sabato 21 aprile 2012

pc 21 Aprile - Dal blog di Red Block: "ANCORA REPRESSIONE CONTRO I RIBELLI DEL 15 OTTOBRE. TUTTI LIBERI!"


Questa mattina Digos e Ros hanno eseguito decine di perquisizioni a tappeto a Roma, Teramo, Ancona, Civitanova Marche, Padova e Cosenza con il risultato di 7 arresti domiciliari e 6 obblighi di dimora.
L'ennesima operazione mediatica repressiva è relativa ai fatti dello scorso 15 Ottobre a Roma dove decine di migliaia di giovani, lavoratori e proletari diedero battaglia allo schieramento repressivo dispiegato in piazza San Giovanni resistendo gloriosamente per diverse ore alle diverse ondate di cariche criminali, condotte anche con caroselli di blindati (uno dei quali andato a fuoco).
A 6 mesi dalla manifestazione la borghesia imperialista italiana rappresentata attualmente dal governo Monti intensifica la repressione verso i soggetti che si ribellano e rispondono concretamente alle misure d'austerity di lacrime e sangue; l'azione complessiva del governo si muove su due binari: da un lato si attaccano i diritti fondamentali conquistati dalle masse nel corso degli anni, dall'altro si istituzionalizza lo stato di polizia, come strumento dell'attuale fase di costruzione del moderno fascismo, con il tentativo di soffocare sul nascere qualsiasi azione che le masse più o meno coscienti e organizzate fanno per contrastare l'attacco verso di loro.
Il cuore di questo attacco sono i giovani ribelli in generale e i proletari (anche oggi i giornali criminalizzano gli ultras delle curve) i quali, quando si ribellano, come dimostrano i recenti avvenimenti in Grecia, il 14 Dicembre 2010 romano degli studenti fino ad arrivare alla giornata del 15 Ottobre scorso, diventano una forza inarrestabile in grado di resistere e mettere in rotta l'apparato repressivo dello stato borghese. Questo fa paura a padroni e governo!
Oggi è necessario contrastare quest'ennesimo tentativo di criminalizzazione di una grande giornata di lotta che ha smascherato e messo in difficoltà l'allora governo dei padroni Berlusconi, la falsa opposizione del Pd (adesso al governo), gli sbirri infiltrati nel movimento (Cobas, disobbedienti, finti comunisti, Casarini e compagnia), diffondendo la rivolta in ogni città del paese, come l'appello lanciato dal movimento No Tav.

Solidarietà a tutti i compagni e i giovani proletari oggetto di questa nuova ondata repressiva!
Contro lo stato di polizia che avanza verso il moderno fascismo, ribellarsi è giusto!
Viva la rivolta sociale contro governo e padroni!

pc 21 aprile - Sosteniamo la lotta di Giorgio... siamo tutte/i No Tav

 Giorgio Rossetto, militante No Tav, arrestato insieme ad altri compagni, nel carcere di Saluzzo in  condizione di isolamento a cui è sottoposto per avere denunciato con forza e determinazione  le condizioni invivibili delle carceri,  vieno ora attaccato dalla direzione in accordo con la Procura con un provvedimento di censura della posta in ingresso e in uscita per 6 mesi; l’accusa  “aver tenuto un comportamento di istigazione alla ribellione di altri detenuti, anche in accordo con soggetti esterni al carcere”.
Ma Giorgio non si arrende e va avanti nella denuncia e lotta.

La vostra repressione non ferma ma alimenta la ribellione
Sosteniamo la lotta  di Giorgio e di tutti i compagni No tav agli arresti
Liberi tutti subito
Siamo tutte/i No Tav

Sotto l'ultima lettera di Giorgio dal carcere:


Saluzzo, 13 aprile 2012
Ieri giovedì 12 aprile al sottoscritto è stato notificato un provvedimento del tribunale di Torino (sez. G.I.P.) in cui mi si applica per mesi sei “alla corrispondenza epistolare in entrata e in uscita il visto di controllo”, in quanto avrei fatto opera di “istigazione alla ribellione”: in poche parole per sei mesi il direttore, il comandante o chi per lui controllerà la mia posta.
Ritengo il provvedimento una grave forma di censura e limitazione al “diritto” di interloquire con l’esterno. Ritengo, in questi mesi di detenzione, di non aver fatto nessun “reato”.
A Saluzzo, in due occasioni, abbiamo utilizzato la posta con gli altri detenuti della sezione “isolamento” per denunciare l’anomala situazione che ci vede esclusi da ogni attività ricreativa e sportiva e sottoposti a un regime ferreo nell’utilizzo degli spazi e “dell’aria” e in un altro caso per denunciare ai giornali locali che in occasione della visita pasquale del vescovo cittadino, invitati dal cappellano del carcere,  all’ultimo momento veniva impedito ai 9 detenuti di partecipare all’incontro. Divulgare all’attenzione esterna i problemi interni, semplicemente scriverne, è forse diventato un “reato”.
Non darò a giudici e secondini il piacere di leggere la mia corrispondenza. Inizio quindi lo “sciopero della posta”.

