mercoledì 7 marzo 2012

pc 8 marzo - TASK FORCE IMPERIALISTA NEL CORNO D’AFRICA

Prima con il governo Berlusconi, oggi con Monti, il Corno d’Africa è sempre stata una zona strategica soprattutto per l'imperialismo italiano, convergente e, allo stesso tempo, antagonista a quello USA.
Il primo “dono” al Gibuti, in cambio della cessione di una parte del suo territorio, consiste in una cessione a titolo gratuito alle forze armate gibutiane di materiale in dotazione all'esercito italiano (mezzi di trasporto e logistici) dal valore di 430mila euro. L’operazione è stata inserita all’interno del decreto di rifinanziamento delle missioni all’estero (articolo 1, comma 18).
Gibuti è diventato ancora una volta un territorio di primaria importanza per gli interessi imperialistici perchè è possibile controllare lo stretto marittimo di Bab el-Mandeb, tappa obbligata per i mercantili che attraversano l’area, dove ogni giorno passano oltre tre milioni di barili di greggio.
Da questa base, con il pretesto della lotta alla pirateria, sono partiti i due marò che hanno ucciso i pescatori indiani.

Gli interessi dell'imperialismo USA (Africom) nell'articolo che segue.

TASK FORCE NEL CORNO D’AFRICA
Le sue operazioni sono coperte da segreto militare, ma se ne vedono i risultati. Sempre più frequenti sono le incursioni soprattutto in Somalia e nello Yemen, effettuate anche con i droni armati Predator, che la Cia ha dislocato a Camp Lemonnier.
MANLIO DINUCCI

Roma, 07 marzo 2012, Nena News – Un aereo militare Usa è precipitato a Gibuti: lo annuncia l’Africom, il Comando Africa degli Stati uniti, precisando che l’incidente è avvenuto durante un «volo di routine». Resta da vedere che cosa si intende per «routine».
L’aereo era un U-28, un turboelica di fabbricazione svizzera, usato dalle forze speciali: dotato dei più avanzati sistemi elettronici, capace di decollare e atterrare su piste erbose o in terra battuta, è particolarmente adatto alle missioni segrete. A bordo di quello precipitato, c’erano tre ufficiali della Squadra delle operazioni speciali di Hurlburt (Florida) e uno della 25a Squadra di intelligence.
Operavano da Camp Lemonnier, la principale base militare dell’Africom sul continente, sede del la Task force congiunta del Corno d’Africa. Situata a Gibuti, in una posizione geostrategica di primaria importanza sullo stretto di Bab el Mandeb, dove la costa africana dista una trentina di chilometri da quella della penisola arabica, passaggio obbligato di una delle più importanti vie marittime, in particolare per le petroliere che transitano attraverso il Mar Rosso.
La Task force di stanza a Gibuti dispone di circa 3.500 specialisti delle forze speciali e dei servizi segreti, compresi contractor di compagnie militari private, assistiti per i servizi logistici da circa 1.200 impiegati sia gibutini che di altri paesi. Suo compito ufficiale è «contribuire alla sicurezza e stabilità» in una vasta «area operativa», comprendente dieci paesi africani – tra cui Somalia, Etiopia, Eritrea, Kenya, Tanzania, Uganda, Burundi – e in un’«area d’interesse» di cui fanno parte altri paesi africani (tra cui Madagascar, Mozambico, Ciad, Egitto, Sudan, Congo) e anche lo Yemen nonostante sia nella penisola arabica.
Come lo faccia non si sa, dato che le sue operazioni sono coperte da segreto militare, ma se ne vedono i risultati. Sempre più frequenti sono le incursioni soprattutto in Somalia e nello Yemen, effettuate anche con i droni armati Predator, che la Cia ha dislocato a Camp Lemonnier.
Altro importante compito della Task Force è l’addestramento di truppe africane, che vengono impiegate nelle operazioni dell’Africom. In tale quadro, con un finanziamento di 7 milioni di dollari, è stato formato e armato un nuovo battaglione motorizzato gibutino, comprendente 850 soldati, da impiegare in Somalia. Qui, sempre sotto la regia dell’Africom che ha finanziato l’operazione con oltre 50 milioni di dollari, hanno inviato migliaia di soldati anche Etiopia, Kenya, Uganda e Burundi. Ufficialmente per combattere, su richiesta del «governo» somalo, il gruppo islamico al-Shabab, che si dice legato ad Al Qaeda (il mitico mostro tentacolare, descritto ancora come estremamente pericoloso nonostante sia stato decapitato con l’eliminazione di Bin Laden).
In tal modo la Task force del Corno d’Africa contribuisce a «scoraggiare i conflitti e proteggere gli interessi statunitensi». E, a riprova degli alti fini della sua missione, annuncia che quest’anno la base di Lemonnier sarà dotata delle più avanzate tecnologie «amiche dell’ambiente». «Risparmiare energia sul campo di battaglia – assicura il segretario alla difesa Leon Panetta – significa risparmiare denaro e vite umane».

pc 7 marzo - Operai ex Fiat di Termini Imerese protestano...

Le false promesse e tutte le chiacchiere inutili della Fiat, della Dr Motor, dei sindacati dei politici ecc. ecc. prendono corpo man mano che passa il tempo.
La Dr aveva promesso di aprire la fabbrica a partire prima dall'inizio dell'anno, poi dal 1° marzo e invece ancora niente! Non solo, la situazione dell'azienda dal punto di vista finanziario sembra peggiorare ad ogni giorno che passa.

La fiducia nelle istituzioni e per converso nel governo Monti mostra tutta la sua inconsistenza e giustamente ieri, gli operai dell'indotto Bienne sud, Pellegrini, Ssa e Manital, arrabbiati e stanchi di aspettare perfino la concessione degli ammortizzatori sociali previsti dagli accordi che non arrivano, hanno manifestato con un sit-in nei pressi dei binari della ferrovia che poi si è spostata nella sede del Comune.

pc 7 marzo - quelli della tav .. non si fanno mancare niente ..espresso ..Tav, l'ombra della 'Ndrangheta

Tav, l'ombra della 'Ndranghetadi Giovanni Tizian Una delle aziende incaricate di costruire il tunnel esplorativo ha dato subappalti alla criminalità organizzata calabrese. Che in Piemonte, e proprio nella zona dei lavori in corso, ha messo da tempo solide radici
(06 marzo 2012) Che la Tav possa trasformarsi in "NdrangheTav" è un rischio concreto. Lo scrive la Procura nazionale antimafia nella sua ultima relazione e le recenti indagini sulle cosche a Torino e Milano sono lì a sottolinearlo. E c'è un precedente, che suona come un monito nella capacità dei clan di infiltrarsi anche nei cantieri più sorvegliati. Una della aziende incaricata di costruire il tunnel esplorativo sotto la Val di Susa - la romagnola Bertini Spa - nel 2005 ha vinto l'appalto per il nuovo palazzo di giustizia di Reggio Calabria. Il subappalto della sede giudiziaria, su richiesta della Bertini, fu concesso alla Corf srl. E così la Corf srl con sede a Polistena e Bologna conquista così una commessa da oltre un milione di euro. Ma secondo gli investigatori dietro la società calabro-emiliana si muovono però interessi che portano il marchio del clan Longo di Polistena, potente famiglia di 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, alleata con cosche storiche come i Pesce e i Bellocco di Rosarno.

Il rapporto tra la Corf e la Bentini dura da maggio 2005 a marzo 2006, quando la Prefettura interviene per sospendere il subappalto. Gli investigatori analizzando la documentazione delle società evidenziano «numerose assunzioni gravitanti in ambienti criminali», quasi tutti provenienti dalla piana di Gioia Tauro. La Bentini non è stata coinvolta in alcuna indagine o filone giudiziario calabrese. Ma ha concesso il subappalto a un'azienda che gli inquirenti ritengono sia emanazione della mafia calabrese, la più dinamica sul fronte imprenditoriale. Due anni dopo quel contratto, nel 2007, scattano i sequestri preventivi per i beni della 'ndrina dei Longo, tra cui compare proprio la Corf. Che nel frattempo ha cambiato pelle ed è diventata Arcoverde costruzioni, con sede a Bologna. La società è stata poi dissequestrata e nuovamente posta sotto amministrazione giudiziaria a febbraio scorso su ordine del Tribunale delle misure di prevenzione di Reggio Calabria. La motivazione? Sempre la stessa, quella società è roba del clan Longo.

Chi può garantire che il copione non si ripeta in Val di Susa? La grande infrastruttura piemontese che sta dividendo l'Italia nascerà con un tunnel esplorativo. Sette chilometri di cunicolo che costeranno 93 milioni di euro. L'imbocco della galleria era inizialmente previsto a Venaus, tanto che nel 2005 LTf (Lyone Turin Ferroviaire) aveva assegnato i lavori al consorzio Venaus, guidato da Cmc, la cooperativa rossa di Ravenna, e di cui fanno parte l'austriaca Strabag, la piemontese Cogeis, e appunto la romagnola Bentini Spa. Poi è arrivata la decisione di spostare da Venaus a Chiomonte l'imbocco del traforo. E con un atto integrativo la società LTf, per evitare di pagare penali, ha affidato alla stessa società consortile l'appalto, senza gare, ma semplicemente riconfermando il vecchio contratto.

L'area della Val di Susa è nota per la presenza delle 'ndrine. Nel 1996 sono riuscite a entrare nell'Amministrazione di Bardonecchia, passata alla storia come il primo Comune del nord sciolto per mafia. Ai tempi il ras della 'ndrangheta di Bardonecchia era il boss Rocco Lo Presti. "Zio Rocco" come lo chiamavano in paese, è morto nel 2009 a 71 anni. Il patriarca, parente del potente Mammasantissima Ciccio Mazzaferro di Gioiosa, era solito ripetere «ho dato lavoro a migliaia di persone». In realtà il boss quelle migliaia di braccia le ha sfruttate nei cantieri della Valle, quando era in voga il caporalato gestito dalla mafia calabrese.

E la Tav per le imprese dei boss può diventare una miniera d'oro. «Pensiamo all'Alta Velocità... tutte cose che comunque passano dal Parlamento Europeo», Fabrizio Bertot, sindaco di Rivarolo, lo disse chiaro nel comizio elettorale per le elezioni europee del 2009, tenuto al bar Italia del capobastone Giuseppe Catalano e registrato dagli investigatori antimafia del Ros. E aggiunse: «Grandi cantieri... grandi opere... e tutte queste cose passano dal Parlamento Europeo». Il padrino Catalano è stato arrestato a luglio 2011 nell'operazione Minotauro. A settembre dello stesso anno nel Comune guidato da Bertot, che non è stato indagato, si è insediata una commissione di accesso per verificare eventuali condizionamenti mafiosi. Dopo mesi di verifiche ha terminato il lavoro e ha inviato al Prefetto di Torino la relazione conclusiva. Che dovrà dire se ci sono o meno i presupposti per lo scioglimento del municipio.

pc 7 marzo - 9 sbirri massacratori

Ragazzo pestato dopo Roma-Inter
9 agenti di polizia rinviati a giudizioSecondo l'accusa, gli imputati, "agendo con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione", hanno causato a Stefano Gugliotta "lesioni volontarie gravi alla mandibola" e "lesioni gravissime al viso per uno sfregio permanente"
Per aver pestato un ragazzo di 26 anni, Stefano Gugliotta, alla fine della partita di Coppa Italia tra Roma e Inter la sera del 5 maggio 2010, nove agenti di polizia, tutti appartenenti al Reparto Mobile, dovranno comparire come imputati in tribunale.

