi in età militare, uccisi in attacchi di droni siano combattenti." Il rapporto dimostra che questo non è vero. Eppure, anche l'interpretazione più ristretta della rivendicazione di Washington, che ha registrato un numero "piuttosto basso" delle vittime civili, può essere una bugia all'interno di una menzogna, dal momento che le cifre esatte, l'identità degli esseri umani che rappresentano e le circostanze della loro morte sono tutte ammantate di segretezza...

stralci da A World to Win News Service
8.10.12

pc 5 novembre - Palermo, prima e dopo le elezioni la repressione si abbatte sui lavoratori Gesip in lotta


Mentre i lavoratori della Gesip hanno ripreso la lotta con manifestazioni pesanti e in questo momento stanno paralizzando la città, e purtroppo qualcuno si è dato pure fuoco, si viene a conoscenza di un gravissimo atto repressivo preventivo nei loro confronti.

Poco prima delle elezioni regionali, infatti, il questore ha convocato, come riporta questo articolo del giornale di Sicilia di oggi, il sindaco e i rappresentanti del Comune per avvisarli che probabilmente, in base ad un rapporto della Digos, un gruppo di lavoratori avrebbe avuto l'intenzione di manifestare davanti ai seggi elettorali. Il Comune con un piano segreto! si è subito attrezzato (con una rapidità che non ha mai sulle questioni sociali) mentre il questore in maniera preventiva ha scatenato “Una cinquantina di perquisizioni, numerosi interrogatori e l'avvio di indagini a carico di una decina di operai” alcuni dei quali sono stati denunciati!

Il comportamento delle forze dell'ordine guidate dal questore è un atto intollerabile, lesivo dei diritti democratici, un processo alle intenzioni, un atto che punta deliberatamente a limitare le libertà previste ancora dalla Costituzione, un “daspo politico” contro chi lotta per il lavoro e i diritti sociali, un altro passo concreto verso il moderno fascismo.

Sulla farsa elettorale (“il voto è salvo” grida il giornalista) a quanto pare la borghesia non sopporta opinioni differenti dalle sue, mentre proprio il risultato elettorale ha dimostrato la totale illegittimità di tutti i partiti che hanno partecipato alla “competizione”.
Proprio per questa mancanza di legittimità devono imporre con la forza il loro “gioco”, però sempre più scoperto agli occhi delle masse.


***
Il blitz sventato alle elezioni
Era pronto il piano del Comune

Otto seggi allestiti in tutta fretta in caso d'emergenza. I presidenti di seggio scortati in macchina dai vigili urbani fino al Tribunale per il deposito delle schede. Cabine elettorali costruite in fretta nell'arco di due giorni. Questi i contorni del piano d'emergenza, segreto, che sarebbe scattato nel caso in cui la frangia più dura della Gesip avesse tentato azioni dimostrative domenica scorsa, durante le elezioni regionali.
Un piano conosciuto soltanto dal sindaco, dall'assessore Giusto Catania, dal comandante dei vigili urbani e dai vertici dell'ufficio elettorale. Che adesso può essere svelato. Il piano di sabotaggio, infatti, è stato sventato. Una cinquantina di perquisizioni, numerosi interrogatori e l'avvio di indagini a carico di una decina di operai sono stati sufficienti a disinnescare la miccia. E a convincere anche i più duri a rinunciare al “golpe”. Ma il Comune intanto era stato allertato per prevedere il peggio. “Il giovedì precedente alle elezioni – dice Catania - siamo stati convocati dal questore che ci ha illustrato i timori per possibili azioni di protesta degli operai Gesip mirate ai seggi. Abbiamo quindi predisposto un piano di emergenza per garantire lo svolgimento regolare delle votazioni nel caso in cui le forze dell'ordine avessero dovuto chiudere i seggi presi di mira”. E quindi sono stati individuate otto sedi alternative, una per ogni circoscrizione, allestite di tutto punto e pronte a entrare in funzione. Un elenco di sedi riservatissimo, che è stato dato in busta chiusa ai vertici del Comune e alle autorità. E non è tutto. “Tutte le sedi delle circoscrizioni che avevamo aperto per rilasciare i duplicati dei certificati elettorali – dice l'assessore - sono state presidiate dalla polizia municipale, mentre i presidenti di seggio a chiusura del voto sono stati scoratati dagli stessi vigili urbani in tribunale per i deposito delle schede. Qualcuno si chiedeva perché, avrebbe preferito andarci autonomamente per tornare poi a casa con la propria auto, ma abbiamo preferito essere prudenti.” Il voto è salvo, ma la bomba Gesip è ancora lì, pronta a esplodere.
Gds 5/11/12

pc 5 novembre - un intervento sulle elezioni siciliane


La recente tornata elettorale in Sicilia è stata considerata, da tutte le aree politiche, un significativo banco di prova per l’intero panorama politico nazionale. Così è stato a tutti gli effetti. I risultati sono, solo in apparenza, sorprendenti.
“I partiti dei socialisti – rivoluzionari di destra e dei menscevichi conducono, in realtà,fuori dalle mura dell’Assemblea costituente la lotta più accanita contro il potere sovietico facendo appello apertamente,nei loro giornali, all’abbattimento di questo potere definendo arbitrario il legame tra repressione – da parte delle classi lavoratrici – della resistenza degli sfruttatori, repressione necessaria per liberarsi dallo sfruttamento, difendendo i sabotatori al servizio del capitale, giungendo fino all’appello diretto al terrore che “gruppi ignoti” hanno già cominciato ad applicare. È chiaro che in forza di ciò l’altra parte dell’Assemblea costituente avrebbe potuto soltanto avere la funzione di coprire la lotta dei controrivoluzionari per l’abbattimento del potere sovietico. Perciò il Comitato Esecutivo Centrale decide: l’Assemblea costituente è sciolta.” (Lenin, Decreto di arresto dei capi della guerra civile contro la rivoluzione)