Giorgio Rossetto

p.s.
Comunico alla direzione del carcere che questa è l’ultima lettera o cartolina in uscita che spedirò per la durata di tutto il provvedimento (6 mesi).
********************************

Contro questo provvedimento i compagni e le compagne di Giorgio lanciano la campagna “Inceppiamo l’ingranaggio. Sommergiamoli di lettere”.
Scriviamo a Giorgio, contro la censura, inceppiamo il meccanismo!

@Invitiamo tutti a scrivere a:
Giorgio Rossetto
Casa di reclusione di SALUZZO
Regione Bronda, 19/b
Località Cascina Felicina
12037 – SALUZZO (CN)

pc 21 aprile - manifestazione nazionale a Milano contro la devastazione della scuola pubblica

SABATO 21 APRILE ORE 14,30
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO
IN DIFESA DELLA SCUOLA STATALE, LAICA E DI TUTTI!!

CONTRO IL PDL 953 APREA (SCUOLA-AZIENDA E SOPPRESSIONE della COLLEGIALITA’)
CONTRO LA CHIAMATA DIRETTA, INCOSTITUZIONALE E CLIENTELARE (art. 8 del PdL 146 della Regione Lombardia)
CONTRO I TAGLI ALLA SCUOLA, PER L'ASSUNZIONE DI TUTTI I LAVORATORI PRECARI

La Scuola Pubblica Statale Italiana versa ormai da tempo in condizioni gravissime a causa delle politiche scolastiche dissennate degli ultimi dieci anni e, in modo particolare, di quelle attuate dall'ultimo governo Berlusconi che, con motivazioni puramente ideologiche e rispondenti a logiche di carattere economico-aziendalistico, ha tagliato circa 150.000 posti di lavoro tra docenti ed Ata e 8 miliardi di finanziamenti.

Cambiato il governo, la situazione è rimasta immutata, anzi: il ministro Profumo, ben lontano dal proporre un necessario rifinanziamento e il ritiro dei tagli, si è posto sulla stessa linea della Gelmini e procede nella sua opera di distruzione della Scuola Statale senza alcuna vera opposizione.
Il neoministro intende infatti mettere in discussione perfino i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e quelli di quanti lavorano nella scuola da anni, ventilando l’ipotesi di un fantomatico concorso per l’attribuzione di posti inesistenti. Inoltre,col decreto semplificazioni”, è stata potenziata l’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti territoriali di scuole e di un“organico dell'autonomia”.
Questi provvedimenti sono perfettamente in sintonia con il PdL 953 (Aprea), da poco approvato dalla Commissione Cultura della Camera una legge che intende aprire le porte della scuola statale ai privati attraverso il “Consiglio dell'autonomia” e riformare gli organi collegiali, che di fatto saranno neutralizzati e “commissariati” da rappresentanti di enti e fondazioni private, che finanzieranno direttamente le scuole - dotate di statuti autonomi – imponendo indirizzi, stravolgendo programmi ed erogando risorse in modo funzionale ai loro interessi.

Di questo disegno eversivo e devastante, Formigoni si è fatto prontamente interprete e garante, come risulta evidente dall'approvazione, da parte del Consiglio regionale della Lombardia, dell'art. 8 della Legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione”, che modifica l'attuale legge regionale n.19/6. Così anticipando tutti già dal prossimo anno nella Regione Lombardiale istituzioni scolastiche statali possano organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, al fine di reclutare personale docente necessario a svolgere le attività didattiche annuali”.

Come lavoratori della scuola troviamo tutto questo assolutamente surreale, illegale e inaccettabile!! L'art. 8 della Legge 146 della Regione Lombardia e il PdL Aprea, in realtà, non sono altro che un basso espediente del tutto incostituzionale per:
  • introdurre la chiamata diretta nelle scuole;
  • negare la libertà di insegnamento, mortificare e ricattare i docenti, “rei” di costruire e veicolare pensiero critico;
  • eliminare il sistema di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie (l’unico canale trasparente e meritocratico);
  • aziendalizzare la scuola statale e asservirla ai volubili interessi dei privati;
  • negare il basilare diritto allo studio degli studenti che hanno il diritto ad avere una scuola statale, pubblica e con eguali livelli di qualità in ogni zona del Paese.

Sarebbe inoltre inevitabile l’incancrenirsi del fenomeno del clientelismo e della sua peggiore variante, il nepotismo, di cui il governatore lombardo e il movimento di cui è uno dei massimi esponenti, come ben sa qualsiasi cittadino, sono modelli paradigmatici.

Per questi motivi, RESPINGIAMO CON SDEGNO:

  • qualsiasi progetto di REGIONALIZZAZIONE e AZIENDALIZZAZIONE del sistema d'istruzione della Lombardia e di qualsiasi altra parte d'Italia;
  • un sistema di reclutamento dei docenti basato sulla CHIAMATA DIRETTA (o su concorsi locali) da parte dei singoli istituti;
  • l’ipotesi di un nuovo concorso nazionale, finché tutti i lavoratori precari non verranno assunti.
  • ulteriori tagli dei finanziamenti alla scuola pubblica e “dimensionamenti” volti a rendere ingestibili istituti e didattica

PRETENDIAMO:
  • L'abrogazione IMMEDIATA dell'art. 8 della Legge regionale lombarda “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione” (FORMIGONI).
  • IL RITIRO IMMEDIATO del PDL 953 (APREA).
  • L'abrogazione dell'art. 64 della Legge 133/2008.
  • L’immediato SBLOCCO del TURN OVER e L'ASSUNZIONE di TUTTI i precari.
  • L’utilizzo delle GRADUATORIE AD ESAURIMENTO come UNICO SISTEMA DI RECLUTAMENTO.
  • Un serio piano di RIFINANZIAMENTO che restituisca le risorse tagliate dalla finanziaria 133 del 2008.
  • L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE 62/2000 CHE REGALA RISORSE PUBBLICHE ALLE SCUOLE PRIVATE, AGGIRANDO I DETTAMI COSTITUZIONALI.

