sabato 7 luglio 2012

pc 7 luglio - la condanna dei vertici di polizia per Genova G8 2001


La cosa che, secondo i mass media, dovrebbe sconvolgere di più alla notizia della sentenza sul G8 che condanna alti funzionari della polizia per le violenze alla Diaz, è che adesso vengono decapitati i vertici della polizia, vale a dire tutti i personaggi che in questi 11 anni sono stati protetti, salvaguardati, promossi, fino ad essere divenuti uomini chiave dell'apparato repressivo dello Stato.
Questo mette a nudo, invece, cosa è stato e cosa è diventato lo Stato in questi 10 anni, come esso si sia, per così dire, consolidato come Stato di polizia, di cui Genova è stata chiaramente una sorta di anteprima concentrata. La sentenza quindi è in realtà un atto di chiarezza contro lo Stato attuale.
Ma se giustamente contiene la sospensione dalla cariche e quindi la rimozione di questi funzionari, si tratta di un atto che anche se attuato è molto lontano dal rendere giustizia, dal colpire seriamente questi criminali di Stato, autori di crimini orrendi e vili, un chiaro manifesto personale di quanto putrido sia questo Stato e il suo apparato repressivo.
E nelle caratteristiche assunte da questo Stato di polizia ci sta l'infinita serie di crimini quotidiani, di cui i vertici di polizia ma anche i suoi singoli componenti si sono macchiati e si macchiano tutti i giorni, che solo mettere in un dossier ci offrirebbero un quadro ancora parziale di una polizia che sicuramente ha ucciso più della stessa criminalità organizzata.
Naturalmente questa sentenza, che pure va difesa e sostenuta a fronte dei processi anche in corso che pretendono di condannare a centinaia di anni di carcere manifestanti di Genova, contiene però l'ingiustificata prescrizione per reati commessi dai 400 poliziotti che effettuarono la 'macelleria messicana' della Diaz. Ognuno di essi è un vile massacratore che meriterebbe anni di carcere ed è parte di quel gigantesco apparato di sbirri che per tre giorni a Genova commise ogni genere di violenze impunite: le cariche, i pestaggi, le torture di Bolzaneto e il crimine simbolo di quelle giornate: l'uccisione di Carlo Giuliani. Come non rilevare che lo sbirro assassino Mario Placanica non è risultato colpevole di niente e lasciato libero, anche con le scuse mediatiche – questi che oggi viene rinviato a giudizio per la violenza sessuale ai danni della figlia, una bambina di undici anni, a dimostrazione di quello che era ed è realmente, una feccia fascista.
Ma pressoché tutti gli sbirri di Genova sono come Placanica. Per questo la sentenza di Genova è reale e nello stesso tempo paradossale, cioè mostra la “giustizia possibile” nella sua forma estrema oggi, che altro non è che una ingiustizia conclamata. Essa dichiara che i capi della polizia sono colpevoli ma non riesce a dimostrare le responsabilità di De Gennaro, “il capo dei capi”, per così dire, e lascia totalmente in ombra le responsabilità politiche. Sembra appunto come il film 'Diaz', utile, ma il massimo possibile se non si vuole mettere in discussione l'elemento di “sistema” che ha prodotto Genova, il dopo Genova e la storia tuttora in corso d'opera.
Casualmente notiamo che proprio nella stessa giornata di ieri, sia pur in un solo giornale, la Stampa di Torino, un trafiletto annuncia che ci sono nuove piste per non archiviare l'indagine su 'Piazza Fontana', che ci sono elementi inediti, testimonianze che possono permettere di arrivare alla verità, da Tribunale, rispetto a una strage di Stato la cui verità è ben nota.
Ora, però, anche su questa sentenza sulla Diaz la partita si riapre, e la discussione deve riaprirsi. Perchè, poi, noi siamo assolutamente dell'opinione che quel movimento non sia stato sconfitto dalla violenza dello Stato ma dai limiti interni che esso aveva, pur avendo le potenzialità per far pagare un alto costo politico allo Stato e al sistema sui fatti di Genova. Questa però è un'altra storia.
Ora è importante sviluppare con più forza di prima la lotta contro lo Stato di polizia, il moderno fascismo che va da Berlusconi a Monti, e lottare per l'unica giustizia, che è quella proletaria, ottenibile con la rivoluzione e il potere proletario.

proletari comunisti -PCm-Italia
7 luglio 2012

pc 7 luglio - nell'alessandrino .. lotta degli immigrati

le barricate dei braccianti"Siamo la Rosarno del Nord" Da dieci giorni una quarantina di lavoratori marocchini blocca la statale della Valscrivia, nell'Alessandrino, per protestare per il mancato pagamento dei salari: "Non ci danno neanche più l'euro all'ora"

di MARIACHIARA GIACOSA
C'è un pezzo di Rosarno anche in Piemonte. A Castelnuovo Scrivia, cinque mila abitanti in mezzo alle campagne dell'alessandrino, dove da due settimane quaranta braccianti presidiano sotto il sole i campi sui quali si sono spaccati la schiena per anni. Hanno raccolto frutta e verdura, anche per dodoci ore al giorno, che poi è stata smistata tra mercati e supermercati di Torino e Milano. Ma ora hanno incrociato le braccia perchè da mesi aspettano lo stipendio dal loro datore di lavoro, l'azienda agricola Bruno Lazzaro. I loro racconti somigliano a quelli dei raccoglitori di pomodori della Puglia. Paga da un euro l'ora, e da due anni nemmeno più quella. Anticipi di due o trecento euro a cui non sono mai seguiti i saldi. Nessuna garanzia, nessun diritto. Secondo la Cgil ci sono i margini per parlare di schiavitù: «Dobbiamo restituire i diritti a questi lavoratori» spiega la segretaria provinciale Silvana Tiberti che sta conducendo una trattativa no stop con l'azienda.
La storia inizia all'alba del 22 giugno, quando guidati da Mimouna, una donna marocchina di 38 anni, che ha deciso di prendere le redini della protesta. «Non so come pagare l'affitto - racconta - Prima prendevo 5 euro all'ora, poi 1, ora nulla». Con i suoi compagni di lavoro si è piazzata sulla statale, che collega Castelnuovo con la vicina Tortona, e da lì non si è più mossa rifiutandosi di tornare al lavoro. Il «padrone» Lazzaro ha chiamato i carabinieri. Secondo la Cgil i lavoratori vivevano in condizioni igieniche
spaventose e quattro donne dormivano in azienda, tra rifiuti e attrezzi agricoli. Gli agenti hanno messo sotto sequestro l'attività e a «rinforzare» i sigilli ci han pensato i braccianti. L'altro giorno un camion della grande distribuzione ha tentato di avvicinarsi per caricare frutta e verdura. I «quaranta» si sono messi davanti al motore e hanno bloccato il carico. Sono stati denunciati. Poi l'attività è stata dissequestrata perchè Lazzaro ha assunto, per un giorno, 19 lavoratori. Ma loro da lì non si muovono, perchè potrebbero arrivare altri «disperati disposti a farsi sfruttare e prendere il lavoro che è nostro e deve esserci ridato, ma con le regole» spiega Mimouna. Sulla strada poi possono incontrare persone e far conoscere la loro storia. Nei giorni scorsi sono passati politici, istituzioni, sindacalisti. Eleonora Artesio, consigliere regionale di Rifondazione, ha scritto a Roberto Ercole, presidente regionale della Cia, l'associazione di categoria alla quale è associata l'azienda agricola. «Non mi risultano pagamenti da un euro l'ora - risponde il numero uno di Cia - nè altre cose che sono state raccontate, ma sono in corso verifiche e aspettiamo che si faccia chiarezza. Credo però che paragonare Alessandria a Rosarno sia eccessivo».
Cia siede insieme ai sindacati e alla Provincia al tavolo di confronto aperto per volere del Prefetto. Da tre giorni le parti sociali sono in trattativa per trovare un accordo. Ma i quaranta di Castelnuovo sono determinati a non mollare: vogliono il loro salario e un lavoro regolare.  
 

pc 7 luglio - parte la lotta degli universitari contro la spending revew ?

Blitz del Cua al Nettuno "No ai tagli all'università"
Blitz degli universitari del Cua in piazza Maggiore contro i tagli all'università. Al Nettuno gli studenti hanno mostrato lo striscione "Spending review? 200 milioni di tagli all'Università! Dopo la scossa Gelmini il terremoto Monti-Profumo". "E' una azione comunicativa in vista di nuove lotte nelle Facoltà dopo l'estate", annunciano gli studenti del collettivo di ILARIA VENTURI

pc 7 luglio - spagna - la lotta dei minatori continua e lo scontro lo stato spagnolo anche

in spagnolo facilmente comprensibile

 Estado español: Violentos enfrentamientos en la A66



En la madrugada de hoy se han producidos duros enfrentamientos entres piquetes de mineros y efectivos de los cuerpos represivos en la A 66 a la altura de Pola de Lena, Asturias.
Los mineros habian cortado esta importante via en sus dos sentidos como protesta por las medidas del gobierno reaccionario de Rajoy. Unidades de las fuerzas especiales de la Guardia Civil atacaron a los mineros con botes de humo, lacrimogenos y pelotas de goma, ingresando en la población, resultando heridas una niña y una mujer que veian los inicidentes desde el balcon, otras versiones inidcan que las heridas protestaban por la actuación de las fuerzas policiales cuando dispararon sobre ellas. Los mineros respondieron con lanzamiento de cohetes pirotecnicos y objetos metalicos, según informan medios de prensa. Los enfrentamientos se mantuvieron hasta las 3:00 de la madrugada cuando la via pudo ser abierta a la circulación. En los incidentes se vio involucrado un autobus de ALSA con pasajeros.
Asi mismo se informa que hoy han sido cortadas a las 6:30 horas de esta mañana los accesos al Pozo Santiago. Los mineros se hacen fuertes en las instalaciones tras los enfrentamientos vividos ayer en Pola de Lena.
Los mineros han colocado barricadas esta mañana en la AS-252 en La Bargana, en la AS-112 en Caborana de Aller y en la A-64 (Autovía Oviedo- Villaviciosa) a la altura de El Berrón.

