domenica 1 luglio 2012

pc 1 luglio - cosa è successo a Bruxelles ? - cominciamo a parlarne

da Contropiano

Il vertice ha segnato un'accelerazione dell'integrazione europea, ma sul piano economico non ha detto molto di nuovo.
L'uso del fondo salvastati per acquistare titoli di stato dei paesi in difficoltà sui mercati, ma che stiano rispettando "gli impegni e le scadenze" imposte dalla Ue, è poco più di una partita di giro con un solo vantaggio contabile: quei fondi non transiteranno sul conto degli stati e quindi non appesantirà il loro debito pubblico ufficiale. Tutto qui il "successo" di Monti, osannato come come Scipione l'Africano dai media padronali che temevano la crisi di governo e le elezioni anticipate.
Il fondo Efsf dovrà comunque esser finanziato dagli stati stessi; anzi, servità probabilmente un'iniezione maggiore dei denaro per raggiungere una dimensione sufficiente a far fronte alle pressioni dei mercati tra luglio e agosto, quando è già annunciata un'offensiva angloamericana per ridimensionare l'euro e accentuare le tensioni all'interno del Vecchio Continente.
Tutte le questioni rimagono dunque aperte e sul tappeto. Ma la "stretta politica" è evidente. E' quello che gli Usa non volevano (senza poterlo dire), perché indirettamente accentua la contraddizione tra interessi globali Usa e interessi "unitari europei" (presi singolarmente, infatti, i paesi hanno una relazione assai differenziata verso gli americani).
Stretta che passa intanto per la cosiddetta "unità bancaria", con il trafserimento della sorveglianza dalle banche centrali nazionali alla Bce. Anche questo è un elemento che contrasta la facilità con cui finora la normale speculazione finanziaria aveva giocato, viste le enormi differenze di regolazione tra i vari paesi. Ma soprattutto per il fatto che negli ultimi mesi era dicentata evidente la "nazionalizzazione" dei diversi sistemi bancari, con gli stati spesso costretti ad intervenire a sostegno delle banche del loro paese. Con il doppio risultato di aumentare la propria debolezza sui mercati (causa il debito pubblico crescente nonostante le manovre lacrime e sangue) e di "separare" sistemi bancari che su un mercato comunque unico.
Ls partita ha ora una scadenza chiarificatrice. Il 9 luglio i ministri finanziari dovranno "dettagliare" i termini di questo accordo politico. Lì si vedrà se e quanto l'accordo sarà "incisivo" o si tramuterà in un boomerang. Nel secondo caso, l'euforia delle borse di venerdì si trasformerà in panico.
Sul piano politico "nazionalistico", comunque, appare chiaro che la vittoria ai punti è andatta ad Hollande. Il neo presidente francese ha infatti sponsorizzato i due grandi paesi latini, Spagna e Italia, costringendo la Germania ad accettare un compromesso inizialmente scartato.
Da sottolineare infine come , tra le reazioni dei grandi giornali, abbia assunto un profilo paradigmatico l'editoriale di oggi sul Corriere della sera, dove Antonio Polito assume senza più riserve il punto di vista dell'"investitore qualsiasi" rispetto ai contenuti della partita europea e della politica italiana. Il punto è proprio questo, infatti. Se a guidare il continente e il pianeta debba essere l'interesse dell'"investitore" (colui che ha e può gestire un patrimonio picco o grande) o se debba farlo l'interesse delle popolazioni. Insomma, dei "cittadini" (un liberale dovrebbe almeno ricordarselo, evitando svaccamenti del genere).