Il gup Valerio Savio, accogliendo le richieste del pm Francesco Polino, ha, infatti, disposto il rinvio a giudizio dei poliziotti. Secondo l'accusa, gli imputati, "agendo con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione", hanno causato a Stefano Gugliotta "lesioni volontarie gravi alla mandibola" e "lesioni gravissime al viso per uno sfregio permanente".

Il processo prenderà il via il prossimo 5 giugno davanti ai giudici della decima sezione penale.

Secondo la ricostruzione della procura, Gugliotta, dopo aver visto a casa la partita, fu bloccato da un agente mentre si trovava in motorino con un amico in viale del Pinturicchio, abbastanza lontano dallo stadio Olimpico, teatro di scontri tra tifosi e forze dell'ordine. Il ragazzo fu prima colpito da un pugno sferrato da un agente e poi malmenato a calci e manganellate dagli altri otto che lo arrestarono, senza che ne ricorressero le condizioni, con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale.

L'indagine ha chiamato in causa Leonardo Mascia (il primo agente - per il pm - che avrebbe cominciato l'aggressione dopo avere intimato l'alt al motorino guidato da Gugliotta) e i colleghi Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Andrea Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani, Michele Costanzo (che avrebbero proseguito l'azione violenta davanti e all'interno di un blindato).

Agli atti dell'indagine figurano i risultati della consulenza medico legale che ha accertato la natura delle lesioni riportate dalla vittima dell'aggressione, le dichiarazioni rese da numerosi testimoni oltre a un paio di filmati girati dai residenti della zona. Dopo l'arresto, Gugliotta, assistito dall'avvocato Cesare Piraino, rimase in carcere una settimana per poi ottenere la libertà perché il gip Aldo Morgigni ravvisò la mancanza di esigenze cautelari. La procura ha già chiesto l'archiviazione della sua posizione non ritenendo sussistente il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

pc 7 marzo - SOSTENIAMO LUCA!

SOSTENIAMO LUCA!
Da più di 12 anni in una frazione del comune di Exilles, Luca Abbà, 37 anni, contadino e No TAV, unisce le sue convinzioni con l’attività che lo sostenta: la difesa e la cura della terra, inseparabili, lo portano sia in prima fila contro il devastante treno ad alta velocità, sia a coltivare i terreni che gli ha lasciato suo nonno.
Un agricoltura molto particolare: non si capisce se entra più gasolio nel trattorino o esce più sudore dalla fronte, primavera ed estate di fatica, tanti giorni dal mattino presto fino alla sera, che gli amici ancora non hanno capito dove prenda tanta forza! Poi arriva l’autunno, insieme alle castagne, che cadono dai castagni che ha ereditato, iniziano i mercati; fortunato è chi può beneficiare dei frutti del lavoro di Luca, una clientela davvero affezionata: alle patate che solo la dura terra della montagna rende così buone, alle zucche che raccolgono consensi entusiasti, alle caldarroste.

Lunedì 27 febbraio 2012, il suo coraggio lo porta di nuovo in prima fila, a mettere una bandiera con il treno crociato sopra un traliccio dell’alta tensione, a pochi metri dalla baita eretta dal movimento No TAV in val Clarea, ma purtroppo a molti metri d’altezza, troppo vicino ai cavi della corrente, incalzato da un “agente rocciatore”; non si chiamano i vigili del fuoco, non si isola la linea elettrica (come è stato fatto la sera di domenica 4 marzo 2012 con l’altro attivista Turi Vaccaro salito sullo stesso traliccio), così che la tragedia ha il suo corso, mentre le ruspe lavorano per devastare la natura circostante, ma gli adeguati soccorsi tardano lunghissime decine di minuti.

Da una settimana siamo in attesa del miracolo, da chi fin da subito ha dimostrato la tempra di resistere a numerose emorragie, molte fratture, alcuni organi compromessi e parecchie ustioni. Chiaramente sarà impossibile che Luca quest’anno, riesca a mandare avanti l’”Orto del Sole”, da cui trae i mezzi per sostenersi, per cui lanciamo la campagna: SOSTENIAMO LUCA dando la possibilità ai sensibili e solidali di offrirgli un aiuto economico…
Per chi vuole contribuire all’iniziativa può utilizzare i seguenti metodi:

-versamento tramite bollettino postale sul CONTO CORRENTE POSTALE n. 59258160 intestato a Luca Abbà
-bonifico (o posta giro) sul CONTO BANCOPOSTA con IBAN IT 35 P 07601 01000 000059258160 intestato a Luca Abbà.

Per entrambe le modalità la causale è SOSTENIAMO LUCA ABBA’.

Si ringraziano anticipatamente tutti coloro che vorranno partecipare all’iniziativa anche solo con un piccolo contributo.

Coordinamento NO TAV ALTA VALLE SUSA recapito: avsnotav@virgilio.it

pc 7 marzo - Agrigento, 18 immigrati richiedenti asilo occupano centro di accoglienza, in ostaggio un operatore



Protestano perchè vogliono essere trasferiti a Mineo



MILANO - Diciotto nigeriani richiedenti asilo hanno occupato il centro di accoglienza in cui sono ospitati a Palma di Montechiaro (Agrigento) e si sono barricati all'interno, dove hanno trattenuto anche un addetto della comunità che gestisce la struttura. Sul posto sono intervenuti poliziotti del locale commissariato e i vigili del fuoco, nell'eventualità che i migranti possano appiccare il fuoco alle suppelletteli. L'uomo trattenuto dai nigeriani secondo quanto si apprende sta bene e non sarebbe stato sottoposto ad alcun maltrattamento.
ANDARE A MINEO - I profughi, da 10 mesi a Palma di Montechiaro, hanno chiesto di essere trasferiti nel centro di Mineo (Catania), per raggiungere congiunti e connazionali che vi si trovano. L'ostaggio è Luigi Tannorella, 33 anni, di Palma di Montechiaro, addetto della comunità. L'uomo è ancora tenuto all'interno del centro di accoglienza dai nigeriani, tutti uomini e maggiorenni, che non hanno raccolto i ripetuti inviti della polizia a rilasciare l'ostaggio. La tensione è alta e sul posto i poliziotti del commissariato di Palma di Montechiaro attendono rinforzi dalla Questura di Agrigento.

martedì 6 marzo 2012

pc 06 Marzo - NO TAV A PALERMO CONTESTATO CASELLI E OCCUPATA SEDE PD



Ieri pomeriggio i No Tav palermitani sono scesi nuovamente in piazza in occasione della visita sgradita del procuratore Caselli colpevole di aver dato il via alla persecuzione giudiziaria contro i militanti No Tav, alcuni dei quali in carcere o agli arresti domiciliari.
Il circolo di proletari comunisti cittadino lo scorso 25 Febbraio aveva partecipato in delegazione alla manifestazione nazionale in Val Susa e contemporaneamente organizzato un sit-in informativo in città, nei giorni seguenti il movimento No Tav palermitano ha esteso la solidarietà e la mobilitazione contestando il segretario del PD e occupando i binari della stazione centrale in un solo giorno e in seguito bloccando per oltre due ore l'accesso all'autostrada A29 Palermo-Messina.
La mobilitazione di ieri è un'ulteriore tappa all'interno del percorso di lotta contro la Tav che nella fase attuale significa stare al fianco di un'eroica popolazione che respinge colpo su colpo gli attacchi degli apparati repressivi dello stato al soldo di un governo golpista non eletto da nessuno e nominato da un presidente della repubblica che contro le sue funzioni parteggia apertamente con esso trattando i cittadini in maniera sprezzante, come successo nei confronti dei sindaci no-tav che avevano chiesto un incontro, negandoglielo.
Caselli, ben conosciuto a Palermo in quanto procuratore anti-mafia negli anni passati, a causa della contestazione è stato costretto ad entrare da un ingresso secondario della Feltrinelli protetto da ingenti cordoni di carabinieri e poliziotti in antisommossa che circondavano tutto l'isolato.
Il sit-in ha determinato la chiusura della centrale via Cavour per oltre tre ore.
Spiazzando ancora una volta "le pecorelle" a difesa dei potenti, i militanti No Tav hanno prima fatto un mini corteo intorno all'isolato per poi deviare repentinamente verso la sede provinciale del PD poco distante riuscendo ad entrare dal portone principale scavalcando il segretario provinciale in persona che non ha esitato a scagliarsi contro una studentessa media nel suo disperato e fallimentare tentativo di tenere fuori gli attivisti. Per circa un'ora la sede del PD è stata simbolicamente assediata mentre barricati nei locali interni i rappresentanti dei candidati a sindaco del centrosinistra stavano svolgendo la riconta delle schede delle primarie, la farsa elettorale a cui hanno partecipato principalmente elettori della Palermo bene, gli stessi che sulla contestazione a Caselli storcono il naso: contestare il procuratore antimafia? Che siamo impazziti !
Il procuratore con questa persecuzione giudiziaria si schiera oggettivamente con i poteri forti e mafiosi favorevoli all'inutile opera ( per approfondimenti vedi precedente post " pc 6 marzo -Saviano...Tav, da Napoli alla Val di Susa le mani della mafia sui cantieri... allora Caselli?"), solo chi ha la visuale ristretta e giustizialista può considerare un magistrato "intoccabile" e non come parte dell'istituzione che rappresenta: la magistratura, una parte dello stato che è al servizio di una determinata classe sociale minoritaria al potere, contro l'interesse della stragrande maggioranza del popolo.
Contrariamente a quanto apparso su alcuni articoli, la digos non è intervenuta affatto e i militanti hanno deciso dopo quasi un ora di tornare davanti alla Feltrinelli continuando il blocco stradale che poi si è sciolto intorno alle 20:00.
Dal Piemonte alla Sicilia il movimento No-Tav continua a contrastare il governo moderno fascista e lo stato di polizia crescendo e rispondendo colpo su colpo, questo è solo l'inizio!
Cari Monti, Napolitano, Bersani, Berlusconi e finta opposizione: A sarà dura!




pc 6 marzo - sospensione della democrazia in val susa: ancora denunce

top — 6 marzo 2012 15:47 Denunce alla baita anche per la troupe di Servizio Pubblico
Apprendiamo dai giornali che sono venti le dununce per la mattina in cui Luca è caduto dal traliccio in Clarea. Con cinica e puntuale provocazione la magistratura, ripetiamo a mezzo stampa (per far assegnare un punto alla questura?), fa circolare la notizia. Presumiamo che tutti i notav presenti in baita siano stati denunciati visto che i reati ipotizzati sono violazione di sigilli (quelli posti dalla magistratura alla baita Clarea) e violazione dell’ordinanza del Cipe che istituisce l’area di interesse strategico nazionale intorno al cantiere di Chiomonte. Oltre ai notav è stata denunciata anche la tropu di Servizio Pubblico presente sul posto come testimoniano le immagini dello speciale La Valle è mia.

Oltre all’assurdità della denuncia in se, vi leggiamo anche un attacco alla libertà gravissimo, che testimonia che in Val di Susa la sospensione della democrazia è tale per cui anche la libertà di stampa e di informazione viene interdetta. In barba a qualsiasi garanzia della tanto acclamata legalità che tra le altre, all’art.21 della nostra costituzione recita: La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Vero presidente?

pc 6 marzo - PD e 9 marzo -fiom

Manifestazione Fiom, il Pd non partecipa
Fassina: "Con i No tav corteo cambia segno" ROMA - Non ci saranno esponenti del Pd alla manifestazione della Fiom in programma il 9 marzo a Roma, in piazza San Giovanni. La decisione è stata presa dalla segreteria dopo un incontro con il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, che nei giorni scorsi aveva detto di voler partecipare (insieme a Matteo Orfini e Nicola Latorre). Decisivo, per il dietrofront, il fattore No Tav cioè la presenza sul palco di rappresentanti del fronte contrario all'Alta velocità. Lo stesso Fassina, parlando con i giornalisti, ha detto: "Pur condividendo alcuni punti di fondo della piattaforma, non andrò perché il corteo ha cambiato segno anche per l'annunciata adesione dei no Tav".

il PD poi aggiunge qualcosa che mostra anche un'altro lato della manifestazione FIOM
'la piattaforma della Fiom per il 9 marzo non è contro il governo Monti..'

