sabato 17 marzo 2012

Le bestie assassine USA: hanno massacrato e stuprato per rappresaglia!

Sabato 17 Marzo 2012
Afghnaistan. Il militare Usa prima di uccidere stuprò due sue vittime. Forse non è il solo autore


KABUL - Prima di ucciderle le avrebbe stuprate. Il sergente americano Robert Bales, che la scorsa domenica ha ucciso 17 civili nella provincia di Kandahar, avrebbe anche violentato due donne tra le vittime del massacro.
Lo rivela un'indagine svolta da una commissione afghana di alto livello. A fornire l'identità del soldato le autorità militari Usa dopo aver completato il suo trasferimento nella prigione militare di Fort Leavenworth, nello Stato americano del Kansas.

Inoltre c'è un altro particolare emerso che potrebbe cambiare la dinamica della strage. Infatti, nonostante la versione ufficiale attribuisca la sparatoria al sergente Robert Bales, testimonianze diverse raccolte nel distretto di Panjwaik scrive l'agenzia Pajhwok, assicurano che nell'operazione sono intervenuti vari soldati americani. Il risultato dell'inchiesta, svolta da una delegazione di deputati e da funzionari governativi è stato illustrato oggi in una sessione generale del Parlamento. Dopo aver confermato il rogo di vari cadaveri, il deputato Hamidzai Lali ha riferito che secondo testimonianze prima di usare le armi alcuni militari americani hanno catturato due donne, le hanno violentato e poi uccise a colpi d'arma da fuoco. Un altro membro della delegazione, Shakiba Hashami, ha sostenuto che fra 15 e 20 soldati statunitensi hanno partecipato alle uccisioni e che sul cielo del villaggio di Zangabad hanno a lungo volteggiato elicotteri militari. La stessa Hashami ha detto, citando testimonianze di residenti, che prima della tragedia di domenica c'era stato un attentato contro le truppe straniere che avevano giurato di volersi vendicare. Ieri lo stesso presidente Hamid Karzai ha fatto sua la tesi della possibilità che il sergente americano arrestato non abbia agito da solo ed ha incaricato il capo dell'esercito afghano, generale Sher Mohammed Karimi, di rappresentare alla controparte Usa la forte preoccupazione di Kabul per questa ipotesi.

L'ammucchiata si tav: Pd e Pdl si mettono nella stessa lista

Con anche l'Udc. Ad Avigliana (Torino), il paese di Fassino

di Francesco Stammati

Ad Avigliana (Torino), l'ultimo comune della Val di Susa prima della grande pianura piemontese, con la Tav s'era visto politicamente di tutto ma certo a Pdl e Pd alleati non era preparato nessuno.

E addirittura in una città che ha dato i natali a Piero Fassino che, prima di fare il sindaco di Torino, è stato anche segretario dei Democratici di sinistra.

Avigliana, 12mila abitanti, è stata politicamente sconvolta dall'arrivo (prossimo venturo) dei treni veloci, tanto da avere una sindaca piddina, Carla Mattioli che è finita a fare la pasionaria dei NoTav.


Ciò ha prodotto il convergere di partiti così diversi sulla candidatura di Aristide Sada alle prossime comunali di maggio che, come ha spiegato ieri la cronaca torinese de La Stampa, correrà da sindaco sotto le insegne della «Grande Avigliana». Un cartello su cui conta di far confluire i voti di bersaniani, berlusconiani e casiniani, in nome dello sviluppo che risorse e opere di compensazione dei treni veloci porteranno.

Sada è figlio di Gioacchino, ex-partigiano, e tesoriere del Pci, grande amico di Eugenio Fassino, padre del sindaco torinese. Una storia comunista da usare quasi come una barricata contro i molti, tanti piddini che sui treni veloci voluti dal partito torinese, hanno scelto una dissidenza sempre più attiva, fino all'unione di fatto con vendoliani d'ogni sorta.

Piddini come la Mattioli appunto, che non può fare il sindaco perché ha alle spalle due mandati, ma che è attivissima nella lista «Avigliana città aperta», crogiuolo di NoTav di varia estrazione, grillini, rappresentanti dell'associazionismo anche se, tutte queste sigle sono ufficialmente bandite.

Compatti dietro l'ex-comunista Sada junior e contro la ex-comunista Mattioli, Pdl e Udc aviglianesi vanno a realizzare quella coalizione sinistra-destra che, per ora, esiste (ma a giorni alterni) in Parlamento, a sostegno del governo Monti. Per sconfiggere la tradizione politica e il radicamento di Sada, che è stato a lungo amatissimo presidente della ProLoco, la Mattioli, transfuga ideale (la tessera Pd se la tiene bene in tasca), sta cercando un candidato giovane e autorevole anche se, come da statuto, il raggruppamento deciderà in maniera democratica, con primarie «un colpo e via», da effettuare in un'assemblea cittadina.

In lizza alcuni assessori dell'attuale giunta di centrosinistra, fra cui Rino Marceca, che è anche il vice alla Comunità montana della Val di Susa di Sandro Plano, ex-Dc e ora piddino, il volto pubblico dell'opposizione ai supertreni.

CMC, la stessa in Brasile, Laos, Val Susa



In Laos la CMC ha costruito a suo tempo una diga sul fiume Nam Theun, il più grande afffluente del Mekong, che ha allagato un’area pari a una volta e mezza il lago di Garda, e obbligato il trasferimento coatto di 6.200 persone (in maggioranza minoranze etniche), anche con l’aiuto dell’esercito; creato gravi difficoltà per i 70.000 abitanti dei villaggi situati a valle della stessa e stravolto un intero ecosistema.

Genererà corrente elettrica per 1070 Megawatt destinati al mercato thailandese, triplicando così le esportazioni di energia del Laos. Per gli interessi di una ristrettissima “cricca” del regime laotiano che ha in mano il business energia.

E’ sempre la stessa CMC, già in lista in Val di Susa per la costruzione della galleria della TAV. Stessi protagonisti, stessi problemi per le popolazioni e i territori, “colonizzati” dai “nuovi imperialisti” !

Fornero tira dritto: riforma necessaria dopo le pensioni

La nuova riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, «imprescindibile dopo la riforma delle pensioni», serve a liberare energie positive ma da sola non basterà per la crescita del Paese. Per far tornare l'economia italiana sulla strada dello sviluppo non basta combattere la precarietà e l'esclusione, deve aumentare stabilmente l'occupazione di qualità e la produttività di tutti i fattori, perché sono queste le uniche leve su cui si può contare in un Paese penalizzato da una transizione demografica più intesa rispetto a quella degli altri partner europei.

Ieri Elsa Fornero ha parlato dell'importanza strategica della riforma su cui è impegnata ormai da mesi in termini generali e in un'occasione particolarissima, la sesta edizione della cerimonia per il Premio Marco Biagi, organizzata dal Resto del Carlino a Bologna in coincidenza con il decennale dell'assassinio del giuslavorista autore del Libro Bianco da cui è scaturita la legge 30 del 2003. Chiamando in causa il professore ucciso da un commando Br il 19 marzo 2002, il ministro s'è detta convinta che in questa riforma «non c'è un'assenza di Marco Biagi, anzi c'é continuità in molti aspetti, gli stessi che noi cerchiamo di portare negli accordi coi sindacati». L'auspicio, in queste ultime fasi della trattativa, è che prevalga la concordia: «vogliamo andare ad un accordo che superi le divisioni e le impostazioni un pò ideologiche», ha aggiunto Fornero, sapendo che in questo momento esistono le circostante favorevoli per una riforma di ampia portata. Se ne riparlerà oggi a Milano, nel corso di un incontro informale con tutte le rappresentanze delle parti sociali.

Ieri il ministro ha anche messo in guardia sul carico eccessivo di aspettative che si sono cumulate nelle ultime settimane: «quasi che la riforma fosse la soluzione taumaturgica di ogni male, la medicina risolutiva». I nostri «mali italiani sono profondi – ha poi aggiunto – e hanno bisogno di medicine diverse e a diverso grado di contrasto della malattia». Tra i diversi capitoli della riforma Fornero ha scelto la nuova Assicurazione sociale per l'impiego (Aspi), l'ammortizzatore universale contro il rischio disoccupazione, per descrivere come grazie a strumenti come questo si possa uscire da uno schema di regole «che oggi non tutela i lavoratore ma spesso, come nel caso della mobilità, lo tiene legato a un'impresa in crisi che non ha più futuro».

