martedì 7 agosto 2012
pc 5-6-7 agosto - RIESAME ILVA: "CONFERMA SEQUESTRO MA PER MESSA A NORMA... CONFERMA ARRESTI PER RIVA E CAPOGROSSO..."
Ilva, Riesame conferma sequestro "Per la messa a norma, non chiusura"
La decisione del Tribunale, confermati anche i domiciliari per i Riva. Il presidente Ferrante - nominato custode e amministratore degli impianti - assicura il monitoraggio esterno attraverso centraline di rilevamento e la videosorveglianza nelle cokerie
Il Tribunale del Riesame ha confermato il sequestro degli impianti Ilva di Taranto, vincolandolo però alla messa a norma e non alla chiusura degli impianti. Domiciliari confermati per Nicola Riva, Emilio Riva e Luigi Capogrosso, mentre tornano liberi i dirigenti Andelmi, D'Alò, De Felice, Di Maggio e Cavallo. Nel sequestro dell'Ilva, come si diceva, è prevista la facoltà d'uso degli impianti finalizzata alla messa a norma. E il Riesame di Taranto ha nominato il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, custode e amministratore di aree e impianti sotto sequestro. Restano in carica, per le procedure tecnico-operative, i tre ingegneri nominati dal gip. Ferrante sostituisce il commercialista nominato per i compiti amministrativi.
Il Tribunale ha disposto che "i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti", confermando nel resto il decreto impugnato. I giudici si sono riservati di depositare le motivazioni dell'ordinanza. I termini non perentori per le motivazioni sono di cinque giorni.
L'attesa del decreto Intanto la Camera dei deputati, questa sera o domani, potrebbe essere riconvocata per l'annuncio del decreto legge ad hoc. E' quanto è emerso dalla riunione dei capigruppo di Montecitorio. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha chiesto ai capigruppo che la Camera fosse riconvocata per l'annuncio del decreto, varato all'ultimo Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, ma che manca ancora della firma del Capo dello Stato. "Siamo incerti - ha spiegato Giarda - se riusciremo a presentarlo già questa sera o domani mattina". In ballo i 336 milioni di euro che serviranno per avviare gli interventi di bonifica e risanamento del territorio".
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Lo Slai cobas per il sindacato di classe Ilva Taranto ha lottato in questi giorni intorno alla parola d'ordine: operai in fabbrica padroni in galera, e su questa base ha chiesto la modifica della decisione della magistratura nel senso di evitare la chiusura della fabbrica. La sentenza odierna a quanto pare riconferma il sequestro ma lo orienta verso la messa a norma degli impianti. Nello stesso tempo conferma gli arresti per padron Riva e Capogrosso, mentre scarcera gli altri dirigenti che restano però imputati. Ora la lotta degli operai è più necessaria che mai perchè padron Riva non garantisce affatto che questo risanamento ci sarà, non ha messo finora i fondi necessari allo scopo, nè ci sono garanzie che comunque Riva non metta in "libertà" gli operai. Quindi è proprio la lotta contro padron Riva che deve continuare e deve essere assunta come linea di condotta in fabbrica. Le attuali direzioni sindacali che da sempre sono collaborazioniste con Riva e che sono corresponsabili di aver portato la situazione a questo punto, non sono affatto adatti a condurre questa lotta. Per questo è urgente che gli operai costruiscano un sindacato nelle loro mani che faccia la lotta dura contro padron Riva a tutela del lavoro e della salute. Se gli operai fanno questo, si ricostruisce il rapporto tra operai e cittadini che questa situazione ha messo in difficoltà. Le risposte del governo e delle istituzioni sono assolutamente insoddisfacenti, per un'impresa così grande, come quella di realizzare una bonifica e risanamento di intere zone della città, del mare, dei terreni. Questi soldi peraltro non possono essere un regalo a Riva che deve mettere i soldi suoi. Per questo la lotta deve indirizzarsi anche contro il governo e le Istituzioni locali. L'inchiesta ha messo in luce l'ampio sistema di corruzione messo su da padron Riva attraverso il factotum Archinà, che riguarda politici, giornali, sindacalisti, funzionari delle istituzioni, e, diciamo noi, anche magistrati. Noi avevamo già denunciato tutto questo, anche se non avevamo sufficienti prove per fare tutti i nomi e cognomi che sappiamo. Ora, anche su questo si deve andare a fondo. Vogliamo l'arresto di Archinà e di tutti coloro che ne hanno guidato l'azione, non solo padron Riva ma i dirigenti Ilva, e vogliamo l'incriminazione appunto dei politici, sindacalisti, magistrati, giornalisti, funzionari, pagati da Riva. E noi per primi ne faremo i nomi per quanto è a nostra conoscenza.
Slai cobas per il sindacato di classe ILVA - Taranto 3475301704
7.8.12
pc 5-6-7 agosto - ILVA TARANTO: NOTIZIARIO 2
La giornata di oggi è caratterizzata dal pesante intervento ricattatorio dell'attuale portavoce di padron Riva, Bruno Ferrante, che, abbandonando i “guanti gialli” e l'atteggiamento diplomatico dei giorni scorsi, dice nettamente che la conferma dei provvedimenti del giudice e la loro attuazione comporterebbe la chiusura dell'Ilva di Taranto ma anche ei Genova e Novi Ligure, per non parlare delle centinaia di fabbriche dell'indotto di Taranto, Genova e Novi Ligure, nonché un'altra serie di aziende legate al ciclo produttivo dell'Ilva - è di oggi per esempio la notizia che anche la Sanac di Gattinara (Vercelli) con 108 operai che produce mattoni refrettari per altoforni che per l'80% finiscono a Taranto, sarebbe colpita dal provvedimento di chiusura.
Questa posizione ha uno scopo solo, cercare di portare nettamente dalla propria parte le forze politiche, istituzionali e i vertici sindacali e soprattutto mantenere il morso della linea aziendalista e neocorporativa sugli operai Ilva, veicolata da capi, tecnici in fabbrica. Questo disegno di padron Riva deve essere contrastato prima di tutto in fabbrica perchè le condizioni attuali in nessuna maniera permettono a padron Riva di cavarsela così.
L'ilva non si chiude ma va risanata con gli operai dentro.
Padron Riva e i suoi uomini devono pagare per le loro responsabilità, in tutte le sedi.
Intanto, come se fossimo di fronte a due tattiche, le cose vanno diversamente al Tavolo riunitosi presso la Regione in questa cosiddetta “cabina di regia” per l'ambientalizzazione dello stabilimento, che comprende Regione, Enti locali, Ministero, Arpa e azienda. Qui l'Ilva è sembrata acconsentire ad una serie di misure immediate relative al controllo della diossina, degli idrocarburi policlini e aromatici, polveri totali e diossina al suolo. Ha dichiarato una disponibilità blanda anche ad un taglio della produzione per ridurre il benzopirene, mentre ha riproposto per i parchi minerali piani già conosciuti e nettamente insufficienti. Così i toni verso l'inchiesta della magistratura sono in continuità con lo stile che Ferrante ha usato dal suo insediamento a Taranto. Quale è tattica e quale è strategia in questi due volti dell'Ilva?
