giovedì 7 aprile 2011

pc 7 aprile - Palermo accademia di belle arti ..SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA

PALERMO 7 APRILE:
Il Cail, Collettivo Autorganizzato dell'Accademia di Belle Arti di Palermo, ha ospitato i rappresentanti locali del Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India nell'aula 5 occupata di Palazzo Santa Rosalia, edificio situato in pieno centro a Palermo e adiacente al quartiere popolare "Capo".

La settimana di propaganda in città con attacchinaggi estesi del manifesto nazionale e volantinaggi dell’appello, è sfociata in questa prima iniziativa oggi che ha visto la partecipazione di studenti e lavoratori all'assemblea di informazione accompagnata dalla proiezione di immagini e video sulla guerra popolare in corso in India.

Una buona partecipazione è venuta anche da alcuni studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia che si stanno avvicinando alla politica e sono stati coinvolti dalla propaganda effettuata dall'organizzazione giovanile Red Block .

I temi approfonditi sono stati molteplici: l'India paese complesso definito dalla borghesia “emergente” - le condizioni di vita degli operai e delle masse contadine - la guerra popolare in corso guidata dal Pci maoista con accenni storici sulla sua formazione e sviluppo della guerra popolare - la repressione del governo indiano contro le masse rivoluzionarie con approfondimenti in merito all'operazione Salwa Judum e l'attuale operazione Green Hunt (caccia verde)- le condizioni di vita delle donne soggette ad un’oppressione “di lunga durata” di classe, di genere e feudale soprattutto per le donne che vivono nelle zone dell’entroterra, la loro ribellione e adesione crescente alla guerra popolare, la lotta delle compagne contro il maschilismo e patriarcalismo nella società e all'interno del partito - la via del maoismo e della guerra popolare.

Sono stati messi a disposizione e quindi presentati alcuni materiali scritti per approfondire la questione, tra questi l'opuscolo pubblicato dalla rivista "Internazionale” della scrittrice Arundathi Roy "Nella giungla con i maoisti" e la rivista “Maoist Road”.

Nell'aula è stata anche visionata per la prima volta a Palermo la mostra concettuale fornita dal comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India.

Tutti i partecipanti hanno dimostrato interesse per l'iniziativa visto che non capita tutti i giorni, fino ad ora, di sentire parlare di guerre di popolo all'interno dei luoghi della "formazione" che siano scuole, Università, Accademie di Belle Arti o altro ancora.
L'iniziativa si è conclusa con un aperitivo sociale in un clima piacevole tra i partecipanti che sono stati messi a conoscenza dell’altra iniziativa prevista per domani, una assemblea proletaria presso la sede dello Slai Cobas per il sindaacto di classe.

pc 7 aprile - Solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione!


Il vero terrorista è lo Stato del moderno fascismo, dei lager antimmigrati, della guerra imperialista!
16 aprile manifestazione a Bologna

I compagni di proletari comunisti di Ravenna esprimono solidarietà ai compagni colpiti da provvedimenti repressivi per l'operazione antiterrorismo partita, ancora una volta, dalla Procura di Bologna.
Anche a Ravenna ci sono state 3 perquisizioni nei confronti di alcuni compagni del CS Spartaco.


dal sito indymedia:
Cinque arresti, sessanta perquisizioni in tutta Italia (di cui due a Torino), sette misure cautelari, un circolo di compagni messo sotto sequestro. Questo sembra il primo bilancio di una grossa operazione repressiva contro i compagni di “Fuoriluogo” di Bologna. Il centro di documentazione è stato perquisito, devastato e sigillato.
L’accusa è quella, che già conosciamo, di associazione a delinquere e i fatti specifici tirati in ballo sono una serie di iniziative e attacchi contro i Cie, la guerra, il nucleare, e contro le aziende che ci lucrano sopra - o che direttamente ne sono i mandanti (tra tutte l‘Eni, ma pure la Misericordia di Giovanardi e l’Unicredit) - e pure contro chi la guerra e la detenzione di massa la propaganda ogni giorno a spron battutto (la Lega).

Dopo le perquisizioni e i 6 arresti (5 a Bologna, 1 a Ferrara) di mercoledì 6 aprile un nutrito gruppo di solidali ha presidiato la questura in attesa di notizie fin dalla mattina.
Successivamente, dopo un'assemblea in zona universitaria un corteo ha attraversato le vie del centro per comunicare i fatti avvenuti e rilanciare una mobilitazione contro la guerra e la repressione dello stato, ovunque esse colpiscano.
Dopo una sosta in piazza verdi in cui è stato bloccato il traffico il corteo ha proseguito per raggiungere in autobus il carcere Dozza. Si è cercato di raggiungere con cori e megafonate i cuori dei compagni rinchiusi per ribadire che ovviamente non saranno lasciati soli.