La segreteria del Pd spiega che "la piattaforma della Fiom per il 9 marzo non è contro il governo Monti ma coglie aspetti centrali delle rivendicazioni che lo stesso pd sostiene. Primo fra tutti il tema della democrazia sindacale, reso particolarmente acuto dal caso 'fiat'. La manifestazione - si aggiunge - sta però assumendo un significato diverso dalla iniziale piattaforma - tutta centrata sul lavoro - con il sostegno che la Fiom ha dato fin dall'inizio alla battaglia dei no tav, una posizione che stride con l'orientamento maggioritario dei democratici.


la risposta di Landini chiarisce come la FIOM con il PD ha e voglia mantenere un rapporto

Il segretario Fiom, Maurizio Landini, risponde: "Abbiamo invitato e gli abbiamo chiesto di poter parlare alla nostra manifestazione il presidente della comunità montana della Val susa, Sandro Plano, che è iscritto al Pd ed è stato sindaco di Susa".

pc 6 marzo - di inammissibile, c'è solo il comportamento di Napolitano

Presidente ma non eravamo noi quelli del NO?
“Rivolgo il più caldo appello a quanti restano non convinti della pur rilevante importanza, per l’Italia e per l’Europa, di quell’opera, affinché desistano da comportamenti inammissibili”, ha affermato Napolitano. “C’è bisogno nel paese di un clima costruttivo nel quale l’attenzione e gli sforzi si concentrino sull’impegno a garantire sviluppo, occupazione, giustizia sociale”. Napolitano dice no a un confronto diretto con gli amministratori della Val Susa, chiesto in occasione della sua visita a Torino.

”Non posso aderire a incontri in cui si discutano decisioni come quelle relative alla linea Torino-Lione: decisioni che non mi competono, che sono state via via assunte dalle istanze di governo responsabili e che hanno già formato oggetto, nel corso di parecchi anni, di molte discussioni e mediazioni”.

Con queste motivazioni il Presidente dice di non avere competenza e si rifiuta di incontrare i sindaci della Valle. Un appello gli è stato rivolto anche dal Prof. Ugo Mattei a nome del movimento notav, che forse arriva tardi vista la presa di posizione.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si schiera a favore dell’opera ferroviaria e di fatto avvalla ogni azione tesa a militarizzare la Valle e proseguire in quell’opera di “sottomissione” imposta alla Valsusa con la forza.

Occasione persa Presidente, ma non eravamo noi quelli del No?

pc 6 marzo - giù le mani da turi vaccaro - dittatura fascista in val susa



top — 6 marzo 2012 12:40 Turi Vaccaro portato in questura e foglio di via
Turi Vaccaro è stato fermato dalla Digos mentre si trovava al Centro Studi Sereno Regis di Torino, in via Garibaldi, dove ieri sera si è tenuta la riunione organizzativa per uno sciopero della fame collettivo contro il TAV.

Numerosi agenti e dirigenti della Digos lo hanno portato via dal Centro Studi in direzione questura di Torino per notificargli il foglio di via da Chiomonte. Probabilmnete anche perchè il centro studi si trova molto vicino alla zona dove si tiene la visita del presidente Napolitano (paura eh!)

Una provocazione bella e buona, che denota il pugno di ferro che inetnde tenere la questura torinese, intimidendo persino Turi, a nome di tutti, che è noto per il suo coraggio e per la sue azioni non violente come quella dell’altra sera, dove salì sul traliccio da dove cadde Luca Abbà, rimanendoci una notte intera. Anche allo sgombero della Maddalena il 27 giugno scorso, Turi affrontò da solo in autostrada la benna che demolì le barricate del movimento notav.

pc 6 marzo - Saviano..Tav, da Napoli alla Val di Susa le mani della mafia sui cantieri.. allora Caselli ?

Tav, da Napoli alla Val di Susa
I clan si presentano con imprese che vincono perché fanno i prezzi più vantaggiosi e sbaragliano il mercato. Il tracciato della Torino-Lione si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento
roberto saviano

TUTTI parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent'anni l'Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business perfezionatosi dai tempi dalla costruzione dell'Autostrada del Sole e della ricostruzione post-terremoto in Irpinia. Questa è una certezza giudiziaria e storica più solida delle valutazioni ambientali e politiche (a favore o contro), più solida di ogni altra analisi sulla necessità o sull'inutilità di quest'opera. In questo momento ci si divide tra chi considera la Tav in Val di Susa come un balzo in avanti per l'economia, come un ponte per l'Europa, e chi invece un'aberrazione dello spreco e una violenza sulla natura. Su un punto però ci si deve trovare uniti: bisogna avere il coraggio di comprendere che l'Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie. Il governo Monti deve comprendere che nascondere il problema è pericoloso. Prima dei veleni, delle polveri, della fine del turismo, della spesa esorbitante, prima di tutte le analisi che in questi giorni vengono discusse bisognerebbe porsi un problema di sicurezza del sistema economico. Che è un problema di democrazia.

Ci si può difendere dall'infiltrazione mafiosa solo fiaccando le imprese prima che entrino nel mercato, quando cioè è ancora possibile farlo. Ma ormai l'economia mafiosa è assai aggressiva e l'Italia, invece, è disarmata. Il Paese non può permettersi di tenere in vita con i fiumi di danaro della Tav le imprese illegali. Se non vuole arrendersi alle cosche, e bloccare ogni grande opera, deve dotarsi di armi nuove, efficaci e appropriate. La priorità non può che essere la "messa in sicurezza dell'economia", per sottrarla all'infiltrazione e al dominio mafioso, dotandola di anticorpi che individuino e premino la liceità degli attori coinvolti e creino le condizioni per una concorrenzialità, vera, non inquinata dai fondi neri. Oggi questa messa in sicurezza non è ancora stata fatta e il Paese, per ora, non ha gli strumenti preventivi per sorvegliare l'enorme giro degli appalti e subappalti, i cantieri, la manodopera, le materie prime, i trasporti, e lo smaltimento dei rifiuti, settori tradizionali in cui le mafie lavorano (inutile negarlo o usare toni prudenti) in regime di quasi monopolio. Quando i cantieri sono giganti con fabbriche di movimenti umani e di pale non ci sono controlli che tengano.

IL BUSINESS CRIMINALE
Le mafie si presentano con imprese che vincono perché fanno prezzi vantaggiosi che sbaragliano il mercato, hanno sedi al nord e curricula puliti, e il flusso di denaro destinato alla Tav rischia di diventare linfa per il loro potenziamento, aumentandone la capacità di investimento, di controllo del territorio, accrescendone il potere economico e, di conseguenza, politico. Non vincono puntando il fucile. Vincono perché grazie ai soldi illeciti il loro agire lecito è più economico, migliore e veloce. Lo schema finanziario utilizzato sino ad ora negli appalti Tav è il meccanismo noto per la ricostruzione post-terremoto del 1980: il meccanismo della concessione, che sostituisce la normale gara d'appalto in virtù della presunta urgenza dell'opera, e fa sì che la spesa finale sia determinata sulla base della fatturazione complessiva prodotta in corso d'opera, permettendo di fatto di gonfiare i costi e creare fondi neri per migliaia di miliardi. La storia dell'alta velocità in Italia è storia di accumulazione di capitali da parte dei cartelli mafiosi dell'edilizia e del cemento. Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento. Sono tutte pronte e già si sono organizzate in questi anni.

Esagerazioni? La Direzione nazionale Antimafia nella sua relazione annuale (2011) ha dato al Piemonte il terzo posto sul podio della penetrazione della criminalità organizzata calabrese: "In Piemonte la 'ndrangheta ha una sua consolidata roccaforte, che è seconda, dopo la Calabria, solo alla Lombardia". Così come dimostra la sentenza n. 362 del 2009 della Corte di Cassazione che ha riconosciuto definitivamente "un'emanazione della 'ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del Comune di Bardonecchia". L'infiltrazione a Bardonecchia (che arrivò a portare lo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa nel 1995 primo caso nel Nord-Italia) è avvenuta nel periodo in cui si stava costruendo una nuova autostrada e il traforo del Frejus verso la Francia. Gli appalti del traforo portarono le imprese mafiose a vincere per la prima volta in Piemonte.

I LEGAMI CON IL NORD
Credere che basti mettere sotto osservazione le imprese edili del sud per evitare l'infiltrazione è una ingenuità colpevole. Le aziende criminali non vengono dalle terre di mafie. Nascono, crescono e vivono al Nord, si presentano in regola e tutte con perfetto certificato antimafia (di cui è imperativa una modifica dei parametri). È sempre dopo anni dall'appalto che le indagini si accorgono che il loro Dna era mafioso. Qualche esempio. La Guardia di Finanza individuò sui cantieri della Torino-Milano la Edilcostruzioni di Milano che era legata a Santo Maviglia narcotrafficante di Africo. La sua ditta lavorava in subappalto alla Tav. La Ls Strade, azienda milanese leader assoluta nel movimento terre era di Maurizio Luraghi imprenditore lombardo. Secondo le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Luraghi era il prestanome dei Barbaro e dei Papalia, famiglie 'ndranghetiste. Nel marzo 2009 l'indagine, denominata "Isola", dimostrò la presenza a Cologno Monzese delle famiglie Nicoscia e Arena della 'ndrangheta calabrese che riciclavano capitali e aggiravano la normativa antimafia usando il sistema della chiamata diretta per entrare nei cantieri Tav di Cassano d'Adda. Partivano dagli appalti poi arrivavano ai subappalti e successivamente - e in netta violazione delle leggi - ad ulteriori subappalti gestendo tutto in nero.

Dagli appalti si approdava prima ai subappalti e successivamente - e in contrasto con le norme antimafia - ad ulteriori subappalti con affidamento dei lavori del tutto in nero. Nell'ottobre 2009 l'Operazione Pioneer arrestò 14 affiliati del clan di Antonio Spagnolo di Ciminà (Reggio Calabria), proprietario della Ediltava sas di Rivoli, con la quale si aggiudicò subappalti sulla linea Tav. Dalla Lombardia al Piemonte il meccanismo è sempre lo stesso: "Le proiezioni della criminalità calabrese, attraverso prestanome, - scrive l'Antimafia - hanno orientato i propri interessi nel settore edile e del movimento terra, finanziando, con i proventi del traffico di droga e dell'usura, iniziative anche di rilevante entità. In tale settore le imprese mafiose sono clamorosamente favorite dal non dover rispettare alcuna regola, ed anzi dal poter fare dell'assenza delle regole il punto di forza per accaparrarsi commesse".

A Reggio Emilia l'alta velocità è stata il volano per far arrivare una sessantina di cosche che hanno iniziato a egemonizzare i subappalti nell'edilizia in Emilia Romagna. Sulla Tav Torino-Milano si creò un business mafioso inusuale che generò molti profitti e che fu scoperto nel 2008. Fu scoperta una montagna di rifiuti sotterrati illegalmente nei cantieri dell'Alta Velocità: centinaia di tonnellate di materiale non bonificato, cemento armato, plastica, mattoni, asfalto, gomme, ferro, intombato nel cuore del Parco lombardo del Ticino. La Tav diventa ricchezza non solo per gli appalti ma anche perché puoi nascondere sottoterra quel che vuoi. Una buca di trenta metri di larghezza e dieci di profondità è in grado accogliere 20mila metri cubi dì materiale. Ci si arricchisce scavando e si arricchisce riempiendo: il business è doppio.