Anche su questo quello che conta è il punto di vista operaio e i risultati concreti della mobilitazione cittadina. Gli operai sostengono e sosterranno tutti gli interventi necessari per la bonifica degli impianti, anzi, devono essere coinvolti anche in termini di proposte per questo. Gli operai sono pronti, o almeno devono esserlo, a stringere il collo all'azienda perchè faccia quello che è necessario e metta il massimo dei soldi necessari allo scopo.
Riva non è un industriale che gioca al casinò della finanza, né è dedito alla satrapia e al lusso di altri pezzi del capitalismo italiano. Riva tende ad investire in azienda gli utili o ad allargare il proprio impero industriale, nonché a salvaguardarlo dai colpi di coda delle crisi che lo toccano. Ci sono quindi le condizioni per costringere Riva ad utilizzare questa attitudine, questa volta, perchè concentri le energie sul fronte del risanamento. E sono ancora gli operai in fabbrica l'arma necessaria per piegare padron Riva su questo.
Il sindacalismo confederale ha ceduto su tutta la linea in questi anni e quindi è diventata una parte del problema in fabbrica. Gli operai devono scegliere ora la strada del sindacalismo di classe e della lotta di classe in fabbrica come unica reale possibilità di salvare lavoro e stabilimento ed essere parte integrante e dirigente della lotta per una fabbrica bonificata e una città risanata.
Il sindacalismo confederale questo non lo fa. La contestazione di giovedì scorso ha messo in luce che loro sono solo disponibili ad una strada, quella di mantenere il loro potere dentro il sistema Riva e impedire l'autorganizzazione e la ribellione operaia. Nello stesso tempo, il capintesta di questa linea è la Uilm di Palombella e la Fim ha risposto prontamente con la sospensione di Francesco Rizzo – ex Fiom passato alla Fim per 'copertura sindacale' e partecipante alla contestazione di giovedì. Questi sindacati confederali si contrappongono agli operai dentro e fuori la fabbrica, sposano la linea aziendalista e governativa, e non è così che gli operai in fabbrica e le masse popolari in città potranno raggiungere i loro obiettivi in termini di lavoro e salute.
La Fiom di Landini, sempre più allo sbando, che giovedì ha scelto la linea dell'attacco frontale alla contestazione, fa oggi ritornare lo stesso Landini per cercare di mettere una “pezza”; ma questo sindacato non ha né la linea né gli uomini per rappresentare un'alternativa. Di questo si sono già resi conto gli operai ribelli e contestatori, gli operai iscritti e organizzati con lo slai cobas e un'ampia fetta di operain di base Fiom ancora non organizzata.
Lo Slai cobas persegue la linea dell'unità òper il sindacato di classe di questa componente per costruire nel fuoco dello scontro, in fabbrica principalmente, e in stretto legame con la massa degli operai la costruzione dell'alternativa di classe.
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I magistrati impegnati nell'inchiesta, guidati dal Procuratore Sebastio, stanno alimentando lo scontro con la diffusione e la riproposizione di ampi stralci dell'inchiesta che testimoniano la gravità della situazione e i suoi effetti mortali, la responsabilità diretta dell'Ilva in questo e le responsabilità anche penalmente rilevanti di chi dirige lo stabilimento nelle violazioni delle leggi.
A sostegno di questa inchiesta sono state messe in campo le intercettazioni dell'inchiesta parallela sul ruolo dell'Ilva nella corruzione di chi doveva fare i controlli istituzionali e di chi doveva essere dentro il sistema Riva, sindacati confederali, giornali, perchè l'azione del padrone si potesse dispiegare libera e impunita. Su questo i nomi non vengono ancora fatti e soprattutto manca il ruolo della corruzione dei magistrati e gli “inquinamenti ambientali” nel Tribunale, della cui denuncia finora lo Slai cobas è stata punta di lancia senza trovare né il sostegno necessario delle forze che attualmente sono mobilitate contro l'inquinamento, né quel riscontro giudiziario che era doveroso e necessario.
Ma il punto resta sempre quello che stiamo sottolineando: la Procura non distingue le responsabilità dei padroni dai veri danneggiati della vicenda, operai, prima colpiti in fabbrica e ora a rischio del posto di lavoro. E non è vero che il compito dei magistrati è solo di applicare le leggi, in nessuna delle vicende giudiziarie che hanno riguardato eventi sociali così importanti è mai mancato un'analisi oggettiva e soggettiva del rapporto tra gestione della magistratura ed effetti sulla condizione di lavoro degli operai. Là dove questo è successo gli esiti sono stati nefasti: si è passati da Craxi a Berlusconi e si passa dalla chiusura dell'Ilva allo stato attuale di Bagnoli.
L'autonomia operai e il sindacalismo di classe affrontano il problema non all'insegna del primato della magistratura e del cretinismo giudiziario, ma della lotta operaia e delle masse popolari che rispondono ai danni e si difendono dai danni del capitale e dello Stato e costruiscono la forza materiale per il cambiamento reale attaccando il capitale e la legge del profitto che ne è alla base.
In questo senso, se siamo chiaramente d'accordo con la denuncia del fronte ambientalista i cui temi sono stati da noi tante volte anticipati e affrontati con la lotta – vedi morti per il lavoro, Palazzina Laf, caso Nuova Siet, Rete nazionale per la sicurezza su scala anche nazionale che ha contribuito ben prima degli ambientalisti a fare dell'Ilva un caso nazionale -, combattiamo invece apertamente gli esiti illusori e perdenti della posizione “chiudiamo ml'Ilva e lo Stato si occupi degli operai licenziati”. Inutile, poi, sprecare frasi per idioti che dicono “non ci frega niente del lavoro a noi basta il reddito”, ecc.
In questa lotta bisogna realizzare l'unità di classe e unità popolare, in primis contro Riva e lo Stato dei padroni, in alternativa al sindacalismo confederale collaborazionista, e in lotta netta contro lavoratori guidati da capi al servizio di padron Riva e ambientalismo della piccola e media borghesia che sostiene il capitalismo senza le sue brutture e inevitabili conseguenze.
lunedì 6 agosto 2012
pc 5-6-7 agosto - notiziario ilva 1- slai cobas per il sindacato di classe Ilva taranto
5 agosto
0ggi si vive in fabbrica un clima di attesa, si aspetta il verdetto del riesame, per sapere se il sequestro prosegue e le operazioni di fermo degli impianti vanno avanti, oppure se siamo di fronte ad una nuova decisione - il riesame dovrebbe esprimersi entro mercoledì.