COMUNICADO DEL F.U.S.O.A. - MINEROS

Llevamos 38 días de huelga minera. Posiblemente nadie pensaba que la cuerda iba a tensarse hasta este punto, ni el gobierno ni los sindicatos. Sin embargo, los trabajadores y las cuencas mineras están dando, de nuevo, un ejemplo de lucha a toda la clase obrera.
Mineros encerrados en los pozos, una huelga masiva, cortes de carreteras y vías de tren, enfrentamientos con las fuerzas represivas,... Cada día nos demuestran el único camino para defender nuestros derechos, la lucha.
Pero todo esto no es gratis, la represión aumenta, hay varios detenidos, heridos y las familias llevan más de un mes sin recibir su salario. Es el momento de dar un paso adelante y demostrar que la solidaridad no son sólo palabras y gestos de apoyo. Mantener la lucha precisa de fondos y por ese motivo, FUSOA, como caja de resistencia, aportamos 1000€ a los trabajadores de varios pozos. El dinero se va a entregar a las propias cajas de resistencia creadas en los pozos y controladas por los trabajadores.
Hacemos un llamamiento a todos para que aporten a esta lucha en la medida de sus posibilidades, a través de FUSOA o directamente a las cajas de resistencia de los pozos. Debemos tener claro que no está en juego sólo el fin de la minería, nos jugamos mucho más en esta pelea y hay que tener claro en qué bando luchamos.
Por nuestra parte, vamos a iniciar una campaña para recaudar fondos. Y nos estamos encargando de canalizar ayudas como la que vino desde Madrid: 500 € Solidaridad Obrera, 1.010 € Plataforma Sindical de la EMT, 250 € del SAS, 500 € Caja Obrera de Resistencia de Madrid. Total 2.260 €
Todo ello fruto de las relaciones que mantenemos en la Coordinadora de Cajas de Resistencia y Comités de Solidaridad.

Si alguien lucha, vamos a estar a su lado.
¡PUXA LA LLUCHA Y LA HUELGA MINERA!
¡RESISTIR YE VENCER!
4 de julio de 2012
F.U.S.O.A.
(Fondo Unitario de Solidaridad Obrera de Asturias)
Sin comentarios:

pc 7 luglio - Per la ricostruzione del c.s.o.a. Angelina Cartella. Contro il silenzio complice dell'Amministrazione comunale


mercoledì 11 luglio alle ore 18.00 presidio a Palazzo San Giorgio

La notte tra il 14 e il 15 maggio la struttura da 10 anni autogestita dal collettivo del c.s.o.a. Angelina Cartella veniva devastata da un incendio di chiara matrice dolosa. Subito è stato un fiume di solidarietà verso gli attivisti, e un riconoscimento trasversale del lavoro svolto in questi anni e dell’impegno profuso in mille iniziative culturali, sociali e di difesa del territorio.
Ad oggi la struttura è ancora sotto sequestro cautelativo, e siamo costretti ad assistere ad uno stucchevole rimpallo di responsabilità tra la magistratura inquirente, che dichiara di aspettare un pronunciamento da parte dell’Amministrazione comunale per poter procedere al dissequestro, e i dirigenti della stessa Amministrazione, che dicono di non aver ricevuto alcuna richiesta da parte della magistratura.
Per fare chiarezza sulla situazione il comitato “Io sto con il Cartella”, formalmente costituitosi dopo l’attentato per sostenere la ricostruzione del centro sociale, il 19 giugno scorso ha chiesto di poter incontrare il Sindaco Arena. La richiesta di incontro, inviata tramite PEC al protocollo comunale, è stata anche oggetto di una conferenza stampa e ripresa dalla stampa locale. Eppure ad oggi non c’è stata risposta alcuna!
Probabilmente l’Amministrazione comunale è troppo presa dalle problematiche che attanagliano il futuro della città, ciò nonostante noi non consideriamo di secondaria importanza la ricostruzione del Cartella. Perché il Cartella è una esperienza storica per questa città, la prima esperienza di occupazione e autogestione, perché con il suo lavoro ha contribuito a dare un’immagine di una Reggio positiva, perché quello spazio sigillato è una vittoria per chi pensa di poter imporre con la violenza le proprie leggi.
Per questo non possiamo più accettare il silenzio e l’indifferenza del Sindaco e dell’Amministrazione comunale, silenzio che a questo punto non possiamo che considerare complicità. Facciamo appello a tutte le realtà associative, partitiche, sindacali, ai rappresentanti istituzionali, a tutte e tutti coloro i quali hanno manifestato solidarietà e vicinanza al c.s.o.a. Cartella dopo l’incendio a partecipare al presidio che si terrà mercoledì 11 luglio alle ore 18.00 a Palazzo San Giorgio.

pc 7 luglio - Parte il processo contro i NoTav: imputati e movimento presenti!



 
400 persone bloccano l’incrocio e assediano il Tribunale con “battiture” e solidarietà
Il colpo d’occhio che questa mattina accoglieva i frequentatori del Tribunale di Torino non era certo uno spettacolo consueto. Centinaia di persone (circa 400) hanno obbligato alla chiusura dell’antistante via Giovanni Falcone fin dalle prime ore del mattino per permettere la presenza di tanta gente; bloccco che dopo un’ora è stato esteso, dagli stessi notav, al vicino incrocio col centralissimo corso Vittorio Emanuele (bloccatao per tutta la mattinata). Che è successo?

Al Palagiustizia
è iniziato il maxi processo contro i notav: 46 gli imputati per i fatti del 27giugno e del 3 luglio scorsi. Davanti al tribunale il movimento, accorso nei suoi tanti rivoli in sostegno agli imputati. Molte le persone provenienti da fuori città: 2 pulman provenienti dalla Val Susa, banchetti e striscioni a sostegno della lotta, contro il processo in atto. D’impatto la denuncia del Movimento contro le violenze delle forze dell’ordine e squadre speciali, documentate nel dossier  Operazione Hunter, distribuito dai banchetti presenti e riprodotto in un mega-striscione di 4 metri (vedi foto sotto) appeso alle inferriate del Tribunale, riproducente le “eroiche” gesta delle forze dell’ordine l’estate scorsa.
La prima udienza preliminare, delle 13 già calendarizzate per tutto il mese di luglio, si è svolta a porte chiuse, con la solo presenza in aula degli imputati no tav, assistiti dal legal team e gli avvocati dell’ accusa, Nella prima prima parte dell’udienza preliminare gli avvocati difensori difesa hanno reso noto i vizi di forma nelle procedure di notifica degli atti, bocciate dal gup Pio perchè considerate inconsistenti. Nella seconda parte dell’udienza hanno preso parola gli avvocati di coloro che si sono costituiti parte civile nel processo, fra questi i vari sindacati di polizia, più l’italcoge e Ltf (Lyon-Turin Ferroviaire) per i danni subiti nelle giornate di un anno fa.
In questa giornata gli imputati hanno colto l’occasione per discutere fra loro, ribadendo l’unità che contraddistingue tutto il Movimento no tav, confermando nella stragrande maggioranza degli imputati (pochissimi hanno deciso per rito abbreviati e patteggiamento) il rito ordinario.
Attesa e scontata l’inamovibilità del Gup che ha rinviato tutt* gli/le imputat* alla prossima udienza, convocata per martedì 10 luglio.
Il movimento c’è, è unito e lo dà a vedere, con buona pace di chi si ostina a presentare questo come un semplice “processo su fatti concreti”, salvo prenotare un’aula di Tribunale per tutto il mese di luglio, “privilegio” riservato in tempi recenti solo al processo Thyssenkrupp e al processo contro le cosche calabresi della ‘ndrangheta che inizia in questi giorni. e poi ci vengonoa  dire che non è un processo politico…!
Il movimento però, ha continuato secondo nella sua serena modalità, con blocchi, battiture, interventi, slogan e tutto quel che serve. Intanto il campeggio a Chiomonte continua… e inizia ad arrivare molta gente…

A sarà dura!

pc 7 luglio - Ufficiale. L'Italia Bombarda in Afghanistan


di  Redazione Contropiano
Il Sole 24 Ore, organo di Confindustria, rivela quel che tutti sospettavano: l'Italia èp in guerra, bombarda le postazioni ritenute "talebane" e quindi ammazza anche i civili che dice di voler proteggere.
Ricordiamo solo per dovere di cronaca che esiste l'art. 11 della Costituzione che vieta all'Italia di partecipare a qualsiasi guerra. Non è la prima, non sarà l'ultima volta. Ma continueremo a dire che l'Italia è un volgarissimo paese imperialista; persino servile e conto terzi, come in questo caso.
E sottolineiamo che l'"ammiraglio tecnico", Giampaolo De Paola, è contemporaneamente responsabile politico e vertice militare. Alla faccia della divisione dei poteri che dovrebbe essere obbligatoria in un paese liberale. I "conflitti di interesse" che fanno scandalo sono solo quelli del vecchio satiro di Arcore....