Poi, rivolgendosi al presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, che è anche il numero uno della Conferenza delle Regioni, il ministro ha chiesto il massimo sforzo per l'adeguamento di tutta la struttura delle politiche attive per il lavoro e anche delle nuove regole dell'apprendistato, sui cui è in corso la definizione delle offerte formative previste dal nuovo Testo unico approvato con il decreto legislativo dell'anno scorso.

Le Regioni sono impegnate in questo sforzo per un riformismo non generico «ma coraggioso e responsabile», ha risposto Errani aggiungendo che «il cambiamento in questo Paese riguarda tutti, e nessuno può dire di averlo già fatto. Lei sa - ha chiarito rivolgendosi alla Fornero - di poter contare su questo sforzo». Ec rispetto all'appello alla concordia lanciato precedentemente dal ministro del Lavoro, Errani ha ribadito: «È arrivato davvero il momento della concordia, di uscire tutti insieme dal '900 ed entrare nel nuovo secolo».


Licenziamenti: le regole attuali e le modifiche


DISCRIMINAZIONI

COME È OGGI

Tutele alle idee dentro e fuori l'ambiente di lavoro

Secondo lo Statuto dei lavoratori è nullo qualsiasi atto o patto diretto a «licenziare un lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero», nonché sono nulli i licenziamenti attuati «a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua e di sesso». Il lavoratore può scegliere l'indennizzo o il reintegro

COSA CAMBIERÀ

Anche dopo la riforma non ci saranno modifiche

Durante le trattative tra governo, imprenditori e sindacati, questo punto non è stato messo in discussione. «La reintegra serve per i licenziamenti discriminatori, in tutti gli altri casi ci vuole un indennizzo», ha detto la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. I licenziamenti discriminatori non saranno consentiti e sarà sempre previsto il reintegro in azienda



MOTIVI DISCIPLINARI

COME È OGGI

Se non ci sono violazioni gravi scatta l'obbligo di reintegro

Nel caso in cui il dipendente abbia commesso abusi e delle inadempienze particolarmente gravi o dei reati, il datore di lavoro lo può licenziare «con giusta causa». I fatti, tuttavia, vanno individuati in modo preciso e l'addebito va contestato il prima possibile. Se il giudice accerta l'illegittimità del provvedimento, attualmente scatta il reintegro

COSA CAMBIERÀ

Al giudice la scelta tra reintegro ed equo indennizzo

Nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo, legato cioè a motivi disciplinari, si lascia al giudice la scelta tra il reintegro o l'equo indennizzo. Questo cambiamento è però contestato dalla Cgil, che vorrebbe mantenere l'obbligo di reintegro. Mentre Confindustria spinge per limitare quest'ultimo solo ai casi eccezionalmente gravi



CRISI AZIENDALI

COME È OGGI

Riassunzione se la ragione economica non è fondata

Se si verificano, per esempio, la chiusura di una attività produttiva o l'introduzione di nuovi macchinari che necessitano di minori interventi umani, il datore di lavoro può chiedere il licenziamento del dipendente interessato. Se tuttavia il lavoratore ricorre al giudice e questo verifica che la ragione del licenziamento non c'è, si precede al reintegro

COSA CAMBIERÀ

Solo un indennizzo economico se la misura è illegittima

Quando il giudice accerta che un licenziamento di un dipendente è avvenuto da parte del datore di lavoro senza giustificato motivo oggettivo – cioè senza i cosiddetti motivi economici, legati a ragioni organizzative o produttive dell'azienda – è previsto solo un indennizzo economico. Su questo aspetto la Cgil ha mostrato meno resistenze


Ecco come cambierà l'articolo 18


Davide Colombo


Confronto fino all'ultimo minuto, mediazione laddove possibile. Ma nessun passo indietro sull'impianto d'insieme della riforma. Il Governo intende difendere in sede di trattativa finale tutti i punti di «equilibrio più avanzato» che sono stati raggiunti sia sulla flessibilità in ingresso sia sul ridisegno delle regole per il licenziamento sia sul nuovo sistema degli ammortizzatori sociali.

Per l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori lo schema d'intervento viene giudicato adeguato e ragionevole, inimmaginabile solo un mese fa. Secondo i tecnici più vicini al ministro Fornero e al presidente del Consiglio, Mario Monti, il tabù è rotto. E la soluzione trovata, così vicina al modello tedesco, verrà difesa nonostante le forti perplessità di parte del sindacato. Nessun cambiamento delle tutele contro i licenziamenti nulli o discriminatori, affidamento al giudice della scelta tra reintegro e indennizzo nel caso dei licenziamenti disciplinari (senza giusta causa e giustificato motivo soggettivo) e ipotesi di indennizzo con un tetto, tra i 20 e 24 mensilità, nei casi di licenziamenti per motivi economici. A questo schema verrà affiancato l'impegno concreto a intervenire per rendere più brevi (e certi) i tempi di una causa da lavoro.

Fermezza anche sulla scelta di rendere più onerosi i contratti a tempo determinato, con l'aliquota aggiuntiva dell'1,4% per finanziare l'Assicurazione sociale per l'impiego (Aspi), anche se su questo punto è aperta una riflessione sulle imprese minori, per le quali i maggiori oneri contributivi potrebbero trovare una forma di compensazione. La «flessibilità cattiva», come è stata iconizzata fin dall'inizio di questa lunga concertazione, dev'essere combattuta sia facendo pagare un po' di più questi contratti a termine (fatti salvi i casi dei contratti stagionali) sia con i maggiori controlli introdotti con i nuovi obblighi di comunicazione amministrativa in caso di rinnovo o cambiamento delle clausole del contratto e con i nuovi vincoli sui rinnovi. E fermezza anche sulle false partite Iva, dietro le quali si nasconde il precariato più disagiato. Nel caso il rapporto di lavoro con lo stesso committente abbia una durata superiore a sei mesi l'anno e se il lavoratore ottiene il 75% dei propri corrispettivi da questo rapporto e se, ancora, la posizione di lavoro è presso lo stesso committente, allora scatterà (salvo prova contraria) la presunta subordinazione e la sanzione.

L'apprendistato deve essere il contratto d'ingresso tipico per i giovani, e agli apprendisti ora viene estesa la protezione dell'Aspi in caso di perdita del lavoro. Ma le aziende potranno assumere più apprendisti solo quando dimostreranno che ne hanno «stabilizzati» un certo numero nel passato recente; perché non si deve più abusare di un contratto i cui sgravi contributivi valgono da soli quasi il 40% della spesa totale per le politiche attive per il lavoro.

Il ragionamento sui contratti d'ingresso che si ripete nelle stanze del Governo non cambia: in Europa ci chiedono quanti contratti non standard sono stati cancellati e la risposta è nessuno perché tutti hanno una loro ragion d'essere. Per questo bisogna vigilare perché non se ne faccia più un uso scorretto.

Infine i nuovi ammortizzatori sociali. In attesa dell'indicazione delle risorse (e delle loro fonti di finanziamento strutturale) che il Governo è pronto a mettere in campo, si conferma la forza del nuovo sussidio «universale» disegnato per assicurare la tutela dal rischio disoccupazione del maggior numero possibile di lavoratori.

Il giorno dopo il vertice politico a Palazzo Chigi con i segretari di Pdl, Pd e Udc, ai quali non sono stati solo illustrati i contenuti della riforma ma se ne è discusso il merito, il ministro Elsa Fornero rispetta la consegna del silenzio sui contenuti di tutti i dossier. Silenzio anche davanti al comunicato unitario di tutte le organizzazioni produttive che premono per ottenere modifiche. Sul merito dei vari capitoli della riforma si tornerà a discutere oggi a Milano, dove il ministro e il presidente del Consiglio parteciperanno alla seconda giornata del Convegno «cambia Italia», organizzato da Confindustria. All'assise ci sono i rappresentanti di tutte le parti sociali che partecipano al tavolo negoziale. Un'occasione per un nuovo scambio di vedute informale prima della convocazione di martedì prossimo a Palazzo Chigi. Sarà questa la sede in cui «si tireranno le somme del lavoro fatto» per capire se sarà possibile l'accordo cui punta in Governo. Il giorno dopo seguirà il direttivo convocato dalla Cgil.