La solidarietà è stata tanta e generosa, in questo momento quanto mai necessaria perchè la repressione non riguarda sempre i soliti ma si estende a tutti quelli che potrebbero potenzialmente portare instabilità a questo sistema. La solidarietà è un'arma che dà forza per non arretrare, attenua la paura e accresce il coraggio nella lotta.

Per decidere le prossime iniziative in vista del corteo di sabato 16 aprile oggi, 7 aprile alle ore 16.00 ci sarà un'assemblea in Aula C a Scienze Politiche, Strada Maggiore 45

LIBERTA' PER ANNA, MARTINO, NICU, ROBERT, STEFI e STREGO!!!

Martino Trevisan
Robert Ferro
Nicusor Roman
Stefania Carolei
Pistolesi Anna Maria

c/o
casa circondariale
via del Gomito 2
40127 bologna

pc 7 aprile - IL PARLAMENTO COSA PARTORIRA' OGGI?

Cinque senatori del Pdl (più un finiano che si è poi sfilato) hanno depositato un disegno di legge costituzionale per abrogare la dodicesima disposizione transitoria e finale della nostra Carta costituzionale, quella che vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». Il Parlamento è in preda a un’esplosione quotidiana di creatività. Lunedì gli eserciti regionali padani, martedì la ricostituzione dei fasci. Chissà cosa partorirà di audace stamattina. Non azzardo ipotesi, anche se vedrei bene una raccolta di firme per la beatificazione di Lucrezia Borgia. O l’inserimento dell’olio di ricino nella lista dei farmaci mutuabili.

I cinque senatori ricostituenti sostengono di voler abolire un reato d’opinione. Ma la rinascita di un partito chiamato fascista non appartiene al campo delle opinioni, ampiamente garantite dalla presenza degli eredi di Mussolini in ben quattro partiti chiamati in altro modo (Forza Nuova, La Destra, Fli e Pdl). Appartiene a quello dei fatti. E il solo evocarla provoca una reazione collettiva e irrazionale di disgusto, perché va a ferire il subconscio di una comunità, la nostra, che nel secondo dopoguerra si è formata proprio intorno all’antifascismo, inteso come ripudio del razzismo e della violenza politica.

Layla Buzzi - Bologna
6.4.11

pc 7 aprile - LE LAVORATRICI DEL MFPR OGGI ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DONNE FIOM

DI SEGUITO IL VOLANTINO/MESSAGGIO CHE VIENE DISTRIBUITO ALL'ASSEMBLEA.

Costruiamo uno SCIOPERO DELLE DONNE
Alle delegate Fiom, alle lavoratrici Fiom,


Salutiamo con interesse questa assemblea nazionale delle donne Fiom. Essa si realizza in un momento importante in cui da un lato il padronato, con il piano Fiat di Marchionne, sta mostrando oggi l’intreccio tra attacchi alle condizioni di lavoro come operaie e alle condizioni di vita e diritti come donne. I piani padronali per le donne significano insieme a tutto il resto anche discriminazioni, umiliazioni, doppio attacco alla salute, a diritti fondamentali come quello per la maternità, una inaccettabile violenza fisica e psichica; inoltre per le donne aumenta il rischio di “ritorno a casa”, di subire per prime cassintegrazione, esuberi. Dall'altro il governo, ultimo con le “politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro”, rende, come giustamente denuncia un documento donne fiom, per norma il lavoro precario l'unico possibile e concesso alle donne, appunto per mantenere e rafforzare il nostro ruolo di “ammortizzatori sociali” nella famiglia, di paracadute per i tagli e gli aumenti dei costi dei servizi sociali e di aumento sulle nostre spalle del lavoro di cura; in questo anche le misure di flessibilità dell'orario ipocritamente presentate come favorevoli alle lavoratrici, di fatto vogliono soltanto continuare a garantirsi, soprattutto nella crisi e nel peggioramento delle condizioni di vita in generale, il nostro lavoro riproduttivo gratis: della serie più doppio sfruttamento... e dovremmo anche ringraziarli... E mentre ci rinchiudono di più in casa al servizio di una “sacra” famiglia sempre più oppressiva, in maniera perversa, per fare cassa, aumentano l’età pensionabile, non riconoscendo neanche il nostro doppio lavoro.
Tutti questi attacchi si traducono inevitabilmente in maggior oppressione. Essi mirano a riaffermare costantemente la posizione di “debolezza” e subalternità di noi donne in questo sistema sociale, come ben dimostra il governo del porco Berlusconi e della sua corte che fanno anche del disprezzo della dignità delle donne la loro politica, subcultura principale. Questi attacchi alimentano poi quel clima culturale e ideologico di sopraffazione, di maschilismo, di disprezzo per la vita delle donne, che costituisce un humus favorevole anche all’aumento di violenze sessuali e di sempre più frequenti uccisioni delle donne, proprio nella famiglia in cui ci costringono.
Ma nello stesso tempo questa assemblea avviene in un momento in cui in questi mesi le operaie, in primis della Fiat, tante altre lavoratrici, dall'Omsa all'Eutelia, lavoratrici precarie, disoccupate del sud, stanno dicendo NO e stanno lottando con determinazione e coraggio.
Alla Fiat molte operaie sono state in prima fila a dire no al piano Marchionne - scontrandosi con azienda e capi, ma anche spesso respingendo pressioni di mariti e famiglia affinchè non si esponessero – perchè anche questa, come hanno detto alcune operaie, è una lotta per la dignità!
E il 13 febbraio 1 milione di donne è scesa in piazza per una “rivolta di dignità”.