La percentuale delle astensioni alle elezioni siciliane è stata di circa il 53% mentre, il numero di coloro che hanno dato il loro consenso ai partiti governativi, si è attestato a 1.450.207 voti. Circa il 33% degli elettori. Un terzo della società. Ciò ha ben poco di regionale ma corrisponde esattamente, per intero, allo scenario nazionale. Nonostante, per la prima volta dal dopo guerra, una tornata elettorale abbia chiuso il bilancio in passivo, la cosa non ha suscitato troppo scalpore. Tutti i partiti di regime non si sono soffermati più di tanto sul fenomeno, preoccupati solo di mettere a punto, a partire dalle indicazioni siciliane, le strategie in vista delle prossime politiche. In poche parole ciò che in un’altra epoca avrebbe mandato in fibrillazione l’intero mondo politico, oggi, è tranquillamente metabolizzato. Bersani grida alla vittoria; Casini gli ricorda che solo l’alleanza con lui e i “moderati” può garantire il successo, mentre Berlusconi e il PDL sembrano preoccupati soltanto di trovare una via d’uscita dal tracollo in cui sono precipitati e a ritagliarsi un qualche ruolo nel prossimo esecutivo. I vari schieramenti “antisistema” si crogiolano nei loro, più o meno elevati successi, ma, al pari della troika di governo, non si mostrano particolarmente attenti al fenomeno astensione. Un fenomeno, intorno al quale occorre, invece, porre non poca attenzione anche perché, l’obiettiva crisi di rappresentanza mostrata dalle elezioni siciliane, è ben lungi dall’essere il semplice specchio di una crisi del sistema politico bensì il risultato di una trasformazione radicale delle nostre società.

Per comprenderlo poniamo per ipotesi che, un dato simile, fosse uscito dalle urne del 1978. Indubbiamente le reazioni del mondo politico sarebbero state di ben altro tenore e la scollatura tra mondo della politica e paese reale osservata con occhi ben diversi. Nessuno, dotato di un minimo di buon senso, avrebbe potuto tirare dritto o addirittura cantare vittoria. Il problema, assolutamente reale, di una complessiva riconquista del consenso in gran parte degli ambiti sociali sfuggiti al sistema della rappresentanza sarebbe stato l’obiettivo strategico di tutte le forze politiche. Perché? Perché in quel contesto era impensabile pensare di poter governare avendo dalla propria parte soltanto un terzo della società. Le retoriche dell’epoca, intorno alla società dei due terzi, avevano pur un qualche grano di verità. Con ogni probabilità, soprattutto in virtù della presenza di organizzazioni comuniste rivoluzionarie saldamente radicate e attive nel Paese, l’astensione sarebbe stata letta come possibile spostamento di masse rilevanti di popolazione verso ipotesi e indicazioni politiche decisamente antagoniste al sistema rappresentativo della democrazia imperialista. Un risultato elettorale simile, dal sistema politico legittimo di allora, più che un campanello d’allarme sarebbe stato percepito come una vera e propria campana a morto. Certo, con ogni probabilità, l’astensionismo di massa, in quel contesto, si sarebbe sommato ad altrettante mobilitazioni e insorgenze di massa delineando una situazione in cui, i più, mostravano di non essere più disposti a essere governati da quella classe politica. Un dato astensionista di quel tipo sarebbe stato percepito come delegittimazione politica di massa, con tutte le conseguenze del caso.

Di tutto ciò, oggi, non vi è, almeno in apparenza, traccia.

Il risultato “siciliano”, pertanto, deve essere letto sotto un duplice profilo. Da un lato è possibile sicuramente registrare il distacco, o più realisticamente la nausea, della maggioranza delle masse nei confronti di quell’autentica stalla d’Augia che è il parlamentarismo imperialista, dall’altra, però, va sottolineata la modifica che, dentro la fase imperialista contemporanea, è venuta a maturare nel sistema della rappresentanza politica. Due lati della questione che vanno continuamente tenuti a mente poiché delineano esattamente il nodo di Gordio che il movimento comunista è chiamato oggi a recidere. Osservare unicamente la scollatura tra masse e istituzioni politiche potrebbe portare a una sopravalutazione del fenomeno, tanto da ipotizzare persino il delinearsi di una situazione pre – insurrezionale mentre, osservare unicamente la ridefinizione dei modelli del potere imperialista, significherebbe ignorare l’esperienza che, spontaneamente, le masse hanno fatto e, in conseguenza di ciò, le indicazione che la soggettività politica deve ricavarne per una prassi cosciente all’altezza dei tempi. Si tratta, quindi, di cogliere la dialettica propria del fenomeno e non appiattirsi su uno dei due poli.

Centrale, pertanto, diventa capire che cosa vi è alla base della frattura della quale, la tornata elettorale siciliana, è stata eccellente esemplificazione. Il dato più ovvio è il definitivo venir meno dei partiti – massa. Una tendenza che non nasce da oggi ma che, di fatto, ha preso corpo e sostanza immediatamente dopo l’89. Ma cosa significa il venir meno di questo contenitore? Su quali basi strutturali si consuma la sua messa in mora? Quale tipo di società prefigura l’estinguersi dei partiti – massa? Nonostante le molteplici sfaccettature che un simile passaggio comporta, andando al sodo, una pare decisiva e fondamentale: l’eclisse delle relazioni industriali tenute a battesimo nel corso del Novecento e in particolar modo dello scenario venutosi a delineare nel secondo dopo guerra. Uno scenario di cui, il nostro Paese, è stato per molti versi l’elemento paradigmatico. La presenza permanente dello spettro proletario e comunista ha obbligato le classi dominanti a tenere sempre bene a mente gli umori delle masse e ad agire al fine di arginarne le sempre possibili derive rivoluzionarie. Veicolo centrale di tale passaggio, la cui repentina accelerazione è avvenuta in seguito al formidabile ciclo di lotte operaie e proletarie degli anni Sessanta e Settanta, è stato la costituzionalizzazione del lavoro operaio e subalterno insieme alla concessione di un numero non irrilevante di diritti sociali. Sulla legittimazione politica e sulle conseguenti garanzie sociali per quote importanti di masse subalterne si reggeva il sistema dei partiti – massa. Questo sistema, palesemente, è naufragato. Ma che cosa lo ha fatto implodere? Ancora una volta occorre andare a cercare nella sfera della produzione gli arcani della politica.

