martedì 18 dicembre 2012

pc 18 dicembre - un operaio di Operaicontro risponde a una nota di un lavoratore di proletari comunisti di Milano

 
 

caro Giuseppe Gaglio
Ho letto attentamente il comunicato apparso sulla rivista online proletari comunisti che critica la presa di posizione di Operai Contro rispetto alla vicenda della ILVA di Taranto, sono un’operaio che lavora alla INNSE di Milano da trentatré anni, e sono stato delegato sindacale per circa 25 anni. perciò l’articolo mi tira in causa direttamente. Quello che abbiamo fatto come operai alla INNSE è scritto non solo nella breve storia appena passata e che secondo te risulta essere più realista del re perché a tuo dire esprime una posizione filo aziendalista, ma in quella che ha permesso che questa condizioni potesse avvenire, cioè un’opposizione costante ed una vera e propria guerra contro padroni e i loro alleati , sindacalisti venduti, lacchè del padrone che per un posticino in ufficietti comodi avrebbero venduto la propria madre, rivoluzionari da operetta il cui unico obiettivo era quello di vendersi al padrone per una manciata di soldi per poter andarsene dalla fabbrica o andare a fare i funzionari sindacali. Siamo stati talmente filo aziendalisti che quando alla fine degli anni 80 la direzione aziendale decise di spostare la produzione delle macchine utensili nella fabbrica di Brescia sostenemmo una lotta contro il sindacato e i partiti (PCI e PSI), allora presenti con forti cellule di fabbrica, che invece volevano che la produzione di macchine utensili si facesse a Milano (badate bene non in Cina o in Asia o in altri paesi ma ad appena 100 produzione di distanza), mettendo in contrapposizione gli operai di Milano con quelli di Brescia in nome della difesa del posto di lavoro e della produzione, gettando le basi di un concetto nazionalista. Siamo stati talmente filo aziendalisti che non abbiamo mai firmato premi di risultato o premi di produzione legati all’andamento della produzione e del mercato, non abbiamo mai firmato una richiesta di cassa integrazione che non garantiva la rotazione tra gli operai e il mantenimento delle loro condizioni salariali. Siamo stati talmente filo aziendalisti che abbiamo organizzato il picchettaggio delle portinerie al sabato per ben sei mesi di fila contro l’utilizzo degli straordinari, mentre la maggioranza del consiglio di fabbrica aveva firmato un accordo che concedeva l’utilizzo della cassa integrazione. Siamo stati talmente aziendalisti che abbiamo imposto alla Mannesman Demag nell’anno 2000, che voleva chiudere la fabbrica, la cessione della stessa ad un altro padrone, tutto questo con scontri e scioperi fuori e dentro la fabbrica, certo, all’ora seguendo l’esempio di molti altrisovversivi”potevamo accettare la chiusura della fabbrica con tutti gli ammortizzatori sociali e le buone uscite messe a disposizione del padrone, ma abbiamo la testa dura ,è una delle nostre caratteristiche, assieme a quella di avere una visione più ampia della strategia di classe facendo in modo che la fabbrica continuasse ad esistere. Siamo coscienti che non possiamo lavorare nella società dell’accumulazione senza avere un padrone, anche se queste