Afghanistan, gli aerei italiani bombardano i talebani

Gianandrea Gaiani
I quattro cacciabombardieri italiani AMX Acol del 51° Stormo dell'Aeronautica militare schierati a Herat effettuano diverse operazioni di bombardamento contro gli insorti. Le fonti del Sole 24 Ore non rivelano il numero di raid messi a segno né il numero di bombe sganciate o di talebani uccisi ma è certo che le incursioni sono state effettuate sia nel settore occidentale del Paese posto sotto il comando italiano sia in altre aree su richiesta del comando alleato di Kabul. Il pieno coinvolgimento dei jet italiani nei raid aerei condotti dalle forze aeree alleate è stato autorizzato in gennaio dal ministro della Difesa, Giampaolo di Paola, dopo due anni di impiego dei velivoli limitato alla ricognizione o, in caso di emergenza, all'attacco con i soli cannoncini di bordo. Già l'anno scorso l'allora ministro Ignazio La Russa aveva cercato invano il consenso del Parlamento ad autorizzare l'impiego di bombe sui nostri velivoli schierati a Herat.
Dopo aver informato le Commissioni Difesa di Camera e Senato il 28 gennaio scorso Di Paola annunciò che «tutti i mezzi che abbiamo useranno tutte le loro capacità perché abbiamo il dovere, oltreché il diritto, di difendere i nostri militari, gli amici afghani e gli alleati». Da allora però nessuna notizia è stata resa pubblica circa i raid aerei italiani e il loro esito effettuati in un contesto di crescenti tensioni tra le forze alleate e il Governo afghano per i danni collaterali, cioè le vittime civili provocate accidentalmente dai militari dell'International Security Assistance Force. Anche i jet italiani, inseriti nella Joint air task Force, applicano le sempre più stringenti regole d'ingaggio rese necessarie dalla priorità di ridurre i danni alla popolazione e che di fatto impediscono di sganciare ordigni in presenza anche solo supposta di civili e impongono l'impiego di bombe sottopotenziate per limitare il raggio d'azione delle esplosioni.
Gli AMX non sono certo al loro primo impegno bellico. Vennero impiegati nel 1999 sulla Serbia e, aggiornati nella versione Acol, l'anno scorso sulla Libia in bombardamenti di precisione. Imbarcano bombe a guida laser e satellitare Gbu-16, Gbu-32 oltre a bombe dotate del sistema di guida ad alta precisione Lizard. In questi giorni gli AMX sono impegnati con altri aerei alleati per attaccare i talebani nel sud della provincia di Farah, nell'ambito di un'offensiva italo-afghana denominata "Rete per gamberi" tesa a scardinare le roccaforti degli insorti in Gulistan, distretto dal quale gli italiani si ritireranno in ottobre e che verrà presidiato da sole forze afghane. L'operazione vede impegnati circa 3 mila militari italiani e afghani, droni Predator ed elicotteri da trasporto e attacco.

da Il Sole 24 Ore

venerdì 6 luglio 2012

pc 6 luglio - L'espansionismo indiano in Afghanistan


Afghanistan. Manager al posto dei militari
04/07/2012

Mentre a Buxelles si pianifica il ritiro delle truppe occidentali, nella capitale indiana si è tenuto il Delhi Investment Summit on Afghanistan sul futuro del paese
Herat - Se a Bruxelles, al quartier generale della Nato, si definiscono i termini del ritiro dall'Afghanistan nel 2014, e a Kabul ci si posiziona politicamente e militarmente in vista del dopo 2014, a Delhi si fanno affari. Giovedì scorso infatti nella capitale indiana si è tenuto il Delhi Investment Summit on Afghanistan: organizzato dalla potente Confederazione indiana delle industrie (CII), promosso dal governo locale in collaborazione con quello afghano e fortemente voluto dagli Stati Uniti, l'incontro puntava ad attrarre investimenti verso il paese centroasiatico, la cui economia è stata fin qui legata agli aiuti dei donatori internazionali, che torneranno a riunirsi in Giappone l'8 luglio.
Il presidente Karzai, a cui vanno attribuite molte colpe ma a cui va riconosciuto un discreto fiuto politico, sa bene che qualunque accordo uscirà dalla conferenza di Tokyo (si parla di 5 miliardi di dollari l'anno), sarà comunque una soluzione parziale alle patologie del sistema economico afghano, che secondo le stime della Banca mondiale è per il 90% dipendente dalla comunità internazionale: gli aiuti sono inevitabilmente destinati a diminuire nei prossimi anni, e i precedenti non promettono nulla di buono. Come ricordato a maggio nel rapporto dell'Afghanistan Analysts Network Beating a Retreat da Barbata Stapleton, già consigliera politica per il Rappresentante speciale europeo per l’Afghanistan dal 2006 al 2010, il ritiro della Nato dalla Bosnia nel 2004, per esempio, ha fatto scendere il volume degli aiuti da un massimo del 57% del Pil nel 1995 all'8% del 2004. Lo stesso accadrà anche in Afghanistan, dove già si tirano i remi in barca: il più grande donatore singolo, Usaid (l'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale), ha ridotto il suo budget complessivo dai 4.1 miliardi del 2010 ai 2.5 del 2011, arrivando a poco più di un milione nel 2012.
Karzai è dunque consapevole che la bolla economica in cui l'Afghanistan è stato immerso dal 2001 - con tassi di crescita intorno all'8% annuo e un aumento del 73% del Pil complessivo - rischia di scoppiare presto. Sapendo di non potersi affidare a lungo agli aiuti, cerca di attrarre investimenti privati, presentando l'Afghanistan come il prossimo “snodo” del commercio asiatico, oltre che come cerniera ideale tra Asia, Europa, Medio Oriente. I tentativi in questo senso vanno avanti da tempo, già nel 2003 per esempio è stata istituita la Afghan Investment Support Agency (AISA), con il compito di facilitare gli investitori stranieri nell'affrontare le pastoie burocratiche. E proprio a Delhi il direttore dell'AISA, Wafiullah Iftekhar, è tornato a rassicurare gli investitori dell'ambiente favorevole che troverebbero a Kabul, mentre Prasoon Sadozai, responsabile per il ministero del Commercio e dell'industria afghano delle questioni legali e dei regolamenti, ha ricordato alcuni degli sforzi fatti dal governo di Kabul: tra gli altri, la possibilità che le azioni di un'azienda che opera in Afghanistan siano al 100% nelle mani di stranieri, l'esenzione da qualsiasi dazio doganale per l'esportazione di ogni prodotto assemblato o costruito sul suolo afghano.
Per gli indiani, la conferenza di Delhi, a cui hanno partecipato colossi finanziari come General Electric ed Exxon Mobil, rappresenta un tentativo “di offrire una prospettiva di opportunità che contrasti l'ansia legata al ritiro, l'incertezza, l'instabilità e l'interferenza straniera”, ha commentato S.M. Krisha, ministro indiano degli Esteri, che si è augurato che “i grigi abiti dei dirigenti aziendali sostituiscano le divise verde oliva o marrone dei soldati, e gli amministratori delegati i generali”. Se lo augura anche Karzai, che in vista del disimpegno della Nato ha intensificato i rapporti diplomatici ed economici con India, Cina, Iran, Russia e i paesi dell’Asia centrale, a scapito degli occidentali, già con le valigie in mano.
Diritto di esplorazione
L’India, per esempio – si nota nell'ultimo rapporto (marzo 2012) sull'Afghanistan dell'International Crisis Group, Talks about Talks: Towards a Political Settlement in Afghanistan - sta aumentando il proprio peso politico attraverso strumenti economici: dal 2001 al 2007 Delhi ha trasferito a Kabul almeno 900 milioni di dollari in aiuti, si è impegnata per un altro miliardo, e sta espandendo la sua influenza nel settore privato degli investimenti afghani verso l’estero con una serie di contratti bilaterali, tra cui il memorandum d’intesa tra l’Indian Export Import-Bank e l’Afghanistan Investment Support Agency. Mentre nel gennaio scorso un consorzio metallurgico di sette compagnie private, guidate dalla Steel Authority of India Ltd, si è aggiudicato il diritto di esplorazione di tre dei quattro blocchi della miniera di ferro di Hajigak, nella zona di Bamiyan. Un affare da 1.8 miliardi di tonnellate di ferro, e miliardi di dollari. Perfino sotto il profilo dell’assistenza militare, New Delhi non si tira indietro: è dell'ottobre 2011 la firma di un accordo con Kabul che prevede, oltre al sostegno alla nascente forza area afghana, l’addestramento e l’equipaggiamento di armi leggere per l’esercito nazionale. Il protagonismo dell'India in Afghanistan preoccupa il Pakistan, ma non dispiace agli Stati Uniti: meno di due settimane fa c'è stato un incontro tra il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, e il ministro degli Esteri indiano Krishna, e i due hanno promesso incontri trilaterali tra India, Usa e Afghanistan, mentre il segretario alla Difesa, Leon Panetta, ha parlato spesso dell'India come di un “fulcro” fondamentale nella strategia del Pentagono di ri-bilanciare le sue forze nell'area “Asia-Pacifico”, invitando Delhi a giocare un ruolo più attivo in Afghanistan.
Più problematica, per gli Stati Uniti, la crescente influenza sull'Hindu Kush della Cina, che nonostante il rapporto privilegiato con il Pakistan mostra evidenti segni di insofferenza: Pechino non vorrebbe che l’ambiguo oltranzismo dei militari e dei servizi segreti (Isi) del “paese dei puri” compromettesse i suoi interessi economici, già consistenti: il colosso energetico statale China National Petroleum Corporation diventerà a breve la prima azienda straniera ad estrarre petrolio dai giacimenti afghani delle province di Sari Pul e Faryab, un serbatoio da 87 milioni di barili, grazie a un contratto con il governo afghano mediato dal Watan Group, vicino alla famiglia Karzai; mentre risale al 20 novembre 2007 il contratto – 3 miliardi e mezzo di dollari – con cui il China Metallurgical Group si è aggiudicato il diritto esclusivo di estrarre rame dalla miniera di Aynak, 40 chilometri a sud della capitale.
L'orso russo in agguato
L’orso russo, da parte sua, aspetta prudentemente il cadavere del nemico atlantico lungo la sponda del fiume, e intanto fa affari: il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha giudicato “irrealistica e artificiale” la data del 2014 come passaggio definitivo della sicurezza nelle mani afghane. A dispetto della posizione critica, negli ultimi anni la Russia ha comunque dimostrato una certa disponibilità: dal 2009 ha concesso alle forze della Nato di transitare nel proprio territorio per trasportare materiali non letali utili alla guerra afghana, e pochi giorni fa, il 25 giugno, il primo ministro Medvedev ha firmato l'accordo che concede anche il transito aereo. L’aeroporto di Ulyanovsk – luogo di nascita di Lenin – è già stato aperto al trasporto di materiali, per e dall’Afghanistan. Mentre a Novosibirsk comincerà un programma di addestramento – a spese dei russi – per gli ingegneri che si occupano della manutenzione degli elicotteri. Gli stessi che la Russia ha venduto al governo afghano e che sono stati pagati in dollari americani: nel 2011, Mosca ha firmato con il Dipartimento di Stato americano un contratto del valore di 367.5 milioni di dollari per la fornitura di 21 Mi-17V5, utili sia per i trasporti che per le azioni di guerra.
Quanto ai paesi dell’Asia centrale, sono preoccupati dell’eventuale destabilizzazione dell’Afghanistan una volta avvenuto il ritiro delle truppe Isaf-Nato, ma per ora coltivano interessi più prosaici: dalla fine del 2008, quando sono aumentati gli attacchi ai convogli della Nato lungo la rotta proveniente dal Pakistan, la Nato ha puntato al Northern Distribution Network, la rotta di distribuzione che include Russia, Caucaso e Asia centrale. Dal 2009, c’è stato un aumento del 75% dei materiali che passano per questa rotta, considerata ormai vitale da Washington, vista la riluttanza di Islamabad a riaprire le frontiere dopo l'incidente del 26 novembre scorso, quando 24 soldati pakistani sono morti, colpiti da aerei americani della Nato (si veda il manifesto del 22 giugno). Non è un caso dunque che i paesi interessati già stiano imponendo prezzi altissimi sui trasporti con cui la Nato porterà via container e mezzi. Perché in Afghanistan la guerra costa. Costa farla e costa finirla.

