giovedì 26 gennaio 2012

pc 27-28 gennaio In Libia i mercenari italiani reprimono la rivolta. Livorno centro di reclutamento?

L'Italia imperialista in prima fila nella neocolonizzazione della Libia. Militari e mercenari al servizio degli interessi geopolitici e del profitto della ricostruzione per i padroni italiani.

dal sito senzasoste

In questi giorni apprendiamo da svariati organi di informazione ufficiali, come Al-jazeera, o meno ufficiali come twitter e altri siti indipendenti, la probabile presenza in Libia di cosiddetti contractors italiani a fianco della polizia e dell'esercito libico nella repressione delle rivolte popolari e a difesa delle numerose sedi di imprese Italiane nelle varie città dell'ex colonia. Come già accenato in precedenti articoli, gli interessi italiani in Libia sono molteplici.
L'italia è il primo partner commerciale Libico nonchè pricipale paese importatore di petrolio e gas naturale.
Sono numerose le imprese italiane che lavorano nel paese a cominciare dall'Eni e dall'Unicredit fino ad arrivare all'Impregilo (Marcegaglia) e Finmeccanica.
Il nostro paese ha quindi tutto l'interesse affinchè le rivolte vengano represse il prima possibile e la situazione torni alla normalità. Lo dimostra anche la posizione "neutra" assunta dal nostro ministro degli esteri in merito al bagno di sangue che si sta consumando.
In altre epoche un intervento diretto delle nostre forze armate sarebbe stato quasi immediato ma, come si sa, il diritto internazionale vieta questo tipo di interventi. Ma esistono altri modi per intervenire direttamente senza incorrere in violazioni e sanzioni. Uno di questi è appunto l'utilizzo di mercenari pagati da imprese private o addirittura dagli stessi stati.
Ma chi sono questi mercenari oppure contractors? (per utilizzare una terminologia meno "dispregiativa").
Nella maggior parte dei casi sono ex militari che si muovono tramite agenzie private che si occupano dell'addestramento e della gestione, appunto, dei contratti a favore di imprese private e società. In genere riscuotono un lauto compenso per i loro "servizi" e se si pensa che spesso vengono utilizzati in stati dove i diritti umani non sono proprio al primo posto dell'agenda politica, ci si può facilmente immaginare con quale disinvoltura essi operino nell'affrontare situazioni a rischio o quali metodi utilizzino. Dal 2003 al 2007 in Iraq sono morti 917 contractor. Inoltre spesso lavorano a stretto contatto con le forze di occupazione o con le polizie locali.
La questione mercenari conquistò le prime pagine di cronaca in Italia proprio durante la guerra in Irak. Quattro contractor italiani furono presi in ostaggio dalle forze ribelli irakene e uno di questi fu ucciso prima del rilascio. L'ex guardia del corpo in questione si chiamava Fabrizio Quattrocchi (vi ricordate la frase "Vi faccio vedere come muore un Italiano?).
Dai giornali locali venne fuori che svariati mercenari venivano addestrati e forse reclutati proprio a Livorno presso la sede della E.P.T.S. - Executive Protection Training School (http://www.epts.it/wmnews/wmview.php?ArtID=22). Uno di questi si chiama Salvatore Stefio, fondatore successivamente di una propia agenzia, e presente in Irak insieme agli atri tre rapiti durante il conflitto. Tutti e quattro i contractor italiani avevano svolto corsi per la protezione degli oleodotti. Questa "scuola" sembra ancora piuttosto attiva nel campo dell'addestramento. Al suo interno lavorano numerosi ex parà dei corpi speciali e vanta addestratori israeliani.
Ci chiediamo a questo punto, se non sia possibile, vista la presenza nella nostra città di numerosi ex parà e mebri dei corpi speciali, che questa agenzia operi ancora nel reclutamento o quanto meno nell'indirizzamento di alcuni dei suoi allievi verso agenzie internazionali operanti a questo scopo.
L'arruolamento di mercenari è illegale in italia (288 del codice penale, "arruolamento al servizio dello straniero") e a prescindere dall'eventuale utilizzo nelle rivolte libiche è grave che nella nostra città sia tollerata la presenza di "scuole" di questo tipo.
Non è da escludere quindi, che, proprio per i motivi precedentemente descritti, alcuni degli ipotetici mercenari presenti in Libia non siano "passati" dalla nostra città.
Naturalmente queste sono solo supposizioni, ma quello che è certo è che tutta la questione merita un interesse particolare in prospettiva anche di eventuali conferme da parte di organi di informazione ufficiale operanti sul posto.

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