lunedì 29 ottobre 2012

pc 29 ottobre - SUL RIESAME ILVA – PER UNA VALUTAZIONE DI PARTE OPERAIA - 1° parte

Dalla sentenza Riesame sull'Ilva si evidenziano tre aspetti dell’azione di padron Riva.

1)  azioni volutamente criminose, realizzate in maniera palese o occulta, con attività anche truffaldina;
2) violazioni di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli impianti vecchi
3) nesso tra livelli di produzione e inquinamento
 
OGGI AFFRONTIAMO LA PRIMA PARTE
 
1) azioni volutamente criminose, realizzate in maniera palese o occulta, con attività anche truffaldina.

L’azienda smaltiva abusivamente e non impediva di immettere nell’atmosfera una quantità imponente di emissioni diffuse e fuggitive nocive. Tutte emissioni che si diffondono sia all’interno del siderurgico che nell’ambiente urbano con grave pericolo per la salute pubblica, per l’ambiente animale e vegetale; in particolare: benzo(a)pirene, diossine, metalli ed altre polveri nocive, provenienti da Parchi minerali, Cokeria, Agglomerato, Altoforni, Acciaieria.

Ometteva di collocare o di gestire in maniera adeguata impianti ed apparecchiature idonee a impedire lo sversamento: cappe di aspirazione non installate o che non funzionano, impianti di aspirazione nella zona materiali ferrosi non funzionanti, tubi di sfogo della cokeria intasati, ecc.

In particolare, la gestione dei parchi determina emissioni fuggitive e/o diffuse di polveri derivanti dall’azione erosiva del vento dei cumuli, dalla manipolazione dei materiali solidi (soprattutto nella fase di caduta dei materiali nelle operazioni di carico e scarico dei mezzi e nelle cadute lungo i nastri trasportatori) e dalla movimentazione stradale dei mezzi all’interno dell’area.

Nell’area parchi vi era assenza di interventi di bagnatura dei cumuli, motivata dal fatto che solitamente non veniva effettuata per “specifiche necessità del ciclo produttivo, poiché l’umidificazione dell’agglomerati pregiudicava il successivo utilizzo del materiale in altoforno…

In una bacheca all’interno degli uffici del reparto, era affisso un ordine di servizio del Direttore dello Stabilimento che vietava, in particolare, la bagnatura delle strade asfaltate”. In una occasione, il capo reparto dell’area parchi avendo saputo di un sopralluogo in corso, precisava che le operazioni di bagnatura venivano invece costantemente realizzate, infatti “miracolosamente le strade precedentemente percorse, prima secche e polverose, al ritorno apparivano bagnate (“con evidenti benefici in termini di riduzione della polverosità indotta dalla movimentazione dei mezzi”.

L’impianto maggiormente inquinante è quello di agglomerazione-sinterizzazione.
Nell’impianto agglomerato dagli ispettori del lavoro nel 23.2.10 era stata rinvenuta una ingente quantità di polveri sui pavimenti, sulle strutture e in tutta la zona, che si depositavano in caduta dai nastri trasportatori “in alcuni punti era necessario l’uso di maschere per evitare nocive inalazioni: la ventilazione del locale determinava un ulteriore diffusione della polvere”.

Non ci sono controlli in continuo delle emissioni dai camini. Anzi, lasciavano uscire i gas del processo che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori.

L’Ilva forniva dati falsati sulle stime per le emissioni diffuse, o non dichiaravano nulla sulle emissioni di inquinanti.
Un esempio riguarda i controlli sulle emissioni del PCDD/F al camino E312: dopo vari atteggiamenti ostruzionisti verso i controlli dei tecnici dell’Arpa, questi venivano convocati per presenziare allo svolgimento delle analisi per il giorno 20 maggio 2011. “Tuttavia il laboratorio eseguiva tali analisi nei giorni precedenti a tale convocazione, e, pertanto, in assenza di controllo dell’Arpa”. Quando si è analizzato un solo campione in presenza dell’Arpa sono emersi valori differenti.

Nell’area Acciaieria la dispersione incontrollata di fumi e polveri di colore rosso, avviene prevalentemente durante le ore notturne, con esplosioni che liberano fumo e fiamme; bagliori, fumo intenso e vapori sono prodotti da ribaltamento delle paiole contenenti le scorie liquide dell’acciaieria con conseguente sversamento sul terreno “simile a lava vulcanica”.

L’attività inquinante dell’Ilva si è protratta per anni nonostante le osservazioni e i rilievi mossi .
Essa ha portato ad una contaminazione della vasta area di territorio rurale compresa tra i Comuni di Taranto e Statte, in particolare nel quartiere Tamburi e nella zona del Cimitero di San Brunone, “massicciamente ricoperti di una coltre di polveri ferrose di colore rossastro depositare sulla facciate e sui tetti dei palazzi, sulle strade e gli arredi urbani – che ha determinato un gravissimo e ormai insostenibile rischio sanitario”; e si segnala che le concentrazioni di determinati inquinanti (segnatamente il benzo(a)pirene) fossero associate a casi di gravi patologie tumorali.

Il carico annuale dei decessi e delle malattie è correlato in particolare alle emissioni diffuse e fuggitive, ovvero gli IPA (tra i quali benzo(a)pirene, rame, piombo, cadmio, zingo), l’anidride solforosa, il monossido di carbonio, oltre che ossidi di azoto, composti organici volatili e diossine.
l numero di decessi nei quartieri Borgo e Tamburi risulta maggiore del 70% rispetto alla media cittadina.
Un’analisi sui lavoratori della cokeria ha mostrato che essi sono più esposti con una concentrazione media di IPA pari a più del doppio rispetto alla media degli altri lavoratori.

Queste attività e metodi sono parte integrante dell’azione di Riva, che – nel più genuino spirito capitalista – guarda solo e soltanto ai profitti e per questi passa come un carrarmato su tutto, compresa la salute degli operai e della popolazione. Ma questa azione criminosa continua, per realizzarsi, anche lì dove è stata palese, ha avuto un braccio esterno (l’attività del dirigente Archinà, oggi inquisito) e una sponda interna: il silenzio delle direzioni sindacali e di buona parte di delegati e rsl (ancora non inquisiti).
 
(CONTINUA)
MC

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