Facciamo inoltre appello alla società civile tutta, lavoratori, studenti, genitori, cittadini, associazioni, sindacati, partiti politici affinché aderiscano e partecipino alla manifestazione e facciano propria la lotta per la DIFESA della SCUOLA PUBBLICA che deve rimanere STATALE, LAICA, NAZIONALE, di tutti e per tutti, perché la ns. Costituzione prescrive che TUTTI I CITTADINI SIANO UGUALI E ABBIANO PARI OPPORTUNITA’!
CHIEDIAMO a TUTTI i sindacati di utilizzare ogni strumento che abbiano a loro disposizione, compreso lo sciopero, per opporsi al PdL 953-Aprea, al PdL 146 della Giunta Formigoni e a qualsiasi tentativo di attuare la chiamata diretta e la regionalizzazione dell'istruzione.
CHIEDIAMO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, reduce dalle ultime celebrazioni per il 150° Anniversario dell’unità d’Italia, di intervenire tempestivamente per bloccare la destrutturazione della Scuola e scongiurare, così, lo smembramento della Nazione, che la Scuola ha culturalmente e moralmente unificato, garantendo la mobilità sociale, promuovendo e preservando l’esercizio consapevole dei diritti democratici e sancendo l’affermazione del Paese nel contesto europeo .
CHIEDIAMO a TUTTE le forze politiche di opposizione presenti nei Consigli regionali e nel Parlamento di promuovere interpellanze e mozioni contrarie a queste iniziative di legge INCOSTITUZIONALI e lesive dei principi di un’Istruzione pubblica, laica, statale e uguale per tutti.

SABATO 21 APRILE ORE 14,30
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO
concentramento sotto Pirellone
(piazza Duca d'Aosta mm stazione centrale)

COMITATO PROMOTORE:

Coord. Lavoratori Scuola “3ottobre” - Milano
Coord. Precari scuola Ravenna
Coord. Precari scuola Roma
Coord. Precari scuola Napoli
Coord. Precari scuola Mantova
Gratis Toscana
Coord. naz. abilitandi/abilitati esclusi gae
Rete Autorganizzata Precari scuola Veneto
Coord. Precari scuola Bologna
Movimento scuola Precaria Milano

pc 21 aprile - Marlane Marzotto... i padroni assassini devono pagare

Notizie dal fronte Marlane Marzotto, lo stabilimento del cosentino al centro di una vicenda giudiziaria per il lungo elenco di ex lavoratori che hanno contratto patologie tumorali, e in decine di casi ne sono morti.

La notizia è che il processo, iniziato nell’aprile 2011 e rallentato da numerosi rinvii, si sta sbloccando. Dopo l’udienza di oggi, il tribunale stabilirà quali parti ammettere e nell’arco di pochi giorni potrebbe dare la parola a periti e testimoni. Che sono tanti, come tante sono le vittime di quella che Mara Malavenda, dell’esecutivo nazionale Slai Cobas – unico sindacato che dall’inizio ha sostenuto gli ex operai – ha definito una vera e propria strage.

E’ una notizia perché gli ex operai e i loro familiari aspettano risposte da decenni: i decessi tra i lavoratori della Marlane sono iniziati nel ’73, ma le indagini sono partite nel ’99 e solo dopo oltre dieci anni – e tre tentativi di archiviazione – si è avuto il rinvio a giudizio per i 13 imputati, tutti ex dirigenti e responsabili dello stabilimento.

Ma allo stesso tempo non fa notizia, sui media nazionali non c’è n’è quasi traccia. Eppure la vicenda è seria quanto i più noti casi del Petrolchimico di Porto Marghera, del processo Eternit, di quello della Thyssenkrupp. Lo si intuisce anche dai nomi degli avvocati del collegio difensivo, assolutamente bipartisan: da Nicolò Ghedini allo studio del sindaco di Milano Giuliano Pisapia.

Seria per persone coinvolte, il cui numero non è possibile quantificare, dato che nel 2006 nei pressi della fabbrica è stato rinvenuto materiale tossico interrato, tra cui anche cromo esavalente – cancerogeno per l’uomo –, così che alle accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose si è aggiunta quella di disastro ambientale.

Seria per la gravità delle situazioni testimoniate dagli operai, che parlano di un spazio comune a più reparti in cui confluivano tutte le sostanze connesse alla lavorazione, dall’amianto sprigionato dai freni dei telai ai fumi emessi dai coloranti applicati in vasche aperte. Oggi nebbia in val Padana era il saluto che si scambiavano quando i fumi erano tali da non permettere loro di vedersi.