www.sbilanciamoci.info

pc 6 luglio - siamo tutti NOTAV

Al via il processo ai No Tav
Sit-in paralizza il palagiustizia

In 46 a giudizio per gli scontri di un anno fa. Davanti al tribunale di Torino centinaia di manifestanti arrivati dalla Valsusa rendono difficile la circolazione

Un gruppo di alcune centinaia di manifestanti No Tav da poco dopo le 9 di questa mattina sta bloccando la strada davanti al Palazzo di giustizia di Torino. Il presidio è stato convocato dagli oppositori all'opera in occasione dell'apertura dell'udienza preliminare per 46 persone per i fatti della scorsa estate in Val di Susa Cinque dei 46 imputati sono attualmente detenuti in carcere. Da Ltf ai sindacati di polizia tutti annunciano di volersi costituire parte civile al processo. I manifestanti hanno raggiunto Torino a bordo di pullman che hanno fatto tappa nei vari centri della Valsusa
Una serie di questioni di procedura sollevate dagli avvocati difensori, legate a quelle che vengono definite irregolarità nella notifica degli atti, ha aperto l'udienza preliminare.
I manifestanti in presidio fuori dal tribunale hanno cominciato a battere pietre contro la cancellata in metallo e i pali della luce gridando "libertà". Gli uomini della Digos e gli agenti del reparto mobile della polizia controllano a distanza.

pc 6 luglio - dall'India saluto alla formazione del nuovo partito maoista in Nepal!


Salutiamo la formazione del nuovo partito maoista in Nepal!

La formazione di un nuovo partito maoista da parte della fazione rivoluzionaria che si è separata dal Partito Comunista Unificato del Nepal (maoista) è motivo di grande gioia per il movimento comunista internazionale e i popoli del mondo. Nel messaggio al nuovo partito, il Comitato Organizzatore Centrale del PCI (ML) Naxalbari ha salutato la sua formazione e ha affermato che “Questo passo storico è in accordo con le aspirazioni rivoluzionarie del popolo del Nepal. Entusiasma, in tutto il mondo, tutti quelli che avevano guardato con grande preoccupazione i tentativi di Prachanda/Bhattrai di liquidare la rivoluzione nepalese e imporre il capitolazionismo”.
Dopo aver sottolineato la valutazione dell’Assemblea Nazionale che “la creazione dell’ Esercito Popolare di Liberazione, l’istituzione di aree di base e del potere popolare, il ruolo svolto dagli operai, contadini, donne, nazionalità indigene e Dalit, e la consapevolezza sviluppata in tutto questo processo sono alcuni dei principali risultati che abbiamo ottenuto” e la sua decisione di "avanzare su questa base”, il messaggio continua dicendo: “Ciò è decisivo per allontanarsi dalla strada disastrosa seguita da Prachanda e Bhattrai. Vi auguriamo ogni successo in questo compito fondamentale. Senza dubbio, questi dipenderanno dall’approfondimento del bilancio della deviazione, mentre ci si separa fermamente e completamente dalla strategia e tattica che si sono usate per far deragliare la rivoluzione”.

La formazione di un nuovo partito maoista ha creato seri problemi all'espansionismo indiano e all'imperialismo. Da una parte cercano di minimizzarla come “una frazione insignificante”. Dall'altro aumenta no il loro intervento palese e occulto in Nepal, comprese le minacce velate portate aumentando i dispiegamenti di truppe lungo il confine. La risposta delle masse oppresse è esattamente l'opposto. Esse sono rincuorate dal passo coraggioso intrapreso dai maoisti in Nepal e aspettano con ansia la ripresa della strada rivoluzionaria.


Krantipriya
portavoce
PCI(M-L) Naxalbari

04-07-2012

pc 6 luglio - Turchia- tribunale speciale condanna cantante perchè con le sue canzoni fa 'propaganda a favore del Partito Comunista maoista di Turchia !



TURCHIA | 27 - 06 - 2012 | Un tribunale speciale autorizzato nella provincia orientale di Malatya ha condannato il cantante curdo-Alevi Ferhat Tunc a due anni di carcere per accuse di terrorismo per aver invocato i nomi di due deceduti della sinistra turca durante un discorso tenuto il 1 ° maggio 2011.

Lo Terza Corte per i crimini gravi del tribunale speciale autorizzato di Malatya ha condannato il cantante e compositore Curdo-Alevi  Ferhat Tunc a due anni di carcere con l'accusa di "fare propaganda per un'organizzazione terroristica" per aver richiamato alla memoria i nomi dei defunti della sinistra turca Deniz Gezmis, Mahir Çayan e Ibrahim Kaypakkaya durante un discorso tenuto il 1 ° maggio 2011 nella provincia orientale di Dersim (Tunceli.)

"Saluto tutti voi nello spirito rivoluzionario di Deniz Gezmis, Mahir Çayan e Ibrahim Kaypakkaya”, aveva detto Ferhat Tunc durante le celebrazioni del 1 ° maggio a Dersim nel 2011.

La decisione è stata inaspettata e politicamente motivata, ha detto Tunc alla bianet.

L’avvocato Ercan Kanar, che rappresenta Tunc in tribunale, ha anche detto che la corte aveva condannato il suo cliente con la pretesa che stava facendo propaganda a favore del Partito Comunista Maoista (MKP) a causa del suo riferimento a Ibrahim Kaypakkaya durante il discorso.

"Uno sviluppo preoccupante per la democrazia e la libertà". Ferhat Tunc ha detto che le sue dichiarazioni avrebbero dovuto essere considerate nell'ambito della libertà di parola.

Tale sentenza rappresenta uno sviluppo preoccupante per la democrazia e la libertà in Turchia, proprio nel momento in cui è stato messo in discussione la funzione dei tribunali appositamente autorizzati, ha aggiunto.

"Sono stato invitato ai festeggiamenti a Dersim il 1 ° maggio dello scorso anno come deputato indipendente [candidato del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP.)] Sono stato messo sotto processo perché avevo detto 'Vi saluto tutti nello spirito rivoluzionario di Deniz Gezmis, Mahir Çayan e Ibrahim Kaypakkaya,' durante il discorso che ho fatto lì. Sulla base di questa affermazione, [le autorità] mi hanno quindi accusato di fare propaganda per conto del Partito Comunista Maoista (MKP) senza che ne fossi membro” ha detto Tunc.

"La legge marziale del 1980 viene rivisitata".
Il verdetto del tribunale ha soffocato i principi universali del diritto, secondo l’avvocato Ercan Kanar.

La decisione ha anche dimostrato una volta di più che è in corso una grande offensiva contro la libertà di pensiero e di espressione in Turchia attraverso tribunali appositamente autorizzati.

"Questo verdetto dimostra che la Turchia sta rivisitando lo stato di emergenza degli anni ‘90 e il periodo della legge marziale degli anni ‘80" ha detto Kanar.