ORA E' TEMPO DI COSTRUIRE INSIEME UNO “SCIOPERO DELLE DONNE”
DENTRO LO SCIOPERO GENERALE MA ANCHE OLTRE...
Uno sciopero che veda protagoniste, nella costruzione, nella gestione, le donne, uno sciopero autorganizzato dalle donne. Uno sciopero per affermare sui posti di lavoro, nelle piazze, il nostro punto di vista delle donne, e la doppia determinazione delle donne.
Uno sciopero che sia una novità nell’attuale movimento sindacale e anche per gli stessi lavoratori. Una rottura inaspettata per padroni, governo, Istituzioni, mass media.
Come è giusta la battaglia per lo sciopero generale, così è giusto – possiamo dire doppiamente giusto e necessario - lo sciopero costruito dalle lavoratrici e da tutte le donne, autorganizzandoci sui posti di lavoro - come per es. il coordinamento donne alla Fiat di Termoli - , ma anche nei quartieri, e una piattaforma che esprima l’insieme della condizione di doppio sfruttamento e oppressione. “Se non ora quando?”.
Anche su questo non possiamo delegare. Non ci basta essere inserite in un punto della piattaforma sindacale, vogliamo trasformare anche il movimento sindacale/operaio.

Lavoratrici, precarie, disoccupate del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario di Palermo, Taranto, Milano, L'Aquila, - mfpr@libero.it – T/F 0994792086 - 3475301704

mercoledì 6 aprile 2011

pc 6 aprile - a genova - dieci anni ancora impuniti ..da Red Block

DOPO 10 ANNI ANCORA IMPUNITI!
Sono passati ormai dieci anni da quel 20 luglio del 2001 quando il compagno Carlo Giuliani morì sulle strade di Genova durante il G8 assassinato dallo Stato per mezzo delle forze dell'(dis)ordine.

A distanza di dieci anni ancora nessuna giustizia.

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo,cui i familiari di Carlo erano ricorsi, con sentenza definitiva, ha assolto il 24 Marzo 2011 l'Italia dalle accuse di aver responsabilità nella morte di Carlo Giuliani. I giudici della cosiddetta "Grande Camera" hanno stabilito la piena assoluzione di Mario Placanica, ovvero il carabiniere che sparò a Carlo, confermando così la sentenza di primo grado emessa il 25 agosto 2009.

Dalla sentenza emerge dunque che l'Italia ha organizzato, pianificato e condotto in modo adeguato le operazioni di polizia durante il summit.

Certo, l'Italia ha condotto in maniera adeguata tutte le operazioni, ma adeguata per chi?

Adeguata certamente per i "potenti" al potere e la loro legge, erano forse "giusti" il raid alla Diaz, le torture alla caserma Bolzaneto, i massacri in piazza e tutte le porcate commesse dalle forze dell'ordine italiane?

A queste domande esistono due risposte, la prima quella della giustizia borghese ovvero assolvere, anzi promuovere, tutti i dirigenti delle operazioni di polizia e riconoscere all'Italia il "merito" di aver gestito al meglio le situazioni;

la seconda risposta invece è quella di tutte quelle migliaia e migliaia di giovani che si ribellavano all'imperialismo e lottavano per un futuro migliore.

Non ci aspettavamo altro ovviamente dalle sentenze che possono emettere corti nazionali, europee o internazionali, giustizia a distanza di dieci anni ancora non è stata fatta e giustizia per noi ribelli rivoluzionari vuol dire vendetta!