parole possono fare orrore a qualcuno. l’autogestione operai all’interno del sistema capitalista riproduce comunque l’accumulazione del capitale. Nelle Istruzioni per i delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell’A.I.O. (Associazione Internazionale degli Operai) Marx risolve la questione delle cooperative e di conseguenza dell’autogestione produttiva scrivendo : b) Ristretto tuttavia alle forme insignificanti in cui i singoli schiavi salariati possono elaborarlo con i loro sforzi individuali, il sistema cooperativo non trasformerà mai la società capitalistica. Per modificare la produzione sociale in un unico sistema vasto e armonioso di lavoro libero e cooperativo, si richiedono cambiamenti sociali generali - cambiamenti delle condizioni generali della società che non saranno mai realizzati se non con il trasferimento delle forze organizzate della società, cioè il potere!” Il nostro grado di coscienza non è mai stato quello di creare isole felici (ma nemmeno poi tanto felici) dentro la struttura dell’accumulazione , eravamo e siamo coscienti che un nuovo padrone comunque farà profitti sulla nostra pelle, siamo coscienti che una parte del plusvalore estorto andrà a mantenere comunque strati sociali improduttivi della società capitalista e magari anche qualcuno che ci critica per questa posizione, ma l’unico rimedio che conosciamo è l’abbattimento del sistema capitalista ad opera di noi stessi, cioè degli operai attraverso una rivoluzione sociale. Per quanto riguarda invece la posizione di Operai Contro sulla questione dell’ILVA di Taranto mi sembra una posizione alquanto corretta, scrivere che per altri sei anni il decreto del governo farà fare profitti ai padroni macinando nel tritacarne dell’acciaieria chissà quante migliaia di operai e di conseguenza di “liberi cittadini” del quartiere tamburi è una verità assoluta. Veramente gli operai varcheranno i cancelli della ILVA tutti i giorni con la morte che li avvolge, rivendicare una parola d’ordine che è quella del lavoro a tutti i costi in condizioni di non sicurezza della propria vita è essere complici ideologicamente del padrone. Mi rendo conto che sostenere una posizione che rivendichi il pieno salario fino alla completa bonifica dell’area dell’intera area dell’ILVA è una posizione forte e antagonista al padrone e allo stato e ai loro tirapiedi del sindacato, ma questi operai hanno prodotto per anni milioni di tonnellate di acciaio e il loro plusvalore è servito a mantenere per anni milioni di nullafacenti chiacchieroni che la fabbrica l’hanno sempre vista in cartolina. Questa è una discussione che però riguarda non solo gli operai dell’ILVA ma tutto il movimento operaio e i loro sostenitori più intransigenti, ed è una posizione che se costruita giorno per giorno all’interno delle fabbriche può portare alla costruzione di un’opposizione operaia forte e consapevole delle proprie capacità politiche. Comunque che lo si voglia o no gli operai sono un esercito male assortito non organizzato e disperso ma comunque un esercito. Sta agli operai trasformare questo esercito in un organizzazione rivoluzionaria che cambi la società.
 Saluti Dario Comotti Operaio tornitore.