Si preparano a presentare ricorso innanzi tutto presso la Corte Suprema d’Appello della Turchia, ha detto. Se la Suprema Corte d’Appello sancisce anch’essa il verdetto, allora la difesa porterà il caso davanti al Tribunale Europeo dei diritti dell'uomo (CEDU), ha aggiunto l’avvocato Kanar.
Kanar ha dichiarato di essere certo che la CEDU condannerà la Turchia come in precedenti
casi, dato che il tribunale ha emesso questa sentenza per il solo fatto che Tunc ha fatto il nome di Ibrahim Kaypakkaya. (Ekin Karaca / Bianet)

pc 6 luglio - Spending review: e l'università pubblica non c'è più - dal CAU Npaoli

Da quando si è insediato il governo dei “tecnici” ogni giorno apriamo il giornale spaventati ancor prima di leggerne i titoli: tagli, lacrime e sangue, sacrifici, flessibilità sono termini che in un modo o nell’altro sono entrati a pieno titolo nel nostro immaginario e dei quali i media abusano. Ogni tanto allo spavento si aggiunge lo spirito (o meglio l’amarezza) di sentire dichiarazioni affrettate e a tratti imbarazzanti dei vari ministri che hanno definito, i giovani in particolare, dei “mammoni che pretendono il lavoro senza voler fare un piccolo sacrificio e per di più a tempo indeterminato. Che noia!”.
In questi giorni, le notizie non sono più confortanti: dando un primo sguardo alla bozza della spending review (controllo della spesa o, detto per esteso, "tagli alla spesa pubblica") appare chiaro che ci saranno tagli per il prossimo anno su tutti i servizi pubblici, dalla sanità, alla pubblica amministrazione fino all’università. I dati e le voci sono ancora solo provvisori, visto il decreto ancora non è stato approvato, ma salta subito agli occhi il taglio (ulteriore, visto che per le leggi 133 e 240, legge Gelmini, già prevedevano un regime di tagli fino al 2013) di 200 milioni di euro alle università pubblica per “ottimizzare l'allocazione delle risorse” e “migliorare la qualità”, garantendo l’eccellenza e l’interdisciplinarietà.

Cosa significa? Niente più e niente meno del contenuto della riforma Profumo di qualche settimana fa: tagliare i finanziamenti alle università pubbliche, renderne una parte “fabbriche di quadri dirigenziali” e altre un semplice raccoglitore di giovani che sperano di lavorare per ciò che studiano, incentivando così una forte polarizzazione sociale e una finta meritocrazia che si traduce in una vera e propria selezione, tra chi ha i mezzi per poter accedere alle università eccellenti e chi no.

Oltre a ciò, non poteva mancare il finanziamento per le “scuole non statali” (leggi “private”): a loro è dato quello che viene tolto al pubblico, non considerando che sono ormai almeno 4 anni che si ripete questa solfa e i fondi si spostano sempre più verso gli istituti scolastici e universitari privati. Milioni di euro, infatti, dovrebbero finanziare la formazione privata, avvantaggiando chi è già privilegiato e può permettersi le rette scolastiche e soprattutto quelle altissime delle università private (oltre naturalmente ai libri originali, una media elevata, ritmi veloci, ecc.).

Che dire: cambiano faccia, moralità (ricordiamo i trenini che festeggiavano le dimissioni dell’ “immorale” Berlusconi), educazione e sesso ma la storia è sempre la stessa! Infatti, mentre tagliano i fondi 30mila posti letto negli ospedali oltre che i fondi al FFO (fondo di finanziamento ordinario) delle università pubbliche, viene dimezzata (mica eliminata) la spesa delle auto blu e ridotta la spesa per la presidenza del consiglio.

Se pensano, però, complice l'estate e la chiusura delle università, di riuscire a far passare le loro riforme nel silenzio e senza opposizione alcuna, ci teniamo a inviargli questo messaggio: ci dispiace, ma ci stiamo preparando per rovinare i vostri piani.

Dopo l'estate, arriva sempre un autunno caldo... ed è il caso di rimboccarci le maniche!

pc 6 luglio - solidarietà con il CPO gramigna -'


CRIMINALE è CHI SGOMBERA OCCUPARE è GIUSTO OCCUPARE è NECESSARIO

Pubblichiamo di seguito il volantino diffuso in città dopo lo sgombero.
Tutt’ora la via di accesso allo stabile che avevamo occupato continua ad essere militarizzato da polizia, carabinieri e digos che non lasciano accedere nessuno, nè residenti nè gli autobus.
Il posto è stato completamente demolito, gli sbirri continuano a presidiare.
Forte fiin da subito la solidarietà e la rabbia degli abitanti!
L’erba cattiva non muore mai!!!
La mattina del 4 luglio 2012 polizia e digos hanno sgomberato il C.P.O. Gramigna di via Forcellini 186, su mandato del sindaco Zanonato del Partito Democratico. Lo stabile, che era abbandonato da quasi dieci anni, è stato reso inagibile attraverso la demolizione dell’edificio ed è stato scavato un fossato per impedirne definitamente l’accesso (cosa che già era avvenuta dopo lo sgombero del Gramigna di Torre nel 2011). La scuola è stata posta sotto sequestro, ad ora sono arrivate due denunce ed è stata dichiarata l’apertura di un’indagine.
La scusante ufficiale che ha portato allo sgombero è stata la presenza di amianto sul tetto, che è stato prontamente demolito, provocando la dispersione di polveri nell’arco di un kilometro.
Ci chiediamo perché la stessa solerzia nello sgomberare gli spazi occupati non ci sia anche per bonificare e rendere salubri tutti i posti di lavoro e le fabbriche dove gli operai sono morti e continuano a morire a causa delle polveri d’amianto. Di fatto comunque sappiamo bene che le motivazioni sono diverse. Il Gramigna, nel corso di questi mesi, ha cominciato a intraprendere un lavoro con il quartiere Forcellini/Terranegra. Fin da subito il quartiere si è dimostrato solidale, curioso e disponibile nel conoscere la realtà del Gramigna.


Per esempio, tra le varie iniziative proposte, sabato 30 giugno è stato organizzato un mercatino popolare dell’usato e contemporaneamente un punto di raccolta solidale per le popolazioni emiliane terremotate. Queste iniziative sono state rese possibili grazie al contributo attivo degli abitanti del quartiere, che hanno fornito parecchio materiale.
Il fatto che il Gramigna possa diventare un punto di riferimento per il quartiere e per i giovani proletari è ciò che più spaventa la giunta comunale e le istituzioni serve del potere. Soprattutto durante un periodo di intensa crisi economica, chi non si allinea con le idee della classe dominante e non vuole scendere a compromessi, proponendo un’idea diversa di socialità e aggregazione giovanile, è considerato un pericolo da zittire e isolare il prima possibile.
Non possiamo fare a meno di ribadire che fautore di questo sgombero è il boia Zanonato, che si spaccia come uomo di sinistra e si fa vanto di essere un sindaco vicino ai giovani e alle loro esigenze, quando di fatto la realtà è l’opposto. Questo sgombero lo ha dimostrato ancora una volta.
Non saranno le ruspe di Zanonato a distruggere i tentativi di costruire un luogo di aggregazione e di organizzazione della lotta per i proletari, i giovani e gli sfruttati.
La lotta continua!
L’ERBA CATTIVA NON MUORE MAI !
Padova, 5 luglio 2012
I compagni e le compagne del Gramigna
info@cpogramigna.org
www.cpogramigna.org

pc 6 luglio - manifestazione di 1500 operai dei diversi stabilimenti davanti alla sede di Parigi della PSA - costruiamo anche in italia una manifestazione di questo tipo a uno degli stabilimenti Fiat

Compte-rendu de la manif devant le siège de PSA

Plus de 1500 ouvriers de différentes usines de PSA ainsi que de sous-traitants et d'autres boîtes en luttes de France, d'Espagne et d'Allemagne ont fait le déplacement devant le siège de PSA à Paris entre la porte Maillot et l'arc de triomphe. 
L'ambiance était combattive et unitaire et les appels à la continuation de la mobilisation et à son élargissement furent nombreux. Les principales revendications sont l'arrêt des plans de licenciements et de fermeture d'usine, l'arrêt des pressions sur les ouvriers (salariales, harcèlement, menaces,...) et la répartition du travail entre tous les sites ("la situation où peu d'ouvriers se tuent à la tâche pendant que de trop nombreux sont sans travail ne peut plus durer !"). 
Lors des différentes interventions de délégués des différentes usines et syndicats, toutes sont allées dans le sens de la nécessité de la mobilisation mais certaines ont mis en avant quelques points clés : la nécessité d'occuper les usines, le refus de payer la crise du capitalisme dont les grands groupes sont responsables, le rôle clé des ouvriers dans la création des richesses qui place la classe ouvrière dans une position de force malgré la montagne à laquelle nous faisons face, .
A la fin des interventions, le rassemblement s'est transformé en manif' sauvage vers la place de l'étoile qui s'est rapidement fait bloquée par les CRS.
La manif s'est alors dispersée au rythme de "l'arme des travailleurs, c'est la grève !"
La Cause du Peuple

giovedì 5 luglio 2012

pc 6 luglio - L'ENNESIMA CONFERMA: MERDE SIETE E MERDE RESTERETE


Lucciole costrette a sesso in cambio di libertà: carabinieri a giudizio
Nell'ottobre del 2009 il caso nella tenenza di Pero. I due accusati andranno davanti al giudice a settembre con rito abbreviato
Pero, 4 luglio 2012- Avrebbero ricattato due prostitute, concedendo loro la libertà solo dopo una prestazione sessuale. Questa l'accusa a carico di due carabinieri della tenenza di Pero per i quali il pubblico ministero Giovanni Polizzi ha ottenuto il decreto di giudizio immediato per violenza sessuale e concussione. I due militari, però, hanno chiesto di essere giudicati con rito abbreviato, che in caso di condanna concede lo sconto di un terzo della pena. Il procedimento sarà celebrato a settembre.
L'inchiesta era partita dall'indagine a carico di alcuni finanzieri del gruppo Pronto Impiego per gli stupri di gruppo delle prostitute nel corso dei controlli per i quali sono già state emesse condanne non ancora passate in giudicato. Nel corso di questa prima indagine coordinata dal pm Cristiana Roveda era stata interrogata una prostituta romena, la quale ha raccontato che qualcosa di simile era accaduta anche a lei e a una sua amica nel corso di una notte dell'ottobre 2009.
Secondo quanto riferito dalla donna, erano state avvicinate da due uomini scesi da un'auto blu, che si erano qualificati come carabinieri. Portate in una caserma che però non ha saputo indicare, si erano sentite esporre questa alternativa: o restare lì fino alla mattina successiva con il rischio di incorrere in una denuncia per qualche tipo
di reato, oppure concedere prestazioni sessuali per poi essere riaccompagnate a casa. Una delle due prostitute era stata quindi condotta in una stanza al piano superiore da uno dei due carabinieri che aveva avuto con lei un rapporto sessuale, mentre il collega aveva fatto lo stesso con l'altra ragazza al piano terra.
Il pm Polizzi è poi riuscito a risalire alla tenenza di Pero e ai due imputati attraverso lo screening di tutti gli accessi ai computer dei carabinieri. Le due presunte vittime li hanno poi riconosciuti con un minimo margine di dubbio. I due accusati, il maresciallo Antonio Coriolano all'epoca comandante ad interim della tenenza e l'appuntato Massimo Raiconi, sono poi stati arrestati. Hanno sempre respinto le accuse, ma anche il tribunale del riesame ha confermato le misure, sottolineando il rischio che le due prostitute potessero essere indotte a ritrattare, se i due fossero stati rimessi in libertà. Nelle motivazioni i giudici indicavano come elemento indiziario anche il fatto che sull'auto del maresciallo lo scorso 23 febbraio era stata trovata un'altra prostituta a lui legata in compagnia di un pregiudicato.