Gli operai intanto in fabbrica si preparano a rispondere a queste decisioni, se il riesame conferma il sequestro, si respira aria di rivolta.
Lo slai cobas ilva con la parola d'ordine 'operai in fabbrica, padroni in galera' è dentro questa realtà e si sta organizzando per giovedì per rispondere a ogni situazione.
Intanto un altro filone d'inchiesta quello per corruzione, ha reso pubblico, quello che noi in prima persona già sappiamo e denunciamo, ma per il quale non abbiamo avuto finora prove documentarie e testimonianze, anche quelli che in tutti gli ambienti ci hanno informato poi non si sono voluti esporre.
Lo slai cobas è una delle principali vittime di questa attività di corruzione, perchè nel processo Nuova Siet-ILVA da noi intentato e vinto con slai cobas e 150 operai come parte civile,con condanna di Riva a quattro anni - condana che lo avrebbe già portato in galera molto prima - la corte di appello ha annullato la sentenza e fatto in modo che questo verdetto arrivasse il più tardi possibile, con la conseguenza che quando abbiamo rivinto in Cassazione, con nuova condanna a Riva questa non era eseguibile per intervenuta prescrizione.
Il passaggio alla Corte di appello e la sentenza sono il frutto dell'attività di corruzione del dirigente Archinà verso il giudice, lo sappiamo con certezza ma eravamo i soli a dirlo pubblicamente.
La corruzione riguarda inoltre politici, giudici, funzionari, sindacalisti....
Un primo elenco di nomi lo produrremo, confortati da questa inchiesta molto presto.
Ci sono novità anche sul fronte sindacale, alcuni delegati operai ex fiom con centinaia di operai al seguito, avevano aderito alla cisl dopo aver partecipato ad assemblee con lo slai cobas, perchè volevano per agire una copertura sindacale, che attualmente lo slai cobas non poteva garantire, promettendo che il passaggio sarebbe venuto in occasione delle elezioni rsu, noi naturalmente non abbiamo condiviso questa scelta e l'abbiamo criticata anche pubblicamente- alcuni di questi hanno partecipato alla contestazione di giovedì scorso e in particolare Rizzo - uno dei più noti insieme a Ranieri che il 12 luglio dopo un periodo di iscrizione allo slai cobas - fortemente contrastato in azienda da padrone e capi con persecuzione sistematica - ha seguito la scelta di Rizzo.
Ebbene ieri la cisl ha sospeso Rizzo dal sindacato, per aver partecipato alla contestazione.. quindi questa strada entrista di copertura è giunta al termine. Ora si potrà comprendere che c'è un solo modo per proseguire l'attività in fabbrica che è quella che avevano già seguito all'inizio - costruire il cobas e battersi per il suo riconoscimento sino alla battaglia per le rsu.
Si riunito oggi in una lunga riunione il comitato provinciale dello slai cobas per valutare la situazione ed
esaminare il da farsi. La riunione ha definito il piano di azione immediato in fabbrica, sui posti di lavoro e in città e ha visto anche aspetti critici e autocritici in relazione alla manifestazione di giovedì scorso, che sono tradotti in documenti e volantini che il Cobas diffonderà in fabbrica e in città e che verranno via, via esposti anche in internet. Lo slai cobas parteciperà con operai e militanti all'attività del Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti' che ha portato avanti la contestazione di giovedì 2 agosto, accettando le regole interne del comitato per sostenere con forza la linea di classe- contrastando le posizioni interclassiste e puramente ambientaliste presenti nel comitato stesso.
Intanto è immediatamente partita la campagna contro le denunce
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime massima solidarietà ai 41 cittadini e operai denunciati
per le contestazioni durante la manifestazione di giovedì 2 agosto.E' impensabile che in un momento decisivo per le sorti di una città intera non soltanto si impedisca di parlare,ma si cerchi anche di intimorire attraverso una serie di denunce coloro che legittimamente si ribellano.In una democrazia il diritto alla parola è sacrosanto,esattamente come il diritto alla salute e al lavoro.Consideriamo indegno e incomprensibile il comportamento della magistratura e della polizia proprio mentre vengono alla luceaccordi scellerati tra i riva e dirigenti ilvae coloro che erano preposti per i controlli,le mazzette a scapito della sicurezza e la salute dei cittadini.Gli stessi operai avvelenati e sfruttati a cui non è stata data la parola, vengono ora denunciati,come a completare quel clima dicorruzione e intimidazione che ha portato a questa situazione.La nostra posizione èOPERAI IN FABBRICA RIVA E GLI ALTRI CRIMINALI IN GALERA !SLAI COBAS per il sindacato di classe IlvaTaranto 5.8.12
domenica 5 agosto 2012
sabato 4 agosto 2012
pc 4 agosto - Condannato per mafia, si fa il carcere a rate, è libero per buona condotta e (in nome del popolo italiano) ha la pensione del Senato!
Da quel che si ricava dall’articolo che riportiamo sotto, fino ad ora, gli unici politici indagati per mafia che hanno fatto la galera sono 3 (TRE): Vincenzo Inzerillo, Franz Gorgone, Salvatore Cuffaro, tutti e tre della Democrazia Cristiana.
Vincenzo Inzerillo si è fatto 4 anni e 4 mesi invece di 5 e 4 mesi e a rate: tra il ’95 e il ’97 (!) e dal 2011 ad ora.
È stato senatore ma senza finire la legislatura e ha la pensione perché dice: “Ho riscattato il resto del periodo!”
Il giornalista sembra un po’ imbarazzato: “Palazzo Madama paga il vitalizio a un condannato per mafia, ma non è il solo e potrebbe non essere l’ultimo” (!!)
Naturalmente in politico si dichiara innocente e farà ricorso. Naturalmente niente sa della trattativa “… se trattativa ci fu, è stata convergenza tra mafia, alte istituzioni e Servizi” se dovessero ammazzarlo “…non sarà stata la mafia. Saranno stati i Servizi deviati piuttosto.” E da chi dipendono i Servizi segreti? dalla politica…
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Libero per buona condotta l’ex senatore dc Enzo Inzerillo
È tornato in libertà con un anno di anticipo, grazie alla buona condotta tenuta in carcere e al fatto di avere aiutato gli ultimi, detenuti con problemi fisici e mentali che ha assistito durante la detenzione. Vincenzo Inzerillo doveva rimanere in prigione 5 anni e 4 mesi, è uscito dopo 4 anni e 4 mesi. Lui, ex senatore della Dc, è uno dei tre politici siciliani che hanno scontato una condanna definitiva per reati di mafia, assieme a Franz Gorgone, che ha finito da tempo di espiare una pena per il suo stesso reato, il concorso esterno, e a Totò Cuffaro, che è ancora in cella per favoreggiamento aggravato.