La fine dei partiti di massa ha conciso esattamente con il venir meno di un determinato modello lavorativo e, con questo, di quella tipologia di rappresentanza politica che finiva con l’inglobare gran parte degli ambiti sociali. La società dei due terzi si fondava sui partiti – massa e tutto ciò che questi si portavano appresso. Ma se muta radicalmente il modello delle relazioni industriali inevitabilmente non può che crollare l’intero sistema politico che, di queste, ne era al contempo specchio e garanzia. La modellistica lavorativa contemporanea ha reciso alla radice l’insieme di certezze che le lotte operaie e proletarie novecentesche avevano tenuto a battesimo. Dobbiamo realisticamente riconoscere che, oggi, non vi è nulla di conquistato e registrato. La cornice entro la quale la lotta di classe si manifesta ha ben poco da attingere dalla storia che l’ha preceduta. Per le masse, quel modello di rappresentanza politica che ha a lungo dettato, almeno in parte, i tempi della politica si mostra del tutto inappetibile. Quel mondo, il mondo della politica, o almeno il mondo della politica istituzionale non può che avere un vero interesse solo per quei blocchi sociali direttamente legati agli interessi imperialisti. Di ciò, del resto, ne sono testimoni non vergognosi gli stessi uomini leader dei partiti imperialisti. La stessa democrazia imperialista ha cambiato pelle. La governance è data e garantita da un ristretto numero di consorterie, in stretto legame con gli organismi politici, economici e militari sovranazionali, insieme alle loro ristrette clientele. L’unica dialettica ammissibile in tale scenario è data, dalle frizioni momentanee che, volta per volta, possono porre in disaccordo le sopra ricordate clientele. Si tratta, però, di frizioni che non incidono in alcun modo sugli assetti strategici del blocco imperialista egemone il quale, al contrario, sulle scelte di fondo sfiora ampiamente il monolitismo. In tale ottica che una corporazione entri momentaneamente in conflitto con un’altra, è del tutto inessenziale. Per tutti, questo il dato certo ed essenziale, la strategia di esclusione politica e sociale dei subalterni è un dogma più certo del Vangelo.

Rimane infine, tornando allo specifico delle elezioni siciliane, la constatazione di come la crisi sia più forte della stessa criminalità organizzata. A quanto pare, la Mafia e la sua presa sui territori, è direttamente proporzionale alla delegittimazione dei partiti politici. Ciò non deve stupire poiché, quel modello criminale, era del tutto interno a un determinato ciclo politico ed economico imperialista. Non ne rappresentava, diversamente da quanto argomentato e sostenuto dalle anime belle della sinistra legalitaria, il cono d’ombra bensì la sua esatta e necessaria complementarietà. Con la crisi di quel modello imperialista non può che venir meno anche questa sua non secondaria forma di consenso. Anche per la Mafia, quindi, si pone il problema di ridefinire il suo operato cogliendo il passaggio dalla società dei due terzi alla società di un terzo. Non è difficile immaginare che,in uno scenario simile, la Mafia, da istituzione fondata sul consenso, si trasformi in appartato coercitivo finalizzata a eseguire i lavori sporchi indispensabili per l’attuale fase imperialista. Non è difficile, infatti, immaginare che l’organizzazione mafiosa venga utilizzata dall’attuale blocco imperialista come strumento e apparato di terrore nei confronti delle possibili insorgenze e insubordinazioni di massa. In fondo, per la Mafia, si tratterebbe di un “ritorno alle origini” all’epoca in cui, la sua principale funzione si riduceva a “braccio armato” dei grandi proprietari terrieri o, come durante il Ventennio, fornitrice di investigatori e sicari per l’Ovra fascista. Nonostante le retoriche di cui gli “uomini d’onore” amano ammantarsi, in loro a primeggiare è sempre uno spirito questurino. Ciò ha ben poco di localistico e/o folcloristico poiché, la presenza e l’utilizzo di forze direttamente attinte dalla criminalità organizzata, è un fenomeno presente sull’insieme del territorio nazionale. Il reclutamento dei crumiri, la gestione del caporalato, le rappresaglie squadristiche contro i lavoratori in lotta, le vicende delle cooperative milanesi ne sono, al contempo, conferma e avvisaglia, mostrano esattamente come, dentro la crisi e la ridefinizione complessiva degli assetti politici, economici e sociali le organizzazioni criminali giochino un ruolo di assoluta complementarietà. Non è così escluso che, il movimento di classe, si troverà ad affrontare “concretamente” questa modellistica di conflitto dove la criminalità organizzata si presenterà diretta gestrice della forza lavoro salariata. Un’esperienza che, da tempo, quest’ultima sta maturato nella gestione della forza lavoro immigrata.

Abbiamo così una ridefinizione degli assetti politici, che risultano sempre più fondati su un sostanziale principio di esclusione che, almeno come suggestione, riporta alla mente gli albori della società liberale e il suo principio di cittadinanza declinato sull’individuo proprietario avente come corrispettivo diretto quello del proletariato “senza volto” : servus non habet personam. La società legittima restringe abbondantemente i margini reali della rappresentanza mentre, la gran massa della popolazione, che in teoria di tale rappresentanza potrebbe usufruire, ne ha maturato la completa estraneità. Due mondi, tra loro incommensurabili, hanno così finito con il delinearsi. Qualunque cosa accada nel cielo della politica istituzionale, un po’ come nel vecchio dispotismo orientale, non ha ricadute di un qualche tipo per quella massa sempre più numerosa di proletari senza volto le cui condizioni di lavoro, il cielo della politica, ha rese eterne. Dentro tale contesto si pongono le sfide del presente per la soggettività comunista la quale, oggi, si trova esattamente tra due rive. Vediamole.