17 marzo 2012 sole24ore

Cinque poliziotti arrestati, “nessuno scandalo”



Coordinamento Migranti, Laboratorio On The Move, Migranda, Scuola di italiano con migranti – Xm24 e associazione Al Sirat sugli agenti della Questura di Bologna recentemente arrestati per rapina e concussione sessuale.

16 marzo 2012
I fatti accaduti recentemente a Bologna [1-2], con ben cinque poliziotti arrestati, quattro per rapina ai danni di migranti irregolari, e uno per concussione sessuale ai danni di diverse donne migranti, hanno innescato l’ennesima pruderie giornalistica, alla ricerca della vittima e della storia esemplare da raccontare. Certo, la notizia fa scalpore. Ci pare che ciò serva a riprodurre per l’ennesima volta l’immagine della mela marcia, per cui ogni volta che succede qualsiasi cosa che coinvolge organi dello Stato, subito ci si affretta a trovare lo scandalo, indicare i colpevoli, per far sì che nulla cambi. Vorremmo allora chiarire alcune cose: non c’è nessuno scandalo in quanto sta accadendo, almeno che le anime belle non pensino che possano esistere leggi come la Bossi-Fini e luoghi come i CIE e poi tutto funzioni civilmente. Lo scorso anno, il 25 giugno, denunciammo ancora una volta l’arbitrio amministrativo prodotto dalla legge Bossi-Fini e dall’insieme delle norme che pretendono di regolare le vite dei migranti, chiamandolo razzismo istituzionale. Il 25 giugno decine di migranti, protagonisti di tante lotte in questi anni, organizzarono un presidio e pretesero di incontrare i vertici degli stessi uffici cui appartengono alcune delle persone arrestate. Allora denunciavamo comportamenti spesso fuori luogo, arroganti e maleducati nei confronti dei e delle migranti, trattati come bambini da funzionari che a volte non sanno nemmeno cosa devono fare. Allora come oggi, vogliamo ribadire che finché si inseguiranno le mele marce, nulla cambierà. La mela marcia si chiama Bossi-Fini, come dimostrano altri casi che accadono quotidianamente e che producono ogni volta un nuovo scandalo. Come Andrea e Senad, i due ragazzi rinchiusi nel CIE di Modena, nati e cresciuti in Italia ma stranieri a casa propria a causa delle norme sulla cittadinanza. Quelle stesse norme che il primo marzo in centinaia a Bologna abbiamo detto che devono cambiare, garantendo a tutti i figli di migranti una cittadinanza immediata e senza condizioni. Non ci interessano nuove condizioni, magari più favorevoli, come vorrebbero alcune campagne attualmente in atto. Non sono queste condizioni che permettono alle mele marce di ricattare doppiamente i migranti e tre volte le donne migranti? Non è la condizione di clandestinità che permette ad altre mele marce di derubare migranti sapendo che una denuncia può comportare la reclusione nei CIE? Non è la stessa condizione che impedisce a tante donne come Adama di denunciare i loro stupratori? Noi ci chiediamo dov’è lo scandalo di fronte a questi episodi, se non nell’esistenza di luoghi nei quali, lo ripetiamo dal momento che ogni volta pare che non si sappia, uomini e donne innocenti sono rinchiusi per un solo motivo: non avere un titolo di soggiorno valido. Non è scandaloso che un datore di lavoro ricatti un lavoratore migrante, se esiste un contratto di soggiorno che, legando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, gli attribuisce questo potere.

Ci sono leggi che danno ad alcuni il potere di ricattare altri. Contro queste noi ci battiamo e continueremo a farlo. Agli altri lasciamo lo scandalo.

Coordinamento Migranti Bologna e Provincia
Laboratorio On The Move
Migranda
Scuola di italiano con migranti – Xm24
Associazione Al Sirat

120 immigrati a Ponte Galeria protestano per la morte di di Abdou ucciso dal Cie

Dentro i cie si muore, a volte si muore anche dopo esserne usciti, per le cicatrici indelebili lasciate da un luogo in cui regna la violenza di Stato


ROMA - Da ieri circa 120 ospiti maghrebini del CIE di Ponte Galeria hanno iniziato lo sciopero della fame per denunciare la morte, per suicidio, di un ex ospite del Centro, un egiziano di 30 anni. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni


Secondo i collaboratori del Garante - che hanno ascoltato quanti stanno manifestando in queste ore - la protesta è stata organizzata per denunciare le circostanze che hanno portato il cittadino egiziano a togliersi la vita.

La vittima, l’egiziano Abdou Said, era giunto in Italia, a Lampedusa, lo scorso luglio e da qui era stato trasferito al CIE di Ponte Galeria. A settembre l’uomo avrebbe tentato, con molti altri, la fuga, ma sarebbe stato ripreso quasi immediatamente dalla forze dell’ordine. Secondo gli ospiti del CIE, l’egiziano sarebbe stato riportato al Centro con evidenti segni di percosse sul corpo e, dopo questo episodio, avrebbe progressivamente perso il controllo fino a dover essere curato, per mesi, con psicofarmaci.

Uscito dal CIE alla fine di febbraio con il decreto di espulsione, Abdou Said, ha trovato alloggio a Roma, nell’abitazione di un amico. Il 9 marzo scorso l’uomo si è prima ferito con una lametta, quindi si è tolto la vita gettandosi da una finestra.

Quando la notizia della morte di Abdou Said è arrivata all’interno del Centro, immediatamente è scattata la protesta.

Attualmente la salma è custodita all’obitorio del Policlinico Umberto I perché in Italia non vi sono parenti in grado di identificarlo. L’unico congiunto in grado di farlo è un fratello anch’egli ospitato nel CIE di Ponte Galeria che solo questa mattina è uscito dal Centro.

«Ormai da mesi denunciamo le precarie condizioni di vita all’interno del CIE di Ponte Galeria - ha detto il Garante dei Detenuti Angiolo Marroni -. Una situazione estremamente complessa e precaria dove basta poco per scatenare la miccia della protesta e della contestazione. In questo quadro, giudico grave e inquietante la vicenda denunciata in queste ore dagli ospiti del Centro. Una situazione sulla quale invito le autorità a fare immediata chiarezza, per rispetto della memoria della persona deceduta, è dell’onorabilità di quanti lavorano con coscienza e dedizione per garantire la sicurezza e condizioni di vita più umane nel CIE di Ponte Galeria».

Noi e i compagni in carcere. Presentazione di una campagna di lotta


Venerdì 16 Marzo 2012


La determinazione dei detenuti No Tav presso il carcere delle Vallette, che hanno organizzato delle proteste e proposto delle rivendicazioni in quell’istituto, ha portato alla loro dispersione, e questa dispersione ha oggi dei preoccupanti sviluppi. Se già gli arresti sono stati una forma scandalosa di intimidazione e violenza nei confronti del movimento, il trattamento che i compagni stanno subendo in carcere chiama alla nostra mobilitazione e al nostro sostegno attraverso campagne di solidarietà che raccolgano gli inviti alla solidarietà che arrivano direttamente da dentro le carceri. Nel testo che segue vogliamo spiegare, in sintesi, quale situazione si trova a vivere Giorgio, detenuto nel carcere di Saluzzo, e proporre una campagna di denuncia del trattamento cui sono sottoposti i 12 detenuti della sezione "ISOL". Pubblichiamo oggi su Infoaut, inoltre, un documento importante. Si tratta di un comunicato scritto e firmato da tutti i detenuti della sua sezione. I prigionieri chiedono ai movimenti di prendere parola sulle disumane condizioni di vita nelle carceri e su alcune aberrazioni disciplinari che riguardano il carcere dove sono rinchiusi.