Tutti a Genova per il decennale dal G8 del 2001, radicali e compatti come abbiamo dimostrato di esserlo lo scorso 14 dicembre a Roma; contro i carrieristi politici alla Agnoletto e/o Casarini serve un corteo antimperialista animato dall'ondata degli studenti che hanno assaltato i palazzi del potere nell'autunno 2010 e i ribelli in tutto il mondo

pc 6 aprile - il nuovo foglio MFPR

Puoi scaricare la versione stampabile
per contatti: mfpr@libero.it






pc 6 aprile - Napoli..interrotto alla Federico II di napoli il Job meeting dell'ENI

C'è sembrato doveroso, come studenti, che da sempre portano avanti la lotta contro il processo di aziendalizzazione dell'università, spendere due parole rispetto all'iniziativa ospitata, oggi 6 aprile, dalla Facoltà di Ingegneria della Federico II di Napoli. L'ennesima presa in giro ai danni di studenti e laureati destinati a subire l'ennesimo ricatto: un futuro di precarietà certa, costretti (almeno per chi ancora ci crede...) a piegarsi ai poteri forti, nel miraggio di un lavoro fisso... di un lavoro.

Mai titolo fu più appropriato di quello del meeting: “Le persone sono la risorsa più preziosa!”; persone da sfruttare in stage, rendendole sempre più ingranaggi e vittime di un sistema universitario, figlio di un'economia di rapina e sfruttamento, sempre più “privilegio” che “diritto” e sempre più dipendente dal prestito. È in questo contesto che si inserisce il passaggio dalle borse di studio ai prestiti d'onore, che trasformano ulteriormente uno dei diritti fondamentali degli studenti in “probabilità”, facendo entrare nella società gli studenti già con un forte debito.

Queste occasioni sono il risultato di un processo di trasformazione tutt'altro che volto all'interesse della reale componente studentesca, bensì a quello delle aziende che vogliono trarne profitto.

Oltre a ribadire la nostra contrarietà a questi meccanismi vogliamo spendere qualche parola rispetto a chi ha organizzato questa conferenza, l'ENI: gruppo guidato da Scaroni, è il principale operatore internazionale nell'estrazione di petrolio e gas in Libia, dov'è presente fin dai tempi di Mattei e dove ha una presenza assicurata fino al 2045 grazie al rinnovo delle concessioni.

La guerra, che in questi giorni l'Italia, al fianco di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti sta combattendo sul suolo libico non è altro che una difesa a spada tratta dei propri interessi, magari per timore che i privilegi della multinazionale italiana, possano essere in pericolo.

Se oggi ci troviamo in uno stato di guerra lo dobbiamo a quei poteri economici che hanno fatto dell'imperialismo e dello sfruttamento il loro pane quotidiano. Questo è il loro reale interesse: i profitti sulle spalle dei lavoratori, degli studenti e delle popolazioni oppresse da secoli.

Per questo abbiamo deciso di interrompere e impedire questa conferenza e a ribadire l'appuntamento nazionale di sabato 16 aprile.

È giunto il momento di dire la nostra, mentre riscrivono la storia del Mediterraneo attraverso le bombe, la violazione dei diritti dei migranti e la continua militarizzazione del nostro e del loro territorio.


Sabato 16 Aprile

CORTEO NAZIONALE A NAPOLI CONTRO LA GUERRA IN LIBIA

stopwar.altervista.org


Studenti napoletani
Assemblea contro la guerra
Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 06 Aprile 2011 13:50 )
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pc 6 aprile - manifestazione nazionale a Napoli contro la guerra

proletari comunisti aderisce


pc 6 aprile - ma quale base popolare ...da genova

MA QUALE BASE POPOLARE!