Da un lato osserviamo prendere corpo tutte le tentazioni che provengono dalle esperienze passate e che portano a ipotizzare la reiterazione di logiche, formule e retoriche del tutto interne alla composizione di classe figlia delle relazioni industriali novecentesche (in primis tutto l’armamentario del parlamentarismo). Su questo occorre urgentemente fare chiarezza. Facciamolo tenendo a mente Lenin e i suoi insegnamenti. È noto come Lenin abbia a lungo polemizzato, almeno sin dal 1906, contro gli antiparlamentaristi e come, la discussione intorno alla tattica parlamentare, abbia occupato un ruolo di primo piano dentro il secondo congresso dell’Internazionale comunista. Ma in quale contesto tutto ciò si colloca? Questo il punto. La tattica parlamentare - tattica e non strategia come invece diventerà per i partiti comunisti declinati in chiave socialdemocratica - da Lenin è non solo ammessa ma auspicata. Infatti Lenin considera il ruolo centrale che il parlamento ricopre e la lotta serrata che la borghesia conduce, da un lato per ridurre al minimo la presenza delle forze comuniste dentro il suo fortino istituzionale, dall’altro, e questo diventerà quanto mai evidente sin dal momento in cui l’autocrazia smetterà i panni dell’assolutismo, per catturare dentro il gioco parlamentare, cioè dentro i partiti borghesi che lo sostanziano, le masse che si sono messe in movimento. La Russia, contrariamente a quanto pensano i vari raggruppamenti piccolo borghesi è già un paese capitalista e borghese e, anche sotto il profilo della “questione sociale”, non può che ricalcarne le orme.

Dopo il 1905, il consenso non può più poggiare sulla semplice reiterazione dell’atavica osservanza delle gerarchie. Il 1905 ha infranto, una volta per sempre, le certezze e la solidità del regime zarista. Inoltre, aspetto per nulla secondario, le masse premono per partecipare attivamente alla vita politica e il parlamento e la partecipazione a questo ne è un aspetto. Al proposito è sempre bene ricordare che, sino al luglio del ’17, la parola d’ordine della Assemblea Costituente è ancora maggioritaria dentro i Soviet. Il parlamentarismo, quindi, per quanto in maniera contraddittoria è anche dentro l’orizzonte delle masse. Di ciò, Lenin, tiene costantemente conto. Non diversamente, anzi, vanno le cose se lo sguardo si sposta dalla Russia al mondo occidentale. Il parlamentarismo è fortemente dentro la pratica del movimento operaio e non è sufficiente certo un proclama o un tratto di penna per azzerarlo. Inoltre, proprio la “mobilitazione totale” a cui la guerra imperialista ha obbligato, impone alle stesse borghesie imperialiste di adottare nei confronti della classe operaia e del proletariato una politica anche politicamente e socialmente inclusiva. L’appoggio che tutta la borghesia imperialista offrirà ai partiti operai nazionali va esattamente in questa direzione ed è colto con non poca lucidità da Lenin negli scritti a ridosso del 4 agosto 1914. L’intera vicenda della socialdemocrazia tedesca, della Repubblica di Weimar e via dicendo ne sono esemplificazioni più che note.

Per quanto, a un primo e superficiale sguardo, possa sembrare paradossale è proprio la borghesia imperialista che necessita che le masse abbiano una rappresentanza politica e che, al contempo, siano oggetto di una certa forma di inclusione sociale. Sotto tale aspetto, la guerra e la forma che ha assunto, sono risultate decisive. Dentro tale contesto, dove il governo, il controllo e un certo grado di consenso delle masse diventa un’esigenza strategica per le borghesie imperialiste anche l’arena parlamentare diventa un fronte del conflitto di classe. Questo lo scenario oggettivo all’interno del quale, Lenin, “obbliga” la tattica dell’Internazionale. È a partire da questa dimensione “concreta” della politica che prende forma l’uso leninista del parlamento imperialista. Però, come ricorda Lenin, la “linea di condotta” comunista è sempre il frutto di una valutazione “concreta” di una situazione “concreta”. La strategia comunista non può prescindere da un’analisi del contesto oggettivo in cui si trova a operare, il marxismo non è un dogma ma una guida per l’azione. In un mondo in cui il parlamentarismo gioca un ruolo effettivo nella e per la vita delle masse, in un contesto in cui, le classi dominanti, sono costrette a catturare il consenso dei subordinati, l’azione parlamentare diventa, per forza di cose, un terreno doverosamente da praticare. Nessun rimpianto. Lenin, però, nel momento stesso in cui cerca di portare alla ragione gli “ultrasinistri”, al contempo, ammonisce l’insieme delle forze comuniste ad agire, sempre, avendo a mente il ciclo storico in cui si è immessi. La tattica dei comunisti deve essere sempre il frutto di un’attenta analisi del mondo reale per questo: senza teoria rivoluzionaria non esiste movimento rivoluzionario. Ma che cos’è, per Lenin, la teoria rivoluzionaria se non la capacità della soggettività politica di leggere le tendenze in atto della società e le sue ricadute sul fronte della lotta di classe? Che cos’è, per Lenin, la teoria se non lo strumento attraverso cui il partito si arma per combattere in uno scenario che il capitalismo e il suo sviluppo hanno bellamente modificato? La teoria come guida per l’azione, appunto. Chiediamoci, allora, oggi, che cosa resta dello scenario in cui Lenin si spese anche per il parlamentarismo.

Non assistiamo, forse, a un movimento che va esattamente in direzione opposta? Le borghesie imperialiste non vanno, forse, in altra direzione mentre, le masse, si mostrano del tutto disinteressate a quel modello politico. Ciò che la stampa di regime chiama “disgusto per la politica” non è forse, in realtà, la presa di congedo delle masse subalterne da un modello politico a loro ormai del tutto estraneo? Per quanto in maniera istintiva e non cosciente le masse non hanno forse compreso che questa politica è loro del tutto estranea e, soprattutto nemica? Non hanno forse dimostrato la loro estraneità, e quindi nemicità, a un sistema che non solo non vuole ma neppure può offrir loro qualcosa, neppure il classico piatto di lenticchie? Il parlamentarismo non è forse superato, nei fatti, dalla pratica sociale? La sua funzione non è semplicemente quella di ratificare scelte e decisioni degli organismi politici, economici e militari sovranazionali? Se le cose stanno in questo modo, per il movimento comunista, alcune non secondarie decisioni vanno prese. In primis l’abbandono di ogni illusione elettoralistica ma non solo. Ciò che va immediatamente posto all’ordine del giorno è un     programma politico in grado di offrire uno sbocco storico alla condizione proletaria contemporanea. Sotto tale aspetto, con ogni probabilità, la “vecchia” parola d’ordine della dittatura proletaria si mostra ben più fresca delle tante alchimie innovatrice elaborate dal ‘89 in poi dalla cosiddetta sinistra post – comunista. Al nuovo proletariato occorre dare una prospettiva politica non effimera, una prospettiva politica al centro della quale si pone, senza malintesi di sorta, la questione del potere politico e dell’esercizio della dittatura rivoluzionaria.