La lotta dei compagni alle Vallette

Cinque detenuti No Tav avevano iniziato, a fine gennaio, una serie di proteste all’interno della prigione torinese. Queste proteste erano relative ad una serie di abusi, scandalosi e non ammessi sul piano giuridico, operati dalle guardie carcerarie nei loro confronti e nei confronti di tutti i detenuti (annullamento dell’ora d’aria, restrizioni delle ore di socialità e di altri spazi di agibilità). La protesta era consistita nel semplice rifiuto passivo a rientrare nella propria cella al termine dell’ora di socialità, ed era stata protratta più volte, anche in concomitanza con il concerto di Militant A fuori dal carcere.

Immediatamente il sindacato delle guardie carcerarie aveva chiesto il trasferimento dei compagni, e il direttore Buffa (d’accordo con il Procuratore Caselli) aveva disposto la dispersione dei prigionieri No Tav nelle carceri piemontesi. Ad oggi, visto che Jacopo e Tobia sono ai domiciliari, restano reclusi Giorgo a Saluzzo, Mambo ad Alessandria e Luca ad Ivrea. Particolare attenzione merita la situazione di Giorgio, accusato dal direttore delle Vallette, e poi da quello del carcere di Saluzzo, di essere l’“ispiratore” delle proteste di queste settimane. Arrivato a Saluzzo è stato qualificato come “detenuto pericoloso” e condotto nella sezione “ISOL” della prigione. Dopo pochi giorni la direzione del carcere lo ha convocato e, nel giro di venti minuti, sottoposto a un ridicolo procedimento disciplinare, al termine del quale è stato condannato a quindici giorni di isolamento totale.

Saluzzo: un regime anomalo di isolamento

La sezione “ISOL” del carcere di Saluzzo non è considerata dalla direzione un luogo di punizione. È il luogo dove sono condotti tutti coloro che non hanno una pena definitiva e sono, anzi, semplicemente indagati o in attesa di giudizio. Eppure questa sezione presenta tutti i caratteri dell’isolamento: non esiste un cortile per l’ora d’aria collettiva, e per ogni cella c’è un cortile di 8 m. per 2 m. circondato da alte mura, che lo separano da quelli delle celle limitrofe: nelle rare occasioni in cui l’aria è concessa (circa una volta al mese) i prigionieri sono separati e obbligati a sostare immobili in spazi senza luce, senza poter vedere gli altri detenuti. L’unica occasione, per loro, di vedere qualcuno è la Messa della domenica. Nella sezione “ISOL”, inoltre, avvengono intimidazioni continue. Perquisizioni delle celle, battiture delle guardie sulle porte, pestaggi di detenuti.

Risulta evidente che la sezione “ISOL” di Saluzzo, non essendo pensata per detenuti sottoposti al regime 41bis (cosiddetto “carcere duro”) ed essendo anzi popolata da cittadini in attesa di essere giudicati, è uno strumento di punizione preventiva ed intimidazione verso detenuti che, per ragioni da chiarire, sono sottoposti a un trattamento peggiore di chi deve scontare pene altissime, compreso l’ergastolo. Il fatto che Giorgio, che era stato velatamente minacciato dal direttore delle Vallette, ed è stato indicato dai suoi rapporti come l’ideatore delle proteste in quell’istituto, sia stato trasferito proprio in questo carcere e in questa sezione, conferma che la sezione saluzzese “ISOL” rappresenta un’anomalia giuridica nel regime carcerario, ossia uno strumento per infliggere sofferenze aggiuntive a chi, pur innocente perché non ancora processato, è considerato socialmente o politicamente “pericoloso”. Non considerando questa condizione punitiva sufficiente, la direzione del carcere infliggerà i 15 giorni aggiuntivi di isolamento totale a Giorgio, unico a ricevere questo trattamento tra i prigionieri della sezione: appena sarà disponibile una cella (il carcere è sovraffollato, ciò che lo rende ancora più invivibile) dovrà restare chiuso senza uscire per due settimane.

La persecuzione dei compagni in carcere rappresenta un’emergenza politica

In questo contesto, chiediamo a tutte le persone sensibili alla tematica carceraria, alle compagne e ai compagni dei movimenti, alle associazioni culturali e politiche che hanno a cuore i diritti sanciti per legge, di appoggiare una mobilitazione in favore di tutti i carcerati in lotta, di tutti i detenuti No Tav, e in particolare di chi si trova sotto attacco ed è sottoposto ad isolamento per aver chiesto pacificamente, assieme ad altri compagni, dignità e rispetto dei diritti per i detenuti torinesi. Non ci interessa sollecitare forme di pietismo o di compassione. Giorgio stesso nella sua lettera, e i detenuti della sezione “ISOL” nel comunicato, che hanno firmato collettivamente, chiariscono che non è questo l’atteggiamento che loro interessa. Semmai, occorre rilevare alcune circostanze di fatto:

(1) Giorgio è in regime di isolamento ed è in attesa di essere sottoposto a un regime di isolamento ulteriore e più duro, per una sola ragione: aver contestato una disciplina carceraria disumana, e illegittima dal punto di vista legale, in una delle carceri più sovraffollate d’Italia, quella torinese. Si tratta a tutti gli effetti di una forma di persecuzione politica, che mira a mostrare come chi si oppone all’ingiustizia, mettendo in primo piano l’interesse collettivo rispetto a quello individuale, rischia di andare incontro a sofferenze maggiori di quelle ordinarie. Giorgio non intende piegarsi a queste ritorsioni ed affronterà serenamente le punizioni che gli verranno inflitte, ma è nostro compito aprire un caso e una campagna su questa vera e propria infamità, che ancora una volta mostra nel migliore dei modi quale sia il clima politico e il rispetto del dissenso del nostro paese.

(2) La sezione “ISOL” del carcere di Saluzzo è di per sé un’aberrazione: detenuti in attesa di giudizio, e dunque innocenti per il codice penale italiano, sono rinchiusi mesi e talvolta anni secondo un regime punitivo che, se è inaccettabile in assoluto dal punto di vista morale (come scrivono i prigionieri nel comunicato, chiunque si indignerebbe se ad essere rinchiusi in quella forma, e in quelle condizioni, fossero degli animali), è anche del tutto incompatibile con l’ordinamento vigente in materia di detenzione carceraria. Occorre dunque diffondere l’appello dei detenuti di Saluzzo in rete e attraverso i canali sociali e politici che abbiamo, stimolando una presa di posizione pubblica da parte di realtà associative, politiche e culturali su questa vicenda.

Tutto questo – persecuzioni politiche ai No Tav in carcere e aberrazioni giuridiche, specifiche e diffuse – è possibile perché il carcere è, oggi, in Italia, un luogo completamente separato da tutto il resto. Normalmente, una volta che il detenuto entra in sezione si rompe qualsiasi legame sociale e politico con l’esterno, così che le direzioni degli istituti di pena possono agire in piena libertà contro i prigionieri e contro le scarse garanzie giuridiche che li dovrebbero proteggere. Il rapporto tra detenuto e direzione carceraria (per non parlare di quello tra detenuto e guardie carcerarie) è brutale e arbitrario, e chi vive in carcere si abitua ben presto a far propria una considerazione cinica e fatalista degli eventi, in cui le limitazioni giuridiche all’autorità dello stato sul prigioniero sono tranquillamente ignorate (nello stile più tipico di una società capitalista) a causa della certezza dell’impunità da parte dell’istituzione reclusiva e del silenzio che continua ad avvolgere i misfatti del personale carcerario.

La mobilitazione delle prossime settimane

Occorre spezzare questo isolamento e questa situazione di abuso. Il comunicato che giunge a tutte e tutti noi dai detenuti di Saluzzo deve essere occasione per una mobilitazione reale che, pur partendo dall’imprigionamento di un compagno, vada al di là di questo, ponendo una questione che riguarda quella sezione di isolamento, quel carcere, e la situazione generale delle carceri nel nostro paese. Le lotte efficaci nelle prigioni sono quelle che iniziano dall’interno, come in questo caso. Per dare speranza ai detenuti, tuttavia, per permettere alle lotte di crescere, e per segnalare la possibilità della costruzione di comportamenti collettivi contro questa situazione (e non meramente individuali: autolesionismo, suicidi), occorre una lotta ampia e coordinata chi è dentro e chi è fuori. Per questo non è sufficiente continuare con i presidi sotto le carceri, che pure sono importantissimi: è urgente creare un caso politico sull’attuale condizione detentiva dei No Tav e di tutti i detenuti e le detenute, che sappia conciliare la denuncia della persecuzione collettiva e individuale contro i No Tav arrestati con un discorso complessivo sull’insostenibilità di una situazione carceraria che è di abuso sistematico e terribile sovraffollamento.