pc 6 luglio - IL GOVERNO COPRE GLI AFFARI SPORCHI DELLA CHIESA


Per ordine del ministero dell'Economia l'Unità di informazione finanziaria (Uif) di Bankitalia non interviene a Strasburgo di fronte all'organismo Moneyval. Per protesta il direttore dell'Uif ritira la delegazione. E il Vaticano va verso un'insperata promozione dalla lista nera a quella grigia
Il governo italiano ha imbavagliato la delegazione della propria Autorità antiriciclaggio in Europa per aiutare il Vaticano. E il capo dell’UIF ( l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia), per protesta contro il Governo, ha ordinato il ritiro dei suoi uomini da Strasburgo. Ieri la Santa Sede è stata sottoposta all’esame finale dagli ispettori di Moneyval, l’organismo antiriciclaggio del Consiglio d’Europa riunito in seduta plenaria a Strasburgo. Ma il Governo italiano ha scelto di non parlare alla sessione plenaria in cui si discuteva il caso. Anche grazie a questo assordante silenzio italiano sulle tante inadempienze delle autorità della Santa Sede, il Vaticano è riuscito a ottenere una mezza promozione insperata alla vigilia. La partita vinta dalla Santa Sede con l’aiuto del governo italiano era fondamentale per lo Ior e le istituzioni finanziarie d’Oltretevere. Moneyval è il fratello minore della principale organizzazione internazionale antiriciclaggio, il GAFI, e si occupa di dare le pagelle agli Stati membri del Consiglio d’Europa o agli esterni (come è accaduto prima della Santa Sede con Israele) che chiedono di essere valutati. Lo scopo di chi si assoggetta alle forche caudine di Moneyval è quello di essere inseriti nella lista dei Paesi affidabili per accedere poi alle procedure semplificate delle operazioni bancarie.
La promozione insperata
La sessione plenaria dell’organismo europeo è iniziata il 2 luglio e si concluderà domani. Ieri però è stato il giorno del Vaticano. Il Fatto aveva già pubblicato i contenuti della bozza della valutazione sulla Santa Sede stilata dagli ispettori di Moneyval e spedita ai Paesi membri (tra cui l’Italia) nella quale il Vaticano aveva ottenuto un voto insufficiente: solo 8 delle 16 raccomandazioni fondamentali del GAFI erano rispettate. Grazie anche all’atteggiamento dell’esecutivo italiano, ieri si è passato da un 5 in pagella (8 su 16) a un 6 risicato: 9 promozioni e 7 bocciature. In polemica con questa scelta del governo Monti, il direttore dell’UIF Giovanni Castaldi ha ritirato i suoi due dirigenti dalla delegazione che rappresentava il nostro Paese a Strasburgo per non essere complice di una posizione sbagliata.
Grilli: “Non c’entro”
La decisione di tacere davanti al Consiglio di Europa sulle inadempienze di Oltretevere in materia bancaria – secondo quanto riferito da alcuni membri autorevoli della delegazione ministeriale a Strasburgo – sarebbe stata sponsorizzata dal viceministro dell’Economia Vittorio Grilli. Una circostanza molto grave, se confermata, perché il ministro dell’Economia (Monti che delega Grilli) è la prima autorità dello Stato in materia di antiriciclaggio secondo il decreto 231 del 2007. Grilli ha negato al Fatto ieri tramite il suo portavoce di avere fatto pressioni sulla delegazione, ma il risultato di cui l’esecutivo si dovrà assumere la responsabilità è che lo Stato italiano non ha tutelato gli interessi dei cittadini alla trasparenza bancaria, ma quelli del Vaticano e dello Ior all’opacità dei conti dei suoi correntisti incappati in indagini come Luigi Bisignani o Angelo Balducci.
I rappresentati dell’UIF di Bankitalia, cioè i principali testimoni “a carico” del Vaticano e a favore della trasparenza del sistema bancario nel piccolo processo allo Ior, al Vaticano e alle sue prassi opache che si teneva a Strasburgo, ieri erano assenti. Non c’era dall’inizio della sessione di Moneyval il rappresentante del ministero della Giustizia, che avrebbe potuto raccontare le rogatorie mai arrivate alla Procura di Roma da Oltretevere nelle indagini sui misteri della morte di Roberto Calvi. Ma non c’erano nemmeno i dirigenti dell’UIF che all’inizio erano partiti convinti di poter dire la loro e che invece si sono sentiti imporre un bavaglio dal ministero.
Il 3 luglio, infatti, alla vigilia dell’esame decisivo, la dirigente del ministero dell’Economia che guidava la delegazione del governo italiano ha comunicato al rappresentante UIF che non avrebbe parlato nessuno perché così era stato deciso a Roma. A quel punto Castaldi, informato dai suoi due dirigenti dell’accaduto, ha ordinato loro di rientrare a Roma. A nome dell’UIF, Castaldi aveva inviato a fine giugno una lettera al ministero dell’Economia nella quale specificava la sua posizione sulla bozza di rapporto trasmesso da Moneyval come base della discussione che si sarebbe tenuta a Strasburgo di lì a poco. In quella bozza, svelata dal Fatto, il Vaticano riceveva 8 bocciature e 8 promozioni sulle 16 raccomandazioni del GAFI in materia di antiriciclaggio. L’UIF riteneva quella pagella troppo benevola ed elencava le ripetute inadempienze del Vaticano: le mancate risposte alle rogatorie, l’involuzione della nuova normativa voluta dal segretario di Stato Tarcisio Bertone nel gennaio del 2012 rispetto alla legge del dicembre 2010 che rappresentava un passo avanti e istituiva l’AIF, l’autorità antiriciclaggio del Vaticano e via elencando inadempienze su inadempienze della Santa Sede.
Bertone e così sia
Dopo avere letto quella lettera il governo italiano ha deciso di impedire all’UIF di commentare pubblicamente il rapporto ieri davanti agli ispettori Moneyval. Così a rappresentare l’Italia in questo dibattito sono rimasti solo gli uomini della quinta direzione del ministero dell’Economia preposta alla lotta contro il riciclaggio, guidata da Giuseppe Maresca che però ha inviato l’avvocato Francesca Picardi, la dirigente del ministero che, in qualità di capo della delegazione, ha trasmesso il diktat di Roma.
Castaldi, per evitare l’effetto silenzio-assenso, ha ordinato ai suoi due uomini di rientrare a Roma immediatamente. Una scelta accolta con sollievo dalla delegazione vaticana guidata dal braccio destro del segretario di Stato Tarcisio Bertone, monsignor Ettore Balestrero. L’obiettivo del Vaticano era quello di ottenere almeno una valutazione migliore di quella di partenza che permettesse l’inserimento della Santa Sede nella cosiddetta grey list, la lista grigia dei Paesi ancora inadempienti secondo i parametri Moneyval che però stanno migliorando il loro sistema al fine di aderire alle raccomandazioni del GAFI.
L’ostacolo principale per il Vaticano sulla strada verso la lista grigia era proprio l’UIF, l’autorità aveva segnalato infatti il peggioramento del sistema antiriciclaggio nel 2012 grazie alla nuova normativa voluta da Bertone. E così l’obiettivo del Vaticano è stato raggiunto.
da Il Fatto quotidiano del 5 luglio 2012
Aggiornamento. Nel primo pomeriggio il ministero dell’Economia ha diffuso una nota in cui non smentisce l’accaduto ma afferma:
“Non siamo membri di Moneyval e quindi nella veste di osservatori non votiamo. Anche la Uif è osservatore in Moneyval quindi non vota”.
“Da parte italiana il rapporto Moneyval viene giudicato completo in quanto contiene sia le riforme sia le carenze rimanenti. Nulla è stato taciuto”.
“Nella sua veste di osservatore il rappresentante del Tesoro ha svolto un intervento tecnico per spiegare il meccanismo alla base del sequestro dei fondi Ior da parte della magistratura italiana”.

pc 5 luglio - in galizia si sviluppa il sindacalismo classeista e combattivo

lo slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale - esprime il suo saluto, sostegno e comunanza di lotta

GALIZA: Nasce a Corrente Sindical "Causa Obreira"




Nasce a Corrente Sindical "Causa Obreira"