C'è stato un tempo in cui si raccontava la favola - consolatoria per gli insuccessi dei partiti della falsa sinistra italiana - che il partito dei legaioli era quello che prendeva i voti dai ceti popolari perché quello più fisicamente vicino ad essi, essendo presente in mezzo a loro.
Non ci voleva molto acume per capire che non era così, e che questa era solo una storiella messa in piedi per giustificare in qualche modo le continue débacle dei riformisti sedicenti di sinistra: basta guardare quali interessi difende questa banda di xenofobi e razzisti in camicia verde per capire che con il popolo c'entrano proprio poco.
Nel primo fine settimana di aprile ci sono state due manifestazioni palesi della veridicità di quanto vado affermando: la prima, un incontro tenuto a Genova; la seconda, la fuga precipitosa di Cota da un incontro organizzato dai suoi sgherri ad Avigliana.
Venerdì 1° aprile a Genova, presso la sala conferenze del museo di Sant'Agostino in piazza Sarzano, si tiene un incontro voluto dai consiglieri regionali Edoardo Rixi e Francesco Bruzzone: una cinquantina di antirazzisti si raduna davanti alla sede del convegno per portare il loro 'caloroso saluto'; gli organizzatori scappano a gambe levate verso la vicina questura, facendosi scudo delle 'forze dell'ordine' che difendono i due gatti presenti in sala.
Il giorno successivo tocca al presidente della regione Piemonte, l'avvocato novarese Roberto Cota, fare la figura del vero coniglio: un folto gruppo di NO TAV lo attende fuori dall'hotel Caprice per ricordargli che il TAV in Val di Susa non deve essere assolutamente passare, ed il 'signore' in questione pensa bene di scappare precipitosamente.
Poi, siccome è ben conscio di aver fatto una figura di m..., rilascia una dichiarazione a Maurizio Tropeano della busjarda nella quale spiega che la sua "è stata una scelta di responsabilità per evitare di impiegare per un'iniziativa politica 300 uomini delle forze dell'ordine".
Siccome ogni partito ha il proprio servizio d'ordine, ci si chiede perché mai bisognerebbe impiegare trecento uomini in divisa per salvare la faccia del politicante di turno: tanto più in questo caso, dato che i legaioli da sempre straparlano di centinaia di loro pronti ad imbracciare i fucili per difendere i propri schifosi interessi.
E pensare che un tempo i legaioli erano parte integrante del movimento NO TAV: poi sono andati al governo con al Pappone ed è cambiato tutto.

Genova, 03 aprile 2011
Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comunisti Genova

pc 6 aprile - a chi serve il processo breve ?

Sul processo breve e sulla breve prescrizione

Abbiamo iniziato il nostro cammino di Associazione dei familiari della strage di Viareggio proprio con una manifestazione sulla giustizia, contro il processo breve, sabato 30 gennaio 2010, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e ci siamo ritrovati nelle parole del Procuratore Generale Deidda: “… e chi lo dirà ai padri e alle madri di Viareggio che hanno perso ragazzi di 18-20 anni che lo Stato rinuncia ad accertare la verità solo perché il processo si è rivelato complicato e difficile?”
Abbiamo continuato questo percorso il 6 marzo 2010 quando siamo stati a L’Aquila, insieme a cittadini martoriati da un’altra grande tragedia, per manifestare contro il processo breve.
Proprio in questi giorni un altro colpo (come se quelli subiti non fossero stati sufficienti!), un’altra mazzata che vorrebbe ancora farci chinare la testa: un’accelerazione sul processo breve, sulla prescrizione breve! Uno scempio ai danni dei cittadini per difendere gli interessi di un presidente del Consiglio (?).
Questa legge riguarderà tanti importanti processi come il nostro. I 38 indagati della strage di Viareggio sono quasi tutte persone incensurate e, quindi, molti di questi usufruiranno della riduzione della prescrizione, potranno essere esclusi dai dibattimenti e quindi uscire impuniti: nessuno responsabile di quanto accaduto a Viareggio!
A Viareggio il 29 giugno 2009 non è quindi accaduto niente, quando bruciarono vive 32 persone che stavano riposando nelle proprie abitazioni.
Solo il pensiero che ciò possa accadere ci addolora tremendamente, uccide ancora una volta i nostri cari e uccide anche noi, che stiamo lottando con le unghie e con i denti per avere giustizia. Così non è più possibile andare avanti!
Il 5 ed il 6 aprile saremo di nuovo a L’Aquila dove, insieme a tante altre persone martoriate dall’ingiustizia, costituiremo un’Associazione a livello nazionale per essere tutti assieme pronti a lottare contro un vero colpo di spugna sui nostri diritti.
Non ci piegheranno mai, perché il nostro dolore non può essere piegato da alcun terremoto (neppure quello giudiziario) e non può essere prescritto.
Siamo pronti e pronte a tutto pur di difendere la verità, la giustizia e la sicurezza di tutti. Lo dobbiamo, in primo luogo, alle persone che non ci sono più, lo dobbiamo a noi e a tutti i cittadini di questo paese per definirci ancora esseri umani, uomini e donne.

Viareggio, 2 aprile 2011 - Associazione “Il mondo che vorrei”
e-mail: info@mondochevorrei.it
- Assemblea 29 giugno
e-mail: assemblea29giugno@gmail.com

pc 6 aprile - dal nepal il sostegno alla guerra popolare in India

Revolutionary Solidarity
Let us condemn the state terror on the oppressed people of India by Indian reactionary government.
Let us unite in support of the Great People's War of India.
 First of all we would like to express our strong solidarity to the International Campaign in support of People’s War in India.