TAV interessi economici : dalla lega al pd ....


Grandi opere. - Vertice tra le istituzioni sull'alta velocità - Piemonte
Tav, dal Cipe 20 milioni per la tratta Torino-Caselle
LINEA D'AZIONE - Ribadito l'impegno che le azioni del Piano strategico per la valle saranno operative fin dalla prima fase degli interventi

TORINO
Le istituzioni piemontesi fanno quadrato intorno ai fondi Cipe collegati alla realizzazione della Torino-Lione e intascano dal governo nuove assicurazioni sul prossimo sblocco di risorse – la prima tranche da 20 milioni su un totale di 300, come previsto dall'Atto aggiuntivo all'intesa quadro sulle infrastrutture siglato nel 2008, con 200 milioni garantiti dallo Stato centrale, un centinaio direttamente dalla Regione – che, accanto ai 142 milioni di Fondi Fas renderanno realizzabile il collegamento tra Torino e l'aeroporto di Caselle. La notizia arriva dopo l'incontro, ieri tra il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, il presidente della Provincia Antonio Saitta e il sindaco di Torino, Piero Fassino, con il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Mario Ciaccia. Un incontro, che arriva dopo un doppio rinvio della riunione del Comitato interministeriale per la programmazione economica, finalizzato a definire le priorità di intervento sul fronte delle opere collegate ...

venerdì 16 marzo 2012

pc quotidiano 16 marzo- dal blog di Red Block: Dax Vive nelle lotte!


Rassegnazione è paura e complicità!
Contro la rassegnazione pensare l'impensabile!
Contro la paura imparare il coraggio!
Cospirare vuol dire respirare insieme"
Viva Dax libero e ribelle
Davide 16.03.03

Ucciso perché militante antifascista


Davide Cesare detto Dax, militante del centro sociale O.R.So (Officina di Resistenza Sociale) di Milano, la notte tra il 16 e il 17 Marzo 2003 all'uscita da un bar insieme ad altri compagni viene accoltellato mortalmente da 3 fascisti che feriscono anche altri due compagni di cui uno in maniera grave.
Chiamata l'ambulanza essa tarderà ad arrivare perchè inspiegabilmente le forze dell'ordine ne ostruiscono il passaggio (episodio analogo,  per citare l'ultimo caso, a quello successo lo scorso 26 Febbraio in Val Susa dopo la caduta di Luca Abbà dal traliccio), subito dopo iniziano una caccia all'uomo nell'ospedale caricando compagni e amici giunti dopo aver appreso la notizia.
Erano passati meno di due anni dalla "macelleria messicana" di Genova della scuola Diaz e di Bolzaneto e tale episodio dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che gli apparati di polizia agiscono sistematicamente, anche in un contesto delicato come questo,  per reprimere chiunque lotti quotidianamente per un cambiamento sociale , altro che "mele marce"!
Oggi nel nono anniversario dall'assassinio di Dax ricordiamo tutti  i caduti per mano fascista e poliziesca, in particolare a pochi mesi dalla strage razzista di Firenze ad opera di un militante di Casapound organizzazione protetta e foraggiata dal PDL e dai partiti parlamentari in generale, è necessario ribadire che i covi fascisti vanno chiusi!
Avanti nella lotta antifascista e proletaria per abbattere questo sistema che nel nome del profitto difende padroni, mafiosi e speculatori e i loro servi quali squadristi rasati o in divisa.
Dax vive nelle nostre lotte!

Marocco: a Bni Bouayach si scatena la rivolta dei disoccupati

Martedì 13 Marzo 2012
Marocco: a Bni Bouayach si scatena la rivolta dei disoccupati


Escalation di sangue, brutalità e violenza poliziesca da martedì 8 marzo a Bni Bouayach, cittadella del nord-est del Marocco situata tra la costa e le montagne del Rif, dove da mesi si susseguono iniziative di lotta guidate dal movimento 20F e dai disoccupati organizzati. Cortei, sit-in, blocchi stradali sono all'ordine del giorno a Bni Bouayach e nel resto delle città della provincia di Al-Hoceima da quando anche il Marocco è entrato in movimento a seguito delle insurrezioni tunisine ed egiziane. La lotta contro la disoccupazione, la precarietà, per i servizi ed i beni comuni stanno coinvolgendo la maggioranza della popolazione della regione che come altrove si ritiene completamente abbandonata da un regime che si fa vedere solo quando c'è da pestare e incarcerare. Il 27
ottobre dello scorso anno è stato ucciso dalla polizia
Kamal al-Hassani, giovanissimo leader del movimento della città e un suo compagno, Bachir ben Shu'ayb, è stato incarcerato. L'omicidio e l'arresto provocarono una vera e propria ondata di rabbia che portò in strada numerosissimi manifestanti determinati a conquistarsi quella giustizia che le autorità gli avevano negato da una vita. L'autostrada venne bloccata e furono costruite barricate, l'edificio della municipalità presidiato e i sit-in fuori il palazzo della Compagnia Nazionale dell'Elettricità si ripeterono per giorni interi. Il 5 marzo si alza la tensione quando i ragazzi di Bni Bouayach tentarono di dirigersi verso Al-Hoceima per portare sotto i palazzi del potere
della regione le proprie rivendicazione, ma ad attenderli trovarono uno schieramento di celere armato fino ai denti che impedì l'iniziativa. L'8 marzo la polizia attacca una manifestazione di disoccupati e a Bni Bouayach inizia una resistenza tenacissima che per ben 3 giorni ha costretto il regime ad impiegare anche l'esercito, arrivato con tanto di elicotteri, e diversi corpi speciali. I feriti non si contano e i rastrellamenti non risparmiano nessuno. Tutte le strade e lepiazze divengono terreno di scontro tra la popolazione intera e la polizia. Fino a quando l'11 marzo viene arrestato Wael Faqih, leader dell'Associazione Nazionale dei Diplomati Disoccupati insieme a Mohammed Jalloul, maestro in una scuola elementare della città ed esponente del movimento 20F. Intanto il blackout mediatico continua e solo tramite alcuni siti indipendenti o legati ai movimenti riescono a uscire video, comunicati e foto che denunciano quanto sta accedendo. Attivisti della città ci parlano di una popolazione che in queste ore sta subendo la vendetta delle istituzioni che non si ferma neanche davanti a donne anziane o bambini.
Dopo la rivolta di Taza e le immolazioni di Rabat la piazza marocchina continua a massificare la protesta e a radicalizzarsi. Con la rivolta di Bni Bouayach qualche anziano consigliere del re Mohamed VI potrebbe cominciare a preoccuparsi. Il Rif è infatti la regione storica della resistenza, dove da secoli la popolazione si batte contro eserciti occupanti e corone sanguinarie. Prima contro i francesi (che vi sperimentarono armi chimiche di ogni genere), poi contro gli spagnoli ed infine contro Hassan II (il padre del re oggi al potere) il Rif non ha mai cessato di lottare. Che Guevara durante una visita al Cairo come ambasciatore cubano ricordò che senza la resistenza armata del Rif la guerriglia moderna non sarebbe mai esistita. Fu infatti Alberto Bayo, un veterano della guerra del Rif, che una volta raggiunta la Sierra Maestra nel 1958 spiegò a Fidel Castro come assaltare le difese del nemico seguendo lo stile di Abdelkrim impegnato anni prima a guidare la resistenza rifiana contro gli spagnoli.

