domenica 24 giugno 2012

pc 24 giugno - Altre città COSA C'E' DIETRO LA GUERRA DI EQUITALIA / CHIEDILO A BEFERA! da Indymedia


COSA C'E' DIETRO LA GUERRA DI EQUITALIA / CHIEDILO A BEFERA!
di Rita Pennarola [ 05/06/2012]
Chiedilo a Nunzio, che da due anni vive in macchina con la moglie e il figlioletto, dopo che gli hanno messo all'asta le due stanze nel quartiere Poggioreale. O domandalo a Sergio Paganelli, il cui padre si e' sparato con un colpo alla testa. E chiedilo ai tanti contribuenti finiti nelle spire della camorra, o ai familiari delle vittime di un fisco trasformato in societa' per azioni dai guadagni facili. Ma c'e' una regia dietro il paravento di una lotta all'evasione che, sceneggiate di Cortina e Portofino a parte, colpisce solo la povera gente? Qual e' davvero il disegno dietro tutta questa manovra? Ecco la storia vera di Equitalia, su cui si allunga l'ombra dei Servizi Segreti.
Qualche volta succede. Tu vai per presentare una querela o una citazione a un giornale, tanto per intimidire i redattori, e senza volere scopri le tue carte, raccontando implicitamente un bel po' di cose. Non e' la prima volta che capita a noi della Voce. Ma questa dobbiamo proprio raccontarla, non foss'altro che per dare informazioni di prima mano ai familiari delle vittime di Equitalia (mentre scriviamo, 25 maggio, due nuovi suicidi di contribuenti tartassati, Francesco Gioffre', artigiano, di Saint Vincent, e Cosimo Spina, 50 anni, di Brindisi), sempre piu' soli e sempre piu' disperati.
Allora, comincia piu' o meno cosi'. A marzo di quest'anno pubblichiamo un articoletto da una sola pagina. Ci aveva incuriositi il fatto che la vigilanza sull'incolumita' del capo di Equitalia Attilio Befera fosse stata affidata ad una impresa privata della quale ci eravamo gia' occupati. E' questo il punto centrale dell'articolo che ha mandato su tutte le furie Befera, visto che per il resto (le frasi che «dipingono il dott. Befera sostanzialmente come un “dittatore-tiranno” che maltratta i contribuenti applicando multe e tasse elevate»), ci siamo limitati ad addolcire una realta' talmente tragica da aver prodotto una lunga scia di sangue.
i body guard del presidente
E allora guardiamola un po' piu' da vicino, la societa' dei body guard che proteggono, a spese del contribuente, ogni respiro del presidente di Equitalia spa. E' lui stesso a confermare, nella citazione spedita alla Voce, che si tratta della Italpol, come noi avevamo scritto. E qui si apre un nuovo capitolo, che attraverso quella sigla ci conduce negli ambienti della destra italiana, anche quella estrema, e da li' verso personaggi dei Servizi segreti. Un milieu che potrebbe essere tutt'altro che remoto, rispetto alla storia vera di Equitalia. Ma andiamo per ordine.
«Il contratto con Italpol - viene dettagliato nella citazione - e' stato stipulato da Agenzia delle Entrate, a seguito di avviso pubblico». E «prevedeva di estendere il servizio di vigilanza. Pertanto, in considerazione dei gravi fatti accaduti (pacchi bomba, minacce, ecc.), visto il provvedimento del Comitato ordine e sicurezza pubblica della Prefettura di Roma, convalidato dal Ministro dell'Interno, con il quale il Dr. Attilio Befera e' sottoposto a tutela, e l'urgenza di provvedere, Agenzia delle Entrate decideva di estendere l'oggetto del contratto gia' in essere con Italpol per la vigilanza in favore del Dr. Attilio Befera, Direttore Generale della Agenzia delle Entrate».