Il carcere, patito in due diversi periodi, tra il ’95 e il ’97 e dal 12 gennaio 2011 alle scorse settimane, non ha fiaccato l’ex senatore, oggi 65 anni, pensionato delle Ferrovie e anche del Senato, nonostante la sua legislatura, tra il ’92 e il ’94, sia durata appena un paio d’anni. “Ho riscattato il resto del periodo”, spiega. Palazzo Madama paga il vitalizio a un condannato per mafia, ma non è il solo e potrebbe non essere l’ultimo.
Il ritorno a casa, a San Lorenzo, non ha spento l’amarezza: “Sono stato assessore con Orlando, ai tempi della Primavera”, ricorda. Ma ora l’ex vicesindaco sta scontando la misura di sicurezza ed è costretto a non uscire dal territorio comunale, a tornare a casa presto. “I boss Graviano non avevano fatto votare per me – dice Enzo Inzerillo - mi aveva scagionato Gaspare Spatuzza. Io sono contento che degli innocenti siano usciti dal carcere, dopo tanti anni, grazie al pentito. Ma perché io sono stato condannato?” Perché i giudici hanno ritenuto che ci fossero molti altri elementi: “Ma io voglio giustizia e non mi arrenderò finché non l’avrò avuta”. Punta alla revisione del processo, ma lui è stato sotto inchiesta anche per la trattativa fra Stato e mafia, a Firenze, dove il caso era stato affrontato e archiviato dieci anni fa. “Io – dice l’ex indagato – non so niente della trattativa, ma penso che i magistrati agiscano in buona fede e che vengano fuorviati dai pentiti, dai depistaggi e dai Servizi deviati. Stima comunque Ingroia, che ha indagato su di me per mafia. Verrà mai a galla la verità? Non lo so. Posso dire solo che se trattativa ci fu, è stata convergenza tra mafia, alte istituzioni e Servizi”. Teme per la sua vita? “Se domani mi succederà qualcosa, non sarà stata la mafia. Io non ho fatto patti con la mafia. Saranno stati i Servizi deviati, piuttosto. La mia vicenda? Si cercava uno su cui scaricare: si è trovato comodo farlo su di me. Forse perché sono nato a Brancaccio”
Gds 1 agosto 2012
pc 4 agosto -NELLA “GUERRA” IN CORSO ALL’ILVA, PER GLI OPERAI CENTRALE E’ L’ORGANIZZAZIONE DI CLASSE.
pc 4 agosto - ILVA: RISPONDIAMO A SUOCERA PERCHE' NUORA INTENDA...
Questo "lavoratore sembra entrato solo ieri in Ilva, perché da quello che scrive sembra che non conosce proprio lo Slai cobas. Si è dimenticato che lo slai cobas prima e dopo l’ingresso di Riva ha sempre fatto della battaglia sulla sicurezza contro i morti in fabbrica una costante della sua azione? Si è dimenticato che noi abbiamo aperto all’ex Italsider la più grande battaglia sulla questione dell’amianto? Si è dimenticato che dopo la uccisione di Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre nel 2003, abbiamo, facendo dell’Ilva un caso nazionale”, promosso e costruito la “Rete per la sicurezza sui posti di lavoro”, con operai e familiari degli operai morti per infortuni o malattie, organizzando per la prima volta a Taranto il 18 aprile 2008 una manifestazione su questo, con la presenza di delegazioni nazionali di lavoratori, Thyssen di Torino, ecc. e, anche qui per la prima volta su questi temi, con la partecipazione di decine e decine di operai dell’Ilva e anche di delegati Fiom - manifestazione che guarda caso volutamente partiva dai Tamburi, per unire operai e popolazione dei quartieri più devastati?
Si è dimenticato che la coordinatrice dello Slai cobas è stata denunciata direttamente da Emilio Riva per la scritta “Riva assassino” e che al processo Riva, mai presentatosi a Taranto per i suoi processi, è invece venuto ma se ne è dovuto andare con la coda nelle gambe visto che ha vinto la compagna dello slai cobas?
Si è dimenticato che la condanna più alta per truffa ed estorsione sulla vicenda ex Nuova Siet, 4 anni e mezzo, Riva l'ha avuta per la denuncia e l'azione processuale dello Slai cobas?
Si è dimenticato che noi, e solo noi, abbiamo fatto una campagna di anni perché gli operai, i delegati Rsu, prendessero in mano la battaglia per la difesa della salute e sicurezza, che gli operai non stessero solo a lamentarsi, ma si organizzassero nello slai cobas per questo, e usassero anche le poche leggi a loro favore (come l’art.14 della ex 626), ecc.? Appelli che purtroppo sono spesso caduti nel vuoto, per responsabilità della feroce, aperta e sotterranea, campagna contro di Fiom, Fim e Uilm, ma anche per l’atteggiamento sbagliato degli operai che parlano ma non vogliono poi veramente fare.
Si è dimenticato che lo slai cobas, osteggiato prima di tutto dai sindacati confederali, ha proposto una postazione ispettiva fissa in Ilva di asl e ispettorato del lavoro, per intervenire subito ma anche per pretendere che questi ispettori facciano il loro mestiere?
Lo sai che i coordinatori provinciali dello Slai cobas sono stati denunciati, con richiesta di risarcimento di 1 miliardo, dall'attuale segretario nazionale della Uilm Palombella e in un altro momento dall'ex segretario Fiusco della Fiom perchè denunciavamo la collusione di questi sindacati con l'azienda, proprio sulle questioni della sicurezza? E, però, loro hanno perso in Tribunale.
E poi il fatto che in questi ultimi anni quando tutti dicevano che la situazione in Ilva era migliorata, solo lo slai cobas in fabbrica ha continuato a denunciare tutti gli episodi di attacco alla salute e alla vita degli operai e a dire che non si doveva abbassava la guardia…
E, potremmo continuare con decine e decine di fatti – non parole – fino ad oggi.
Questo "Lavoratore Ilva" dove stava? Perché ogni volta che noi abbiamo sollevato queste questioni prima, non ci ha scritto? E anche oggi, ma li legge bene i nostri comunicati, volantini, locandine?
Noi diciamo che l’Ilva non deve chiudere, perché altrimenti finisce come Bagnoli, in cui non si è salvato un posto di lavoro ma non si è evitata neanche la devastazione ambientale, anzi la situazione è peggiorata (vai a vedere direttamente); la battaglia per la difesa della salute e dell’ambiente si fa con gli operai sui posti di lavoro, attivi, protagonisti – altrimenti – con gli operai mandati a casa e “assistiti” dalle elemosine dello Stato NON SI FARA’!
NOI DICIAMO GLI OPERAI IN FABRICA – I PADRONI IN GALERA!.