I disoccupati di Bni Bouayach hanno alle spalle più di un secolo di lotte e resistenze: i saperi rivoluzionari e le passioni antagoniste non hanno mai lasciato quelle terre poverissime quanto degne. Non sappiamo oggi se l'ascia di guerra è stata già dissotterrata nel Rif, ma sicuramente la rivolta di questi giorni riporta l'attualità della rivoluzione araba anche nell'estremo ovest di un nord Africa ad alta tensione.

pc 16 marzo - Continua la repressione contro tutti i NOTAV

da indymedia
Perugia - 25 denunciati per blocco ferroviario No Tav

fonte: Umbria24 [15/03/12]

Venticinque attivisti “No Tav” sono state denunciati dalla Digos di Perugia per aver bloccato i binari ferroviari a Fontivegge il 3 marzo scorso. Le accuse: interruzione di pubblico servizio e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Tra di loro anche due minori. La manifestazione si era svolta pacificamente nel giorno della mobilitazione nazionale contro la Tav in Val di Susa.

«Nel primo pomeriggio dello scorso 3 marzo – si legge in una nota della questura – nell’ambito di una manifestazione non preavvisata, alcuni aderenti al locale comitato “NoTAV” hanno invaso i binari della stazione di Fontivegge, determinando il blocco della circolazione ferroviaria per circa mezz’ora. Ignorando l’intimazione del personale Digos a lasciare liberi i binari, alcune di esse si erano anche travisate, nel tentativo di impedire alle forze di polizia il loro riconoscimento». A causa del blocco momentaneo, tre treni regionali hanno subito ritardi, «con grave nocumento – sostiene la polizia – alla circolazione ferroviaria e disagi per i passeggeri».

Identificati dai filmati. Per quei fatti, al termine di una articolata indagine, che per identificare i responsabili e ricostruire le singole condotte si è avvalsa di filmati e fotogrammi realizzati dal personale della Digos presente in stazione. Da qui sono scattate le 25 denunce, comprese quelle a due minorenni, per i reati previsti dagli articoli 340 e 650 del codice penale, ovvero interruzione di pubblico servizio e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Dei 25, tre sono stati denunciati anche per aver promosso una manifestazione non autorizzata e tre per violazioni delle disposizioni a tutela dell’ordine pubblico attraverso il travisamento per non

pc 16 marzo - MAROCCO: Contro la repressione della gioventù ribelle...Salvare la vita di Azzedine... iniziativa a Londra

Salvare la vita del compagno Azzedine Eroussi – protestare all'ambasciata marocchina ora!

Marocco: Chi fermerà il massacro?

Questo articolo è stato pubblicato su Partisan

Al momento della stesura di questo testo, il prigioniero politico Azzedine Eroussi è già stato in sciopero della fame in Marocco per oltre 70 giorni. Giovane comunista di 22 anni, Azzedine è stato condannato per il suo sostegno al movimento "basista" e la sua attività all'interno dell'Unione nazionale degli studenti marocchini (UNEM).

Arrestato il 1 ° dicembre presso la Facoltà di Taza, è stato più volte torturato e ora è in imminente pericolo di morte.

Quattro altri attivisti si sono uniti a lui nello sciopero della fame il 23 gennaio.

Decine, potenzialmente persino centinaia, di altri prigionieri politici, sono attualmente in carcere, dove si trovano ad affrontare la tortura sotto il corrotto regime dal pugno di ferro del re Mohammed VI. Ricordiamo la martire Saida Lamnabehi, che ci ha lasciato dopo 40 giorni di sciopero della fame, e i martiri Belhouari, Dourayedi e Chbada.

Se non si interviene nei prossimi giorni, Azzedine Eroussi subirà la stessa sorte.

I giovani marocchini sono spietatamente repressi da un regime reazionario e una cosiddetta "sinistra" che supporta il Primo ministro corrotto. Gli attacchi mortali contro le proteste e gli scioperi della fame avvengono sotto l'occhio vigile delle potenze imperialiste, la cui "preoccupazione" per i popoli arabi si ferma dove i loro interessi prevalgono.

In una lettera che abbiamo ricevuto dalla famiglia di Azzedine, possiamo leggere: "Nostro figlio ha subito tutti i tipi di tortura; gli hanno rotto le braccia, le dita e i piedi, dopo averlo spogliato ... Le poche volte che siamo stati autorizzati ad entrare nella prigione, le guardie ci hanno molestato e ci hanno persino impedito di vederlo".

Dobbiamo agire subito per salvare la vita di Azzedine Eroussi! Telefonare o scrivere all'Ambasciata del Marocco

AMBASCIATA DEL REGNO DEL MAROCCO 49,
Queens Gate Gardens di Londra SW7 5 NE
TEL 0207 581 5001-4
FAX 0207 225 3862
E-MAIL: ambalondres@maec.gov.ma

Claudio D’Orazi, ennesimo stupratore in divisa

Premettiamo: non c’importa che giudici e giornali la chiamino “concussione sessuale”. Per noi si chiama stupro e punto!
Dopo i poliziotti che rapinavano gli immigrati, adesso la questura di Bologna deve gestirsi il caso di questo assistente capo dell’ufficio immigrazione, che per tre anni (così dicono i giornali, ma chissà per quanto tempo realmente) ha preteso rapporti sessuali in cambio del permesso di soggiorno.
Cosa dovremmo aggiungere a ciò che da tempo andiamo dicendo sugli stupratori in divisa?
Proprio lo scorso 8 marzo era stato distribuito un volantino con la lista dei casi più recenti di cui si era a conoscenza.

E qualcuno/a si stupisce ancora?


Ecco qui due articoli apparsi oggi sui giornali.

dal Resto del carlino

Sesso in cambio di permessi di soggiorno: arrestato un poliziotto

L’accusa è concussione sessuale

Si tratta di un assistente capo dell’ufficio immigrazione: avrebbe costretto a rapporti sessuali quattro donne maghrebine. Il questore Stingone: “Non nascondiamo la polvere sotto il tappeto”

Bologna, 13 marzo 2012 – Un altro poliziotto della Questura di Bologna arrestato. Questa volta l’accusa è di concussione sessuale. L’uomo era un assistente capo dell’ufficio immigrazione e la vicenda è totalmente distinta da quella che dieci giorni fa ha portato in carcere quattro agenti delle ‘volanti’. L’inchiesta si è basata sulle denunce delle vittime, su alcune testimonianze, oltre a intercettazioni telefoniche e verifiche sui tabulati.

Secondo l’accusa, il poliziotto arrestato, un 45enne di Cesena, sposato e con figli, avrebbe costretto a rapporti sessuali almeno quattro donne maghrebine di cui seguiva la pratica per il rinnovo del permesso di soggiorno. In caso di rifiuto la loro pratica si sarebbe fermata. L’agente è stato arrestato questa mattina sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Pasquale Gianniti su richiesta del pm Lorenzo Gestri e del procuratore aggiunto Valter Giovannini, ed è stato immediatamente sospeso dal servizio.

Il poliziotto avrebbe agito utilizzando informazioni e sfruttando il suo ruolo di controllo nei confronti di donne straniere che avevano un permesso di soggiorno in fase di rinnovo. L’agente le avrebbe contattate telefonicamente e non solo (vista la pratica di rinnovo conosceva il loro indirizzo) e alla fine avrebbe forzato la loro volontà convincendole ad avere rapporti sessuali con lui. Per la Procura questo si sarebbe ripetuto per due donne magrebine.

I fatti che gli vengono contestati dall’accusa risalgono fino al 2009: in totale, i rapporti sessuali avuti con le quattro straniere e di cui gli inquirenti hanno raccolto riscontri (in alcuni casi schiaccianti) sarebbero 10-11 e si sarebbero verificati dal 2009 fino a pochissimo tempo fa. Le indagini sono partite a settembre dopo una segnalazione raccolta dal dirigente dell’ufficio immigrazione, il servizio in cui l’agente lavorava da tempo come addetto alle verifiche esterne. All’inizio dell’anno l’agente è stato trasferito all’ufficio del personale ma, stando alle indagini, avrebbe continuato a delinquere.

IL QUESTORE STINGONE – Le prime indagini sono iniziate proprio dai colleghi dello stesso ufficio in cui lavorava. Quest’altro episodio conferma l’intenzione del questore Stingone di fare pulizia assoluta all’interno della Questura.