 Marxism–Leninism –Maoism: Zindawad
New Democratic Revolution: Zindawad
The Great Peoples War of Indaia: Zindawad
 April 4, 2011                                                          
 Rishi Raj Baral
                                                                                        Convener
  Revolutionary Intellectual –Cultural Forum, Nepal

We Nepalise intellectuals, who faught ten years people's war with pen and gun, have formed a Revolutionary Intellectual–Cultural Forum. Just now we have a statement in support of people's war of India .

pc 6 aprile - sulle ragioni della guerra d'aggressione imperialista in Libia

02 / 04 / 2011

La guerra finanziaria in Libia

di ANDREA FUMAGALLI




Leggendo i commenti economici e politici sulla stampa nazionale e internazionale, il riferimento al ruolo strategico della Libia nell’estrazione e nell’esportazione del petrolio non manca mai. E’ una delle chiavi di volta per analizzare e commentare, sia in termini critici che in termini positivi, il recente intervento militare occidentale. Che il tema del petrolio e del controllo non solo delle fonti energetiche ma anche dei flussi sia importante non può essere negato. Al riguardo, è interessante notare come le rivolte che si sono sviluppate nel Bahrain abbiamo lasciato più o meno indifferente l’Occidente, demandando all’Arabia Saudita il compito di controllarle (e reprimerle, così come in Yemen). Come ricordato dal Financial Times il 25 febbraio scorso, nel Bahrain vi sono i terminali del flusso di greggio saudita per una quota pari al 18% dell’intera produzione. Mettere le mani su tale flusso (comunque già in parte sotto il controllo saudita-americano) significa condizionare l’export di petrolio verso i mercati del Sud-est asiatico (Cindia), e si sa bene come la dipendenza da petrolio sia uno dei colli di bottiglia nevralgici che può condizionare l’economia cinese (la guerra in Irak e in Afghanistan ha soprattutto questo obiettivo strategico). Eppure non sembra che le principali nazioni dell’”Impero di Occidente” vogliamo approfittare dell’instabilità che si è creata in quell’area per rinserrare e affinare un’arma geoeconomica sicuramente rilevante nella competizione tra Usa e Cina.

Invece, apparentemente senza una logica di immediata comprensione, la testa occidentale del bicefalo Impero, neanche sei ore dopo il placet dell’Onu, ha cominciato a bombardare selvaggiamente la Libia di Gheddafi[1]. Come ricordato da Christian Marazzi in un articolo su questo sito, apparso il 28 febbraio scorso, dal titolo Maghreb e mercati finanziari: la logica del contagio, “se è vero che già il 60% della produzione (libica) è stato congelata, il che corrisponde alla perdita dell’1.1 percento dell’offerta mondiale di petrolio, l’Arabia Saudita può facilmente colmare una perdita di questa entità”. In altre parole, la produzione libica pesa poco in un mercato estrattivo che negli ultimi trent’anni si è fortemente globalizzato e che ha visto una netta riduzione del peso dell’Opec nel mercato petrolifero mondiale (oggi, è la Russia a essere il paese maggiormente produttore).

Se veramente il petrolio svolge ancora un ruolo assolutamente strategico, era più funzionale per l’Occidente intervenire nel Bahrain (o affiancare l’Arabia Saudita nell’opera repressiva) piuttosto che in Libia. Una settimana dopo il terremoto e la tragedia nucleare in Giappone, l’obiettivo principale è diventata la Libia, inizialmente non presa in considerazione quando i primi fuochi della rivolta nell’area si erano accesi.

La tesi che sosteniamo è che l’intervento dello schieramento occidentale in Libia non sia dipeso solo da ragioni legati al controllo del petrolio, ma soprattutto da altri fattori, in primo luogo quelli legati ai mercati finanziari.