IL SISTEMA DEI SUBAPPALTI
I cantieri Tav sulla Napoli-Roma, raccontano bene quello che potrebbe essere il futuro della Tav in Val di Susa. Il clan dei Casalesi partecipa ai lavori con ditte proprie in subappalto e soltanto fino al 1995 la camorra intasca secondo la Criminalpol 10mila miliardi di lire. Fin dall'inizio gli esponenti del clan dei Casalesi esercitarono una costante pressione per conseguire e conservare il controllo camorristico sulla Tav in due modi: o infiltrando le proprie imprese o imponendo tangenti alle ditte che concorrevano nella realizzazione della linea ferroviaria. I cantieri aperti dal 1994 per oltre dieci anni, avevano un costo iniziale previsto di 26.000 miliardi, arrivato nel 2011 a 150.000 miliardi di lire per 204 chilometri di tratta; il costo per chilometro è stato di circa 44 milioni di euro, con punte che superano i 60 milioni. Le indagini della Dda spiegarono alcuni di questi meccanismi scoprendo che molte delle società appaltatrici erano legate a boss-imprenditori come Pasquale Zagaria, coinvolto nel processo Spartacus a carico del clan dei Casalesi (e fratello del boss Michele, il quale, ancora latitante, riceveva nella sua villa imprenditori edili dell'alta velocità). Il clan dei Casalesi partecipò ai lavori con ditte proprie, accaparrandosi inizialmente il monopolio del movimento terra attraverso la Edil Moter. Nel novembre del 2008 le indagini della procura di Caltanissetta ruotarono intorno alla Calcestruzzi spa, società bergamasca del Gruppo Italcementi (quinto produttore a livello mondiale), che forniva il cemento per realizzare importanti opere pubbliche tra cui alcune linee della Tav Milano-Bologna e Roma-Napoli (terzo e quarto lotto), metrobus di Brescia, metropolitana di Genova e A4-Passante autostradale di Mestre. Le indagini (che aveva iniziato Paolo Borsellino) mostrarono: "Significativi scostamenti tra i dosaggi contrattuali di cemento con quelli effettivamente impiegati nella produzione dei conglomerati forniti all'impresa appaltante". L'indagine voleva accertare se la Calcestruzzi avesse proceduto "a una illecita creazione di fondi neri da destinare in parte ai clan mafiosi dell'isola, nonché l'eventuale esistenza di una strategia aziendale volta a tali fini".

Ecco: questa è l'Italia che si appresta ad aprire i cantieri in Val di Susa. Che la mafia non riguardi solo il sud ormai è accertato. Di più: le organizzazioni criminali non solo in Italia, ma anche in Usa e in tutto il mondo, stanno approfittando enormemente della crisi, che è diventata per loro un'enorme occasione da sfruttare. Bisogna mettere in sicurezza l'economia del paese e siamo, su questo terreno, in grande ritardo. La giurisprudenza antimafia è declinata sulla caccia ai boss mafiosi. Giusto, ma non basta: serve un balzo in avanti, serve una giurisprudenza che dia la caccia agli enormi capitali, alle casseforti criminali che agiscono indisturbate nel mondo della finanza internazionale. O ci si muove in questa direzione o l'alternativa è che ogni forma di ripresa economica sarà a capitale di maggioranza mafioso.
(06 marzo 2012)

pc 6 marzo - Retorica sessista contro il movimento No Tav


notavinfo

movimento — 5 marzo 2012 12:01

(di Sguardi sui Generis)
L’ultima settimana è stata teatro di una possente campagna mediatica volta a delegittimare e criminalizzare il movimento notav. Si sono spesi fiumi d’inchiostro per divulgare improbabili distorsioni della cronaca, per avanzare analisi patetiche e per fare da cassa di risonanza alle dichiarazioni di governo. Ognuno di questi articoli ha un portato di violenza insopportabile – quello che solo la menzogna sa avere. Un articolo in particolare, tuttavia, esibisce una sorta di surplus di violenza – quello che solo il sessismo sa esercitare attraverso il suo immaginario. Ci si riferisce all’articolo dal titolo No Tav: le donne sconfitte della Val Susa comparso online un paio di giorni fa sul supplemento femminile del Corriere della sera (http://www.iodonna.it/iodonna/guardo/12_a_sapegno-inchieste-val-susa.shtml).

Ci sono numerosi argomenti per replicare a questo articolo. Il primo è che narra il falso: le donne della Valsusa sono tutte ai loro posti, magari con qualche osso rotto dai manganelli della polizia, ma ci sono. Anche le donne che vanno in Valsusa, pur non essendoci nate, sono tutte ai loro posti. A volte tra le belle montagne piemontesi, a volte nei presidi delle città in cui vivono, più o meno lontane dalla valle. Non ci sono accenti che appartengono più o meno al movimento No Tav: il dialetto di Giaveno e quello palermitano sono entrambi lingue No Tav. L’esperanto di questo movimento meraviglioso non seziona la lotta nelle sue frange legittime e illegittime (come piacerebbe alla stampa d’ogni colore), ma ne testimonia semplicemente la trasversalità, ricchezza e potenza. Chiunque si chieda cosa spinga una ragazza romana a mettere in valigia i suoi migliori scarponi, fare migliaia di kilometri e andare in Valsusa può porsi una domanda semplicissima: chi pagherà la tav? La risposta è tutti e tutte. Il mistero della partecipazione extra-locale alle mobilitazioni è presto svelato.

Il secondo motivo per replicare all’articolo di Io donna è che è un testo sessista. In primis nella struttura: la finzione dell’inchiesta maschera un utilizzo in realtà violento delle esperienze personali. Con le vite delle donne è facile fare pornografia – come in questo articolo – dove si cerca di tratteggiare in forma caricaturale lo spazio dell’intimità. Nella narrazione proposta compaiono rossori, imbarazzi e pudori: la dimensione del corporeo viene così saccheggiata da un’ermeneutica violenta che costringe la donna – anche là dove protagonista – entro una figura debole e goffa. Compiaciuto il cronista s’intenerisce di fronte alla scena di quelle donne “ingenue e tenere” che lui pretende di descrivere: ecco il dispositivo sessista che viviseziona il corpo femminile al fine di eccitare o intenerire. E se la figura insopportabile delle “candide” donne Valsusine proposta nell’articolo allude alla seconda delle due opzioni, la sua contro-figura non può che essere un’immagine fortemente erotizzata. Ed ecco allora che compare una giovane militante: “bellissima, un volto da attrice e sguardo penetrante” (nome e cognome ripetuti per l’ennesima volta tra le righe di un articolo spazzatura). Fissata questa dicotomia, ci si può sbizzarrire con gli stereotipi.

Stando alla narrazione del Corriere le goffe e tenere donne della Valle, tutte pacifiche e materne, trovano sempre nella famiglia e nei problemi ad essa connessi entro la comunità i motivi delle loro lotte. Queste donne lottano per i figli, per le scuole e per gli ospedali, per i giovani che devono crescere e i vecchi che devono accudire. Anche all’interno della lotta il loro ruolo è soprattutto di cura: preparano té caldi, intrattengono i bambini, cucinano, etc.. etc… Immagine rassicurante di una figura tradizionalmente materna a cui si contrappone quella che dovrebbe essere la sua negazione. Una figura femminile violenta, attraente, sradicata e degenerata che incombe sulla purezza dell’autentica Valsusina. A parte il carattere fittizio – ridicolo se non rappresentasse un gesto di violenza verso tutte le donne del movimento – delle due caratterizzazioni, è importante denunciare il sessismo insito nel tentativo di frammentazione della soggettività femminile.

Il problema sta nell’imposizione dell’aut aut. Le donne reali eccedono la dicotomia e si riconoscono tra loro a partire da differenze che sono il prodotto di esperienze reali, di percorsi di vita, etc… etc… Le donne reali sanno anche che le dicotomie vanno spezzate in primis nella propria vita per non rischiare che ogni scelta divenga un’alternativa secca. Quando l’articolo del Corriere descrive le donne Valsusine che scompaiono in modo proporzionale all’avanzata di altre donne non fa altro che esorcizzare l’idea che le donne Notav siano riuscite a sfuggire una logica discorsiva binaria (e questa sarebbe una tra le tante vittorie del movimento!). L’articolo cerca addirittura di risospingerle nell’ombra, di convincerle che lo spazio adatto per le loro battaglie è quello privato e domestico. Cerca di sottrarre le donne alla lotta e la lotta alle donne mentre, in verità, sta solo a queste ultime decidere per cosa e come lottare. Non ci sono contenuti e pratiche pregiudizialmente contrari: una madre barricadera è un ossimoro solo per una cultura sessista! In Valle ci sono solo donne in carne ed ossa, quelle altre quelle cattive, sono fantasmi agitati per spaventare chi ormai è già diventato troppo grande per avere paura.

Le donne sconfitte della Valle di Susa? …Sicuro?
MARZO 05, 2012
Volevo rispondere all’articolo indegno apparso su Io Donna del 3 marzo 2012 a firma Paolo Sapegno.

Non si capisce se il signor Sapegno , che pare spacciarsi quale esperto del caso Valle di Susa , viva su questa terra o su un altro pianeta visto che racconta cose che nessuno di noi che pure abitiamo queste “ lande sperdute” , come lui le chiama , avevamo percepito.

Dunque, il signor Sapegno si chiede dove siano finite tutte quelle donne ( e qui giù nomi e cognomi in barba a quasiasi tipo di rispetto – e non solo quello ipocrita e formale per la privacy ) che un tempo , a suo dire lontano anni luce, nell’ambito della protesta contro l’alta velocità in Valle di Susa “ portassero da casa i giochi dei loro figli, perchè non avevano i soldi per comprarli, e portassero qualcosa, anche dei vassoi, anche le tazze da the, o un piattino che può servire” , oppure dove sia sparita quella donna che “guidava la fiumana di gente con la cesoia in mano per tagliare la rete di recinzione che delimitava la zona rossa del cantiere”. E sostiene di non riuscire più a ritrovare “ la donna con i capelli grigi e felpa scura, che sul ponte sotto la baita del presidio Clarea, arringava la folla con la voce strascicata dal dialetto, come una madre che si arrabbia appena un po’.”

Tutte queste donne, secondo Sapegno si sono perdute e sono state sconfitte dalla violenza che ora , a suo dire , attanaglierebbe il Movimento. Violenza portata da altre donne che con la valle non hanno nulla a che fare e che parlano idiomi diversi e “ indossano il passamontagna”.

Caro Signor Sapegno , come mai non ha ritrovato Marisa , la coraggiosa donna di 74 anni , tra le file dei manifestanti di oggi? Perché lei non sa guardare aldilà della sua comoda scrivania. Se fosse venuto in Valle di Susa , solo due sere fa , avrebbe ritrovato Marisa accanto alla sua gente , al blocco autostradale , seduta su una sedia di fortuna perché le gambe non l’aiutano più. Molto spaventata di fronte ad un inusitato “esercito” di poliziotti e carabinieri in antisommossa , ma determinata a rimanere. “ Mi sono legata alla sedia” mi ha detto ,”così faranno fatica a portarmi via”. Certo , in quei momenti agitati non ha avuto tempo di preparare una flemmatica tazza di tè. Pensava invece a sostenere , anche solo con la sua vicinanza , la sua gente. E chi c’era a fronteggiare le forze dell’ordine che mai come questa volta hanno esercitato sulla popolazione un’inaccettabile violenza ? C’erano Titti , Piera , Monica. Sedute a terra , resistendo con la non violenza alla brutalità di chi viene mandato ad imporre un’opera assurda e devastante manu militari.

E certo Monica non poteva coinvolgere i suoi bambini mentre cercava di sfuggire al lancio dei lacrimogeni e al getto degli idranti. Né Titti poteva occuparsi della cena dei manifestanti mentre un poliziotto le fracassava una caviglia , come risposta al suo non volersi spostare.