È in questa direzione che, ogni embrione di partito, deve avere il coraggio di muoversi con le spalle rivolte al futuro.

domenica 4 novembre 2012

pc 4 novembre - CIAO CLAUDIO


Migliaia di persone hanno salutato Claudio Marsella, l'operaio del MOF-Ilva Taranto, ucciso, perchè la sicurezza per i padroni è un costo, mentre la vita di un operaio non vale niente...
"Ciao Claudio" hanno scritto tutti i suoi compagni di lavoro del MOF.

pc 4 novembre DALL'INDIA- SCIOPERO CONTRO LA POLITICA ECONOMICA ORGANIZZATO DAL PCI (M) - comunicato per conferenza internazionale



Sciopero contro la politica economica del governo organizzato dal PCI (m).
Il partito comunista dell’India (Maoista) ha convocato un bandh (sciopero generale con blocco totale di attività pubbliche, private e dei trasporti n.d.r.) contro la politica economica reazionaria del governo centrale dell’India, specialmente contro l’aumento dei prezzi del gasolio, del gas di cucina e altri prodotti base.
In Odisha sono state bloccate le strade e come conseguenza si è bloccato il traffico dei veicoli commerciali.
La vita normale si è vista influenzata nell’area di Narayanpatna del distretto di Koraput e l’area di Kalyansinghpur del distretto di Rayagada per gli alberi tagliati dai ribelli maoisti nel danneggiare le strade in alcuni luoghi. “I maoisti hanno tagliato gli alberi in alcuni luoghi della zona di Kalayansinghpur per la prima volta”. Ha detto Vinod Lakra, un ufficiale di polizia della regione.
Il Comitato dell’Area di Kashipur-Niyamgiri del Partito Comunista dell’India (Maoista) ha distribuito volantini e manifesti nell’area appellandosi al popolo per opporsi alla politica economica del governo centrale.


a tutti compagni interessati

una delegazione di 25 compagne e compagni, operai,lavoratori,donne, disoccupati,precari di diverse città italiane sarà ad amburgo il
24 novembre per la conferenza internazionale di sostegno alla guerra popolare in india, insieme ad altri gruppi di compagni e rappresentanti organizzazzioni comuniste,rivoluzionarie e antimperialiste di altri paesi europa sopratutto, ma anche da fuori dell'europa registriamo adesioni e presenze

i compagni che vogliano unirsi alla delegazione- lo devono ora far sapere subito, dato che bisogna attrezzare accoglienza traduzioni e logistica
bisogna scrivere a
csgpindia@gmail.com

il viaggio è a carico dei compagni
per i compagni che vengono in forma organizzata e restano anche la notte del 23 o 24 si trova una sistemazione alloggio in uno degli spazi sociali a disposizione

pc 4 novembre - Notav in francia


pc 4 novembre - la collaborazione infame del governo Hollande francia e governo Rajoy Spagna contro i militanti baschi



Aurore Martin arrêtée et extradée en Espagne

Info du journal Sud Ouest, voilà c’est fait !
La militante basque Aurore Martin a été remise aux autorités espagnoles. Arrêtée ce jeudi après-midi, la militante du mouvement Batasuna a été remise à 20 h 45 aux autorités espagnoles Aurore Martin a été  remise aux autorités espagnoles, a-t-on appris à 20h45 de source gendarmerie. La jeune femme est désormais en Espagne.
 
Membre de Batasuna, Aurore Martin a été interpellée ce jeudi à Mauléon en exécution d'un mandat d'arrêt européen émis par l'Espagne.

Cette arrestation intervient plus d'un an après une première tentative avortée à Bayonne.
La militante membre de Batasuna mouvement radical basque interdit en Espagne mais autorisé en France, avait épuisé tous les recours légaux (ici la Cour européenne des droits de l'homme ) contre le mandat de Madrid. Elle avait été interpellée sans difficulté vers 16H00 par des gendarmes, à l'occasion d'un contrôle routier fortuit.

Publié le 01/11/2012 à 21h04
Par E.A-C
 
Aurore Martin avait échappé à une arrestation grâce à une mobilisation populaire :
http://lacausedupeuple.blogspot.fr/2011/06/comme-un-poisson-dans-leau.html

pc 4 novembre - LICENZIAMENTI FIAT: UN'OPERAZIONE DI STAMPO NAZISTA, UNA GUERRA DI CLASSE IN CUI I FRONTI SI DEVONO SCHIERARE

"...se si combatte una guerra, occorre scegliere da che parte stare. Noi stiamo con Sergio Marchionne. Non è il caso, allora, di soffermarsi a soppesare ogni singola azione di chi si batte per una causa giusta. In una guerra vi sono sicuramente effetti collaterali prodotti da azioni che, considerate dal loro contesto, possono sembrare discutibili o persino riprovevoli; ma che si spiegano e si giustificano, invece, in nome dell'obiettivo superiore di sconfiggere l'avversario. E' evidente, allora, che nella minaccia della Fiat di sacrificare altri 19 dipendenti al posto di coloro che deve assumere... vi è un atto di autodifesa che si muove nell'ambito delal legislazione vigente...".
Firmato: Giuliano Cazzola Vice presidente della Commissione Lavoro della Camera.

"Sacrificare altri 19 dipendenti al posto di coloro che deve assumere...". Questa è nè più nè meno logica di sapore nazista! Anche i termini: "sacrificare... al posto... in una guerra vi sono effetti colalterali..." ricordano - sono - una logica ricattatoria, nazista di selezione di vite umane.
Perchè di questo si tratta nell'operazione Marchionne: sacrificare 19 vite di operai al posto di altre 19 vite; imponendo la "scelta" di quali vite comunque far fuori. Gli "effetti collaterali" non sono strumenti da rottamare, ma sono persone, lavoratori concreti da buttar via, in nome "dell'obiettivo superiore": sconfiggere l'avversario per difendere il profitto dei padroni.
Siamo già oltre il "fascismo padronale" - operai rendetevene conto!
Questa è una dichiarazione di "guerra di classe" già in atto alla Fiat, e non solo, anche in altre fabbriche, ma che ora diventa generale con l'avallo di parti del parlamento, e della legge - tant'è che il vice presidente della Commissione lavoro parla di "atto di autodifesa che si muove nell'ambito della legislazione vigente".
E' una guerra in cui si chiamano i fronti a schierarsi, come degli eserciti, a dire "da che parte stare"; in cui si punta a scatenare tra gli operai una sorta di "guerra civile", per dividerne le forze e sconfiggerli meglio.