Sono gli operai che vivono in fabbrica 8 ore al giorno e più, che vivono spesso nei quartieri disastrati che devono anche loro dire come si deve risanare. Il resto sono chiacchiere che rischiano anche ora di lasciare la situazione così com’è e non ci sarà alcuna magistratura che la cambierà realmente.
Se si vuole continuare a non pensare con la propria testa, si faccia pure. Ma così sia chiaro che gli operai finiranno "cornuti e mazziati" e non salvaguarderanno né salute, né ambiente, né lavoro!
pc 4 agosto - Abusi e torture in salsa emiliana
pc 3 agosto - M5S: un "movimento" molto "stupefacente"
pc 3 agosto - Olimpiadi di Londra: dove a trionfare non è lo sport, ma la militarizzazione e la libertà di inquinare
venerdì 3 agosto 2012
pc 3 agosto - Sulla trattativa Stato-mafia... Napolitano si indigna
Questa polemica era stata anticipata da un'altra scatenata dal giudice Scarpinato che si era detto imbarazzato di partecipare alle ricorrenze “per la presenza talora tra le prime file nei posti riservati alle autorità di personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione dei valori di giustizia e di legalità per i quali Borsellino si è fatto uccidere”. La famiglia Borsellino e l'associazione dei magistrati si sono schierati a difesa di Scarpinato che è stato subito attaccato dal Consiglio Superiore della Magistratura (su iniziativa di un membro del Pdl) che voleva trasferirlo per incompatibilità!
I magistrati di Palermo sono impegnati oramai da anni in indagini sul rapporto tra mafia e politica e ultimamente in particolare sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia: per questo a fine luglio hanno rinviato a giudizio 12 persone tra mafiosi - Bernardo Provenzano, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, Giovanni Brusca; e uomini delle istituzioni che avrebbero fatto da intermediari, Calogero Mannino, il senatore Marcello Dell’Utri e gli ex ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno. Nell’elenco degli imputati anche Massimo Ciancimino e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Proprio Mancino, preoccupato per la sua posizione nell'inchiesta avrebbe fatto pressioni e telefonato a D'Ambrosio, consulente giuridico del Presidente, da questi tanto apprezzato e compianto (D'Ambrosio è morto qualche giorno fa), e allo stesso Presidente.
Il motivo scatenante del risentimento del Presidente della Repubblica è stato il fatto che è diventata di dominio pubblico una intercettazione telefonica di una conversazione tra gli uffici del Presidente e l'ex ministro Mancino oggettivamente coinvolto in un'inchiesta di mafia.
Il Presidente dice che secondo la Costituzione e le leggi vigenti queste intercettazioni devono essere distrutte perché non si può indagare sul capo dello stato, mentre i giudici, in particolare Ingroia, afferma che non c'è bisogno, sia perché l'intercettazione non era nei confronti del Presidente, sia perché non è stata usata e sia perché le leggi non dicono esattamente quello che afferma il Presidente. L'esito giuridico di questo scontro lo si avrà a settembre dalla Corte Costituzionale presso la quale è stato depositato il ricorso dall'Avvocatura dello Stato a nome di Napolitano.
Questa polemica, tra istituzioni e magistrati, è nuova perché tocca direttamente il capo dello Stato, sa di vecchio perché i magistrati che portano avanti le indagini sulla trattativa stato-mafia ancora una volta (come è stato per Falcone e Borsellino) vengono osteggiati dalle istituzioni e si sentono isolati. L'accanimento con cui ha reagito e su cui insiste il Presidente ha spinto in particolare il giudice Ingroia a dire che se c'è una “ragion di stato”... allora lo si dica e le indagini verranno interrotte! Ingroia ha così preso sul serio la cosa che ha deciso di cogliere l'offerta di un incarico dell'ONU in Guatemala per allontanarsi da Palermo.
Sulla trattativa e i suoi risvolti si è puntata, quindi, adesso l'attenzione di tutti: la Repubblica del 31 luglio riassume bene la questione: «la trattativa non è "supposta" o "ancora da verificare in sede processuale", una corte di assise ha già detto che è stata "indubbiamente" avviata fra il 1992 e il 1994.»
Estrapoliamo alcune frasi dall'articolo che riportiamo in fondo:
“L'iniziativa [della trattativa] fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia". "Dalla disamina delle dichiarazioni di soggetti di così spiccato profilo istituzionale esce un quadro disarmante che proietta ampie zone d'ombra sull'azione dello Stato nella vicenda delle stragi".
In altre parole, per quanto riguarda le uccisioni di alcuni politici “eccellenti”, come Lima, si è trattato di una resa dei conti tra mafia “politica” e mafia criminale, per quanto riguarda i giudici si è trattato di stragi di Stato perché le indagini stavano portando pericolosamente vicino ai nomi di quegli esponenti dello Stato direttamente coinvolti. “Siamo entrati nella stanza della verità... ma siamo al buio” ha detto Ingroia.
20 anni, dunque, e sembra che nulla sia cambiato se ancora una volta dei giudici devono accusare i vertici dello Stato di intromettersi per impedire che si arrivi alla verità...
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«Ci sono documenti che parlano da quasi vent'anni di questo accordo per fermare le bombe. Informative di polizia. Atti acquisiti negli archivi dell'amministrazione penitenziaria. Testimonianze di investigatori dei reparti speciali, di ex ministri, di funzionari del ministero di Grazia e giustizia e - se valgono ancora qualcosa - di mafiosi pentiti. Infine c'è il verdetto di un collegio giudicante - quello di Firenze - che appena qualche mese fa ha condannato una quindicina di boss per le bombe di via dei Georgofili (tra loro i soliti Totò Riina, Bernardo Provenzano, Giuseppe Graviano) e poi ha dedicato cento delle cinquecentoquarantasette pagine della motivazione della sentenza esclusivamente al movente degli attentati in Continente e, appunto, alla trattativa. Sono datate marzo 2012. Si legge nella prima di quella cento pagine: "Una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L'iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia".
«Non è stata solo la procura di Palermo a indagare sui misteri di quella stagione di sangue. L'ha fatto quella di Caltanissetta che ha scoperto un gigantesco depistaggio nell'inchiesta iniziale sull'uccisione di Paolo Borsellino, e ancora sta investigando sulle "anomalie" dell'attentato all'Addaura nel giugno del 1989 contro Giovanni Falcone e sul massacro di Capaci. L'ha fatto la magistratura di Firenze che aveva anche il compito di scoprire i "mandanti altri" di quegli attentati, scavando sullo stesso fronte dei pubblici ministeri palermitani e ascoltando in aula testi come l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino o come l'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso. Scrivono di loro i giudici di Firenze: "Dalla disamina delle dichiarazioni di soggetti di così spiccato profilo istituzionale esce un quadro disarmante che proietta ampie zone d'ombra sull'azione dello Stato nella vicenda delle stragi". E ancora i giudici fiorentini ricordano come fu revocato, subito dopo le bombe, il carcere duro per centinaia di mafiosi, un chiaro segnale "di cedimento alla mafia".