Certamente il signor Sapegno non avrebbe potuto vedere Nina e Marianna. Liberate dal carcere ma ancora private della libertà personale come due incallite criminali , in questo Paese che manda a marcire coloro che difendono la propria terra e decora, promuove e abbraccia mafiosi e massacratori di ogni specie.

Di queste donne ,e di tutte le altre , che in questo momento in Valle di Susa, insieme ai loro compagni, fratelli e figli ,sostengono con estremo coraggio una lotta democratica e civile in un Paese che di democratico e civile non ha più nulla lei , signor Sapegno, non è degno di pronunciarne il nome.

Doriana Tassotti

pc 6 marzo -lo slai cobas per il sindacato di classe non aderisce, nè partecipa al 9 marzo

lo slai cobas per il sindacato di classe non aderisce, nè partecipa alla
manifestazione nazionale fiom del 9 marzo

serve il sindacato di classe basato sui cobas in ogni fabbrica e per fare
questo la fiom è un ostacolo non un alleato e in ogni fabbrica bisogna
tracciare una linea di demarcazione tra sindacalismo di classe e la fiom
il governo Monti è un governo di dittatura del capitale antioperaio e
antipopolare, tutti i partiti parlamentari sono parte integrante di esso
per questo la lotta sindacale di classe non può che essere oggi che anche
contro il governo, contro tutti i partiti parlamentari e contro i sindacat
ad essi asserviti CISL_CGIL_UIL, distinguendo gli operai iscritti
estrutture, apparati, dirigenti sindacali cgil-cisl-uil
il sindacalismo di base e di classe , del quale non fa parte il cobas
confederazione, deve cercare e trovare la sua unità su basi di classe
costruendo una mobilitazione prolungata contro padroni governo, lo stato del
capitale e i partiti parlamentari
nelle fabbriche a partire dalla fiat, avanza il fascismo padronale, ad esso
bisogna opporre la resistenza di classe, adottando anche sul piano sindacale
forme nuove di lotta - su questo sia nella fiom come nel sindacalismo di
base e di classe bisogna condurre una lotta tra due linee contro
burocratismo, sindacalismo delle tessere e del primato delle vertenze
legali, riformismo politico e sindacale
il sindacalismo di base e di classe è e deve essere parte della lotta
generale della classe operaia e delle masse popolari volte al rovesciamento
con la rivolta operaia e popolare dei governi e stato dei padroni, per un
governo e un potere nelle mani della classe operaia e delle masse popolari

slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
5 marzo 2012

lunedì 5 marzo 2012

pc 5 marzo - Siamo stati in Val di Susa e abbiamo capito

5 marzo 2012 11:17 Siamo stati in Val di Susa e abbiamo capito
Siamo stati in Val di Susa ospiti degli abitanti della valle: insegnanti, agricoltori, pensionati, studenti e abbiamo visto:
Un luogo attraversato da due strade statali, un’autostrada, un traforo, una ferrovia, impianti da sci, pesanti attività estrattive lungo il fiume.
Persone che continuano a curare questo territorio già affaticato da infrastrutture ed attività commerciali e cercano di recuperare un rapporto equilibrato con l’ambiente e la propria storia.
Una comunità che crede nella convivialità e nella coesione sociale e coltiva forti rapporti intergenerazionali.

Abbiamo capito che in Val di Susa non è in gioco la realizzazione della ferrovia Torino-Lione, bensì un intero modello sociale. Un popolo unito e coeso, una comunità forte non può essere assoggettata a nessun interesse nè politico, nè economico. E’ interesse di tutti i poteri forti dividere, isolare, smembrare per poter meglio controllare e favorire interessi particolari.

Abbiamo capito perché tutto l’arco costituzionale vuole la TAV, non è dificile, basta guardare alle imprese coinvolte:

Cmc (Cooperativa Muratori e Cementist) cooperativa rossa, quinta impresa di costruzioni italiana, al 96esimo posto nella classifica dei principali 225 «contractor» internazionali che vanta un ex-amministratore illustre, Pier Luigi Bersani, si è aggiudicata l’incarico (affidato senza gara) di guidare un consorzio di imprese (Strabag AG, Cogeis SpA, Bentini SpA e Geotecna SpA) per la realizzazione del cunicolo esplorativo a Maddalena di Chiomonte. Valore dell’appalto 96 milioni di Euro.

il cantiere

Rocksoil s.p.a società di geoingegneria fondata e guidata da Giuseppe Lunardi il quale ha ceduto le sue azioni ai suoi familiari nel momento di assumere l’incarico di ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Nel 2002, la Rocksoil ha ricevuto un incarico di consulenza dalla società francese Eiffage, che a sua volta era stata incaricata da Rete Ferroviaria Italiana (di proprietà dello stato) di progettare il tunnel di 54 Km della Torino-Lione che da solo assorbirà 13 miliardi di Euro. Il ministro si è difeso dall’accusa di conflitto di interessi dicendo che la sua società lavorava solo all’estero.

Impregilo è la principale impresa di costruzioni italiana. È il general contractor del progetto Torino-Lione e del ponte sullo stretto di Messina. Appartiene a:
33% Argofin: Gruppo Gavio. Marcello Gavio è stato latitante negli anni 92-93 in quanto ricercato per reati di corruzione legati alla costruzione dell’Autostrada Milano-Genova. Prosciolto successivamente per prescrizione del reato.
33% Autostrade: Gruppo Benetton. Uno dei principali gruppi imprenditoriali italiani noto all’estero per lo sfruttamento dei lavoratori delle sue fabbriche di tessile in Asia e per aver sottratto quasi un milione di ettari di terra alle comunità Mapuche in Argentina e Cile
33% Immobiliare Lombarda: Gruppo Ligresti. Salvatore Ligresti è stato condannato nell’ambito dell’inchiesta di Tangentopoli pattuendo una condanna a 4 anni e due mesi dopo la quale è tornato tranquillamente alla sua attività di costruttore.

Abbiamo capito che l’unico argomento rimasto in mano ai politico-imprenditori ed ai loro mezzi di comunicazione per giustificare un inutile progetto da 20 miliardi di euro mentre contemporaneamente si taglia su tutta la spesa sociale è la diffamazione. Far passare gli abitanti della Val di Susa come violenti terroristi. Mentre noi abbiamo visto nonni che preparavano le torte, appassionati insegnanti al lavoro, agricoltori responsabili, amministratori incorruttibili.

Abbiamo capito che questo è l’unico argomento possibile perchè ormai numerosi ed autorevoli studi, di cui nessuno parla, hanno già dimostrato quanto la TAV sia economicamente inutile e gravemente dannosa.

Questi i principali:
Interventi scientifici e studi relativi all’Alta Velocità Torino-Lione dei ricercatori del Politecnico di Torino: http://areeweb.polito.it/eventi/TAVSalute/

Analisi degli studi condotti da LTF in merito al progetto Lione-Torino, eseguiti da COWI, rinomato studio di consulenza che lavora stabilmente per le istituzioni europee: http://ec.europa.eu/ten/transport/priority_projects/doc/2006-04-25/2006_ltf_final_report_it.pdf

Contributo del Professore Angelo Tartaglia, del Politecnico di Torino: http:/www.notav.eu/modules/Zina/Documenti/2010_11-Angelo%20Tartaglia%20confuta%20teorie%20S%EC%20TAV%20On.%20Stefano%20Esposito.pdf

Analisi economica del Prof. Marco Ponti del Politecnico di Milano
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002454.html

Rapporto sui fenomeni di illegalità e sulla penetrazione mafiosa nel ciclo del contratto pubblico del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro:
http://www.notav.eu/modules/Zina/Documenti/2008_Rapporto%20sugli%20appalti.pdf

Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., RFI, TAV e ISPA per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema “Alta velocità”:
http://www.notav-avigliana.it/doc/delibera_25_2008_g_relazione.pdf

Presentazione dell’Ingegnere Zilioli, in relazione a “EFFETTI TAV – STUDI EUROPEI/buone pratiche e cattivi esempi”
http://www.comune.re.it/retecivica/urp/retecivi.nsf/PESIdDoc/CE2F74FF4EBDC0A7C125783000474080/$file/Presentazione%20Ing.%20Zilioli.pdf
Ricerca del Politecnico di Milano sull’alta velocità in Italia che svela un buco di milioni di utenti.
http://www.tema.unina.it/index.php/tema/article/view/486

NON POSSIAMO RESTARE IN SILENZIO, COSTRUIAMO LA NOSTRA INFORMAZIONE DAL BASSO, INOLTRA E DIFFONDI QUESTO MESSAGGIO.

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Primi firmatari:
Caterina Amicucci, Sara Taviani, Carla Cipolla, Paolo Carsetti, Andrea Baranes, Antonio Tricarico, Giulia Franchi, Luca Manes, Carlo Dojmi di Delupis, Elena Gerebizza, Luca Bianchi, Laura Boschetto, Vitaliana Curigliano, Chiara Belingardi, Stefania Grillo, Pamela Teoli, Adriana Rosasco, Benedetto Calvo, Riccardo Carraro, Stefania Pizzolla, Andrea Cocco, Filippo Maria Taglieri, Sara Turra, Andrea Provvisionato, Michela Bortoli, Francesco Martino, Silvia Nesticò, Dario Radi, Elena Cavassa, Enzo Vitalesta, Tommaso Fattori, Teresa Maisano, Tonino Lepore, Rosario Scollo, Marco Bersani, Marco Pontiglione, Matteo Testino, Filagosto Festival, Daniele, Daniele Baldi, Marilena Pallareti, Matteo Rossi, Daniele Girardi, Strappo, Daniela Napoli, Ottavia, Miche, Francesco Veterani, Luca Falconi, Massimo Torelli, Simone de Panfilis, Francesca Cau, Vittorio Lovera, Gabriele Gentile, Francesco Musumeci, Mario Colella, Barbara Antonelli, Giorgia Vezzoli, Laura, Antonella Bottero, Raffaella Grasso, Vincenzo, Lia Bianco, Massimo Lupo, Mattia Pelli, Deborah Lucchetti, Riccardo Sinibaldi, Om Sharan Salafia, Casetta Rossa, Paolo Andreoni, Franco Borghi, Claudio Giambelli e Ornella Berniet, Emanuele Leonardi, Caterina Lizzano, Loretta Meluzzi, Maurizio Bordonaro, Nuovo CInema Palazzo – Sala Vittorio Arrigoni, Roberto Eufemia, Anna Bragatto, Angela, Boosta Pazzesca, Massimilano Petrucci, Lauretta, Maryline lagrange, Rosalba, Silvia Nocera, Hasan Al-Basri Rubirisa, Stefano Zarlenga, Giosuè de Salvo, Germana, Enni, Alessandro De Toni, Antonio Liguori, Paola Maldini, Silvia, Gualtiero Alunni, Michela Vitturi, Rosella, Damiano de Paoli, Roberto Bruschi, Luigi Mochi Sismondi, Daniela, Titty, Maurizio Nagni, Marie Kuijken, Diego Chia Mi, Bruno Antonio Bellerate, Franco Borghi, Andrea Maggi, Francesco Castellan, Claudia Puntel, Stefano Bigliazzi, Stefano Breda e Maria Elena Locatelli, Alessandro Falaschi, Andrea, Silvana Giannuzzi, Bruno, Teresa Botte, Mauro, Valentino, Patrizia, Maurizio, Costanza Castracane, Elisabetta, Ciclostile critico, Riccarso Aglietti, Paolo Marchiori, Patrizia Caruso, Alfonso Perrotta, SIlvia Lumaca, Letizia Bresci, Antonio Colizzi, Laura Orsi, Marco Verdone, Pierluigi, Chiara, Alidina Marchettini, Fabris, Iara Ciccarelli dias, comunicazione altra, Diego Monico, Elisabetta, Marinella Roviglione, Walter Zaffaroni, Pietro Pesaresi, Francesco Tupone, Alessandro Paolo, Iacopo Bartelletti, Dario Righettini, Dantina, Carola Catenacci, Giovanni Nocella, Gianpaolo Rampini, Daniela Alessandrini, Rossana Manassero, Francesco Pansera


Per aderire, lascia un commento al link qui sotto e man mano aggiorneremo la lista

http://siamostatiinvaldisusa.wordpress.com/2012/03/02/siamo-stati-in-val-di-susa-e-abbiamo-capito/

pc 5 marzo - Napolitano.. una vergogna, rifiuta di incontrare i sindaci NO TAV, dimostrandosi prevenuto e di parte...risposta di lotta dei NOTAV

Tav, Napolitano: "Basta violenze"
niente incontro con i sindaci
Il movimento No Tav reagisce al rifiuto di un incontro coi sindaci del presidente Napolitano con l'ennesimo blocco dell'autostrada. Dopo l'assemblea tenuta a Bussoleno, infatti, duecento manifestanti si sono spostati in auto fino alla frazione Vernetto, dove c'è lo svincolo di Chianocco, teatro dei blocchi e degli scontri dell'ultima settimana. Attorno alle 19.40 il gruppo di attivisti contrari alla Torino-Lione ha invaso entrambe le carreggiate creando così lunghe file di veicoli.