Quanto ci costa? Per proteggere il direttore, l'Agenzia (cioe' noi) paga «la tariffa oraria gia' pattuita per il servizio principale», vale a dire «euro 22,25 per ogni ora oltre Iva; quindi euro 534,00 oltre iva al giorno ed euro 16.020,00 oltre Iva al mese». Insomma, uno straordinario “risparmio” per gli italiani, prezzi da assoluto saldo, rispetto a quelli praticati da analoghi istituti che ammontano, come aveva riportato la Voce, a cifre intorno ai 1.800 euro al giorno (iva compresa, stavolta). «Abbiamo fatto un affare e non ce ne eravamo resi conto...», ironizza un contribuente.
E qui comincia anche il pasticcio della gara bandita da Agenzia delle Entrate per il servizio di vigilanza armata. Pur essendo infatti l'Agenzia un ente pubblico dipendente dal ministero dell'Economia, si decide che per la sorveglianza e' preferibile rivolgersi ad imprese private. La gara, che ammolta alla bellezza di oltre 13 milioni di euro in tre anni (prorogabili) per le sole sedi del Lazio e della Sardegna, viene bandita a fine 2011, ma subito dopo, il 19 dicembre, con altrettanta rapidita' viene revocata. L'avviso e' firmato dal direttore centrale dell'Agenzia, Marco Di Capua, il quale spiega nel documento che il bando, benche' gia' «pubblicato nella Gazzetta dell'Unione Europea del 14 dicembre 2011», viene revocato perche' «si reputa necessario apportare alcune variazioni al capitolato di gara, al fine di incrementare il livello di sicurezza richiesto e migliorare l'efficacia del servizio».
«Una spiegazione quanto mai laconica - osservano in ambienti del ministero - soprattutto se si considera che si tratta di gare con grande rilevanza pubblica».
Il bando viene riproposto il 30 gennaio 2012, con termine per il ricevimento delle offerte fissato al successivo 13 marzo. Quando la Voce andava in edicola, il 2 marzo scorso, con l'articolo sulla vigilanza sotto casa del dottor Befera, la nuova gara era ancora ben lungi dall'essere aggiudicata. Pero' nella citazione di marzo l'avvocato di Befera, Emilio Ricci, scrive che l'affidamento all'Italpol era avvenuto a mezzo avviso pubblico.
Il riferimento era probabilmente alla gara del 2010 (valore biennale 2 milioni di euro), aggiudicata il 1 febbraio di quell'anno al raggruppamento d'imprese capitanato dalla stessa Italpol. «Ci chiediamo allora - fa notare un commercialista della capitale - come mai nel bilancio 2010 dell'Agenzia delle Entrate la vigilanza risulti accorpata sotto la voce “pulizia, giardinaggio e vigilanza” e perche' a questi servizi venivano destinati appena 18mila euro l'anno», a fronte dei 16mila euro al mese, iva esclusa, che costa oggi la sola sorveglianza sotto casa di Befera.
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Che i vigilantes siano da sempre un corpo “paramilitare” nell'orbita della destra italiana, non e' un mistero per nessuno. A fare la parte del leone nell'aggiudicazione di appalti per guardie armate in tutta Italia e' ad esempio proprio la holding comprendente l'Italpol e guidata da Domenico Gravina, origini nel salernitano ed una amicizia ultradecennale col presidente della Camera Gianfranco Fini, «cui lo lega - dicono in ambienti della destra romana - l'antica, comune militanza nelle fila del Movimento Sociale Italiano».
E se Italpol nella gara di due anni fa all'Agenzia delle Entrate risultava “futura mandataria” del raggruppamento vincitore, nelle vesti di “futura mandante” c'era la Nuova Citta' di Roma. Altra sigla finita piu' volte al centro di polemiche, quest'ultima, senza contare l'inchiesta della magistratura romana sui collegamenti fra il suo titolare, Fabrizio Montali, e il boss della Banda della Magliana Enrico Nicoletti, di cui Montali sarebbe stato, secondo l'accusa, il prestanome.