“Mi rendo conto -ha affermato il questore – che 5 poliziotti arrestati creano allarme e disagio, ma come ho detto dal primo giorno la nostra linea è e resta la fermezza, la legalità, quella dei poliziotti onesti e credo che sia più inquitante pensare che alcuni agenti in divisa continuino a delinquere restando impuniti, piu’ del fatto che vengano portati alla luce questi atti delinquenziali”. L’episodio di oggi, ha proseguito Stingone “non ha nulla a che fare con gli altri 4 arresti, sono due filoni d’indagine diversi”. “Ho sempre detto che non avrei mai difeso l’indifendibile e andiamo avanti compatti in tal senso” ha poi aggiunto, rimarcando che “qui non si guarda in faccia a nessuno e non si nasconde la polvere sotto al tappeto”. “Continueremo ad essere inflessibili, – ha specificato – non abbiamo avuto e non avremo alcuna esitazione”.

“Di fronte a questo fatto grave, la mia amarezza è l’amarezza di tutti i poliziotti onesti di cui io sono portavoce” ha ribadito, spiegando che l’indagine che ha condotto all’arresto di oggi “è nata dall’ufficio stranieri in cui lavorava lo stesso assistente arrestato e dove sono stati colti dei segnali che non sono stati trascurati, ma puntualmente segnalati dall’ufficio stesso”. Quindi l’avvio dell’indagine condotta dalla Squadra Mobile e coordinata dalla Procura con cui “siamo in perfetta sintonia” ha concluso il questore.



da Repubblica

Sesso in cambio del permesso di soggiorno
Arrestato agente della Questura di Bologna

Si tratta di un assistente capo dell’ufficio immigrazione.

Un altro caso scuote piazza Galilei, dopo le manette a quattro poliziotti accusati di rapine a extracomunitari. Il questore Stingone: “Non nascondiamo la polvere sotto il tappeto”

di ALESSANDRO CORI

Un altro terremoto in piazza Galilei a Bologna. Dopo le manette a quattro agenti delle Volanti per rapine a extracomunitari ora scatta l’arresto – ma si tratta di un episodio distinto dal primo – di un assistente capo dell’ufficio immigrazione per concussione sessuale.

L’agente, Claudio D’Orazi, 46 anni, di Cesena, è stato arrestato questa mattina in base a un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Pasquale Gianniti. L’agente avrebbe convinto quattro donne nordafricane ad avere rapporti sessuali con lui altrimenti la pratica di rinnovo del permesso di soggiorno si sarebbe arenata. Gli episodi accertati dagli inquirenti sono una decina. I fatti cominciano nell’aprile del 2009, mentre le indagini, a seguito di alcune segnalazioni, scattano nel settembre 2011.

Il poliziotto nei mesi scorsi è stato trasferito all’ufficio personale ma si è scelto l’arresto per il rischio di reiterazione del reato.

Le parole del questore. “Mi rendo conto che 5 poliziotti arrestati creano allarme e disagio – premette il questore di Bologna, Vincenzo Stingone, alla luce del nuovo episodio -, ma come ho detto dal primo giorno la nostra linea è e resta la fermezza, la legalità, quella dei poliziotti onesti e credo che sia più inquitante pensare che alcuni agenti in divisa continuino a delinquere restando impuniti, più del fatto che vengano portati alla luce questi atti delinquenziali. Non nascondiamo la polvere sotto il tappeto”.

Il fascicolo sulle rapine. Saranno sentiti a breve due dei quattro poliziotti arrestati otto giorni fa con l’accusa di aver rapinato e malmenato almeno due pusher extracomunitari durante i controlli. La Procura di Bologna ha chiesto di acquisire la relazione dell’ispettore mandato dal capo della polizia Manganelli dopo le manette. La Procura ha chiesto anche che venga concesso il permesso di soggiorno ai due spacciatori che denunciarono gli agenti perché possano testimoniare al processo, e piazza Trento e Trieste ha ricevuto la disponibilità della Questura. Uno dei poliziotti indagati si trova ancora al policlinico Sant’Orsola per lo shock alla notizia dell’arresto.

(13 marzo 2012)

fonte: Noi non siamo complici

Il premier Monti media tra Pd, Pdl e Udc. Arriva la prima intesa su giustizia e articolo 18

Il quadro dell'agenda di governo assume contorni più definiti su due capitoli: giustizia e riforma del lavoro. Il premier Mario Monti, in una riunione-fiume a palazzo Chigi con Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini (il vertice si è chiuso all'una e mezza, dopo circa cinque ore e mezza) - media con i partiti della maggioranza, ottiene la quadratura del cerchio su giustizia e riforma del lavoro (articolo 18) e confida di essere «molto soddisfatto». Si è trattato su nodo Rai (le posizioni dei partiti sono distanti). All'incontro hanno partecipato i ministri Corrado Passera, Elsa Fornero, Paola Severino e Giulio Terzi.
Giustizia: nuova legge sulle intercettazioni 
Via libera alle soluzioni proposte dal ministro della Giustizia Paola Severino. In particolare, si è deciso di integrare una più ampia disciplina anti-corruzione nel disegno di legge Alfano e di pervenire a una nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche (tenendo conto delle iniziative dei gruppi parlamentari). Al vertice a palazzo Chigi, governo e leader dei partiti hanno convenuto - si legge nel comunicato diffuso dal governo a incontro ancora in corso - di «pervenire ad una soluzione equilibrata e condivisa sulla responsabilità civile del magistrato». Per quanto riguarda poi il mercato del lavoro, è emerso l'accordo sulla riforma dell'articolo 18 proposta dal ministro del Welfare, Elsa Fornero. Il ministro ha preannunciato «la revisione delle norme che regolano il licenziamento dei lavoratori, distinguendo tra il licenziamento per ragioni discriminatorie da quello per ragioni disciplinari e quello causato da ragioni esclusivamente economiche».
Il premier: sul lavoro serve riforma ad ampio raggio 
Per quanto riguarda il capitolo lavoro, Monti ha sottolineato la necessità di modifiche ad ampio raggio, così da garantire un aumento della crescita e aumentare la credibilità del Paese a livello internazionale. I leader politici hanno espresso l'auspicio che si possa trovare l'accordo delle parti sociali e ottenere un'approvazione tempestiva da parte del Parlamento. Nella nota si legge che c'è l'intenzione di «intraprendere una revisione del processo del lavoro che ne riduca la durata e che ne rafforzi l'efficacia in termini di certezza del diritto». Sono queste dunque le prime indiscrezioni che emergono dall'incontro. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi, presente all'incontro, ha fornito informazioni sul blitz fallito in Nigeria, che ha determinato l'uccisione dell'ostaggio italiano Franco Lamolinara e sui due marò detenuti in India.
In un tweet la foto di gruppo
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Un ruolo di primo piano nella dialettica tra Pdl, Pd e Terzo Polo, i tre «principali azionisti» del governo tecnico, è però quello giocato da Twitter, prima nel pomeriggio, con il segretario del Pdl Angelino Alfano che lancia un messaggio al premier, in vista della riunione che si terrà a palazzo Chigi. Ma Twitter domina anche quando l'incontro inizia: il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini invia un tweet che ritrae il presidente del Consiglio Mario Monti, in piedi, e il trio detto «ABC», ovvero Alfano, Casini e Bersani, seduti sulle poltrone dorate dello studio del premier a palazzo Chigi. «Siamo tutti qui! Nessuna defezione!», fa notare Casini. Sul tavolo c'è la riforma del mercato del lavoro, ma anche la giustizia, la lotta alla corruzione e la Rai. Il presidente del Consiglio esponde l'agenda del Governo per i prossimi mesi e sollecita i rappresentanti delle forze politiche che lo sostengono a contribuire con osservazioni e proposte.
Nel pomeriggio dichiarazioni ponderate 
Nel pomeriggio, a poche ore dall'incontro, la tensione aumenta. Le dichiarazioni sono ponderate, ogni parola ha il suo peso. Il rischio è che si dica troppo. Ciascun leader potrebbe essere accusato di voler dettare l'agenda. A una manciata di ore dall'incontro tra le forze politiche che sostengono il governo dei tecnici Casini chiarisce (e ribadisce) che non tirerà per la giacca il presidente del Consiglio. «Non sono io a fare l'ordine del giorno», avverte, perché il premier è Monti e farà lui l'agenda. «Noi da persone educate parleremo delle cose che lui ci sottopone» perché, sottolinea a chiare lettere Casini, «quando c'è un capo, e il capo è Monti - prosegue Casini - gli altri devono parlare di ciò che il capo mette sul tavolo».
Monti: la riforma del lavoro in dirittura d'arrivo 
Arriva la dichiarazione del presidente del Consiglio: sulla riforma del lavoro, afferma, siamo in dirittura d'arrivo. Il segretario del Pdl sta partecipando a un'iniziativa dei giovani del Pdl. Giunge puntuale la domanda: quale tweet vorrebbe mandare al presidente del Consiglio, prima della riunione di questa sera? Immediata la risposta di Alfano: «Sì alla riforma del lavoro, no all'aumento del costo del lavoro per le imprese».