Ma se è così - ed è così - se una "normale" lotta di difesa dei diritti degli operai, di diritti sindacali, ancora formalmente tutelati dalla Costituzione, dallo Statuto dei lavoratori, viene vista come una guerra, in cui l'avversario (gli operai) deve essere sacrificato, se trasformano una lotta sindacale in uno scontro politico quasi "militare" di fronti, allora è tempo di costruire il nostro fronte di classe, proletario. E questo non si costruisce con la via giudiziaria della Fiom, ma costruendo il sindacato di classe e soprattutto il partito della classe operaia per attrezzarsi realmente alla nostra "guerra di classe" per sconfiggere il fascismo padronale e del sistema: la rivoluzione proletaria.

MC

pc 4 novembre - Ilva taranto ..ultime notizie



domenica 4 novembre 2012

ilva - ultime notizie


Si tengono oggi a Oria alle 15 nella chiesa di San Domenico i funerali di Claudio Masella ucciso dalla direzione aziendale e capi - incriminati il direttore attuale dello stabilimento Buffo e i capi Colucci e Govinazzi.., ma si tratta di uomini insediati da Riva e vogliamo che anche la proprietà risponda di questo assassinio -
a nome della redazione del blog tarantocontro e di tutte le strutture che lo sostengono- prima di tutto slai cobas ilva per il sindacato di classe- le nostre condoglianze alla famiglia straziata e il nostro massimo impegno perchè giustizia sia fatta e che la morte di Claudio non sia vana ma serva a vincere la battaglia in questa fabbrica: mai più morti sul lavoro, da lavoro, da inquinamento.
L'autopsia afferma che Claudio è morto sul colpo e per schiacciamento, quindi non c'è il problema del malore,nè di caduta, nè di ritardi di soccorsi; la causa è evidente e da confermare nell'inchiesta è quella dell'insicurezza e del monoperatore, come denunciano da giorni gli operai del mof in sciopero e in presidio permanente, promossa dalla USB Ilva- lo slai cobas Ilva aderisce -

TARANTO - Schiacciato tra due respingenti mentre era in piedi sui binari. È stata una morte terribile quella che ha fatto Claudio Marsella, l’operaio locomotorista originario di Oria deceduto martedì mattina nel reparto Movimento ferroviario dell’Ilva al quinto sporgente della zona portuale del siderurgico. È l’area in cui transitano i treni che portano le merci agli impianti. La morte di Marsella è stato a tutti gli effetti un infortunio sul lavoro, come ha confermato anche il medico legale Giancarlo Di Vella che ha eseguito ieri pomeriggio l’autopsia sulla salma.

Il ragazzo in sostanza è morto schiacciato fra i respingenti del locomotore e quelli del vagone. Il professor Di Vella aveva ricevuto nei giorni scorsi l’incarico dal pubblico ministero Giovanna Cannarile titolare delle indagini sulla morte dell’operaio. All’esame autoptico hanno partecipato anche il medico legale Alessandro Bocchini, consulente dell’avvocato Raffaele Pesce, rappresentante dei familiari della vittima ed il professor Luigi Strada, incaricato dall’avvocato Egidio Albanese che invece difende i tre indagati: il direttore dello stabilimento Adolfo Buffo, 56 anni e due impiegati dello stabilimento Antonio Colucci, 55 anni e Cosimo Giovinazzi, 38 anni, entrambi di Martina Franca.

Secondo il consulente della famiglia della vittima, il povero Marsella sarebbe rimasto intrappolato fra due respingenti. Ha subìto lo schiacciamento dell’emibacino destro, che ha causato diverse fratture, danni gravissimi agli organi interni ed una vasta emorragia interna. La morte, probabilmente, è avvenuta in tempi rapidissimi. I danni al corpo hanno riguardato solo la zona sotto l’ombelico, nessuna ferita è stata riscontrata alla testa o al torace. Al momento sembrano esclusi problemi cardiaci o neurologici che potevano far pensare ad una caduta dal locomotore. In sostanza l’operaio ha subito lo schiacciamento mentre si trovava in piedi. Dunque cade, dopo l’autopsia, l’ipotesi del malore. Comunque, per fugare ogni dubbio sull’argomento e per rispondere a tutti i quesiti del pubblico ministero, il professor Di Vella ha disposto ulteriori esami istologici, il risultato dei quali non si conoscerà prima di una settimana. Claudio Marsella era stato trovato esanime martedì scorso, ai piedi di un locomotore nei pressi di uno dei moli interni al recinto dello stabilimento Marsella. Il ragazzo era stato subito soccorso da alcuni colleghi ma le sue condizioni erano apparse subito molto gravi. Un’autoambulanza del 118 lo aveva trasportato presso l’ospedale SS. Annunziata dove, purtroppo, l’ operaio brindisino era deceduto poco dopo il ricovero. Il giudice aveva posto sotto sequestro il locomotore per consentire di ricostruire la dinamica dell’incidente.

Dopo l’autopsia, la salma di Marsella è stata restituita alla famiglia. I funerali del giovane operaio si svolgeranno oggi alle 15 presso la chiesa di San Domenico a Oria.