E poi perché si continua a morire. Gli ultimi due decessi in coincidenza dell’udienza del 30 marzo. I loro di nomi non compaiono da nessuna parte. Sembra non interessino a nessuno.
 
tratto da www.ilfattoquotidiano.it (20/04/2012)

venerdì 20 aprile 2012

pc 20 aprile - dai paesi baschi all'italia lo stesso stato di polizia


da infoaut
La Polizia Spagnola ha arrestato 14 persone, giovani studenti e lavoratori, accusandoli di violenze durante lo sciopero generale che il 29 marzo ha paralizzato i Paesi Baschi. Oggi e domani manifestazioni contro la repressione.
La vendetta dello Stato Spagnolo si è abbattuta in queste ore contro un gruppo di giovani e lavoratori colpevoli di aver partecipato attivamente al massiccio sciopero generale che lo scorso 29 marzo ha paralizzato tutta la Spagna e che nei Paesi Baschi ha avuto un'adesione impressionante, pressoché totale non solo nel settore pubblico ma anche in quello privato.
In una maxiretata ieri a polizia spagnola ha arrestato finora - il ministro degli Interni non scarta altre detenzioni - quattordici persone in alcuni quartieri di Iruña (Pamplona) con l'accusa di 'disordine pubblico' e 'danneggiamenti'. Di questi sette sono minorenni ed uno è stato arrestato addirittura mentre era a scuola, a lezione. Tutti gli arrestati sono stati condotti al commissariato di polizia di Chinchilla e interrogati. Con i 14 arresti di ieri il totale dei lavoratori e dei giovani detenuti in seguito alla mobilitazione generale del 29 marzo nelle sole province basche arriva così a 30, includendo coloro che sono stati bloccati durante la giornata di sciopero, due attivisti del sindacato LAB e due giovani di Lizarra arrestati due giorni dopo durante un'altra manifestazione.
Immediatamente in città e nelle altre località basche i sindacati e le organizzazioni della sinistra indipendentista hanno organizzato manifestazioni e presidi, ed altre sono state indette per oggi.
Ieri, quando è stata diffusa la notizia della retata in corso a Pamplona, i dirigenti dei sindacati LAB, ESK y CGT, i collettivi dei disoccupati, il movimento No Tav, gruppi ecologisti e numerosi consiglieri della sinistra indipendentista hanno convocato una manifestazione-conferenza stampa per denunciare il carattere politico della repressione contro i lavoratori e i giovani che difendono i propri diritti e il proprio futuro contro i tagli allo stato sociale e al lavoro imposti dal governo di Madrid. L'ultima vergognosa misura, varata proprio nelle ultime ore, è l'imposizione di un ticket sanitario anche ai pensionati per usufruire dei servizi medici, il famigerato 'copago'. Al termine della conferenza stampa i rappresentanti dei movimenti sociali, dei sindacati e dei partiti di sinistra sono andati a manifestare fuori dal commissariato dove erano stati condotti i giovani arrestati.
Domani invece a Bilbao una serie di associazioni e gruppi contro la repressione hanno indetto una manifestazione nazionale (basca) per dire stop all'uso delle pallottole di gomma da parte delle forze di sicurezza dopo che alcuni giorni fa una di queste, sparata da un agente della Polizia Autonoma Basca ha ucciso un giovane bilbaino, Inigo Cabacas, dopo una partita di calcio dell'Athletic. Ma già durante lo sciopero generale del 29 marzo la repressione dell'Ertzaintza contro i manifestanti era stata selvaggia, e un giovane manifestante, il 19enne Xuban Nafarrate, era stato colpito nel centro di Gasteiz prima con i manganelli e i calci di un fucile e poi un agente gli aveva sparato una pallottola di gomma da distanza ravvicinata, mandandolo in coma.
Intanto proprio ieri è iniziato il processo contro Oskar Cayón e Berta García, i due delegati di LAB arrestati due giorni dopo lo sciopero generale, mentre partecipavano ad un picchetto di lavoratori all'ingresso della sede della Confederazione degli Imprenditori della Navarra, durante il quale alcune scritte sono state tracciate sui muri dell'edificio. Normalmente a chi viene accusato di questo tipo di reati viene inviata una multa e non si ricorre al procedimento penale, ma in questo caso la sezione navarra dell'Audiencia Nacional - il tribunale speciale antiterrorismo - ha voluto fare un'eccezione. Trattamento speciale denunciato da un folto gruppo di delegati di LAB e di colleghi di lavoro dei due imputati che in contemporanea con l'udienza hanno manifestato davanti al tribunale del capoluogo navarro.