Altro missino di lungo corso al vertice di Equitalia e dintorni (parliamo della consorella Equitalia Polis) e' poi Antonio Cantalamessa, un nome che suggella ulteriormente l'imperitura comunione d'intenti fra gli eredi del fascismo e i riscossori dei tributi di casa nostra. Ottimi i suoi rapporti con la governatora del Lazio Renata Polverini, tanto che Cantalamessa poche settimane fa sedeva in prima fila al varo della nuova sede partenopea di Citta' Nuove, il neopartito della Polverini. Coperto, poi, il versante dell'ex nazional alleato Maurizio Gasparri, il cui fedelissimo Renato Manzini siede anche lui da tempo al timone di Equitalia Polis.
Quando nel 2009 un funzionario, Giovanni Siragusa, vola giu' dal quindicesimo piano del grattacielo partenopeo di Equitalia, e' proprio Manzini che replica agli articoli in cui si parla di mobbing dentro la societa' di riscossione. Nega le accuse ed annuncia querele. Ma sul giovane Siragusa nemmeno una parola.
Torniamo ai “padri fondatori” di Equitalia perche' fra loro c'e' il controverso ex braccio destro di Giulio Tremonti, Marco Milanese. E' il primo a piazzare i suoi uomini nelle postazioni strategiche della riscossione. Ed e' anche il personaggio che conduce ad incontri ravvicinati fra l'attuale sistema di riscossione in Italia e l'apparato dei servizi segreti nostrani.
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A meta' anni 2000 il poco piu' che trentenne Milanese e' gia' saldamente insediato nel board di Agenzia delle Entrate: siede infatti nel Comitato di gestione, a pari grado con i navigati Attilio Befera e Marco Di Capua. Quali credenziali poteva vantare, per essere catapultato nell'olimpo da un giorno all'altro, il giovanotto di origini irpine Marco Milanese? Forse quel folgorante incipit della sua carriera, quando da oscuro milite della Guardia di Finanza un giorno di fine anni ‘90 viene spedito per eseguire un'ispezione nello studio di commercialista del professor Giulio Tremonti, un nome altisonante dell'economia che gia' si prende cura delle sorti finanziarie e fiscali di Silvio Berlusconi. Da li' in poi non si lasceranno piu'. Il finanziere abbandona la divisa e sposa la causa di Tremonti, di cui diventera' l'autentica ombra fin dentro le stanze di Via XXe#8200;Settembre. Un'escalation che sembrava inarrestabile, fino a quando il pm partenopeo John Woodcock, indagando sui traffici della Loggia P4, non ha chiesto al Parlamento l'arresto di Milanese per corruzione e favoreggiamento.
Tegole anche per alcuni fra i suoi uomini come Guido Marchese, commercialista del sindaco Pdl di Voghera nonche' uomo chiave di Equitalia Milano. Tanto Marchese quanto il sindaco suo assistito, Carlo Barbieri, a luglio 2011 erano finiti ai domiciliari per corruzione, sempre nell'ambito delle indagini di Woodcock sulla P4.
Bei tempi quando, nel 2006, Milanese metteva a segno colpi da maestro uno dopo l'altro. A febbraio suo cugino Alessio Vaccariello era stato catapultato alla guida dell'Agenzia del Veneto, dopo la subitanea rimozione del suo predecessore, Enrico Pardi, in servizio da appena un anno. Contestualmente l'Ufficio controlli dell'Agenzia delle Entrate veniva affidato a Graziano Gallo, figlio dell'ex finanziere Salvatore Gallo, piduista, che era in squadra con Massimo Berruti durante un'altra famosa perquisizione allo studio Tremonti, quella del 1979. Sulle affiliazioni occulte, del resto, qualcosa da dire ce l'avrebbe anche lo stesso cugino di Milanese, Vaccariello, che compare nell'elenco degli iscritti al Grande Oriente d'Italia, loggia di Pavia, con la qualifica di “impiegato pubblico”. E anche questo, di certo, non e' un caso...