Ilva, sciopero a oltranza
"Ora vogliamo la verità"

Sale la tensione, divisioni anche tra i sindacati per l'operaio morto in un incidente. Attese per il fronte giudiziario di MARIO DILIBERTO





Sciopero ad oltranza. E’ scontro in Ilva dopo la morte di Claudio Marsella, l’operaio di ventinove anni che ha perso la vita martedì scorso nel reparto movimentazione ferroviaria (Mof) dello stabilimento siderurgico di Taranto. Da giorni i compagni di Claudio presidiano i cancelli della portineria A.
Lo sciopero è stato proclamato dall’unione sindacale di base (Usb) e doveva inizialmente esaurirsi ieri. Poi la proroga sino a martedì. Ed ora il proposito di andare avanti ad oltranza. “Pretendiamo la verità per Claudio” spiega Francesco Rizzo, coordinatore provinciale di Usb che sta dirigendo la protesta dei centoventi addetti del reparto che piange la morte di questo giovane 29enne di Oria. Pomo della discordia è un accordo siglato da Fim, Fiom e Uilm in base al quale le macchine del reparto possono essere condotte da un solo addetto. Claudio Marsella, infatti, era solo al momento dell’incidente che gli è costato la vita.
“Quell’accordo – sostiene Rizzo – era stato subito respinto dai lavoratori. Lasciare un operaio da solo significa abbandonarlo al suo destino. E chi su quelle macchine ci lavora aveva subito fiutato il pericolo. Non sappiamo perché Claudio è morto. Di certo sappiamo che con lui non c’era chi poteva aiutarlo tempestivamente”. Ora l’Usb chiede un confronto con i vertici di Ilva per cancellare l’accordo. “Va stracciato” – dice senza mezzi termini Rizzo.
Ma la possibile trattativa
è inceppata sul fatto che l’Usb non è riconosciuta dall’azienda. “Non ci riconoscono e sostengono di non riconoscere lo sciopero. Il nostro presidio sta andando avanti tra minacce e intimidazioni” – continua Rizzo. “Uomini dell’azienda contattano i lavoratori e minacciano provvedimenti disciplinari. Nonostante questo clima il reparto ha aderito in maniera compatta alla protesta che intendiamo portare avanti sino a quando non ci saranno risposte”.
Lo sciopero, che secondo Rizzo, sta bloccando il reparto movimentazione ferroviaria è diventato terreno di scontro tra sindacati. Perché l’Usb senza mezzi termini attacca Fim, Fiom e Uilm per la firma messa su quell’accordo. “Sono responsabili al pari dell’azienda” – attacca Rizzo
E le tre sigle non si sottraggono alla polemica.


“Le cause che hanno provocato l’infortunio del giovane operaio Claudio Marsella, nel grave e inaccettabile incidente accaduto nel reparto MOF dell’Ilva, sono al momento in fase di accertamento da parte degli organi inquirenti che, siamo convinti, faranno piena luce sulle eventuali responsabilità” – si legge nella nota diffusa dai tre sindacati. Poi l’affondo contro Usb “Le informazioni diramate in questi giorni – scrivono Fim, Fiom e Uilm - non corrispondono alla realtà. La documentazione inerente agli accordi distribuita ai lavoratori e agli organi di stampa risulta incompleta. Mancano il cronoprogramma e la procedura di soccorso in caso di malore o infortunio. Alle menzogne – concludono - rispondiamo dicendo che nessuna modifica organizzativa degli assetti di lavoro nel reparto Mof è avvenuta in modo unilaterale, in quanto al fine di perfezionare quanto più possibile le modalità di accordo si sono tenute assemblee retribuite tra i lavoratori che hanno condiviso l’accordo”.

sabato 3 novembre 2012

pc 3 novembre - continuare la lotta all'ilva, estenderla, unire le forze reali del sindacalismo di classe

noi riteniamo giusta e appoggiamo la continuazione dello sciopero da parte degli operai del MOF per ottenere concreti risultati sulla loro piattaforma - perchè se non si fa un braccio di ferro ora che la situazione è calda si ottengono al massimo parole.
Per gli altri reparti, noi siamo favorevoli a una loro adesione, ma a questo punto è bene che anche gli operai di altri reparti presentino delle loro richieste per misure di sicurezza nel loro reparto, perchè sarebbe utile allargare la vertenza partita dal mof.

Il nostro sostegno e partecipazione allo sciopero è interno a una linea e battaglia di classe che noi portiamo avanti, e che riguarda tutti gli operai che lottano indipendentemente dalla loro iscrizione o meno a questo o quel sindacato - lo abbiamo fatto anche durante gli ambigui ultimi blocchi,  ma in cui partecipavano tanti operai, lo facciamo molto di più ora in cui lo sciopero e le rivendicazioni sono chiare e corrette da parte degli operai . Altre logiche - di parte - le contrastiamo perchè sono negative per l'unità di classe degli operai, loro arma e forza di lotta.

Questo rapporto corretto e proficuo per gli operai deve valere anche per la questione anticipo elezioni Rsu. au cui da tempo noi raccogliamo firme tra gli operai ilva e ora bisogna unire le forze

slai cobas per il sindacato di classe ilva taranto
cobasta@libero.it
347-5301704

pc 3 novembre - NO TAV.. riapre il presidio ..autunno caldo


pc 3 novembre - con gli operai dell'IKEA di Piacenza contro la violenza di stato per la guerra di classe

(3 Voti)
Scenario ottocentesco ai cancelli del magazzino centrale Ikea. Picchetti dei lavoratori, pullman di crumiri, manganellate della polizia per farli entrare. Volano i lacrimogeni. Cinque lavoratori portati via dalle ambulanze.Domani proteste davanti ai centri Ikea
Ultim'ora: intorno  a mezzogiorno, ai cancelli del magazzino Ikea sono arrivati anche il sindaco di Piacenza, Paolo Dosi e l'’assessore comunale al Lavoro, Luigi Rabuffi). Il sindaco ha chiesto ai lavoratori di togliere i picchetti  ai cancelli, ma i lavoratori hanno tenuto duro e il Questore Germanà ha dato il via libero allo sgombero forzato dei picchetti. Cariche della polizia, manganellate contro i lavoratori che cercavano di rimanere uniti, anocra lancio di lacrimogeni e, naturalmente altri feriti.


Per domani sono stati convocate iniziative di solidarietà con i lavoratori e di protesta contro Ikea. Ad Afragola (Na) appuntamento alle 11.30 davanti all'Ikea. A Padova alle 15.00 appuntamento alla rotonda interna della zona commerciale (tra Ikea e Pittarello).