pc 20 aprile - Ancora sul corteo a Ravenna: la testimonianza di un operaio

Sono un operaio di 45 anni e vi scrivo perche' sono stato testimone di un episodio, a mio avviso sconcertante, avvenuto nella citta' di Ravenna, dove vivo.
Nel tardo pomeriggio di lunedi' 16 aprile, attraversando il centro storico, mi sono imbattuto in un amico, di cui conosco la ventennale attivita' come sindacalista indipendente, che assieme a numerose altre persone, stazionava in una via del centro.
Sono cosi' venuto a conoscenza dei motivi di tale assenbramento,che giustificava altresi' la presenza di numerosi esponenti delle forze dell'ordine.
Cio' avveniva in seguito ad un'annunciata manifestazione di -forza nuova-, la quale non era stata autorizzata e che di fatto non si e' tenuta.
E' invece successo che si e' creata una riunione spontanea di militanti antifascisti, intenzionati a contrastare tale evento.
Questo non mi ha per nulla stupito, essendo Ravenna una citta' con una lunga tradizione di sinistra;una citta' che ha pagato un altissimo tributo alla liberazione ed e' stata insignita della medaglia d'oro per la resistenza. Fatto questo, di cui molti cittadini come me vanno fieri.
Ma ci sono fatti piu' recenti che hanno turbato la vita cittadina e che sono costretto ad esporre brevemente al fine di rendere comprensibile il clima in cui ci troviamo.
Solo una settimana fa (la notte di pasqua),un ragazzo di 27 anni originario della Tunisia e' morto in seguito ad un tentato fermo di polizia a cui e' seguita la tentata fuga della vettura su cui il ragazzo viaggiava ed il conseguente inseguimento di una pattuglia di carabinieri, che hanno poi esploso una quindicina di colpi d'arma da fuoco.
Quello che noi ravennati abbiamo appreso dai giornali e' come i militari abbiano reagito alla vista di armi possedute dagli occupanti della vettura in fuga.
Ma c'e' anche la versione della comunita' tunisina, che afferma la non veridicita' di tale circostanza e che presenta la fuga dei giovani come una reazione spontanea alla paura, al timore di essere espulsi o perseguitati anche in seguito a piccole effrazioni.
Quello che sembrano volerci dire e' che il ragazzo ucciso e' l'ennesima vittima di un clima particolare alimentato da alcune leggi come la Bossi-Fini.
Sicuramente, negli anni passati, vi sono stati episodi di criminalita' in cui erano coinvolti anche cittadini immigrati, ma questo non puo' portare alla criminalizzazione di un' intera comunita' di lavoratori , in base alla loro provenienza.
Eppure si respira un clima di astio aperto nei confronti degli immigrati tutti.
Io sono ormai abituato, ogni qualvolta frequento un luogo pubblico, al lavoro come al bar , ad ascoltare pareri e giudizi ispirati ad un razzismo palese ed ostentato, mascherati da argomentazioni pragmatiche.
Ma torniamo al motivo della mia lettera. Questo gruppo di ragazzi (ai miei occhi tutti giovanissimi, a parte il mio amico coetaneo) nel momento in cui hanno realizzato non vi fosse presenza dei militanti di -forza nuova- , hanno deciso di riattraversare il centro in direzione della stazione,da dove originariamente provenivano.
Ma nel fare questo, hanno intonato slogan ed esposto uno striscione ovviamente preparato in precedenza,dando di fatto vita ad una, seppur piccola, manifestazione.
Non sia mai! La reazione delle forze dell'ordine e' stata massima e fulminea, neanche si fosse al cospetto di un temibile battaglione di hooligans.
Ho potuto osservare tutto cio' perfettamente in quanto le strade erano praticamente sgombre.
Tutto si e' svolto in quelle poche strade pedonali del centro che sono l'abituale passeggio fra le vetrine dei negozi.Un passeggio che si svolge in modo pressoche' rituale ogni fine settimana, ma che quel giorno e con la pioggia era inesistente.
Mi e' parso chiaro come i manifestanti non si aspettassero una reazione cosi' violenta.
E' pur vero che alcuni degli slogan scanditi erano rivolti alle forze dell'ordine e facevano diretto riferimento al ragazzo tunisino ucciso.
L'aver appellato i carabinieri come i responsabili di tale morte e' servito ai mezzi d'informazione locali per giustificare pienamente l'operato della polizia.
Ma quello che io ho visto si puo' dedurre anche leggendo codesti giornali , se si e' un po' attenti.
I ragazzi sono stati immediatamente circondati da un numero impressionante di poliziotti in assetto antisommossa con scudi e manganelli. E' difficile essere precisi, ma il rappoto pareva essere di almeno 3 agenti per ogni manifestante.
Si vedeva come il tutto fosse coordinato da altri agenti in borghese.
Quando i ragazzi hanno realizzato come non fosse possibile proseguire , hanno manifestato l'intenzione di porre fine ad ogni iniziativa ,anche se hanno tentato di difendere il diritto di manifestare. Hanno altresi' tentato di scioglire il corteo disperdendosi, ma non gli e' stato concesso.
Se l'intento era evitare che non si svolgesse una manifestazione non autorizzata, a questo punto era stato raggiunto.Ma non bastava. Ho visto i ragazzi quasi implorare di essere lasciati andare a casa e li ho visti piu' volte malmenati all'interno di un cerchio impenetrabile di celerini.
Ho visto gente intorno non capire un simile trattamento e giudicarlo eccessivo.
Ho visto alcuni turisti visibilmente turbati.
Probabilmente vengono da paesi dove non si trattano i manifestanti,pure privi di autorizzazione, come pericolosi criminali.
Quali reati sono stati commessi? E' stata forse rotta qualche vetrina?
Un padre dell'illuminismo era solito dire:-Odio cio' che dite, ma darei la vita perche' voi possiate dirlo- Al di la di come la pensiamo, non dovrebbe esistere il reato di opinione e di espressione;e non dovrebbe essere che la mancata autorizzazione fosse usata come suo succedaneo.
E se possiamo trovare naturale che ogni regime , anche democratico, difenda i propi funzionari,cio' che distingue uno stato di diritto,e' che neanche questi sono al di sopra delle leggi e delle opinioni.Qusto malgrado,ed anzi ancor piu', in quanto autorizzati eventualmente ad esercitare coercizione.
Inoltre questo avviene dopo che l'autorizzazione a manifestare e' stata ripetutamente negata.
Tranne che non si tratti di qualcosa di praticamente istituzionale, se piccoli gruppi (come i sostenitori NOTAV di Ravenna) o la comunita' tunisina chiedono tale autorizzazione, semplicemente non l'ottengono.
Il tempio e i suoi mercanti non vogliono noie.
Ed ancora: sappiamo dalla storia che quando le societa' entrano in crisi.la gente che sta male tende a veicolare le proprie frustrazioni verso capri espiatori.
Succede quindi che tutti i politici sono ladri,tutti i migranti sono feccia , tutti gli statali dei fannulloni, tutti i giovani dei drogati e via di seguito.
Ma succede anche che alcune persone,anche quando intendono la propria opposizione in modo radicale(antagonisti,anarchici,comunisti)vengono mossi da considerazioni di tipo etico,da quell'insieme di valori che sono anche alla base della nostra carta costituzionale.
I cosiddetti moderati dovrebbero sapere che se la democrazia involve ,se l'opinione pubblica si radicalizza,essi stessi ne fanno le spese.
Per questo rimango basito quando il sindaco Matteucci dice che ci sono comunita' che non vogliono integrarsi.
Se un sindaco del PD si esprime con lo stesso opportunismo di un leghista cosa ci resta?
E quando saranno scomparse quelle generazioni che continuano a votare il partito per religione o per rispetto della propria storia , chi altri vi votera'?
Per quanto riguarda gli slogan contro i carabinieri,malgrado semplificazioni e generalizzazioni non mi trovino daccordo,voglio anche ricordare che ultimamente abbiamo visto cose poco belle.
Abbiamo visto manifestanti massacrati, ragazzi pestati a morte per qualche spinello, ed esponenti dell'arma imputati in ogni tipo di processi. Senza peraltro che ci venisse consegnata una verita' processuale soddisfacente.
nella testa della gente la teoria delle mele marce comincia a non essere piu' compresa
Mi viene in mente chi si scandalizza per le magliette sul ministro Fornero
I nostri governanti non indossano magliette di cattivo gusto e preferiscono far vivere certe cose nella realta'
Mentre scrivo mi arriva la notizia che il nostro senato ha sancito la sua non competenza in materia economica, alterando la costituzione.
Come al solito si risponde alla crisi della democrazia limitandola.
Io credo che la situazione stia scappando di mano.
Sempre piu' vedo due parti divise: da una parte i governi, dall'altra le genti.

