martedì 30 ottobre 2012

pc 30 ottobre - 2° PARTE SUL RIESAME ILVA: PER UNA VALUTAZIONE DI PARTE OPERAIA

OGGI AFFRONTIAMO LA SECONDA PARTE

Dalla sentenza Riesame sull'Ilva si evidenziano tre aspetti dell’azione di padron Riva.

1)  azioni volutamente criminose, realizzate in maniera palese o occulta, con attività anche truffaldina;
2) violazioni di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli impianti vecchi
3) nesso tra livelli di produzione e inquinamento
 
 
2) violazioni di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli impianti vecchi

Nonostante condanne già subiti dalla proprietà e dirigenza Ilva, è proseguita l’immissione di polveri anche negli anni successivi. L’Ilva ha violato la condanna del 15.7.2007 – confermata in Cassazione – che ha detto che l’Ilva non ha alcuna autorizzazione ad immettere all’esterno ingenti quantità di polveri dell’area parchi, lì dove le emissioni di polveri non convogliate dovevano essere almeno limitate; la sentenza del 12.2.08 che aveva rilevato per l’area cokeria ricorrenti irregolarità, anomalie e discontinuità, in linea con il particolare grado di vetustà e lo stato di deterioramento delle batterie, non compatibili con il ritmo della produzione.

L’attuale gruppo dirigente dell’Ilva ha sottoscritto dal 2003 ben quattro atti di intesa volti a migliorare le prestazioni aziendali del siderurgico: 8.1.03, 27.2.04, 15.12.04, 23.10.06 (quest’ultimo richiamava gli stessi impegni assunti dall’Ilva con i precedenti atti di intesa e mai osservati). “ha posto in essere una costante reiterata attività inquinante con coscienza e volontà, per una deliberata scelta della proprietà .
“l’omessa predisposizione di cautele destinate a prevenire disastri e infortuni sul lavoro, ha determinato non soltanto oltre i confini dello stabilimento, nell’ambiente circostante, ma altresì nel contesto spaziale lavorativo, condizioni di massiccio inquinamento e di costante esposizione dei lavoratori ad agenti inquinanti di provata nocività per la salute umana… (dispersione in atmosfera di tonnellate di poveri originata dalle operazioni di depolverazione dei filtri, dal loro stoccaggio, dalla loro movimentazione, da fenomeni quali lo slopping) tali da configurare la verificazione di un disastro.

Nell’area cokerie, emissioni non convogliate derivanti dalla procedura di caricamento della miscela nei forni, fuoriuscite per perdita di tenuta a fine caricamento, porte dei forni, coperchi dei tubi di sviluppo, sportelletti di spianamento fessurazione dei forni; emissioni non controllate dovute anche a mancata aspirazione dalla cappe aspiranti; materiali volatili residuali del coke contenuto nel carro di spegnimento nel tragitto sino alle torri di spegnimento.

Per evitare le emissioni fuggitive di benzo(a)pirene occorreva un raddoppio delle attività giornaliere di manutenzione e regolazione della tenuta delle porte dei forni Nella parte superiore le bocche di caricamento del coke che dovrebbero essere sigillate prima dell’inizio della cottura, in realtà sfiatavano durante il processo a causa della loro non corretta chiusura.
Nella cokeria l’attività era decisamente migliorabile con l’applicazione delle migliori tecniche disponibili.

La giustificazione dell’Ilva per la mancata o parziale applicazione delle Bat è che essa è riconducibile alle caratteristiche dell’impianto di Taranto. Ad es. il mancato trattamento a umido dei fumi risulta legato al fabbisogno di acque e ai conseguenti impianti di depurazione mancanti.
Stessa cosa per l’applicazione dei filtri a tessuto, ovvero di filtri a carbone attivo o ad umido, che invece sono utilizzati in impianti europei.

Una immediata attuazione delle BAT già in vigore garantirebbe la riduzione degli inquinanti,
per l’Area parchi si pone il problema della loro copertura a causa delle 700 tonnellate di polveri per anno immesse in atmosfera
Per le batterie, occorrerebbe l’adeguamento di tutte le prestazioni delle batterie a quella della batteria 12; per l’eliminazione delle emissioni fuggitive riconducibili in gran parte a difetti di tenuta delle apparecchiature, occorrerebbe una ristrutturazione o la messa fuori servizio di quelle più critiche (ad es. il rifacimento dei refrattari dei forni coke che presentino fessurazioni o criccature).
Per l’Area Agglomerato l’adozione dei filtri a tessuto – in alternativa agli attuali elettrofiltri – determinerebbe un considerevole miglioramento delle prestazioni ambientali dell’impianto.
Per l’Altoforno occorrerebbe adeguare le prestazioni di tutti i camini a quella più accettabile del camino E108bis.
Per l’area Acciaieria, intervenire nel fenomeno dello slopping, con l’implementazione del sistema esperto di regolazione del processo di soffiaggio dell’ossigeno e dell’altezza della lancia nel convertitore così da svincolare, per quanto possibile, il controllo dell’operazione dall’intervento dell’operatore.

Questo uso intensivo di impianti già obsoleti, dimostra appieno le responsabilità dirette di Riva nello stabilimento di Taranto, che invece punta a scaricarle tutte sulla precedente gestione.
E’ vero che Riva nel 1995 ha trovato impianti già usurati, ma da buon capitalista che pensa a fare il massimo profitto col minimo dei costi ha tirato al massimo quegli impianti, non attuando alcuna effettiva ristrutturazione con le tecnologie più moderne, ma facendo solo degli interventi di manutenzione.
Anche la giustificazione dell’Ilva per la mancata o parziale applicazione delle Bat a causa delle caratteristiche dell’impianto di Taranto, dimostra solo che Riva nel ’95 si è preso quasi gratis l’allora Italsider e non ha fatto alcun intervento di effettivo miglioramento strutturale, con la logica di tirare il massimo finchè era possibile.
“L’attuale gruppo dirigente – scrive il Riesame - si è insediato in un periodo, a partire dall’anno 1995, in cui erano noti gli effetti gravemente nocivi del tipo di emissioni prodotte dallo stabilimento… Riva ha deciso di proseguire l’attività produttiva con gli stessi impianti già ritenuti insufficienti a contenere le emissioni dannose, senza esperire più adeguati ed efficaci interventi. Riva ben conosceva l’esistenza delle attività inquinanti per precedenti processi a precedenti direttori dello stabilimento e per i protocolli di intesa già stipulati anni addietro con gli Enti territoriali, per le relazioni e comunicazioni dell’Arpa”.

I soldi investiti nella messa in sicurezza – di cui ora parla spesso Ferrante – sono una falsa “carta di difesa”, atteso il livello di interventi necessari ad uno mega stabilimento siderurgico (due volte la città di Taranto), e lo stato di vetustà degli impianti.
"L’Ilva avrebbe investito oltre un miliardo e e cento milioni di euro tra il 1998 e il 2011, in tecnologie finalizzate alla tutela dell’ambiente e della salute, pari al 24% degli investimenti totali. Ma quanto più complessa, pericolosa ed estesa sarà l’attività di impresa tanto più elevata sarà la misura della diligenza, prudenza, perizia esigibile…”


(CONTINUA)

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