lunedì 22 ottobre 2012

pc 22 ottobre - Monti peggio di Berlusconi... sulle politiche sociali "il vero impatto nel 2013"

I giornalisti spesso ci girano intorno alla valutazione dei governi e dei loro uomini, ma quando fanno i conti la realtà salta agli occhi, e pure gli effetti che loro stessi reputano negativi per l’economia, dato che agli “Elevati costi sociali” non seguiranno grandi risparmi…
Un attacco sostanzialmente ideologico prima ed “economico” poi alle masse popolari del paese che in questo articolo del sole 24 ore di oggi, di cui riportiamo pezzi, possiamo riassumere così:

  • Diminuzione dei finanziamenti, da 2 miliardi del 2008 a 200 milioni del 2013
  • Privatizzazione dei servizi con uso sempre più massiccio del "volontariato"
  • Nuovo Isee e social card per controllare meglio e diminuire ancora di più i contributi

***

Tecnici e sociale non vanno d'accordo. Negli interventi rivolti alle fasce più fragili della popolazione - famiglie in povertà, anziani non autosufficienti e adulti con disabilità - l'attuale Esecutivo ha sinora confermato le scelte del Governo Berlusconi. Quest'ultimo riteneva che il sostegno pubblico alle persone deboli fosse da ridimensionare e a tal fine aveva introdotto precisi provvedimenti, iniziando ad attuarli. Il Governo Monti ne ha proseguito la realizzazione.

L'eredità di Berlusconi. Da sempre, in Italia, gli interventi sociali ricevono finanziamenti pubblici inadeguati e sono relegati ai margini del confronto politico. I Governi succedutisi lungo gran parte della seconda repubblica (dal suo avvio, nel 1996, sino al 2008) hanno condiviso, almeno a parole, la necessità di modificare questa situazione…

L'ultimo Governo Berlusconi (2008-2011) ha cambiato, in profondità, lo scenario politico. Il ministro del Welfare, Sacconi, riteneva che la spesa pubblica per il sociale fosse eccessiva e corrosa da innumerevoli sprechi. Non intendeva, dunque, rafforzare i sostegni pubblici esistenti bensì ridurli, consolidando quel welfare privatistico - invero già dominante in Italia - basato sulle famiglie che si prendono cura dei propri cari e sulla beneficenza privata… drastico taglio dei fondi statali per le politiche sociali, passati da 2.526 milioni (2008) a 200 milioni (2013), con un calo pari al 92%.

La continuità montiana. Il governo Berlusconi parlava spesso di politiche sociali per sottolineare la necessità di ridurle mentre l'attuale Esecutivo non ne parla (quasi) mai. Se, dunque, nella comunicazione pubblica c'è differenza tra le due compagini, nelle scelte si registra continuità: Monti ha fatto proprie quelle del predecessore. Ha confermato, innanzitutto, i tagli ai fondi per le politiche sociali, che - nati nel 2000 con lo scopo di costituire l'architrave statale a sostegno dei servizi sociali forniti dai Comuni - dal prossimo anno, di fatto, non esisteranno più. Questi tagli si collocano in un quadro complessivo di decisioni sfavorevoli al welfare locale, come le ampie decurtazioni ai trasferimenti indistinti destinati alle amministrazioni municipali e l'innalzamento dell'Iva per le cooperative sociali.
In diverse occasioni, inoltre, il Governo ha avviato iniziative che avrebbero comportato un ulteriore restringimento degli interventi sociali, iniziative poi abbandonate in seguito alle proteste di associazioni ed enti locali o all'intervento delle responsabili in materia, il ministro Fornero e il sottosegretario Guerra. Si tratta dell'ipotesi di finanziare parte della riforma degli ammortizzatori con ulteriori tagli al sociale (in primavera), dei provvedimenti avversi al terzo settore nella prima versione delle spending review (in luglio) e delle penalizzanti misure per le persone non autosufficienti e i loro familiari nel testo iniziale della legge di stabilità (la settimana scorsa).

Negli interventi che non richiedono risorse, invece, l'Esecutivo ha fornito contributi di qualità. Ci si riferisce, in particolare, alla riforma dell'Isee (indicatore della situazione economica equivalente), strumento che valuta la condizione economica di chi domanda prestazioni sociali, e alla riformulazione di una sperimentazione di azioni locali contro la povertà (nuova social card) già prevista dal precedente Governo, entrambe prossime all'approvazione. Parimenti, la riprogrammazione dei fondi europei del ministro Barca ha permesso di incrementare le risorse destinate a servizi per anziani e nidi in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia.

I risultati. Le politiche sociali si articolano in contributi monetari, di responsabilità statale, e interventi locali, di titolarità comunale, che rappresentano da sempre la parte finanziariamente più fragile: i fondi statali soppressi erano stati introdotti per promuoverne lo sviluppo. I tagli hanno sinora manifestato alcuni effetti («i Comuni già ci dicono che certi servizi non li possono più dare» ha recentemente dichiarato Fornero) ma le ricerche mostrano che il vero impatto sul territorio si verificherà nel 2013. Un robusto calo della spesa dedicata risulterà inevitabile; non è ancora possibile stimarlo tuttavia a, titolo indicativo, si osservi che i fondi azzerati assicuravano - a regime - il 16.6% della spesa sociale comunale (non si considera qui il decremento dei trasferimenti indistinti agli enti locali). I dati disponibili, peraltro, rivelano che le politiche sociali hanno subito una riduzione dei finanziamenti maggiore, in percentuale, a gran parte degli altri settori pubblici sebbene molti esperti ritengano che queste dovrebbero svolgere una funzione anticiclica, venendo rafforzate quando le difficoltà della popolazione aumentano.

In concreto avremo, ad esempio, la diminuzione dei servizi destinati agli anziani non autosufficienti, l'eliminazione di alcuni sostegni a persone disabili gravi e l'impossibilità di rispondere a varie famiglie povere che chiedono aiuto. Per valutare l'apporto di tali sacrifici al miglioramento del bilancio statale bisogna ricordare che il peso del welfare comunale sulla spesa pubblica totale è molto marginale, rappresentando lo 0.46% del Pil. Questo significa che la stessa contrazione di risorse che penalizzerà fortemente tale ambito fornirà un contributo minimo al risanamento complessivo delle finanze. Elevati costi sociali serviranno, dunque, ad ottenere risparmi ridotti.

Nessun commento:

Posta un commento