La Libia di Gheddafi, a differenza di altri paesi della regione, non è affatto un’economia chiusa, ma è fortemente globalizzata soprattutto per quanto riguarda i flussi e le partecipazioni finanziarie. Si potrebbe fare un lungo e noiosissimo elenco di svariate pagine per elencare tutte le partecipazioni detenute nelle casseforti della Banca Centrale Libica e della Libyan Investment Autority (LIA), entrambe strettamente sotto il controllo del colonnello. Ci limitiamo per brevità a segnalare, per quanto riguarda l’Italia, il 7,58% di Unicredito (per un valore liquido di circa 351 milioni di euro), il 14,79% di Retelit (13,7 milioni di euro), il 2% di Finmeccanica (circa 2,2 miliardi di euro), l’1% di Eni, il 2,5 di Tamoil (in compartecipazione con Germania, Germania e Svizzera); per quanta riguarda la Gran Bretagna, invece, si registra la partecipazione libica nell’hedge funds, Capital Partners, il 3% nel gruppo editoriale Pearson (320 milioni di Euro), il 14% dell’immobiliare Cornhill. In Spagna, Gheddafi ha investito in modo cospicuo nel settore immobiliare (vedi, il progetto Magerit Life a Marbella). In Olanda, la società Oilnvest nel settore petrolifero, più nota con il marchio Tamoil, è posseduta al 100% dalla Libia. Anche il Lussemburgo, in specifico nel settore bancario, vede la presenza di partecipazioni finanziarie libiche, mentre in Canada e in Russia, oggetto degli investimenti libici sono rispettivamente ancora un volta il petrolio (Verenex) e l’alluminio (1,43% della Rusal).

Se sommiamo le diverse partecipazioni finanziarie detenute dalle autorità libiche abbiamo una somma tale che se venisse smobilizzata per trasformarla in liquidità immediata causerebbe un forte impatto negativo sui listini di borsa non dissimile da quello causato dal fallimento della Lehmann Brothers nel settembre 2008. Ed è proprio il rischio che una somma cosi ingente di capitali finanziari possa essere “smobilizzata” a obbligare i paesi occidentali a intervenire perché ciò non si verifichi. Nel periodo iniziale della rivolta, il mantenimento di una stabilità finanziaria, garantita da Gheddafi, aveva avuto il sopravvento: in cuor loro, molte società finanziarie speravano nella tenuta di Gheddafi. In Italia, le posizioni del governo in tal senso erano anche dettate dai numerosi affari lucrosi che le imprese italiane detenevano sul territorio libico, soprattutto nel campo delle infrastrutture (Impregilo in testa). Con il peggiorare della situazione, l’incremento dell’instabilità e il rischio di una vittoria dei ribelli della Cirenaica, la possibilità che le forze in campo, soprattutto i rivoltosi di Bengasi, potessero mettere le mani sul “tesoro finanziario” di Gheddafi provvedendo alla sua liquidazione in moneta sonante per finanziare la stessa guerra e la ricostruzione, si è fatto più concreto. Di fatto, l’intervento occidentale da un lato vuole liberarsi di un partner economico, come Gheddafi, affidabile, ma comunque autonomo e poco manovrabile, dall’altro mettere le mani avanti sul possibile congelamento delle partecipazioni finanziarie libiche, per impedire che una loro messa in vendita, deprimi un mercato finanziario, che solo ora si sta faticosamente riprendendo dalla crisi recente e che, anche in seguito agli avvenimenti giapponesi, mostra ancora tutta la sua instabilità.

Si traveste da guerra umanitaria ciò che è invece una guerra finanziaria.







[1] Il che lascia affiorare il sospetto che una simile azione era stata preventivata ed organizzata in anticipo.




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Scheda sugli interessi libici in Italia

Stralci di informazioni contenute nell’articolo: “Quote libiche: Italia pronta al blocco”, di Rossella Bocciarelli e Isabella Bufacchi, Il Sole24ore, 6 marzo 2011

Esiste una banca, con sede nel Barhain, presente da decenni in Italia con una filiale. È la Arab Banking Corporation. Nel 1992 – vent’anni fa – si diceva che stesse acquistando azioni Perrier per conto degli Agnelli. In Italia, insomma, la Arab Banking Corporation non è una nuova arrivata. Nuovi arrivati sono però i suoi azionisti di maggioranza: solo tre mesi fa, il 2 dicembre 2010, a la banca centrale libica è salita al 60% di questo istituto tanto grande quanto sconosciuto ai più. Fino ai primi del 2010 la Libia era un’azionista minoritario, ma nell��ultimo anno in più tappe è salita alla maggioranza. Così, con un tempismo incredibile, alla vigilia della guerra civile a Tripoli e Bengasi, ecco che in terra italica spunta la filiale di una nuova banca a maggioranza libica: la Arab Banking Corporation con sede nel centro di Milano in via Amedei 8.

Questo è solo l’ultimo tassello di un puzzle che il Colonnello Gheddafi da anni – da quando ancora la Libia era sotto embargo – costruisce in Italia. ….. È il 1976 quando il Colonnello, spendendo l’equivalente di 415 milioni di dollari, fa il primo acquisto clamoroso: compra il 10% della Fiat dopo il viaggio in Libia dell’Avvocato Agnelli. ….. Nel 1986 la presenza libica nella casa automobilistica desta però l’allarme del presidente americano Ronald Reagan, così quell’anno Gheddafi esce dal Lingotto: con una ricca plusvalenza (pari a oltre il 300% dell’investimento).