A Corrente Sindical "Causa Obreira" é uma corrente sindical organizada dentro da Confederação Intersindical Galega.
O seu nascimento é fruto da unidade orgânica da "Corrente Sindical pola Base" e do "Colectivo 10 de Março".
Esta unidade orgânica é a culminação numa actuação coincidente nos organismos da CIG e na prática da acção sindical e negociação colectiva em diferentes estruturas federativas e territóriais da CIG onde ambos os grupos actuan.
A Corrente Sindical "Causa Obreira" não é pois uma nova corrente sindical, senão que é a consequente posta em prática da convicção da necessidade de dar passos de para atingir uma imprescindível coesão interna dentro da CIG. É tempo de pôr em valor os elementos de coincidéncia entre as diferentes sensibilidades que fazem parte da CIG e deixar em segundo plano as nossas diferéncias.
A ofensiva ultraliberal que consume europa e que se plasmam no estado espanhol, entre de outros, em diferentes reformas laborais e no desmantelamento dos sistemas de protecção social, no desmantelamento da sanidade pública, ensino público etc.. fã mas imperativa e necesária que nunca o trabalhar para que a unidade de Classe seja uma realidade.
A unidade de Classe deve começar pela unidade e coesão das diferentes sensibilidades da CIG na luta contra a agressão que os direitos e liberdades da Classe Trabalhadora estão a sofrer com extrema virulencia de modo que a unidade na CIG se poda transferir em percura da unidade de Classe nos centros de trabalho, é dicer, pela base.
A Corrente Sindical Causa Operária tem como princípios fundamentais da sua acção aqueles que as correntes que hoje confluen em "Causa Obreira" vêm pondo em valor na sua acção dentro da CIG e que são fundamentalmente os seguintes:
1-A Autonomia Sindical:
Todas aquelas acções e estratéxias desenvolvidas pela CIG têm que emanar das bases da organização e respostar aos interesses da Classe Trabalhadora Galega, não dos interesses de organizações políticas, gremiais ou de qualquer outra índole.
A total independéncia da CIG respeito de qualesquer organização política ou grupo de poder asi como do estado é o elemento garante da sua actuação consequente.
2- Democrácia e Pluralidade interna:
A estrutura sindical deve ser um mecanismo regido pela mas ampla democrácia em todos os níveis e em todos os seus organismos e instáncias, garantindo, deste modo, a mas ampla liberdade de expressão das correntes internas.A pluralidade deve ser vista como algo positivo, como a achega de diferentes pontos de vista na elaboração de uma análise da realidade o mas científica posível.
3- Manutenção da CIG como sindicato Nacionalista de Classe e Combativo:
Dentro da realidade de conflito de classes na que vivemos, devemos pular pela defesa da unidade da classe trabalhadora em torno de seus obxetivos imediatos e históricos combatendo a política de colaboração de classe e o pacto social, elemento lesivo dos interesses dos trabalhadores e trabalhadoras.O potenciamento do conflicto como elemento de escenificación da luta de Classe tem de jogar um papel de primeira ordem no accionar da Central Sindical.
A necessidade da soberania política da Nação Galega como elemento de desenvolvimento da estrutura productiva do Pais e elemento de interesse para a Classe Operária Galega deve ser posto em valor na atividade sindical da CIG.
4-Acção Sindical:
A acção sindical da CIG deve estar dirigida ao combate de todas as formas de exploração, utilizando-se as formas de luta que levem a reais conquistas económicas, políticas e sociais dos trabalhadores e trabalhadoras.Neste sentido a "Causa Obreira" vem impulsionando na CIG o desenvolvimento de políticas de auto-organização social na luta contra os desafiuzamentos, na auto-organização das Companheiras/os desempregadas/os, na construção de comedores populares/operários, no asesoramento de posta em marcha de projectos de economia social, etc...
5-O papel das Bases:
As bases da CIG, a inscrição organizada nas empresas e centros de trabalho, tem de ter o papel mas relevante dentro da Central.
Desde as bases cria-se a necesária unidade de Classe, e desde as bases agroma a força do verdadeiro sindicalismo.A participações das bases no sindicato é garante da sua saude presente e futura.A organização dessa base apegada aos centros de trabalho deveria ser o eixo fundamental do trabalho organizativo da CIG. Só asi poderá-se enfrontar a futura negociação colectiva e uma acção sindical com possibilidade de resultar eficaz.
                          
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pc 5 luglio - lotta dei minatori in Perù -Tres muertos en una protesta contra un plan minero en Perú

Tres muertos en una protesta contra un plan minero en Perú



Al menos tres personas murieron y 20 resultaron heridas el martes en el norte de Perú tras un enfrentamiento entre la policía y manifestantes contrarios a un proyecto de la minera estadounidense Newmont, en el episodio más violento contra el proyecto de más de 5.000 millones de dólares (casi 4.000 millones de euros).

Tras la protesta en rechazo del proyecto de oro y cobre de Newmont Mining, que anunció hace poco su intención de desarrollar la obra, el Gobierno decretó el estado de emergencia en la región norteña de Cajamarca y dispuso la actuación de los soldados para restablecer el orden público en el distrito de Celendín, foco de la protesta antiminera.

"Lamentablemente son tres víctimas (...) los tres por proyectil de arma de fuego", dijo el fiscal provincial de Cajamarca, Miguel Castillo, a la radio local RPP.

El fiscal dijo que el hecho se produjo durante un enfrentamiento con la policía, después de que 2.000 manifestantes intentaran tomar la municipalidad de Celendín y dañaran con piedras instalaciones públicas y vehículos particulares, en medio de disparos y detonaciones de bombas lacrimógenas.

El ministerio del Interior dijo por su parte en un comunicado que tienen dos policías heridos con "armas de fuego".

El desarrollo del proyecto Minas Conga había estado parado desde noviembre por una sucesión de protestas de los vecinos, que temen que la explotación minera pueda dañar sus fuentes de agua y causar contaminación en la norteña región de Cajamarca.

Hace casi dos semanas, Newmont anunció que aceptaba las recomendaciones de un equipo de peritos para aplicar un plan de mitigación ambiental más estricto.

Con las muertes en Cajamarca suman 12 las víctimas mortales en protestas sociales desde que el presidente y militar retirado Ollanta Humala asumió el poder en julio del año pasado. En el anterior Gobierno del ex presidente Alan García hubo 174 muertos por protestas sociales, según datos oficiales.



ESTADO DE EMERGENCIA

El ministro de Justicia, Juan Jiménez, anunció que el presidente Humala decidió decretar el estado de emergencia en las provincias de Celendín, Hualgayoc y la misma Cajamarca, debido a los graves disturbios en la jornada.

Con el estado de emergencia, que durará 30 días, se autoriza a las Fuerzas Armadas a restablecer el orden público, se suprimen las garantías constitucionales y se restringe la libre circulación y reunión de personas en la zona afectada.

"Simplemente por prevención se está tomando la decisión de declarar el estado de emergencia hasta que esto se estabilice", dijo Jiménez. "Exhorto a la población de Cajamarca que depongan actitudes que no son conciliables con un estado democrático y que reconsideren posturas intransigentes para que podamos sentarnos a conversar".

Es la segunda vez que el Gobierno decreta el estado de emergencia en Cajamarca en menos de siete meses, después de que lo instaurara a fines de noviembre durante casi un mes para calmar las protestas contra el proyecto Minas Conga.

Jiménez afirmó que se investigará para determinar quienes habrían utilizado armas de fuego y artefactos pirotécnicos durante la protesta. Según la policía, se ha detenido a 15 manifestantes.
"Ha sido una turba que ha atacado patrimonio del Estado. Han ingresado y han disparado a agentes del orden", dijo Jiménez.

Perú, el segundo productor mundial de cobre y el sexto de oro, posee vastos recursos mineros y su extracción suele enfrentar el rechazo de los habitantes, que temen daños ambientales o piden una mayor participación en los ingresos del sector.

Los protestas sociales, que suman más de 250 en todo el país, amenazan con frenar proyectos mineros por unos 53.000 millones de dólares previstos para los próximos años.
             

pc 5 luglio - la resistenza dei minatori spagnoli non si ferma - scontri e blocchi - solidarietà in tutta la spagna notizie e foto dai blog dello stato spagnolo di orientamento maoista

León: La Guardia Civil asalta la población minera de Ciñera

A. Cubillas 04/07/2012
 
leonoticias.com
Los antidisturbios se llevan detenido a un minero durante el enfrentamiento mantenido este martes en Ciñera. (Foto: Campillo)
Los antidisturbios se llevan detenido a un minero durante el enfrentamiento mantenido este martes en Ciñera. (Foto: Campillo)
Las calles de Ciñera se han vuelto a convertido de nuevo este martes, tanto por la mañana como por la tarde, en una campo de batalla entre los antidisturbios de la Guardia Civil y los piquetes mineros en protesta por los recortes en la minería.
El fracaso de la reunión con el ministro de Industria, en la que reiteró que las partidas para la minería del 2010 ya están cerradas, ha abierto la caja de Pandora y desatado la ira de los mineros leoneses que ya advertían que esta “nueva tomadura de pelo” tendría como respuesta el recrudecimiento de las medidas de protestas.

El inicio de la Marcha del Carbón frenó los cortes de carretera y las protestas que en la última semana tan sólo han sido escenificadas por las mujeres ‘mineras’ a través de cortes pacíficos. Sin embargo, la “persistente” postura del Gobierno de cerrar la minería ha provocado que los cortes de carretera y de la vía férrea vuelvan a formar parte de las reivindicaciones mineras en la provincia.
Pasadas las 10:30 horas de este martes, un grupo de mineros cortaban la N-630 con varios piquetes formados por quitamiedos, troncos, contenedores y neumáticos ardiendo. Allí, con los rostros cubiertos, los mineros aguardan la llegada de los antidisturbios anunciando una guerra que no tardó en estallar.