marco m. ravenna

pc 20 aprile - Dilagano omicidi/suicidi di immigrati nelle carceri di Stato

Trieste - Donna muore nella camera di sicurezza del commissariato
riceviamo e diffondiamo:

Lunedì 16 aprile a Opicina, paese nel comune di Trieste, una giovane donna Ucraina è morta nella cella di sicurezza del commissariato.
Un'altra storia di morte a Trieste dopo quella di Riccardo Rasman di qualche anno fa ucciso a sangue freddo in casa sua dalla polizia. Poliziotti che identificati sono stati condannati a sei mesi con la condizionale e mai sospesi dal lavoro.
A Trieste per strada e per i bar più volte si è sentito parlare di pestaggi e violenze perpretate dalla polizia e dai carabinieri nei riguardi di ragazzi ubriachi o persone indifese e isolate, alcuni ragazzi anche sistematicamente.
Questa storia, come tante fa acqua da tutte le parti, a noi non interessa ora raccontare il fatto in se perchè ci addollora tanto il silenzio inquietante che questa città per l'ennesima volta dimostra difronte alla violenza delle carceri e della polizia.

Pagheranno ogni violenza!
Morte allo Stato e tutti i suoi servi in divisa.

Anarchici Triestini


Articolo tratto dal quotidiano triestino Il Piccolo del 17 aprile

Una donna di 32 anni scarcerata sabato e in attesa di essere allontanata dall’Italia, è morta impiccata all’interno di una stanza del commissariato di Opicina. Alina Bonar Diachuk, cittadina ucraina ha tolto dalla sua felpa il cordino che regolava la tensione del cappuccio; lo ha annodato alla maniglia della finestra, ha passato il cappio attorno al collo e si è lasciata cadere a corpo morto sul pavimento.