«Le risultanze investigative dei pm di Palermo sono pressoché simili. E alle stesse conclusioni sono arrivati anche i magistrati di Caltanissetta, titolari delle inchieste sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio e che hanno svelato il depistaggio messo in opera da apparati dello Stato - il "Gruppo Falcone Borsellino", incaricato con decreto governativo d'indagare sulle bombe che hanno ucciso i due giudici - e che hanno portato qualche mese fa alla revisione del processo Borsellino, allo sbugiardamento del falso pentito Vincenzo Scarantino e alla liberazione di sette innocenti scarcerati dopo diciassette anni con sentenze passate in giudicato.
C'è in sostanza una convergenza investigativa fra le varie procure italiane - e con il coordinamento della procura nazionale di Pietro Grasso - nonostante qualche contrasto inevitabilmente affiorato sulla strategia da seguire in certe fasi delle indagini.
«D'altronde, questa storia della trattativa ha compiuto quasi vent'anni. Per la prima volta quella parola è comparsa in un'informativa dell'11 settembre 1993 inviata dal Servizio centrale della Polizia di Stato alla commissione parlamentare antimafia. Oggetto: "Attentati verificatisi a Roma, Firenze e Milano. Per quanto d'interesse si trasmette appunto riservato concernente gli attentati". Il testo che ne seguiva: "Obiettivo della strategia delle bombe sarebbe quello di giungere a una sorta di "trattativa" con lo Stato per la soluzione dei principali problemi che attualmente affliggono l'organizzazione: il "carcerario" e il "pentitismo".. ". E ancora: "Nel corso di riservata attività investigativa funzionari del Servizio hanno acquisito notizie fiduciarie di particolare interesse sull'attuale assetto e sulle strategie operative di Cosa Nostra". Mettere bombe "per intimidire, destabilizzare e creare i presupposti di una "trattativa", per la cui conduzione potrebbero essere utilizzati da Cosa Nostra anche canali istituzionali".
«Dopo le bombe il 41 bis è stato effettivamente cancellato per centinaia di mafiosi e "alleggerito" per altri. Una nuova legge sui collaboratori di giustizia c'è stata. E intanto è arrivato a governare l'Italia Silvio Berlusconi con il suo fedele amico Marcello Dell'Utri. È in quel momento che gli attentati sono finiti. Ed è questa l'ultima parte dell'inchiesta sulla trattativa dei pm di Palermo: capire perché la mafia non ha seminato più terrore come nei due anni precedenti. I magistrati di Firenze si trovano in qualche modo d'accordo con quelli di Palermo anche su questo punto. Scrivono nelle motivazioni della sentenza sulla strage dei Georgofili: "Non ha trovato consistenza l'ipotesi secondo cui la nuova "entità politica" (Forza Italia ndr) che stava per nascere si sarebbe addirittura posta come mandante o ispiratrice delle stragi". Ma i giudici sospettano anche "che una svolta nella direzione politica del paese fosse stata vista dalla mafia come una chance per affrancarsi dalla precedente classe dirigente in declino". Tutto sommato Cosa Nostra era contenta di come stavano andando le cose in Italia in quell'inizio del 1994, quando Berlusconi si preparava a diventare premier per tre volte in quindici anni.»
pc 3 agosto - muore sul lavoro a 14 anni... contro lo sfruttamento senza limiti dei padroni ribellarsi è giusto e necessario
Avere 14 anni non basta per non morire sul lavoro
di Carmine Tomeo
Si può morire anche a 14 anni sul lavoro. È successo ieri, in un cantiere nel leccese, dove un masso ha schiacciato un ragazzino 14 anni e l’ha ucciso. Quindi, vedi che si può morire sul lavoro a 14 anni, anche in Italia? Non lo sapevi? Ed invece è così. Che dici, che a 14 anni si dovrebbe giocare a pallone? Certo, si dovrebbe. Però c’è pure chi a 14 anni sta in cantiere, mentre altri giocano a pallone. E poi, scusa, non lo sai che a 14 anni si è ragazzini proprio quando si gioca a pallone, mica quando si lavora in cantiere. Là, in cantiere e a quell’età, di solito sei un manovale, e comunque un irregolare, un lavoratore in nero. Me lo racconta pure mio padre, che ha cominciato ad andare in cantiere a 12 anni. Lui era manovale di “mastr’ Andrè” o di “mastr’ Peppe” o di qualche altro mastro… 45 anni fa.
Che faceva mio padre in cantiere, ragazzino di 12 anni, 45 anni fa? Preparava la calce, portava sacchi da 50 chili di cemento sulle spalle, si arrampicava sui ponteggi. È pericoloso, sì è vero. E pericolo è pure, ad esempio, lavorare dove ci sono degli scavi, come stava facendo quel ragazzino di 14 anni nel leccese. Ché ci si può cadere dentro, ci si può rimanere seppelliti per uno smottamento, ci si possono respirare vapori tossici, ci si può saltare in aria per la presenza di gas infiammabili o esplosivi. Ma come dicevo, in cantiere mica si è ragazzini di 12 o 14 anni. In cantiere di solito ci sono paia di braccia che sollevano materiali, paia di gambe che spingono, schiene che si piegano, mani che afferrano. E poi ci sono massi che cadono e che sfracassano teste costole braccia schiene gambe.
Non si può fare, cosa? Non si può lavorare a 14 anni? Ma intendi che per legge non si può? Ah, sì, certo: la legge non lo consente. Sì, certo, per legge non si potrebbe lavorare prima della fine della scuola dell’obbligo. E l’obbligo di andare a scuola c’è fino a 16 anni. Ma te l’ho detto prima: in cantiere, a 14 anni, non si è un ragazzino di 14 anni; si è “energia, muscoli, sudore” a buon mercato. E poi, la legge… Non lo vedi che proprio a questo sta riducendo i lavoratori, e cioè braccia e intelletto da spremere, al minor costo possibile ed il prima possibile? 16 anni non è mica l’età minima per l’accesso al lavoro. Sì, certo, formalmente lo è. Ma il raggiro l’hanno trovato ed hanno riportato l’età minima a 15 anni, quando è concesso di assolvere all’ultimo anno di scuola obbligatoria facendo l’apprendista. È un tira e molla che va avanti dal 1997: ogni volta che si è posto l’obbligo scolastico fino a 16 anni, è arrivato un governo padronale (in genere chiamato con nomi da monarca: Berlusconi II, Berlusconi III, ecc.) ad abbassarlo. E siccome questo governo (che si chiama Monti), che non va a puttane ma ci manda a noi, pure padronale è, ha fatto la sua riforma del lavoro, che consente all’impresa di assumere qualche apprendista di 15 anni in più. E del lavoro sommerso, ad esempio quello compiuto da ragazzini di 14 anni, qualche volta che se n’è parlato fu definito “ammortizzatore sociale”; ora sembra non ci sia.