Già intorno alle 11.10 la polizia aveva utilizzato anche due lacrimogeni (vedi la foto in basso) per sgomberare i picchetti che ancora resistevano ai cancelli. Alcuni dei "crumiri" vogliano uscire in solidarietà con i lavoratori caricati ai cancelli. Intanto  oggi pomeriggio dovrebbe essere riaperto un tavolo di trattativa tra i lavoratori e i consorzi/cooperative che gestiscono la logistica dell'Ikea.
Guerriglia ai cancelli Ikea. 5 feriti nello scontro tra operai e polizia (gallery)
Una giornata di lotta per i diritti che sembra presa dalle cronache di un altro secolo. I lavoratori del consorzio Cgs che gestisce il magazzino centrale dell'Ikea a Piacenza, stavano picchettando i cancelli d'entrata. Con loro i lavoratori della Tnt,della Gls e di altre cooperative della logistica, attivisti del Sicobas e compagni di varie realtà milanesi, tra cui il Csa Vittoria autore di un ampio documento proprio sulla funzione della logistica nel sistema produttivo.

Questa mattina presto alla porta 2 sono due pullman di crumiri scortati dalla polizia. Sono volate calci e manganellate e sono riusciti a sfondare. Alla porta 9, intorno alle nove la polizia ha intimato di sciogliere il picchetto. I lavoratori si sono seduti per terra e hanno iniziato a fare resistenza passiva abbracciandosi e incatenandosi tra loro. Passato un quarto d'ora la polizia ha cominciato a spostarli di peso, ma ben presto sono volati anche qui calci e manganellate e cinque lavoratori sono stati feriti e portati via in ambulanza. Mentre scriviamo ci sono ancora una ventina di lavoratori seduti circondati dai poliziotti. Gli altri sono tenuti ai margini del piazzale d'entrata.
Tensione davanti all'Ikea ©ilPiacenza 19-2

Due giorni fa Ikea aveva imposto ai consorzi e alle cooperative che gestiscono il magazzino centrale di Piacenza di procedere con il licenziamento dei lavoratori più attivi nella lotta e nei picchetti iniziati il 17 ottobre scorso. Proteste miranti a ottenere i diritti che l'enorme deregulation sul lavoro che impera nel settore della logistica e della distribuzione tende ad abolire.

2012-11-02 12.17.43

pc 3 novembre - Ilva- la lotta degli operai del MOF continua.. sciopero fino a martedì 6


Prorogato fino a martedi 6 novembre lo sciopero tra i lavoratori dell'Ilva dopo l'ennesima morte sul lavoro di un giovane operaio. Ormai è una rivolta contro un sistema di sfruttamento, inquinamento e morte... per tutti Se non ci saranno novità positive e non si aprirà un serio confronto con l'ILVA lo sciopero indetto da USB proseguirà almeno sino alle 7 di martedì 6 novembre. Così hanno deciso i lavoratori che nel reparto MOF (Movimento Ferroviario), quello dove è morto il giovane loro compagno; tra i lavoratori l'adesione allo sciopero è del 100% e abbandonano Fiom, Fim e Uilm in massa per aderire a USB. L'USB ha quindi inviato formalmente la nuova dichiarazione di sciopero.
I lavoratori  invitano tutti gli operai dell'ILVA ad aggiungersi agli scioperanti.
Ai cittadini di Taranto richiedono invece non soltanto solidarietà, ma una condivisione concreta della loro lotta che è anche per difendere tutta la città.
USB ha inoltre inviato una richiesta di incontro all'ILVA che continua ad ignorare la nostra reale rappresentatività. Inviata anche una richiesta al Prefetto per una convocazione urgente delle parti per avviare un confronto con l'azienda sulla piattaforma decisa dai lavoratori e per affrontare i gravi problemi di sicurezza presenti nell'impianto.

La dirigenza aziendale è sempre più nervosa e scomposta e fa filtrare anche notizie assurde e fuori dalla realtà di centinaia di licenziamenti, ma i lavoratori rispondono in modo compatto.....

Anche lo Slai Cobas dell'Ilva con una nota inviata alla direzione e al Prefetto si è aggiunto allo sciopero. Qui di seguito la comunicazione:
La scrivente Organizzazione Sindacale comunica che dalle ore 7 di questa
mattina, 2 novembre 2012 e fino alle ore 7 di sabato 3 novembre 2012, è
indetto lo sciopero dei lavoratori dello stabilimento Ilva Spa di Taranto,
con astensione dal lavoro di 8 ore in tutti i turni lavorativi.
Scopo e obiettivi dello sciopero, proclamato a seguito dell'infortunio
mortale avvenuto nel MOF, sono i seguenti:
- che codesta Azienda non faccia più operare da soli i lavoratori nelle
operazioni di manovra nel MOF, ripristinando, come avveniva prima
dell'accordo del 10 novembre 2010, la presenza di più operatori;
- che venga, quindi, annullato e rivisto l'accordo del 10.11.10;
- che si proceda ad una manutenzione degli impianti e dei locomotori.
Questo sciopero si unisce all'astensione già in corso e già regolarmente
comunicata da parte dell'Unione Sindacale di Base (USB).
Per quanto riguarda le "comandate", lo Slai cobas chiede a codesta Direzione
aziendale di essere messa a conoscenza della necessità delle stesse ed è
immediatamente a disposizione per verificare quanti e quali lavoratori
devono entrare in fabbrica per essere di "comandata" - si comunica il numero
di telefono a cui la responsabile dello Slai cobas può essere subito
rintracciata: 3475301704.
Si fa presente che ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori nessun
operaio che aderisca allo sciopero deve subire limitazioni o essere oggetto
di interventi disciplinari per aver esercitato questo diritto tutelato da
leggi e Costituzione.
La scrivente O.S. chiede un incontro nel più breve tempo possibile per
affrontare i punti sopra indicati; tanto nell'interesse di tutti affinchè
non prosegua lo stato di agitazione.
Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
coordin. provinciale Calderazzi Margherita

Sullo sciopero all'Ilva vedi:
https://www.contropiano.org/it/sicurezza-lavoro/item/12223-ilva-lo-sciopero-prosegue-fino-a-sabato

https://www.contropiano.org/it/archivio-news/archivio-news/in-breve/italia/item/12271-ilva-terzo-giorno-di-sciopero-bloccato-il-mof