Erano le 10.40 di ieri mattina. Un poliziotto dell’Immigrazione è entrato nella stanza, ha visto il corpo a terra e ha dato subito l’allarme. Era giunto lì per accompagnare la donna al Cie di Bologna. Fino a quel momento nessuno degli agenti presenti al commissariato aveva visto sul monitor del sistema di videosorveglianza il corpo della donna riverso sul pavimento. Alina Bonar Diachuk dava ancora qualche debole segno di vita. Gli uomini del “118” e alcuni agenti hanno tentato di rianimarla per 40 minuti. Ma non c’è stato nulla da fare. Subito dopo le stanze del commissariato si sono riempite di funzionari, investigatori e inquirenti. Tra i primi il pm Massimo De Bortoli, poi il medico legale Fulvio Costantinides e il vice capo della Mobile Leonardo Boido. Verso le 12 quest’ultimo ha informato l’avvocato Sergio Mameli, difensore della donna. Alina Bonar Diachuk era stata scarcerata sabato mattina, dopo 10 mesi di detenzione al Coroneo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il decreto era stato firmato dal giudice Laura Barresi subito dopo aver applicato la pena di quattro anni di carcere congiunti all’espulsione dall’Italia. Non esistevano più esigenze cautelari. Era stata arrestata nello scorso giugno a Gorizia con una ventina di altre persone al termine di una indagine coordinata dal pm Pietro Montrone. A metterla nei guai era stato un “bonifico” di 400 euro ricevuti, secondo l’accusa, per aiutare alcuni curdi irakeni a entrare in Italia. Al Coroneo aveva tentato di uccidersi, ma il suo stato di depressione non ha indotto nessuno ad adottare all’interno del commissariato adeguate misure di sorveglianza. Ora il pm Massimo De Bortoli sta cercando di capire se la giovane donna sia stata indotta a compiere quel gesto dopo aver saputo che di lì a poco sarebbe stata rispedita coattivamente in Ucraina, quando al contrario i suoi cari vivono in Italia, a Milano.

«Avevo parlato con Alina domenica alle 10» racconta disperato il marito della cugina che ieri si è messo in contatato con “Il Piccolo”. Aggiunge: «Lei era già al commissariato. Mi aveva detto che stava male e che non capiva perché l’avevano portata lì. Credeva di poter tornare a Milano, voleva andare in stazione e prendere un treno. Ho chiamato l’avvocato che nominerà un perito di parte per asssietre all’autopsia. Alina, prima dell’arresto, era spesso a casa nostra e stava con i miei bambini. In carcere si era depressa e aveva anche tentato il suicidio tagliandosi i polsi. Mi domando perché non sia stata sorvegliata in commissariato. Chiedo che venga individuato un responsabile. Bisogna fare chiarezza. Non è possibile morire in un posto di polizia».

«È un episodio doloroso sul quale indagherà il magistrato che ha delegato gli investigatori della Mobile a effettuare tutti gli accertamenti», afferma il questore Giuseppe Padulano. Continua: «Abbiamo posto a disposizione del magistrato le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza. Era una persona nei cui confronti era stato adottato un provvedimento di tipo amministrativo. Le è stata revocata l’applicazione della misura cautelare dopo il patteggiamento. Ora attendo i rapporti interni per capire esattamente come si sono svolti i fatti».

Gio, 19/04/2012

pc 20 aprile - Da Ravenna a Torino - Corteo per Hamid e per tutti gli immigrati uccisi e repressi dallo Stato


da macerie

Torino

Questa mattina un piccolo corteo improvvisato ha percorso le strade di Porta Palazzo, tutto intorno al mercato. Una cinquantina di persone tra compagni e gente del quartiere conosciuta durante le lotte che piano piano si stanno costruendo in zona. Tutti ad urlare: «Carabinieri assassini!».

Al megafono si racconta la storia di Hamdi Ben Hassen, il ragazzo tunisino crivellato di colpi la notte di Pasqua colpevole di non essersi fermato ad un posto di blocco dei Carabinieri nei pressi di Ravenna. Un nome in più nella lista impressionante di morti che negli ultimi anni i tutori dell’ordine hanno scritto nelle strade, nelle carceri o nelle caserme di tutta Italia. Un nome che, per una volta, lega a sé pure un tentativo di riscossa, giacché per due volte in pochi giorni i parenti e gli amici di Hamdi hanno bloccato Ravenna per urlare la propria rabbia - e non solo il proprio dolore.

Un altro nome, pronunciato durante la mattinata a Porta Palazzo: quello di Hicham, senza-documenti che dal Cie di corso Brunelleschi è stato portato alle Vallette poco più di un mese fa, accusato di aver cercato di fuggire durante un trasferimento verso l’ospedale. È dal giorno del suo arresto, trentaquattro giorni fa, che è in sciopero della fame. Chi lo ha visto in sezione ci ha riferito che è allo stremo. Su di lui e sulla sua storia, prestissimo, vi daremo maggiori aggiornamenti.

pc 20 aprile - Rappreseglia di stato contro i ribelli

Scontri a roma: blitz ros-digos, arresti e perquisizioni
Nell'ambito dell'inchiesta sugli incidenti avvenuti nella capitale nel 15 ottobre scorso
20 aprile, 08:29
ROMA  - Blitz del Ros e della Digos, con arresti e perquisizioni, nell'ambito dell'inchiesta sugli scontri avvenuti durante la manifestazione di Roma del 15 ottobre scorso. Le misure cautelari - 7 arresti domiciliari e 6 obblighi di dimora, oltre a 14 perquisizioni - sono in corso a Roma, Teramo, Ancona, Civitanova Marche, Padova e Cosenza.
Le indagini - nei confronti di persone accusate dei gravi episodi di devastazione, saccheggio e resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale - sono state coordinate dal pool antiterrorismo della Procura di Roma e sono state condotte in stretta collaborazione dal ROS e dalla DIGOS di Roma, che negli ultimi mesi sono riusciti a identificare i soggetti che si erano resi responsabili di gravi violenze, devastando numerosi istituti bancari, esercizi commerciali, Uffici del Ministero della Difesa, oltre ad avere incendiato numerose autovetture e un blindato dell'Arma dei Carabinieri. Le indagini sono state sviluppate nei confronti di soggetti inseriti all'interno dell'area antagonista e anarchica nazionale, nonché in direzione di alcune componenti provenienti dalle tifoserie ultras. Tra queste emergeva un gruppo proveniente dalla provincia di Teramo, all'interno del quale erano inseriti esponenti dell'area antagonista e di "azione antifascista Teramo", resisi responsabili di più azioni criminose lungo lo svolgimento del corteo e in particolare dell'assalto e dell'incendio al furgone blindato dell'Arma dei Carabinieri.