L'assemblea è così proseguita sull'autostrada per circa un'ora. Poi, alle 20.10 la riunione è terminata e i manifestanti hanno liberato l'autostrada. Durante l'incontro è stato deciso un volantinaggio al mercato di Susa di domani mattina

pc 5 marzo - Palermo, fischi dei No Tav a Giancarlo Caselli


Palermo, fischi dei No Tav a Giancarlo Caselli
"Ha firmato decine di arresti a nostro danno"Contestato il magistrato durante la presentazione del suo libro alla Feltrinelli: "Promotore di una gigantesca operazione repressiva per tutelare gli interessi di chi, pur di fare profitti, non esita ad imporre la propria volontà". Il procuratore: "Mi si può dire di tutto ma non mafioso, a me che 20 anni fa ho lasciato Torino per venire in Sicilia" I No Tav davanti alla Feltrinelli di Palermo

Sit-in di protesta dei No Tav palermitani davanti alla libreria Feltrinelli, in via Cavour, a Palermo, dove era atteso il procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, per presentare il suo ultimo libro "Assalto alla giustizia". Il traffico è andato in tilt. "Caselli - spiegano i manifestanti - ha firmato decine di arresti a danno di esponenti del movimento No Tav, nel gennaio scorso, facendosi promotore di una gigantesca operazione repressiva. Questa è volta a tutelare gli interessi affaristico-mafiosi (quelli veri! Ci teniamo a sottolinearlo) di chi, pur di fare profitti, non esita ad imporre, attraverso la mano militare dello Stato, la propria volontà, scavalcando i bisogni della popolazione Valsusina e il suo diritto a difendere il territorio e a viverlo come meglio crede. Stiamo parlando delle cooperative rosse, della Cmc di Ravenna coinvolta nella costruzione della Grande opera inutile". Una decina di giorni fa una contestazione analoga si era verificata a Genova.

I No Tav hanno affisso uno striscione con scritto "Tav = Mafia, La Val Susa ha diritto di resistere". Sul posto uno schieramento di forze dell'ordine. Caselli, entrato da un ingresso secondario della libreria, e' stato fischiato dai manifestanti che hanno scandito anche slogan. Bloccato uno degli ingressi della libreria. Il traffico nella zona e' paralizzato.

"Quello che sta succedendo faccio fatica a capirlo, è contro ogni logica. C'è un movimento dei No Tav che può avere tutte le ragioni del mondo ma se vengono violate le norme un magistrato non può voltarsi dall'altra parte. Sono stati commessi dei reati, e a dirlo è stato il Tribunale della Libertà che si è espresso già tre volte" ha detto il procuratore capo di Torino, "è una polemica che stento a capire e non mi era mai capitato di vedere scritte come 'Caselli boia o mafioso', che mi dicono essere apparse anche a Palermo. Mi si può dire di tutto ma non mafioso a me che 20 anni fa ho lasciato Torino per venire in Sicilia. Invece di essere rispettato vengo insultato solo perchè faccio il mio dovere".
(05 marzo 2012) © Riproduzione riservata

pc 05 marzo - CASELLI ALLA FELTRINELLI DI PALERMO - CONTESTIAMOLO

Denunciamo l'odiosa campagna che lo Stato, il Governo,i Partiti parlamentari, parte della stampa e il Procuratore Caselli scatenano per giustificare l'occupazione della valle, le violenze poliziesche, gli arresti per criminalizzare il movimento No Tav.

Oggi in occasione... della presenza del Procuratore Caselli alla Feltrinelli di Palermo, i solidali in città con il movimento No Tav daranno il benvenuto all'architetto del teorema giudiziario volto a reprimere i militanti No Tav tutt'ora in galera o agli arresti domiciliari.

Con la valle che resiste, ora e sempre NoTav!

pc 5 marzo - rivolta al cie di torino

4 MAR - Disordini sono scoppiati in serata nel Cie (Centro identificazione ed espulsione) di Torino.

Alcuni immigrati - si apprende dalla Questura - hanno lanciato calcinacci e altri oggetti contro gli agenti di Polizia che hanno risposto con il lancio di lacrimogeni. Un incendio e' stato appiccato nei locali della mensa.

Alcuni immigrati hanno divelto alcune grate del Cie e hanno tentato di fuggire, ma sono stati fermati dalla Polizia prima che riuscissero a lasciare le strutture del Cie. (ANSA).

pc 5 marzo - sbirri rapinatori di extracomunitari - i soliti vigliacchi razzisti e ladri

Rapine agli extracomunitari
Arrestati quattro poliziotti
Operazione della squadra Mobile della questura di Bologna. Una delle vittime sarebbe stata sequestrata e aggredita
La squadra mobile di Bologna ha arrestato questa mattina, su ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Alberto Ziroldi e chiesta dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal sostituto procuratore Manuela Cavallo, quattro poliziotti in servizio sulle volanti. Sono accusati di due rapine ai danni di extracomunitari durante controlli. In un caso, secondo l'accusa, una vittima sarebbe stata anche sequestrata e aggredita.

pc 5 marzo - è impossibile fermare la lotta popolare NO TAV.. il popolo è la forza motrice della storia

notav_info La settimana che sconvolse…il paese

Si chiude con Turi sul traliccio dal quale è precipitato Luca, la settimana di battaglia che ci ha visti in mobilitazione permanente da lunedì scorso. A dire il vero tutto incominciò con le 75000 persone provenienti da tutta Italia,che sfilarono da Bussoleno a Susa, atto politico di alto livello, che abbracciando i nostri detenuti ormai carcerati da un mese, ci ha spinti verso l’imminente allargamento. Dopo neanche 48 ore il blitz delle forze dell’ordine trova il coraggio e la determinazione di Luca, che si trasforma in apprensione e rabbia per tutta l’Italia e la Valle intera. Da lì incomincia tutto e dal bollettino medico che scioglie la prognosi sulla vita di Luca, prosegue con ulteriore slancio.

Sono stati giorni intensi, impegnativi dove ci siamo dovuti confrontare con tutto e tutti, scontrare con alcuni e vedere man mano davanti a i nostri occhi (e poi sulle nostre teste) la volontà di proseguire con questa opera che assume sempre più i contorni della farsa.

Dopo aver conosciuto l’inumanità di chi vuole la tav a tutti i costi, comprese le forze dell’ordine e le ditte che hanno continuato a lavorare con il corpo di Luca steso sul terreno, abbiamo contrastato la violenza di chi si costituisce invasore ed occupante di una terra, che con una violenza inaudita ha provato a cacciarci da casa nostra su mandato del ministro dell’Interno.

Abbiamo visto per la prima volta il governo tecnico diventare politico, scegliendo la linea oltranzista sulla Torino Lione, sintomo di quanto Intesa san Paolo e i “piemontesi” interni all’esecutivo contano. Un consiglio dei ministri straordinario e specifico permette a Monti di associarsi al coro dei governi precedenti che nonostante tutte le roboanti dichiarazioni sono caduti e sorpassati e mentre noi siamo ancora qua.

Sono stati giorni in cui abbiamo insegnato a molti di quelli che fanno politica che una comunità in lotta, un movimento popolare sa marciare unendo conflitto e consenso nonostante l’imparità dei mezzi a disposizione.

L’informazione per noi è sempre stata un campo di battaglia, e in questo caso, tranne alcuni esempi, si è messa l’elmetto e ci ha inquadrato nel mirino dei nemici. Opinionisti e cronisti quasi tutti dai loro uffici e qualcuno da qui sul campo, hanno offerto il peggio dell’informazione “embedded”, trovando astio tra il popolo come mai si era visto.

Commentatori e testate a tifare contro di noi come si fa in uno sport, con il video di Marco, quello del Pecorella, che strumentalmente è stato preso a esempio di come sia il movimento notav. Chili di parole, ore di immagini per giustificare un carabiniere che non ha alzato il manganello come abitualmente fa…mah evidentemente questo è il mondo.

Tra le pieghe di tutte le vicende si è inserito negli ultimi giorni Mario Virano, che al posto di dare le dimissioni al governo visto che ha fallito il suo compito (era quello di conciliare e convincerci), va in tv a proferire certezze su costi, tempi e composizione del movimento notav. Nella realtà è un uomo di strutto e le sue apparizioni sono sempre più tristi.

E’ stata una settimana di resistenza vera e propria dove non abbiamo lasciato niente di intentato come abbiamo sempre fatto e come sempre faremo, perché la nostra lotta non finisce domani, ha tempo e per il futuro ci attrezziamo con tenacia.

La settimana si è chiusa con il ritorno in Clarea per dimostrare che possiamo tornarci e che nulla è perso. Ci piacerebbe solo leggere da qualche parte che quelle recinzioni non sono solo illegittime ma sono anche illegali, perché praticate con la forza dei manganelli e non con quella delle leggi tanto cara ai più.

Metro per metro continueremo anche nei prossimi giorni, consapevoli di una forza in più: quella dell’Italia che resiste che in questi giorni ha presidiato, informato, bloccato, manifestato ovunque in solidarietà con noi.

Lo striscione che apriva il corteo del 25 diceva: siamo notav, fermarci è impossibile! E ne siamo sempre più convinti e siamo sempre di più.

Un’altra settimana si apre e si annuncia “in movimento” come sempre , sapendo che le sorprese della nostra controparte sono sempre dietro l’angolo.

Possiamo già dire che la prossima settimana la chiuderemo sotto le carceri dove ci sono ancora i notav detenuti da più di un mese e invitiamo più gente possibile a portare un po’ di calore dentro quelle sbarre.