lo scritto a cui la lettera si riferisce

pc 5 dicembre - GIRANO “GUERRIERI” –“SENZA MACCHIA?”- PER MILANO…..un commento da milano a proposito di diffamatori anonimi in servizio permanente effettivo

anzi di più vestono, la “tuta” che odora di “fabbrica”, e sono “armati”!? Sono “organizzati” e non daranno “tregua” al “nemico”.
Non stiamo parlando della trama di un film di fantascienza alla Blade Runner, ma  degli -o
egregio- signori di Operai Contro, che in un articolo del 2 dicembre scorso, del loro giornale telematico, dal titolo: L’ARTE DELLA GUERRA ALL’ILVA DI TARANTO, danno il meglio di se in termini di Strategia e
Tattica.

Si potrebbe obiettare:  visto che si tratta di materia virtuale e poco attinente alla materialità, e al Materialismo
Dialettico sottolineiamo noi,  della Fabbrica e di tutto il sistema capitalistico, a chi può interessare? A nessuno, ma siccome dietro questo articolo si cela una concezione e una prassi che, ogni tanto in
città come Milano, si “materializzano” pubblicamente e accolgono consensi e simpatie, allora il discorso cambia.
Cambia perché: 1) si dicono dalla parte operaia, ma spesso ne auspicano la sua rovina;
2) si dicono contro il padrone e l’intero sistema, ma spesso ne sono il miglior servitore sciocco;
3) perché sono d’ostacolo all’emancipazione e organizzazione operaia, sono nocivi e la Classe Operaia combatte le nocività.
Ma in concreto cosa scrivono quelli di Operai Contro (basta invertire l’ordine degli addendi ed è svelato l’arcano!) domenica 2 dicembre.
Iniziano, parlando del DL del governo, dicendo “operai il governo è sceso al fianco del padrone Riva”. Bella scoperta, tutti a Taranto aspettavano questi taumaturghi per comprendere questa verità! Ma il
problema non è questo, in tanti lo dicono da mesi, ma ancor di più lo dicono, da anni, lo Slai COBAS per il sindacato di classe e cosa che conoscono bene gli Operai dell’Ilva e le genti del rione dei Tamburi.
Anni in cui per molti, tra loro Operai Contro, questo fatto non era un caso nazionale. Così come per anni i “molti” simil Operai Contro, non denunciavano e combattevano il  fatto che l’Ilva era la fabbrica –“simbolo”- delle morti sul lavoro e della devastazione ambientale. Tutti tranne Slai Cobas sdc che ha lavorato e promosso con tanti altri compagni e realtà del nostro paese, spesso distanti sindacalmente e politicamente dallo slai cobas sc una Rete Nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, animato denunce e manifestazioni e ha reso la questione ilva una questione nazionale...
Continuando nell’articolo OP  il “cronista” afferma che: noi operai siamo un esercito invincibile, ma siamo ancora divisi.” –di seguito la spiegazione- “sono ancora molti gli agenti del padrone tra le nostre fila: Fim-Uilm per primi, la Fiom e lo Slai Cobas (ndr hanno la brutta abitudine di omettere -per il sindacato di classe -)”. Noi qui a Milano abbiamo qualcosa da replicare Siamo quelli dello Slai Cobas per il sindacato di classe dell’Istituto tumori e delle Rete sicurezza. Siamo lavoratori in carne e ossa e non anonimi, questa
estate era “operaio incazzato” oggi semplice “operaio Ilva”, tastieristi virtuali . Siamo gli stessi che vi hanno sostenuto nella lotta all’INNSE, come è giusto che sia: SI STA DA UNA PARTE SOLA!. Ma siamo anche quelli che  pubblicamente hanno criticato il vostro essere più realisti del re col vostro “filo aziendalismo” (basta andarsi a rileggere i vostri comunicati di quei -10- giorni per vedere ciò). Non siamo contro i
metalmeccanici iscritti alla Fiom. Siamo contro i dirigenti Fiom, che in maniera “alternativa”, non sono diversi da Fim e Uilm, dall’Ilva alla Fiat e ovunque. Siamo per il sindacato di classe perché senza questo strumento l’esercito operaio non ce la può fare, mentre voi vi tenete stretto il “cadreghino” (per i non milanesi si legge Sedia) del vostro tesserino e non contribuite a questo necessario passo. Ma siamo anche quelli che hanno contribuito, promosso, la Rete sicurezza a Milano. Per organizzare, contribuire, -nei fatti- in questa guerra, del profitto, quotidiana che miete la vita di 4 lavoratori al giorno. Dove siete voi tastieristi da strapazzo, che scrivete “che non si può produrre con la morte sulle spalle” e che “non bisogna dare tregua agli
agenti del padrone”. Andate a dirlo ai familiari dei 4 operai morti bruciati, ai loro compagni feriti, ai tanti che  sostengono la loro lotta per ottenere GIUSTIZIA, dell’Eureco di Paderno Dugnano (vi ricordiamo che l’Eureco si trova in provincia di Milano, sono non più di 15 Km). Loro, e non solo, conoscono le nostre facce, i nostri nomi, il nostro lavoro/solidale senza nessun interesse personale se non
quello di porre fine a questa barbarie. E già che ci siete portate anche il 5° gruista dell’INNSE, Roberto Giudice –dirigente Fiom-, che l’estate scorsa mentre eravamo andati a diffondere l’appello, per il
presidio davanti il Tribunale di Milano in occasione della prima udienza preliminare (indetto da noi e dal Comitato di sostegno alle vittime e operai Eureco), all’assemblea dei delegati Fiom tenutasi al
Carroponte di Sesto, ha avuto il coraggio di dire che il nostro appello non si poteva distribuire.
Gaglio Giuseppe
Slain COBAS “INT” Milano per il
sindacato di classe cobasint@tiscli.it
Rete sicurezza sul lavoro
Nodo/Milano
retesicurezzamilano@gmail.com
 

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