Los mineros 'atacan' con un lanzacohetes durante las movilizaciones. (Foto: Campillo)

Los mineros, durante el corte de carreteras a la espera de la llegada de los GRS. (Foto: Campillo)


Un ataque "sin precedentes" con dos detenidos
Las barricadas realizadas por los mineros en la Nacional-630 apenas han contenido el avance de los efectivos de la Guardia Civil llegados a este punto para levantar los cortes hora y media después de que estos dieran comienzo. Así, sin negociación alguna y ni avances ni retrocesos los agentes han accedido a la localidad a través del paseo Bernesga así como por los montes que rodean a la localidad que durante unas horas se ha transformado en una escena bélica.
Un ataque sin precedentes, según denunciaron algunos vecinos y miembros sindicales, ante la “agresividad” de los agentes que se adentraron por todas las calles de la localidad “golpeando las puertas de las viviendas y apuntando a todo aquel que se les cruzará”.
Durante horas, la tensión se palpaba en cada esquina de Ciñera donde se hizo incesante el sonido de los petardos y los disparos. Enfrentamientos marcada por la derrota de los mineros que ante la fuerza y el importante número de efectivos se vieron obligados resguardarse en viviendas y en los montes y dar por perdida la batalla.
Una jornada que además se ha saldado con la detención de dos mineros trasladados a la comandancia de León donde un representante de UGT y un abogado medían para conseguir su libertad. Una brutal choque el vivido este martes en Ciñera que, para los sindicatos, no es más que un acto de provocación que sólo busca la detención de mineros.

Los mineros cortan la vía férrea a la altura de Ciñera. (Foto: Campillo)

Los GRS se llevan a uno de los dos mineros detenidos durante la jornada. (Foto: Campillo)

Empleados del Adif restauran el tráfico ferroviario. (Foto: Campillo)

Los GRS, durante la intervención en las calles de Ciñera. (Foto: Campillo)

Los GRS 'pasean' por Ciñera ante la mirada de los vecinos desde sus casas. (Foto: Campillo)

Los mineros cortan carreteras y vías de tren y se enfrentan a la Policía



Oviedo, 4 julio.- Los mineros han cortado hoy en Asturias carreteras y vías de tren y se han enfrentado a la Policía Nacional en el entorno del pozo Sotón de San Martín del Rey Aurelio en el marco de las movilizaciones por la huelga en protesta por los recortes decididos por el Gobierno de España en el sector del carbón.
El incidente más grave ha tenido lugar en el entorno del pozo Sotón, donde unas cincuenta personas han cortado durante más de ocho horas desde las 06.30 horas con barricadas de neumáticos y troncos ardiendo la carretera AS-117, en el punto kilométrico 11.

Cuando los policías se han personado en el lugar mineros que se encontraban en el pozo les han comenzando a lanzar abundante material pirotécnico y objetos contundentes como tornillería y pelotas de golf.

Algunos mineros han huido hacia el interior del pozo y otros hacia el monte perseguidos por los policías.

Varios vehículos policiales han resultado dañados en el transcurso de los enfrentamientos.

Los policías se han incautado de diversos objetos como escudos artesanales, lanzaderas y cohetes.

Hasta poco antes de la tres de la tarde no ha podido ser restablecida la circulación debido a la presencia "intimidatoria" de personas que impedían a Bomberos de Asturias apagar y retirar la barricada.

De esta forma, esta carretera ha sufrido interrupciones en el tráfico de vehículos al igual que la SM-3, situada en la misma zona, y la MI-1, entre Mieres y Ablaña.

Los mineros han cortado hoy además las vías de Renfe en La Pereda, en el trayecto entre Oviedo y Mieres, y las de Feve entre Tuilla y El Entrego.

Madrid Obrero Apoya a los Mineros

Visto en: http://blog.reconstruccioncomunista.org/2012/07/mani-11j-madrid-obrero-apoya-los.html




Las cuencas mineras están en pie de guerra ante la decisión del Gobierno de incumplir lo firmado y recortar las ayudas a la explotación una media del 63% en este mismo año, lo que obligará a adelantar el cierre de pozos ante la imposibilidad de hacer viable la actividad. Con esta decisión los pueblos de las comarcas mineras se ven abocados a la miseria.

Durante casi 30 años distintos gobiernos (tanto del PSOE como del PP) han venido llamando “reconversión industrial” a lo que era destrucción pura y dura de la actividad industrial y del empleo. El declive de los pueblos mineros ha sido constante y el paro continúa haciendo estragos. Ahora, la decisión del gobierno de Rajoy da la puntilla a más de 30.000 familias.

No hay dinero para educación, para sanidad pública, para vivienda o para crear empleo. No hay dinero para las cuencas mineras, pero hay ¡todo el dinero que sea necesario! cuando se trata de salir al rescate multimillonario de los banqueros. No se pueden destinar este año 200 millones de euros más de subvención a la producción al carbón, pero no hay problema alguno en haber entregado ya 23.500 millones de euros a Bankia o 290 millones a las grandes constructoras y especuladores de las autopistas privadas. ¡Es una vergüenza!

Mantener la ayuda a la producción al carbón, y con ello el empleo, representa el 0,0008% del dinero total comprometido en el rescate a Bankia. Con lo que se paga de intereses en tan solo tres días por su inmoral e ilegítima deuda pública a los banqueros alemanes, franceses y españoles sobra para la subvención de todo un año a la producción al carbón.

Por eso las vergonzosas cuentas del gobierno no tienen por donde agarrarse.

A los mineros todo, a los bancos ni un euro

Los mineros, que en muchos casos llevan meses sin cobrar o cobrando salarios de miseria en las subcontratas por dejarse la vida y la salud en los pozos, ven amenazado su empleo y su futuro.
Cuando se dilapidan fortunas rescatando banqueros o subvencionando a las multinacionales de la energía no podemos aceptar de ninguna manera que nos digan que no hay dinero, que hay que suspender la ayuda al carbón y no invertir ni un euro en la reactivación industrial de las cuencas.

¡Que se libere inmediatamente la ayuda al carbón y que se nacionalice la minería, bajo control de las organizaciones de los trabajadores y populares!, porque solo así se garantizará la producción y el empleo y solo así se evitará que buena parte de la subvención al carbón se la lleven empresarios privados, que luego subcontratan y explotan miserablemente a los mineros.

Hay que exigir que se ponga en pie un plan de industrialización y de obras públicas y sociales que de trabajo a las cuencas mineras. Y hay que decir muy alto que ¡sí hay dinero! para todo esto si se deja de dar un solo euro más a los banqueros y se suspende el pago de la inmoral e ilegítima deuda pública, poniendo todos esos recursos al servicio de un plan de rescate de los trabajadores y el pueblo.

11 de Julio: tod@s con los mineros, apoyemos la marcha negra

El pasado 22 de Junio, desde distintas cuencas, los mineros comenzaron una marcha a pie hasta Madrid, para exigir al gobierno una solución al conflicto.

El 11 de julio llegarán a Madrid y deben encontrar el recibimiento que merecen. Hay que hacerles sentir que no están solos, que toda la clase obrera apoya su justa lucha, porque los hombres y mujeres de la minería son el orgullo de toda la clase obrera. Porque si ellos ganan, ganamos todos/as. Las crecientes protestas obreras y populares exigen de todas las organizaciones sindicales la imperiosa necesidad de unificar todas las luchas en curso, convocando una nueva huelga general, porque ese es el único camino para apoyar a los mineros y responder todos los trabajadores/as juntos/as a estos planes de guerra social del Gobierno de Rajoy y la Troika.

Queremos, por último, denunciar la vergonzosa actuación de las fuerzas represivas del Estado (policía y guardia civil), empeñados en acallar a golpes, pelotas de goma y entradas salvajes en los pueblos esta justa lucha. Exigimos la inmediata libertad sin cargos de todos los detenidos y reafirmamos que cualquier desgracia que pueda ocurrir será responsabilidad única de este gobierno de los banqueros.

¡Por una salida obrera y popular a la crisis!

11 de Julio: por la mañana, recibimiento (a las 11 horas en el Santiago Bernabeu)
19,30 horas – Manifestación
Atocha-J. Benavente-Sol

Solidaridad desde Euskal Herria con los mineros en huelga.

Elkartasuna Euskal Herritik greban dauden meatzariekin. Solidaridad desde

Euskal Herria con los mineros en huelga.

Solidarity with the miner’s strike from the Basque Country.

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Los mineros retoman las movilizaciones en El Bierzo con cortes de la N-VI y A-6



PONFERRADA (LEÓN), 3 Jul.

 La vía férrea está también 'cortada' en Ciñera / La N-630 y la A-6 están bloqueadas en ambos sentidos del kilómetro 106 al 107 y del 401 al 402 respectivamente.

Tras el fracaso de la reunión entre los sindicatos mineros y el ministro de Industria José Manuel Soria, los cortes de carretera y de las vías férreas han vuelto a formar parte de las reivindicaciones del sector después de varios días en los que la 'Marcha Minera' centraba la atención y habían cesado.

Los mineros de la cuenca leonesa de El Bierzo han vuelto a movilizarse este martes.

Así, un grupo de un centenar de piquetes ha cortado la carretera Nacional VI y la Autovía del Noroeste (A-6) a la altura de la localidad de Villamartín de la Abadía.

Los mineros han depositado sobre la calzada ruedas y árboles que han cortado de unas matas próximas al vial. También han obligado a varios camioneros a cruzar el vehículo sobre la A-6 en ambas direcciones y les han retirado las llaves.

A la media hora de producirse estos incidentes se ha personado en la zona una decena de dotaciones de antidisturbios del Grupo Rural de Seguridad (GRS) de la Guardia Civil que han lanzado pelotas de goma a los mineros, que habían disparado cohetes.

Sin embargo, apenas se ha producido enfrentamiento, ya que los mineros se han dispersado por el monte. La Guardia Civil intenta ahora dejar libre la vía, mientras el tráfico de la autovía se desvía por la Nacional VI en Villamartín de la Abadía, en donde se ha dejado libre tras retirar las barricadas del asfalto.

¡¡¡Apoyar la lucha de los mineros!!!

¡¡¡Todos somos mineros!!!