Ringraziamo tutti e tutte, ringraziamo Anonymous, chi ha esposto bandiere striscioni in mezza Europa e ci ringraziamo a vicenda tra di noi ,perché siamo orgogliosi di essere quello che siamo: una valle che resiste, non si arrende e si difende.

movimento NO TAV
4 marzo 2012


il volantino diffuso ovunque da proletari comunisti - PCm italia


“Il popolo e solo il popolo
è la forza motrice della storia”
Mao Tsetung
Una grande manifestazione di
75.000 persone attraversa la val
susa il 25 febbraio- noi ci siamo
stati- per gridare il no della
valle alla tav.
Il governo, in spregio a questo,
anticipa gli espropri illegali dei
coltivatori per recintare e far
proseguire il cantiere.
I coltivatori si oppongono, uno
di essi Luca Abbà , da sempre
in prima fila in questa protesta
popolare, sale su un traliccio,
per ostacolare l'esproprio, inseguito da un poliziotto che non avrebbe dovuto mai farlo, cade e tocca un cavo
ad alta tensione, rischiando gravemente la vita: Luca è amato e rispettato in tutta la valle. Dilaga la protesta
giorno e notte e dalla val susa si estende a tutta Italia
Denunciamo l'odiosa campagna che lo Stato, il Governo,i Partiti parlamentari, parte della stampa e il
Procuratore Caselli scatenano per giustificare l'occupazione della valle, le violenze poliziesche, gli arresti per
criminalizzare il movimento No Tav.
Noi partecipiamo e sosteniamo la più grande lotta nel nostro paese contro le devastazioni ambientali al
servizio della speculazione e del profitto.
Noi siamo impegnati nella battaglia per generalizzare su scala nazionale le caratteristiche positive del
movimento No Tav, capace di unire nella lotta popolare e prolungata tutte le forze e tutte le anime politiche e
sociali che combattono la Tav, il sistema del capitale che la produce e il sistema politico che vede uniti tutti in
partiti parlamentari e i sindacati confederali, cisl, uil, cgil, a difesa di questa grande opera speculativa.
È inaccettabile che mentre si scarica sui proletari e le masse popolari la crisi economica con tasse, aumenti
del costo della vita, attacco alle pensioni, tagli dei diritti dei lavoratori, si spendano centinaia di milioni di
euro per un opera inutile e dannosa, così come inutili e dannose sono le spese per gli aerei F35.
Le forze economiche e politiche che sostengono a spada tratta la Tav in Val Susa sono le stesse che oggi sono
rappresentate dal governo Monti e seguono nell'imposizione di questa opera la stessa linea che stanno
seguendo per imporre le manovre economiche, la riforma del lavoro, l'attacco all'art. 18: siamo di fronte a un
governo di dittatura tecnica, moderno fascista, di negazione della democrazia e di repressione se le masse
popolari non accettano le loro decisioni.
E' questa la vera violenza, è questo il vero terrorismo di Stato, di governo con cui fronteggiano i movimenti
popolari. La rivolta NOTAV non solo è una lotta, giusta e necessaria contro la Tav, ma una rivolta popolare
come è necessaria in tutta Italia per spazzare via questo governo e tutti i governi dei padroni, della
speculazione e della devastazione ambientale.
La repressione non ferma, ma alimenta la ribellione!
Alla 'guerra globale ' che Stato, governo, padroni stanno sviluppando contro le masse popolari in Val Susa, le
masse stanno rispondendo con una altrettanto globale 'guerra di popolo di lunga durata', lottiamo insieme per
una rivoluzione politica e sociale che metta non il profitto e la speculazione, ma gli interessi e la volontà delle
masse popolari al comando della società.
La Val susa paura non ne ha ! Ora e sempre Resistenza ! Siamo tutti NOTAV !
proletari comunisti
http://proletaricomunisti.blogspot.com - ro.red@libero.it

pc 5 marzo - NO TAV la giornata di ieri in Clarea


Oggi il movimento No Tav ha deciso di tornare in Clarea e in tantissimi si son dati appuntamento a mezzogiorno per pranzare insieme in attesa della passeggiata. Almeno 4000 persone si sono così presentate puntuali all’appuntamento delle 16 e, poco dopo, ci si è mossi verso la Clarea. Variegata la partecipazione, tantissimi anziani e bambini, e molto entusiasmo sui volti di tutti.

Alle 16 quindi, dopo una rapida assemblea in cui si è ribadito al signor Monti che nonostante il suo dictat continueremo la nostra lotta senza esitazioni, si è deciso di muoversi in direzione baita in maniera tranquilla e colorata.

Il lungo serpentone ha attraversato la strada di Giaglione, per poi imboccare il sentiero che in questi ultimi mesi tante volte abbiamo percorso. Prima della biforcazione dei sentieri ad attenderci due new jersey agghindati col filo spinato che le donne della valle in qualche minuto sono riuscite a tagliare e spostare a lato della strada. Un’azione simbolica certo, ma significativa.

Nel mentre tantissime persone hanno superato e circondato i jersey, arrampicandosi sulla montagna, e mentre la polizia cercava di presidiare alla bene e meglio questa linea immaginaria, famiglie e vari gruppi hanno superato gli schieramenti della celere e si sono fatti una passeggiata per i sentieri. In alcune decine sono addirittura arrivati alla Baita per constatarne le condizioni. Si era deciso per una giornata tranquilla, lontana dalle provocazioni della polizia, quindi dopo un’ora circa il corteo è tornato su suoi passi, direzione il presidio di Giaglione.

Ci si è infine ritrovati al campo sportivo, tra balli occitani e musica popolare, tra merende e giochi per bambini, lasciando trasparire una solida certezza: torneremo presto! Perchè da lì siamo partiti tante volte insieme, da lì siamo tornati e da lì dobbiamo ripartire.

pc 5 marzo - lotte degli operai siderurgici in francia e in spagna


testi in francese e spagnolo in via di traduzione

France : Gendarmes mobiles contre sidérurgistes
3 mars 2012

France : Gendarmes mobiles contre sidérurgistes
A l’issue de leur manifestation, les salariés grévistes d’ArcelorMittal à Florange (Moselle) ont décidé d’occuper le poste de contrôle ferroviaire de l’aciérie. Les trains transportant les produits fabriqués chez ArceloMittal ont ainsi été bloqués au cours de la matinée. Les gendarmes mobiles les en ont délogés une après, dans une intervention violente d’une dizaine de minute. Un blessé est à dénombrer parmi les manifestants. Ses blessures sont cependant légères.

asturias


La dirección de Arcelor-Mittal en Asturias comunicó ayer a los sindicatos que la compañía tiene en suspenso las inversiones en Asturias y que si la división de Largos, en Veriña, no da beneficios antes de junio, la compañía iniciará un proceso de cierre de instalaciones en Gijón que podría alcanzar a uno de los dos hornos altos. Esto significa tanto como advertir de que la siderurgia asturiana tendría el tiempo contado, ya que con un solo horno de manera indefinida sería deficitaria. Por las características de la planta asturiana, en esas condiciones el plazo máximo de funcionamiento se situaría entre dos y tres años, según los expertos del sector consultados. Las propuestas de Arcelor-Mittal para intentar salvar las instalaciones suponen avanzar hacia un nuevo modelo laboral con la máxima flexibilidad interna, en sintonía con lo que recoge la nueva reforma laboral.

Las negociaciones para acometer la reorganización de Largos y hacer competitivas las instalaciones empezarán el próximo lunes. En el plazo de quince días, la empresa debe enviar a Luxemburgo un informe avanzando los acuerdos alcanzados, y como máximo a finales de marzo el proceso deberá estar terminado.

La dirección de la empresa en Asturias explicó a los sindicatos que no se plantea medidas traumáticas para los 200 trabajadores que, según sus cuentas, son excedentes en Largos de Gijón. Y les presentó una propuesta según la cual, en números redondos, unos 90 empleados propios de Arcelor-Mittal y otros 30 de empresas auxiliares se retirarán mediante contratos relevo. El resto serían recolocados en Planos (Avilés), cuya situación económica y de carga de trabajo está en mejores condiciones. Para ello, la compañía quiere llegar a un acuerdo con los sindicatos que le permita aplicar la máxima flexibilidad interna sin que eso suponga conflictos (con la nueva reforma laboral no necesita el acuerdo para hacerlo).

Esta flexibilidad interna también supondrá, si sale adelante el plan de la compañía, que los trabajadores no disfruten un mes continuado de vacaciones, sino que se repartan en períodos de quince días. Esto tendrá un importante impacto en el empleo: dejarán de contratarse a los 500 eventuales que durante el verano cubrían los puestos de trabajo de los que se iban de vacaciones.

La dirección de Arcelor-Mittal en Asturias no ahorró explicaciones, con números absolutos, tasas, ratios y comparaciones para trasladar a los sindicatos los graves problemas económicos que tienen las instalaciones gijonesas, rentables si funcionan al 100%, pero deficitarias cuando cae la demanda, como ha ocurrido con el impacto de la crisis desde el último trimestre de 2011.

La compañía, según algunas de las fuentes consultadas, «ha dado un voto de confianza» a Asturias permitiendo la búsqueda de soluciones e incluso enviando a un nuevo ejecutivo, José Alberto Gutiérrez Marcos, como máximo responsable de Largos y con plenos poderes para negociar y tomar decisiones. Pero añadieron que «si el balance económico no pasa del rojo al verde, Asturias perderá la credibilidad y la confianza que tiene. Eso supondrá entrar en declive, con todas sus consecuencias».

Esas consecuencias las explicó con claridad la dirección de la compañía a los sindicatos, según trascendió. El cierre empezaría por la acería de Gijón, seguida del alambrón y el carril. Con ese panorama, no hace falta construir las nuevas baterías de coque ni reconstruir el horno alto B, cuyas obras estaban previstas para agosto. Unas inversiones que, entre ambas, sumaban unos 177 millones de euros. Si paran las instalaciones de Gijón, es suficiente con un horno alto, con lo que el otro se pararía de manera indefinida y esto, a su vez, tendría un efecto dominó.

Con un horno solo en funcionamiento y con la capacidad de la acería de Avilés no sería suficiente para abastecer a Planos, así que habría que importar «slabs» (el acero semielaborado). Es decir, que se incrementarían los costes, con lo que sería más difícil ser competitivos y, por tanto, atraer nuevas inversiones.

«Se entraría en una dinámica terrible que acabaría en números rojos y eso, a la larga, supondría el cierre. La siderurgia integral con un solo horno nunca es rentable y el plazo máximo de vida es de entre dos y tres años», explicaron las fuentes consultadas.

Los dos hornos altos de Arcelor-Mittal en Veriña (Gijón) -en la imagen- son los únicos que quedan en España. Tras remodelar el horno alto A, quedaba pendiente la modernización del B, pero su mal estado hizo que la compañía se plantease tirarlo y hacer uno nuevo. Corría el año 2008 y las instalaciones asturianas producían por encima del 90% de su capacidad. Pero llegó la crisis, y la reconstrucción se quedó en una remodelación que ahora se encuentra en suspenso, pendiente de cómo evolucione

pc 5 marzo - NO TAV a Parigi


dimanche 4 mars 2012 Assemblée No Tav sur le parvis de Beaubourg, ce samedi 3/03

C’est un peu plus de 50 personnes qui ont répondu à cet appel :

Samedi 3 mars 2012 à 14h, Place du Centre Pompidou (Beaubourg), Paris.

Suite à une première réunion sur les événements en Val de Suse on appelle tout le monde à venir discuter collectivement des perspectives de lutte en France. Ça sera aussi l’occasion d’informer sur ce qui se passe en Italie en ce moment.

Ora e sempre NO TAV !!!