L'operazione ha riguardato l'esecuzione di: -5 misure cautelari a Roma (2 arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla PG); -4 misure degli arresti domiciliari a Teramo e provincia, nei confronti di esponenti di "azione antifascista Teramo" e delle locali frange violente delle tifoserie; -1 misura degli arresti domiciliari ad Ancona; -3 misure dell'obbligo di presentazione alla PG in Padova, Cosenza e Macerata, nonché 14 decreti di perquisizione locale e personale nelle medesime località. All'esecuzione dei provvedimenti fuori provincia hanno partecipato le locali articolazioni della DIGOS e del ROS. La conferenza stampa si terrà alle ore 10.00 presso la Procura della Repubblica di Roma.
20 aprile, 08:29
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

giovedì 19 aprile 2012

pc 20 aprile - Verità e giustizia per Michele


Morì durante l'arresto: "Era inerme
i poliziotti lo colpirono a più riprese"

A Milano chiuse le indagini sulla morte di Michele Ferrulli per arresto cardiaco. Il pm accusa
quattro agenti: lo colpirono "ripetutamente" anche "con corpi contundenti" mentre era a terra

Il giorno dopo la morte di Michele Ferrulli per arresto cardiaco mentre veniva ammanettato i quattro poliziotti intervenuti quella sera scrissero nella loro annotazione che nel tentativo di bloccarlo erano caduti "a terra" assieme a lui e che avevano poi cercato "di riportarlo in una posizione a lui più comoda". Tutte circostanze "false", secondo la Procura di Milano, perché i poliziotti, quando l'uomo "si trovava a terra in posizione prona, era immobilizzato e invocava aiuto, lo colpivano ripetutamente anche con l'uso di corpi contundenti".
Il pubblico ministero Gaetano Ruta ha notificato l'avviso di chiusura delle indagini a carico dei quattro agenti con l'accusa di omicidio colposo per aver "ecceduto i limiti del legittimo intervento", concorrendo "a determinare il decesso" dell' uomo, dovuto, fra le altre cose, "alle

percosse". La chiusura dell'inchiesta nei confronti dei giovani agenti Francesco Ercoli, Michele Lucchetti, Roberto Stefano Piva, Sebastiano Cannizzo - inizialmente accusati di omicidio preterintenzionale, con il reato poi derubricato in colposo - prelude alla richiesta di processo, che dovrà poi essere valutata dal gup.
Quella sera del 30 giugno scorso, Ferrulli, 51 anni, che lavorava come manovale e facchino e con alle spalle precedenti penali anche per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, si trovava in via Varsavia, alla periferia sud-est di Milano, fuori da un bar assieme a due romeni. Da una casa vicina erano arrivate lamentele per i continui schiamazzi in strada e per questo in zona era intervenuta una volante della polizia. L'uomo, stando a quanto era stato riferito in questura la mattina seguente, era ubriaco, "aggressivo e ostile". Dopo aver minacciato a parole i poliziotti, Ferrulli, aveva spiegato ancora la questura, improvvisamente aveva cercato di colpire un agente, ma era stato fermato dall'altro. Ne era seguita una colluttazione, lunga e ripresa anche in un filmato realizzato con un telefonino e finito agli atti dell' indagine.
Per seguire il procedimento i familiari di Ferrulli si sono rivolti, all'avvocato Fabio Anselmo, lo stesso legale di parte civile nel caso di Stefano Cucchi - il giovane morto il 22 ottobre 2009 in ospedale, una settimana dopo un fermo per droga - e in quello di Giuseppe Uva, artigiano di Varese deceduto nel giugno 2008 dopo aver trascorso una notte nella caserma dei carabinieri, che lo avevano fermato ubriaco per strada. Nell'atto di chiusura delle indagini sulla morte di Ferrulli, il pm scrive che i quattro agenti "in cooperazione tra loro" avrebbero causato "la morte dell'uomo".
I poliziotti, secondo il pm, avrebbero agito "con negligenza, imprudenza e imperizia consistite nell'ingaggiare una colluttazione eccedendo i limiti del legittimo intervento percuotendo ripetutamente" Ferrulli "in diverse parti del corpo pur essendo in evidente superiorità numerica". Avrebbero continuato "a colpirlo anche attraverso l'uso di corpi contundenti quando" era immobilizzato "a terra in posizione prona". Tutto ciò anche se Ferrulli "non era in grado di reagire e invocava aiuto". I quattro, i quali avrebbero quindi concorso a determinare "il decesso" (che ha avuto come concause anche lo "stress emotivo del contenimento" e le "percosse) sono accusati anche di falso, proprio in relazione alla "annotazione" sull'intervento di quella sera.

(19 aprile 2012) © Riproduzione riservata