15 marzo 2012 sole 24 ore

Contrastare da subito la riforma Fornero!

Monti ribadisce: riforma del lavoro entro marzo


Riforma del Lavoro, Fornero: «Settimana decisiva per l'accordo». Bonus disoccupati da 1.100 euro

Riforma del lavoro, Fornero: «Accordo entro il 21 marzo» (LaPresse)Riforma del lavoro, Fornero: «Accordo entro il 21 marzo» (LaPresse)
Una «giornata decisiva per la definizione di un accordo» sulla riforma del lavoro. Con queste parole il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha dato inizio presso al sede del ministero in via Flavia a Roma all'atteso incontro Governo-parti sociali sulle nuove regole del mercato del lavoro, in particolare i nuovi meccanismi per gli ammortizzatori sociali. Obiettivo del ministro, d'accordo con il premier Mario Monti, è di «chiudere la trattativa tra il 21 e il 23 marzo». Tempi stretti, dunque, quelli annunciati ai leader sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, mentre Confindustria era rappresentata dalla presidente Emma Marcegaglia. Priorità dell'Esecutivo, ha spiegato il ministro, è «la riduzione strutturale e stabile dei livelli di disoccupazione portandola al 4-5 per cento». La piattaforma descritta dal ministro prevede l'introduzione di un contratto «contratto dominante» che privilegi la forma di ingresso dell'apprendistato a tempo indeterminato, mentre il finanziamento della riforma - uno dei nodi su cui nelle ultime settimane si sono sovrapposte varie ipotesi - non sarà garantito da risorse prelevate dal fondo sociale, ma queste verranno individuate al di fuori dei capitoli di spesa sociale. Ancora da capire dove, però: «Non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse - ha spiegato il ministro alle parti sociali - il governo é impegnato a ricercarle».
Al via subito, a regime nel 2015
Nel suo intervento di apertura del "tavolo" - il sesto incontro con le parti sociali da quando è iniziato il confronto sulla riforma del mercato del lavoro - il ministro ha anche accennato al periodo di transizione della riforma e del cambio del sistema di ammortizzatori: «cominciamo nel 2012 e andremo a regime nel 2015». In linea poi le ipotesi circolate negli ultimi giorni, il ministro ha poi confermato la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria, che « resta e non scompare»: ad essere eliminata «sarà solo la causale per cessazione di attività». Il contratto a tempo determinato, invece, «dovrà costare un po' di più» ai datori di lavoro.

Come funziona l'assicurazione sociale
La riforma farà perno sull'introduzione dell'assicurazione sociale per l'impiego (Aspi). In pratica, una forma di nuova tutela e di sostegno al reimpiego. Nelle intenzioni del Governo, l'Aspi è destinata a sostituire strumenti come le attuali indennità di mobilità, gli incentivi di mobilità e disoccupazione per apprendisti, l'una tantum per i Co.co.pro e altre indennità similari. L'assicurazione sociale si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e pubblici assunti con contratti non a tempo indeterminato. Tra i requisiti per l'accesso descritti nella proposta del Governo, almeno due anni di anzianità assicurativa del lavoratore e almeno 52 settimane di lavoro nell'ultimo biennio. La durata dell'assicurazione dovrebbe essere di 12 mesi (che salgono a 18 per i lavoratori sopra i 58 anni), e un importo medio di 1.119 euro. Grazie ad un meccanismo di sfasamento, l'indennità subirà un abbattimento del 15% ogni seimesi. L'aliquota contributiva dovrebbe invece aggirasi intorno all'1,3% incrementata dell'1,4% per i lavoratori non a tempo indeterminato.

La tabella di marcia, al termine della riunione, vede in programma un nuovo appuntamento per lunedì 19, questa volta a Palazzo Chigi, presente anche il premier Mario Monti. Nelle prossime ore, il ministro del lavoro trasmetterà a sindacati e imprese i documenti relativi alla nuova contrattazione di ingresso con la nuova assicurazione sociale per l'impiego, su cui, le parti sociali sono chiamati a ad esprimere controdeduzioni e osservazioni . Sull'altro fronte caldo della riforma, quello relativo ad articolo 18 e flessibilità in uscita, il ministro darà il via ad una serie di incontri informali.
: accordo sul lavoro la prossima settimana. Riforma ammortizzatori, a regime nel 2017
Sulla riforma del mercato del lavoro «il governo è relativamente pronto» e l'obiettivo «resta quello di un accordo con le parti sociali da realizzarsi entro il termine, entro il 23 marzo». Lo ha detto il ministro del Welfare, Elsa Fornero, nel corso di un'audizione in Senato, aggiungendo che il governo è pronto a «presentare proposte su un blocco complessivo della riforma del mercato del lavoro su 5 punti». Fornero ha precisato che questo «non vuol dire che abbiamo tutto blindato».
«Gli obiettivi - ha detto Fornero - rimangono quelli di un accordo con le parti sociali da realizzarsi entro il termine del 23 marzo, ma non è che ci impicchiamo all'albero. Penso che forse lo potremmo fare già la prossima settimana, non faccio uno sforzo di ottimismo di maniera, sono consapevole che ci sono molti problemi, ma conto che le parti tutte capiscano che questo dare oggi significa aprire per il domani. Noi per questo ci impegniamo. Il presidente Monti ha un impegno dal 25 e vogliamo che entro la sua partenza ci sia l'accordo».
Il ministro è tornato anche sulla polemica scaturita dall'utilizzo del termine «paccata» di soldi, che ha conquistato la rete finendo al centro dei commenti su Twitter. «Non si vede perché i soldi devono essere messi prima. Se c'è accordo si discute di tutto, se no il Governo fa la sua scelta e la finanzia». Fornero ha precisato: «Non volevo dire senza soldi niente accordo». «Noi come governo siamo relativamente pronti, ma questo non vuol dire - ha precisato ancora il ministro - che abbiamo tutto blindato. Siamo relativamente pronti a presentare proposte su blocco complessivo della riforma del mercato del lavoro su cinque punti: ordinamento contratti, sistema degli ammortizzatori sociali, flessibilità in uscita, politiche attive e servizi per il lavoro».
Oggi si sono incontrate le parti sociali: la riunione è durata quasi 5 ore. Sui contenuti è massimo riserbo. Anche se per i nuovi ammortizzatori sociali - secondo quanto trapelato da fonte sindacale - si potrebbe allungare il periodo di transizione, portando più in avanti la data di avvio e l'entrata a regime del nuovo sistema, rispetto al 2013-2015 indicato nella proposta di riforma del lavoro. Si valuterebbe l'entrata a regime nel 2017, come inizialmente ipotizzato.
Nuovo round con i sindacati. Angeletti: incontro utile
Intanto a fine terminata è terminato un nuovo round con i sindacati. Al centro dei colloqui il tema dell'articolo 18 e gli ammortizzatori sociali. «È stato un incontro utile, nei prossimi giorni gli incontri proseguiranno, non abbiamo stabilito quando e come. Abbiamo convenuto con il Governo che i contenuti di questa conversazione rimarranno patrimonio di coloro che li hanno fatti». Così il leader della Uil, Luigi Angeletti, al termine dell'incontro, durato l'intera mattinata. «Abbiamo preso l'impegno - ha spiegato Angeletti, all'uscita dal Ministero del lavoro - di non diffondere informazioni: stiamo facendo una trattativa. Le trattative non si fanno sui giornali», quando si sarà conclusa, ha aggiunto, «conoscerete i particolari». «Incontro utile - ha rimarcato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Non vi dico nulla di più».