Cosi' come non possiamo prendercela col destino se ad essere indagato da Woodcock per la P4 ci sia anche il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, che avrebbe avvertito delle indagini a suo carico il faccendiere Luigi Bisignani. Adinolfi e' stato premiato lo scorso anno da una strana associazione di Calabresi nel Mondo, la C3, ai cui vertici troviamo, fra gli altri, l'attuale direttore dell'Agenzia delle Entrate Raffaele Ferrara. Dalle Fiamme Gialle proviene anche Luigi Magistro, attuale direttore centrale Accertamento all'Agenzia delle Entrate. Investigatore nella Milano di Mani Pulite, alla holding delle tasse Magistro era arrivato nel 2006, trovandosi protagonista di uno scontro col capo dei Servizi segreti Nicolo' Pollari, rientrato al comando generale dell'Arma negli stessi giorni. La vicenda, che risale al 2006, era collegata allo spionaggio fiscale sui coniugi Romano Prodi e sua moglie Flavia.
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Pericolo scansato in extremis, nel frattempo, per il ruolo apicale rivestito da Attilio Befera, tanto in Equitalia spa quanto in Agenzia delle Entrate. «Un autentico “miracolo giudiziario” - commenta un penalista partenopeo - la conclusione della lunga indagine condotta a suo carico dal pm di Napoli Valeria Gonzales y Royero, che per Befera aveva chiesto addirittura l'interdizione dai pubblici uffici». Una richiesta che, se fosse stata accolta, avrebbe probabilmente deviato il corso della legislatura.
Siamo a settembre 2011, l'esecutivo Berlusconi e' in procinto di essere rovesciato. E probabilmente gli assetti del futuro governo Monti da qualche parte, in Europa, sono gia' stati scritti, compresa la pressione fiscale insostenibile su pensionati e piccole imprese, le operazioni-spettacolo nei luoghi dorati dei vip, e l'ipotesi della patrimoniale su grossi capitali e transazioni finanziarie da miliardi prima sbandierata e poi subito messa in naftalina. «Per reggere una situazione cosi' - e' il commento che si registra fra non pochi osservatori stranieri - era necessario contare su uomini esperti e tenaci, come appunto Attilio Befera». Il quale pero' proprio in quelle ore, con le decisioni del tribunale partenopeo attese da un momento all'altro, rischiava di dover uscire dalla scena, se fosse stata accolta la richiesta di interdizione dai pubblici uffici.
Ma Mario Monti, si sa, conta molto sull'aiuto della divina provvidenza. E non si puo' certo dire che in quel momento gli sia venuta meno. Tutto era cominciato a inizio 2009, quando Equitalia Polis (ex Gest Line) viene definitivamente condannata al pagamento di quasi un milione e mezzo di euro, con rivalutazione e interessi, attraverso una sentenza esemplare dalla Corte dei Conti, seconda sezione d'Appello. «Nessun dubbio sussiste - mettono nero su bianco i magistrati contabili - sul fatto che il concessionario non ha affatto curato con la necessaria diligenza l'organizzazione e il funzionamento del servizio di riscossione, vigilando adeguatamente sull'attivita' dei dipendenti. Infatti, solo una grave mancanza di controlli sull'operato degli Ufficiali della riscossione ha permesso la compilazione di verbali attestanti ricerche di contribuenti o di beni pignorabili mai effettuate, in numero giornaliero abnorme rispetto alle concrete possibilita' o in giorni in cui gli ufficiali della riscossione erano assenti dal servizio».