Ah dimenticavo, negli ultimi 5 anni sono morti sul lavoro almeno 29 ragazzini dai 17 anni in giù. Cioè, scusa, hanno smesso d’un tratto di lavorare 58 braccia e 58 gambe ed hanno smesso di sudare 29 fronti che avevano al massimo 17 anni di vita.
3 agosto 2012
giovedì 2 agosto 2012
pc 1-2 agosto - Sindacato, politica, corruzione... la Uil Trasporti a Palermo
Riportiamo questo articolo del Giornale di Sicilia di oggi perché evidenzia il livello di corruzione all'interno del sindacato confederale in questo caso la Uil Trasporti (ma qualche tempo fa c'era stata una notizia, subito dopo scomparsa, di una truffa della Cisl di Messina nei confronti di pensionati, o il "regolamento di conti" nella Cgil della Sardegna per rimanere ai fatti più eclatanti); l'intreccio con la politica; l'utilizzo di fondi (i soldi delle quote versate dai lavoratori) del sindacato per motivi politici, essenzialmente personali ma anche di “consorteria”...
Non è una novità per nessuno che ad ogni elezione i sindacati confederali fanno le loro campagne elettorali e che per farle servono tanti soldi...
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L'inchiesta. I legali di Giuseppe Caronia: ancora nessuna contestazione
Fondi Uil dirottati?
Un testimone conferma le accuse
Un testimone, un alto dirigente nazionale della Uil Trasporti, conferma le accuse nell'inchiesta – condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza – riguardante Giuseppe Caronia, padre di Marianna, ex vicesindaco e deputato regionale del Pid. Soprattutto, esclude che ci sia stata una campagna di tesseramento 2011-2012: che poi sarebbe stato il modo per camuffare quello che l'accusa ritiene un vero e proprio dirottamento di fondi, dal sindacato alla campagna elettorale del candidato sindaco Marianna Caronia, della lista “Amo Palermo”. Circostanza sempre smentita dal deputato regionale del Pid.
Caronia senior è accusato di appropriazione indebita aggravata, oltre che di evasione fiscale: e il teste, sentito dagli investigatori e dal pm Dario Scaletta, ha parlato di tanti aspetti poco chiari nella gestione del sindacato, a cominciare dal modo di pagare i dipendenti, alcuni dei quali avrebbero firmato sostenendo di lavorare gratis e dalle retribuzioni elevate dei dirigenti, fra i quali lo stesso Giuseppe Caronia, che non è più segretario del sindacato, ma è rimasto comunque ai vertici della Uil Trasporti, con incarichi diversi. Elementi che l'accusa intende utilizzare per dimostrare che la gestione economico-finanziaria del sindacato non era trasparente e dunque poteva agevolare la sparizione di denaro. Proprio dall'evasione fiscale da 600 mila euro (l'accertamento della Finanza su Caronia padre è già concluso) era partita la seconda indagine, in cui l'accusa ipotizza che il segretario abbia prelevato fondi del sindacato per la figlia, candidata sindaco di “Amo Palermo”, alle elezioni di maggio.
Un errore, la diversità di causali indicate da chi spediva e da chi riceveva lo stesso bonifico da 50 mila euro, ha concentrato l'attenzione della Procura su un passaggio di denaro: da un lato era stato scritto infatti “Cons. pop. Mar. 2012” (consultazione popolare, con un errore nel mese, marzo anziché maggio), dall'altro, il motivo era la “campagna tesseramento”. Che – sostiene il teste – non ci sarebbe mai stata. Il difensore di Giuseppe Caronia, l'avvocato Ninni Reina, non ha formulato alcuna tesi difensiva, perché, spiega, le contestazioni non sono state ancora mosse formalmente.
Gds 2 agosto 2012
pc 1-2 agosto.. ma perchè contropiano senza sapere nulla deve scrivere sciocchezze sull'ilva taranto
i sindacati di base all'ilva si chiamano slai cobas per il sindacato di classe- gli altri non esistono all'ilva
chi ha contestato i sindacati confederali sono un 'comitato di lavoratori e cittadini liberi e pensanti' di orientamento ambientalista- in cui i sindacati di base presenti all'ilva non ci sono, nè a taranto esiste attualmente alcun centro sociale
lo spezzone è arrivato tranquillamente sotto il palco e ha contestato fino a farli finire di parlare i sindacalisti confederali confederali - la polizia è intervenuta quando i sindacati confederali se ne sono andati e la piazza era nelle mani dello spezzone della contestazione
non c'e nessun sindacato di base all'ilva che sostiene la chiusura immediata dell'ilva e se esistesse sarebbe cacciato a furor di popolo da tutti gli operai dell'ilva, perfino dai suopi iscritti se esistessero
non sono mai esistiti due cortei a taranto entrambi erano organizzati dai sindacati confederali in uno di essi quello partito dall'arsenale- vi era lo spezzone ripetiamo di un ' comitato di lavoratori e cittadini liberi e pensanti'
articoli di questo genere sono superficiale e dannosa disinformazione
slai cobas per il sindacato di classe taranto
La manifestazione convocata questa mattina da Cgil Cisl Uil sulla vicenda dell'Ilva è stata conclusa in seguito alla contestazione degli attivisti e dei lavoratori dei sindacati di base e dei centri sociali. La polizia e i carabinieri in tenuta antisommossa hanno impedito che i contestatori raggiungessero il palco in piazza Vittoria. L'interruzione è avvenuta durante l'intervento del segretario Fiom Landini. I contestatori, giunti nel cuore della piazza a bordo di un furgoncino da cui diffondevano fumogeni colorati. I giornalisti riferiscono che I leader sindacali nazionali hanno lasciato piazza della Vittoria scortati dalla polizia.
I sindacati di base e molte altre realtà sociali sostengono la necessità della chiusura immediata dell'Ilva per interrompere la diffusione di sostanze inquinanti e contestano la posizione dei sindacati che continuano a esprimere posizioni tese a salvare capra e cavoli. “Non accetteremo per nessuna ragione la chiusura dell'Ilva. Molto spesso parlano persone che non conoscono quello che dicono” ha detto ad esempio il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, intervenendo dal palco. “Abbiamo deciso di scioperare e manifestare nella città e di discutere con la città proprio perché vogliamo unire il diritto al lavoro col diritto alla salute e allo sviluppo del territorio” ha dichiarato invece il segretario nazionale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini.