di  Claudio Conti


dal manifesto

irettore dell'edizione spagnola di «Le monde diplomatique».
L'ideologia del castigo e la strategia dell'economia del disastro per creare un'integrazione europea sul modello tedesco. Ma Merkel non vede che il malcontento delle masse cresce, e potrebbe esplodere In Spagna Rajoy sta applicando politiche selvagge di austerità. E i pilastri dello Stato si stanno sgretolando
Sadismo? Sì, sadismo. Come chiamare altrimenti questo compiacimento nel causare dolore e umiliazioni alle persone? In questi anni di crisi abbiamo visto come - in Grecia, in Irlanda, in Portogallo, in Spagna e in altri paesi dell'Unione europea - la spietata applicazione del cerimoniale del castigo richiesto dalla Germania (congelamento delle pensioni, posticipazione dell'età pensionabile, riduzione della spesa pubblica, tagli al welfare, diminuzione dei fondi per la prevenzione della povertà e dell'esclusione sociale, riforma del lavoro ecc) ha provocato un vertiginoso aumento della disoccupazione e degli sfratti, del numero delle persone costrette a elemosinare e anche dei suicidi. Nonostante le tribolazioni sociali abbiano raggiunto livelli insopportabili, Angela Merkel e i suoi seguaci (tra cui Mariano Rajoy) continuano ad affermare che il soffrire è cosa buona, da considerarsi non come un momento di supplizio ma di autentica gioia. Secondo loro ogni nuovo giorno di pena ci purifica, ci rigenera e ci avvicina all'ora ultima del tormento. Tale filosofia del dolore non è ispirata dal marchese de Sade ma alle teorie di Joseph Schumpeter, uno dei padri del neoliberismo, il quale pensava che tutta la sofferenza sociale è, in qualche modo, tesa al raggiungimento di un obiettivo economico necessario, e che sarebbe un errore alleviarla anche solo leggermente. Così stiamo. Con una Angela Merkel nel ruolo di "Wanda, la dominatrice", sostenuta da un coro di fanatiche istituzioni finanziarie (Bundesbank, Banca centrale europea, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione mondiale del commercio, ecc) e dai dipendenti eurocrati di sempre (Durao Barroso, Van Rompuy, Ollie Rehn, Joaquin Almunia, ecc.). Tutti a scommettere su un masochismo popolare che porterebbe i cittadini non solo alla passività ma a reclamare maggiore espiazione e martirio «ad maiorem gloria Europa». Arrivano persino a sognare che le forze di polizia definiscano «sottomissione chimica» certi farmaci in grado di eliminare totalmente o parzialmente la coscienza delle vittime, inconsapevolmente trasformate in gingilli nelle mani degli aggressori. Ma devono stare attenti perché la «massa» ruggisce. In Spagna, dove il governo di Mariano Rajoy sta applicando politiche selvagge di austerità proprio al limite del «sadismo», le manifestazioni di malcontento sociale si moltiplicano. E questo in un contesto di forte smarrimento in cui, all'improvviso, i cittadini constatano che alla crisi economica e finanziaria si somma una grave crisi di governo. Contemporaneamente, alcuni fondamentali pilastri della struttura dello Stato si stanno sgretolando: la Corona (con il tetro argomento della caccia all'elefante in Bostwana), la magistratura (con il caso in Divar), la Chiesa (che non paga le imposte sui beni immobili), il sistema bancario (che ci dicevano fosse il «più solido» d'Europa e ora scopriamo che si sta sfaldando), il Banco di Spagna (incapace di mettere in guardia su Bankia ed altri spettacolari fallimenti), le Comunità Autonome (impantanate in abissali scandali di corruzione), i grandi media (troppo dipendenti dalla pubblicità e che nascondono le calamità che stanno per arrivare)... Senza parlare dello stesso governo il cui presidente, nel momento in cui la Spagna (con la Grecia) si è trasformata nel fulcro dei problemi del mondo, sembra avanzare senza bussola. E di chi, di fronte a questioni fondamentali, o non fornisce alcuna risposta o risponde con espressioni surreali («Facciamo le cose per bene") o semplicemente con delle menzogne. Mariano Rajoy e la sua squadra hanno una grande responsabilità nel disastro attuale. Hanno gestito la crisi bancaria con evidente imperizia, hanno lasciato imputridire il caso Bankia, hanno trasformato un evidente fallimento in un impatto con Bruxelles, la Bce e il Fmi; hanno professato il negazionismo più stolto, pretendendo di far passare un salvataggio dalle conseguenze gravissime per l'economia spagnola come credito a buon mercato e senza condizioni («È un sostegno finanziario che non ha nulla a che vedere con un salvataggio», ha di dichiarato Luis de Guindos, «Si tratta di una linea di credito che non colpisce il debito pubblico», ha affermato Rajoy). Tutto dà la penosa impressione di un paese che sta naufragando. I cui cittadini scoprono, all'improvviso, che dietro le apparenze del «successo economico spagnolo» sbandierato per decenni dai governanti del Psoe e del Pp, si nascondeva un modello (quello della «bolla immobiliare») reso marcio dall'incompetenza e l'avidità. In una certa misura, comprendiamo ora - molto a spese nostre - uno dei grandi enigmi della storia di Spagna: come è stato possibile, nonostante le montagne di oro e argento provenienti dall'America dell'Impero colonizzatore e sfruttatore, che il paese si sia trasformato, a partire dal XVII secolo, in una specie di «corte dei miracoli» piena di mendicanti, poveri e senzatetto? Che si è fatto di cotanta ricchezza? La risposta a queste domande oggi l'abbiamo davanti agli occhi: incompetenza e miopia dei governanti, infinita avidità dei banchieri. L'attuale punizione non è ancora finita. Dopo che lo scorso giugno l'agenzia Moody's ha declasso il rating del debito spagnolo di tre punti, da A3 a Baa3 (uno sopra le «obbligazioni spazzatura»), il premio per il rischio ha raggiunto limiti insostenibili. La solvibilità spagnola è sul pendio che conduce a un salvataggio. Tanto il salvataggio della banca quanto quello del debito pubblico avranno un costo sociale terrificante. In una relazione annuale sulla Spagna, il Fondo monetario internazionale, per esempio, sta già pretendendo dal Governo l'aumento dell'Iva e che approvi, prima possibile, un ulteriore riduzione del salario dei funzionari per ridurre il deficit. Inoltre, in un documento sul lavoro, gli esperti del Fmi raccomandano alla Spagna di ridurre ulteriormente i licenziamenti, pretendono il contratto unico e che si eviti la rivalutazione automatica dei salari. Anche la Commissione europea raccomanda l'aumento dell'Iva e l'adozione di nuove misure «austeritarie»: il posticipo dell'età pensionabile, il controllo dei costi delle Comunità, l'inasprimento delle prestazioni per la disoccupazione, l'eliminazione dello sgravio per l'alloggio e la riduzione del volume di spesa della pubblica amministrazione. Tutto prima del 2013.

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