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In sede penale il pubblico ministero Gonzales comincia ad indagare sul fenomeno delle “cartelle pazze”, dopo le decine di denunce presentate alla Procura di Napoli, dove aveva sede la Gest Line, da contribuenti delle numerose regioni italiane in cui la societa' effettuava il servizio di riscossione. Identico il j'accuse: ipoteche apposte su immobili per somme irrisorie e spese a carico del cittadino perfino per cancellare i pignoramenti illegittimi. Il pm Gonzalez ipotizza quindi per otto fra i massimi dirigenti dell'attuale Equitalia il reato di abuso d'ufficio nell'attivita' di riscossione, mentre si profila la richiesta di interdizione dai pubblici uffici per alcuni vertici, fra i quali Attilio Befera. Dure le contestazioni: iscrizione di ipoteche immobiliari per debiti fiscali inferiori al tetto stabilito per legge di 8 mila euro, mancato controllo del servizio di notifica degli atti e, dulcis in fundo, addebito ai contribuenti delle spese di iscrizione e cancellazione ipotecaria.
Ai primi di settembre 2011, dopo due anni di intensa attivita' investigativa, sembra prossima la svolta. Si attende solo che a pronunciarsi sia il gip Maria Vittoria De Simone, altra figura di lunga e collaudata esperienza del tribunale partenopeo.
Poi succede qualcosa: il cambio “in corsa” del giudice per le indagini preliminari. La De Simone, promossa, viene sostituita dal giudice Giuliana Pollio, trentotto anni, in servizio a Napoli dal 2010. Il 30 settembre le agenzie battono la notizia: il gip Pollio ha deciso l'archiviazione delle indagini, su richiesta dello stesso pubblico ministero Gonzalez. E la sentenza allontana definitivamente la pesante ipotesi di interdizione dai pubblici uffici per Befera, lui, che sara' il personaggio chiave dell'entourage di Mario Monti premier.
Arriviamo cosi' alle ultime, tragiche settimane, con la lunga catena di morte per suicidi ed un Befera che replica alle accuse con aplomb britannico nella lunga intervista al magazine del Corriere della Sera. «Diecimila errori? - alza le mani rispondendo a Vittorio Zincone - Ci possono anche stare, su dieci milioni di cartelle...». «Quei diecimila “errori” - gli replica a muso duro Angelo Pisani, divenuto famoso in tutta Italia come l'avvocato difensore di Diego Armando Maradona - erano diecimila persone, diecimila famiglie. Ma poi - carica il legale - anche a prescindere dagli “errori”, come dobbiamo considerare i tassi d'interesse praticati da Equitalia? Qui siamo in presenza di una autentica “finanziaria del debito”, con tassi da leasing immobiliare. Solo che le societa' di leasing i soldi te li danno. Equitalia, con gli stessi tassi, te li toglie».
Pisani - che difende fra l'altro anche la famiglia di Pietro Paganelli, l'imprenditore suicidatosi con un colpo di pistola alla testa per debiti col fisco e per l'ipoteca al figlio su un debito al di sotto di 8.000 euro - ci mostra il prospetto di piano d'ammortamento inviato ad un suo cliente. Debito reale, iscritto a ruolo: 98.797 euro, gia' comprensivi di interessi. Che dilazionati diventano la bellezza di 136.890 euro da pagare in 72 comode rate da 2.400 euro e passa.
Non per niente Pisani, fondatore dell'associazione Noi Consumatori, e' da anni la spina nel fianco di Equitalia. “Colpa” delle quasi mille cause vinte al fianco dei consumatori dinanzi alle commissioni tributarie o alle sezioni civili del tribunale di Napoli. Come il giudizio civile che ha dato luogo alla storica sentenza della Cassazione - divenuto poi giurisprudenza corrente - secondo cui ipoteche e pignoramenti per somme inferiori agli 8.000 euro sono illegali. «Come stabilisce la legge fin dal 1973, una legge - osserva Pisani - calpestata per anni da Equitalia».