Questa mattina due cortei hanno sfilato per le strade di Taranto. Uno quello dei sindacati ufficiali, l'altro dei sindacati di base e dei movimenti sociali era partito dal piazzale antistante l'Arsenale militare di Taranto. In testa campeggia un grande manifesto con la scritta: "Difendere il lavoro per tutelare salute, sicurezza e ambiente". Al corteo partecipano molte donne dei quartieri popolari da anni in lotta contro l'inquinamento dei veleni da parte dell'Ilva.
pc 1-2 agosto - taranto una manifestazione piena di contraddizioni
Non si può capire realmente quello che è successo a Taranto oggi se non si legge attentamente il volantino da noi diffuso prima e durante la manifestazione.
Lo slai cobas per il sindacato di classe non ha aderito alla manifestazione odierna perchè le sue modalità non corrispondevano alle necessità della lotta operaia oggi, ne vi corrispondevano le sue parole d'ordini:
'una manifestazione di tutti contro nessuno' avevano detto i dirigenti sindacali confederali.
Noi invece vogliamo una lotta e una manifestazione chiara e seria contro i responsabili della attuale situazione. Nello stesso tempo non potevamo non esserci per parlare alle migliaia di operai e cittadini che vi sono convenuti con striscione cartelli e volantini. Per questo abbiamo costruito una postazione al piazzale arsenale prima e in piazza della vittoria lato piazza carmine, molti operai hanno discusso con noi contenuti della parola d'ordine e nostre proposte e linee d'azione
Per queste ragioni non avevamo in questa occasione intenzione di contestare i comizi delle direzioni sindacali cgil-cisl-uil.
Nel corteo è stato presente un folto gruppo di diverse centinaia di giovani, precari, disoccupati e gruppi di operai Ilva riuniti in un "comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensanti", di orientamento prevalentamente ambientalista, dietro uno striscione "si ai diritti, no ai ricatti" a cui lo slai cobas per il sindacato di classe non aderisce.
Questo spezzone è giunto fino alla piazza e sotto il palco con forte contestazione.
A questo gruppo e in particolare agli operai di questo gruppo alcuni dei quali molto conosciuti dalla massa operaia, come era abbastanza legittimo e opportuno occorreva dare la parola, gli organizzatori della manifestazione cgil-cisl-uil non l'hanno data.
Questo ha alimentato la contestazione fino all'interrruzione del comizio dei sindacalisti - in quel momento stava parlando Landini, ma la contestazione era rivolta a tutti i dirigenti sindacali senza distinzione - la piazza si è in parte svuotata e la polizia è intervenuta a volte in forme anche violente per contenere e poi allontanare lo spezzone, e anche due nostre compagne sono state malmenate. Quindi via via la tensione si è allentata e una parte degli operai è ritornata in piazza
La linea è l'azione attuale dello slai cobas è sintetizzata esattamente dai contenuti del volantino e dei comizi alla fabbrica dei giorni precedenti e lungo questa linea vogliamo proseguire il nostro lavoro.
Oggi sono molti gli elementi di riflessione. La manifestazione non è stata grande come si voleva, gli operai Ilva non erano tanti come nei giorni dei blocchi, nè si sono viste masse di cittadini; la critica ai dirigenti sindacali si era già espressa peraltro nelle assemblee in fabbrica, soprattutto verso la direzione della UILM. Questo a nostro giudizio richiede che venga ripresa la via della rivolta operaia a partire dalla fabbrica e che gli operai si muovano secondo un orientamento autonomo da padroni, istituzioni, sindacati confederali, e ambientalisti che vogliono la chiusura della fabbrica, ma questa autonomia oggi richiede l'organizzazzione in fabbrica alternativa, e per questo lavora lo slai cobas per il sindacato di classe.
slai cobas per il sindacato di classe
cobasta@libero.it
2 agosto 2012
Contro Riva e lo Stato dei padroni
Ieri e soprattutto oggi alle portinerie D e A dell'Ilva seguitissimi volantinaggi e comizi dello slai cobas per il sindacato di classe alla vigilia della manifestazione di giovedì 2 .
Lo slai cobas ha ribadito la sua non adesione alla linea e alle caratteristiche della manifestazione, ma anche
la sua partecipazione con una postazione al concentramento previsto per piazzale arsenale.
Noi siamo per la continuità della rivolta operaia e dei blocchi e non per manifestazioni tradizionali per ascoltare Camusso, Angeletti e Bonanni.
I contenuti della nostra postazione informativa sono espressi dal testo del volantino e manifesti diffusi in fabbrica:
Contro Riva e contro lo stato dei padroni Difendiamo con la lotta lavoro e salute
l'Ilva non deve chiudere ma per morti e inquinamento i padroni - Riva compreso - devono pagare e fare
gli interventi necessari!
Si lavora per vivere.. non per morire e far morire!
Il posto di lavoro non si tocca.. ma anche sicurezza salute e ambiente non si toccano!
La lotta degli operai Ilva è esplosa, nella forma di una rivolta di massa.
Non basta ora la sfilata... la rivolta deve continuare e ORA BISOGNA ANDARE FINO IN FONDO, con lotta, chiarezza e serietà.
- Il riesame deve rivedere la decisione di 'fermo degli impianti'. La magistratura non ha distinto adeguatamente: le responsabilità di Riva e dirigenti che vanno colpite, la continuità produttiva della fabbrica che è una condizione necessaria anche per un intervento pianificato di bonifica in corso d'opera, la questione della difesa rigida del posto di lavoro e del salario di tutti i lavoratori. Riva e gli altri devono restare agli arresti, Riva deve mettere la sua parte di soldi per gli interventi necessari, garantendo il lavoro per tutti e per tutto il tempo necessario alla bonifica.
Noi con gli operai diciamo "l'Ilva non deve chiudere, Riva, e i politici che hanno gestito quando era Italsider pubblica, devono pagare. Noi abbiamo già pagato anche con i nostri morti. Loro se ne possono andare, la fabbrica e il nostro lavoro devono rimanere". "se siamo arrivati a questo punto la colpa è di Riva e anche dei sindacati confederali che per anni si sono coperti a vicenda. Se ci fossero stati prima i Cobas, le cose non starebbero così".
Le proposte e l'azione fatta dallo Slai cobas in questi anni (basti pensare alla richiesta di "Postazione ispettiva" in fabbrica su sicurezza e salute degli operai, ecc.), avrebbero fermato prima la mano di Riva e la
Magistratura non avrebbe avuto ragione di provvedimenti così gravi.
Nulla è e sarà come prima all'Ilva e a Taranto. La lotta ora deve rimanere nelle mani degli operai.
Ora non abbiamo che da perdere le nostre catene e un mondo da conquistare.
Lottiamo insieme per il lavoro, la sicurezza e la salute degli operai e della città, contro Riva ma anche contro lo Stato che prima non fa niente e ora mette a rischio i posti di lavoro.
Autonomia operaia/organizzazione
Slai COBAS per il sindacato di classe Ilva Taranto
via Rintone, 22 Taranto - cobasta@libero.it - 347-5301704 - 347-1102638
2 agosto 2012