Organisé par le Comitato NOTAV Paris X la valle

domenica 4 marzo 2012

pc 4 marzo - Quella "pecorella" della CMC, la coop rossa che ha paura dei No Tav

Una denuncia e un appello alla mobilitazione

Non sapevamo che Ravenna ospitasse un sito di "interesse strategico nazionale" che porta il nome di CMC!
Ieri l'assemblea dei soci CMC blindata, il giorno prima il divieto della Questura di manifestare davanti i cancelli della coop, due settimane prima analoghi divieti e diffide questurine per chi osasse portare la solidarietà al movimento No Tav e la protesta davanti alla sua sede legale in via Trieste, 76 a Ravenna.
Attorno ai suoi simboli hanno creato una "zona rossa" protetta delle forze dell'ordine, dai cantieri di Chiomonte fino alla sede di Ravenna. E oggi siamo arrivati alla sospensione della libertà di manifestazione per proteggere gli interessi dei poteri forti.
Così capiamo meglio cosa significa "stato di polizia" in questo paese contro cui è sempre più necessario ribellarsi.
Non è un mistero per nessuno che, nonostante la crisi, l'autentico codice "etico" della coop del PD (Bersani è stato nel consiglio d'amministrazione e, come ministro dei Trasporti, il 29 gennaio 2001 ha firmato l’accordo con il governo francese per fare la Tav, così come non è un caso che a concludere l'assemblea dei soci a Ravenna sia stato il vicesegretario PD, Enrico Letta) sia quello capitalista e l'obiettivo di superare il miliardo di fatturato nel 2014 significa ancora maggiore devastazione ambientale, tra cui il tunnel più lungo del mondo, la Lione-Torino di 57 chilometri di cui la CMC si è aggiudicata già 96 milioni di "galleria esplorativa".
Nessuno, tantomeno il colosso CMC, ci può impedire di denunciare pubblicamente tutto questo e di portare la protesta davanti alle proprie sedi.
I divieti non li accettiamo, siamo tutti No Tav!

CMC, giù e mani dalla Val Susa!
NO allo stato di polizia
Libertà per i No Tav arrestati
Forza Luca, resisti!

proletari comunisti-Ravenna




pc 4 marzo - 8 marzo ovunque con il manifesto del movimento femminista proletario rivoluzionario

pc 4 marzo - grande manifestazione a Molfetta, per l'anniversario della strage della truckcenter


Molfetta non ha dimenticato. Oltre duemila persone hanno sfilato lungo le vie cittadine nel quarto anniversario della strage del Truck Center, nella quale persero la vita cinque operai. "In questo momento storico per l'Italia la questione fondamentale è la sicurezza del lavoro: sicurezza, aumento dei salari, certezza del posto" ha commentato il Coordinatore della Camera del Lavoro CGIL Molfetta Giuseppe Filannino, aggiungendo che l'intera vicenda ha "rappresentato l'Italia migliore, quella che non teme la morte pur di salvare i propri colleghi, e la peggiore, quella della Truck Center, dove "si sono concentrati tutti gli errori che si possono fare, dalla fabbrica che non poteva fare quel tipo di lavaggio alla società di trasporti che non sapeva cosa trasportava" e il processo "che non ha ancora fatto luce su quello che è successo". Il corteo è stato organizzato dal neonato Comitato 3 marzo. In scena, nel pomeriggio, anche lo spettacolo teatrale "La cisterna" ispirato alla tragedia degli operai morti per le esalazioni tossiche del serbatoio di FRANCESCO LA TEGOLA


Adesione alla manifestazione di Molfetta del 3 marzo della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro:


La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro dà la sua adesione alla manifestazione che ricorda una strage che molti vogliono cada nel dimenticatoio.
Siamo vicini ai familiari che finora non hanno avuto giustizia!
Siamo vicini al comitato 3 marzo, che in controtendenza ha voluto fare di questa giornata una giornata di lotta.
Una lotta quanto mai necessaria, le morti sul lavoro sono tornate a crescere su scala nazionale, la crisi non significa solo attacco ai salari, alle condizioni di vita, dei lavoratori e delle masse popolari,ma anche un lavoro sempre meno tutelato e controlli sempre più ridotti sulle condizioni di sicurezza, che rendono rischioso ogni lavoro.
Ma non ci sono le morti sul lavoro, ma anche le morti per inquinamento, di cui Taranto continua ad essere la capitale... la perizia ordinata dal giudice Todisco e resa nota avantieri, addebita all'inquinamento da Ilva 174 morti negli ultimi 7 anni. Ma Taranto non c'è solo l'Ilva, c'è anche l'ENI che contribuisce con il suo carico di sostanze nocive e l'ENI continua a unire Taranto e Molfetta con la strage della Truck Center.
Qui la giustizia non è finora arrivata e ci chiediamo perchè? Perchè continuiamo ad avere una giustizia di serie B... perchè a Torino si condannano giustamente TYSSENKRUPP e ora ETERNIT e per la strage della Truck Center l'ENI se la cava!?
Il comitato 3 marzo stà lì a dimostrare che ci sono familiari che non si rassegnano e altre persone e associazioni che non vogliono metterci una pietra sopra e vogliono che una vicenda particolare diventi una vicenda generale.
La Rete nazionale nelle sedi in cui è presente ha sensibilizzato sulla manifestazione di oggi e a Taranto nelle prossime settimane ci sarà un presidio all'ENI; in quell'occasione inviteremo per un incontro pubblico il Comitato 3 marzo.
Insieme per dire basta morti sul lavoro, basta giustizia negata, vogliamo una società che affermi il primato della vita dei lavoratori e non il profitto dei grandi padroni:

Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
dalla sede di Taranto.
3 marzo 2012

pc 4 febbraio - PER MONTI COME BERLUSCONI LA SICUREZZA E LA VITA DEI LAVORATORI SI PUO' METTERE DA PARTE

In questi giorni il bollettino di morti sul lavoro ha continuato a fornire i suoi tragici dati, dal sud al nord; gli infortuni sul lavoro aumentano, come effetto dell'intreccio sempre più pesante di: taglio dei costi delle aziende sulla sicurezza, lavoro precario e a volte a nero, minaccia di perdere il posto di lavoro; condizioni di lavoro sempre più dure, a rischio, ecc.
Logica vorrebbe che un governo che si dice "tecnico" almeno usi i controlli tecnici per fermare questi morti. Ma la logica non è di questo sistema capitalista che fa i suoi profitti anche sul sangue operaio, nè di questo governo Monti che sta sempre più allargando le maglie delle norme per "liberalizzare" soprattutto l'azione dei padroni.
In questi giorni è passato quasi sotto silenzio una norma "assassina" contenuta nel "decreto semplificazioni" che punta ad eliminare i controlli sulla sicurezza e sul lavoro e a rendere puramente formali gli obblighi per le aziende.
Per Monti come per il Governo Berlusconi la sicurezza è "un lusso che non possiamo permetterci".
Gli effetti si vedono chiari anche verso gli ispettori degli Enti di controllo. Il governo Monti ha portato ancora più avanti la direttiva di stabilire rapporti di "collaborazione" degli ispettori con le aziende e di "non disturbare il manovratore". Questo è eclatante, e può arrivae ad avere effetti tragici, nel campo delle ispezioni e del modo come si fanno sulla sicurezza sul lavoro, ma è presente in tutti i rapporti con le aziende e i consulenti che dovrebbero essere improntati ad una linea più soft possibile.
Un esempio è anche la recente direttiva di non chiedere più alle aziende ispezionate documenti che possono essere ricercati on line (anche documenti di assunzione dei lavoratori, versamento dei contributi, ecc.); l'effetto è da un lato un estensione enorme dei tempi di controllo e di chiusura degli accertamenti che danneggia la tutela dei lavoratori, ma soprattutto il diverso atteggiamento arrogante, ostativo che via via ora assumono le aziende e i consulenti del lavoro.
Su tutto questo è necessaria la denuncia, ma anche lo schieramento nei fatti degli ispettori. A cui facciamo appello ad una "disobbedienza civile" contro l'illegalità del governo, non applicando le sue direttive.

Ispettrice del lavoro di Taranto - Margherita Calderazzi


(Da Il Manifesto del 29.2.12)
"...l'articolo 14 del cosiddetto «decreto semplificazioni», al comma 4, aiuterà le aziende a non perdere tempo con i controlli delle autorità sul rispetto delle normative e degli standard di sicurezza. Le ispezioni saranno «amichevoli», basterà ottenere un certificato per avere l'esenzione, la concertazione avverrà solo con i consulenti indicati dalle aziende...
il comma 4 - prevede almeno tre vie per evitare che le aziende «soffrano» controlli dalle autorità sul rispetto delle normative di sicurezza. Il testo, per ora, si limita ad affidare al governo una «delega» perché emani, entro sei mesi, le norme attuative; le linee di indirizzo, invece, sono esplicitate fin da subito. La logica-quadro è quella di «favorire la crescita» economica, sacrificando - se necessario - tutto il resto.
Si raccomanda dunque di istituire una «commissione» per scrivere i decreti attuativi in regime di «concertazione». Tutto bene? Neanche per sogno: a far la parte dei «consulenti» saranno chiamate soltanto le imprese, i sindacati restano fuori...
Alla lettera «d» dello stesso comma 4, quindi, viene imposta la «collaborazione amichevole con i soggetti controllati, al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità». Per chi conosca l'Italia e la «fermezza» dei controlli sulla sicurezza - compresa l'annosa disputa sulle competenze a farli, tra le Asl che dipendono dalle Regioni e gli Ipl del ministero del lavoro - questo invito alla «collaborazione» suona come un implicito «non disturbate» l'attività produttiva. Ovvero il contesto reale entro cui si può misurare il grado di rischio di determinate attività... l'identica espressione («amichevole») era contenuta nei vari testi che Maurizio Sacconi aveva elaborato per ottenere lo stesso risultato finale.
La certezza logico-matenatica arriva con la lettera «f» del dannato c.4: «soppressione o riduzione dei controlli sulle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione della qualità (Uni Iso-9001, ecc) o altra appropriata certificazione emessa». In pratica: quelle aziende che hanno ottenuto una certificazione non subiranno più controlli.
Non c'è bisogno di immaginare un'impresa in mano alla malavita per capire che questo combinato disposto di «indicazioni» cancella - in prospettiva, certo, ma in modo chiaro - la questione della sicurezza sul lavoro e la funzione degli appositi delegati sindacali eletti dai dipendenti. Se accostiamo poi a quanto detto l'insistenza sull'abolizione dell'art. 18, abbiamo un quadro ancora più limpido all'atto pratico. Nessun lavoratore o delegato potrà più, «in piena coscienza e indipendenza», protestare per l'assenza o insufficienza di misure di sicurezza - come già ora per i lavoratori precari - senza correre il rischio di venir licenziato...
Come suonano attuali le parole di Giulio Tremonti alla Berghem-fest di due anni fa: «robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro) sono un lusso che non possiamo permetterci. Sono l'Unione europea e l'Italia che si devono adeguare al mondo». Solo che ora c'è Monti, supportato anche dal Pd.".

pc 4 marzo - a livorno blocco della stazione NOTAV

3 marzo

No Tav Livorno: occupati i binari della stazione
Questo pomeriggio a Livorno un centinaio di No Tav sono partiti in corteo in direzione stazione centrale in solidarietà alla lotta dei valsusini. Giunti alla stazione i manifestanti hanno occupato i binari 3 e 4 in prossimità dell'arrivo del Frecciabianca delle 17.16 che a causa della manifestazione ha subito un ritardo di 20 minuti che Trenitalia ha dovuto annunciare ai megafoni.

Nel frattempo sono stati distribuiti volantini e fatti interventi al megafono all'interno della stazione dove i manifestanti hanno trovato interesse e solidarietà da parte delle persone presenti. Dopo pochi minuti dall'occupazione dei binari si è presentata la polizia in assetto antisommossa. Dopo circa 45 minuti i manifestanti hanno lasciato i binari per dirigersi in corteo verso la sede de Il Tirreno (gruppo l'Espresso) dove c'è stato un contronto con i redattori.

In Italia intanto si moltiplicano le iniziative di solidarietà con la Val di Susa e i più presi di mira rimangono Repubblica e il Pd, veri e propri soggetti "embedded" nella propaganda a favore del Tav con punte di ridicolezza come molti hanno potuto constatare sia nella linea del gruppo l'Espresso sia nella presenza di Bersani al programma Servizio Pubblico di Santoro.

da Senzasoste