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Equitalia, controllata per il 51% da Agenzia delle Entrate e per il 49 dall'Inps di Antonio Mastrapasqua, solo negli ultimi anni ha ipotecato o pignorato 426.000 immobili. E agli sportelli si registra ogni giorno la via crucis delle folle di contribuenti in ogni regione del Paese. A Napoli c'e', in piu', il solito convitato di pietra. «Provate a recarvi negli uffici di Equitalia, al Vomero o al centro, quelli dove prendi un numero e scopri che in fila prima di te ci sono gia' 100 o 200 persone. Sarete avvicinati da strani personaggi che sono pronti a darvi denaro e vi mostrano tassi possibili. Si qualificano come agenti di societa' finanziarie. Ma sono emissari della camorra».
A parlare e' una anziana che da anni frequenta quegli uffici per una vecchia ipoteca subita, riconosciuta ingiusta da Equitalia ma mai tolta, rimasta sempre “nel limbo”. Come lei, sono migliaia i contribuenti in difficolta' che finiscono ogni mese nelle spire dei cravattari. «E' un fenomeno ormai noto - attacca l'avvocato Pisani - il giro d'affari della camorra intorno ai veri o presunti debitori di Equitalia. I clan non si limitano all'usura, ma da tempo fanno affari attraverso il cosiddetto “cavallo di ritorno” immobiliare».
Il meccanismo, nella sua drammaticita', e' in fondo semplice. Spiega l'avvocato: «Fino a due anni fa gli immobili pignorati da Equitalia venivano venduti all'asta al semplice valore catastale, vale a dire per cifre irrisorie rispetto a quelle di mercato. Oggi la legge impone di venderli come minimo al valore catastale moltiplicato per tre. Ma si tratta pur sempre di cifre basse. I clan, forti della loro disponibilita' di contante, acquistano all'asta la casa o il negozio e poi lo rivendono allo stesso debitore cui era stato sottratto, ma questa volta a prezzi correnti, incassando grosse somme». A Nunzio e alla sua famiglia non e' riuscito nemmeno questo. Dopo la vendita all'incanto del piccolo appartamento nel quartiere Poggioreale, vive da due anni con moglie e figlio nell'automobile parcheggiata sotto casa del padre.
«Dopo l'iscrizione di un'ipoteca o un pignoramento - spiega Pisani - per le banche diventi un “delinquente”, entri nella centrale rischi e di fatto sei bloccato in ogni attivita' commerciale o imprenditoriale. A chi vuole andare avanti non resta che accettare l'aiuto tutt'altro che disinteressato dei clan camorristici. Sono forme perverse non solo di usura, ma anche di arruolamento». «A monte di tutto questo - attacca il battagliero civilista - c'e' una logica sbagliata fin dai presupposti. Il fisco non puo' e non deve essere una societa' per azioni che lucra sui debiti dei contribuenti, ma una parte vera e sensibile dello Stato, di noi stessi, di tutti i cittadini. E poi servono controlli: non e' possibile che lo stesso soggetto produce le cartelle esattoriali, le notifica e poi si occupa anche della esecuzione. Attualmente per verificare gli errori puo' intervenire solo il giudice, ma non tutti i cittadini possono pagarsi un avvocato, perche' quando si trovano in difficolta' col fisco e' ovvio che non hanno i mezzi per le parcelle di un legale».
Nei dieci anni della sua attivita' al fianco dei contribuenti, Pisani ha ricevuto una serie di velate o esplicite intimidazioni, di cui e' rimasta oscura la matrice. Piu' chiare invece le quattro querele per diffamazione speditegli da vertici di Gest Line ed Equitalia, tutte archiviate. Percio' stavolta i riscossori si sono rivolti alla Procura di Roma, dove l'avvocato Pisani e' stato denunciato per aver sistematicamente chiesto in tribunale che venissero liquidati i danni ai contribuenti colpiti da ingiuste ipoteche. «Quello che dovrebbe essere un atto dovuto, con danni provati per tabulas - commenta Pisani - loro lo considerano una colpa dell'avvocato. Ai signori di Equitalia ricordo - conclude - che la cancellazione di sanzioni illegittime e' un atto dovuto e dovrebbe essere effettuato d'ufficio. Altrimenti si continua col regime del terrore che sta lasciando i morti sul campo».
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