Anche nel 1997 – in pieno embargo – Gheddafi conquista un altro peso massimo italiano. Quell’anno la Libyan Arab Foreign Bank paga 400 milioni di dollari per comprare il 5% della Banca di Roma in fase di privatizzazione. L’operazione non aggirava l’embargo, perché non era il governo libico a comprare direttamente. D’altronde, si sa:pecunia non olet. Così, negli anni successivi, le varie braccia finanziarie di Tripoli entrano in Oilinvest che controlla Tamoil Italia, nel gruppo tessile Olcese, nella Juventus. Piano piano, senza destare grandi clamori, il puzzle si allarga. E queste sono le partecipazioni note: se è vero quello che dichiarava nel 2001 a Bloomberg il numero uno della Lafico Ali El Huwej, cioè che la strategia di Gheddafi era di comprare piccole quote azionarie in giro per il mondo anche dietro schermi societari per aggirare i divieti dell’embargo, allora anche in Italia si potrebbe immaginare una presenza più corposa. Ma non si sa.




È comunque dopo la fine dell’embargo, nel 2003, che la Libia può veramente aprirsi al mondo. Usando anche il fondo sovrano Libyan Investment Authority, creato qualche anno dopo, aumenta i pezzi del puzzle anche in Italia. Oggi è presente in Finmeccanica (con il 2,01%), in Eni (circa l’1%), in Retelit (14,79%), nella Juventus (7,5%), nella Triestina Calcio (33%), in Banca Ubae (67,55%). La partecipazione che ha fatto più clamore, però, è quella in UniCredit dove la Libia (attraverso soggetti diversi) ha 7,58%. La più recente è quella in Arab Banking Corporation, con filiale a Milano. Nessuna di queste quote azionarie è stata finora congelata.




[Da: http://uninomade.org/la-guerra-finanziaria-in-libia/]

pc 6 aprile - i venti di rivolta ..dall'india all'università di palermo.Accademia delle belle arti

martedì 5 aprile 2011giovedì 7 aprile
IL CAIL OSPITA NELL'AULA 5 DI PALAZZO S.ROSALIA IL COMITATO INTERNAZIONALE DI SOSTEGNO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA. NEMMENO LA CENSURA INTERNAZIONALE E IL CONTROLLO DEI MEDIA POSSONO FERMARE I VENTI DI RIVOLTA! DALLE FORESTE INDIANE ALLE METROPOLI EUROPEE RIBELLARSI E' GIUSTO E NECESSARIO! GIOVEDI' 7 APRILE ORE 16.00 A SEGUIRE APERITIVO SOCIALE!

pc 6 aprile - processo Thyssenkrupp a torino - verso l'udienza finale il 15 aprile

Aderiamo, facciamo circolare e per quanto è possibile partecipiamo

A Torino il 15 aprile per la sentenza ThyssenKrupp

Assediamo il Tribunale perchè vogliamo una pesante condanna per i padroni assassini!



Il 15 Aprile il Tribunale di Torino deciderà se condannare o meno i padroni della ThyssenKrupp, responsabili di una delle più terribili stragi di lavoratori nel nostro paese dove 7 operai morirono sul lavoro bruciati vivi.
La rabbia e la mobilitazione sono stati fattori decisivi per questo processo e hanno fatto sì che ai padroni venisse contestato, per la prima volta in processi per le morti di lavoratori, il reato di "omicidio volontario".

La Rete nazionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro fa appello per una partecipazione rappresentativa e combattiva davanti al Tribunale di Torino il giorno della sentenza che riguarda sì i famigliari dei 7 operai morti bruciati ma anche tutti coloro che si battono per la difesa della vita degli operai nei luoghi di lavoro e per avere giustizia nei processi.

Noi della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro, assieme ai famigliari e ai compagni del CCP, siamo stati l'unica realtà nazionale che si è battuta per non fare spegnere i riflettori su questa tragica vicenda con una manifestazione nazionale a Torino nel primo anniversario della strage, con la presenza continua alle udienze e con una corrispondenza puntuale riportata nel blog, nei numeri del Bollettino e nella rete di contatti nazionale.

La sentenza che verrà emessa a Torino è una tappa fondamentale nello scontro di classe perchè, se i padroni della Thyssen saranno assolti, tutti i padroni si sentiranno ancora più forti nell'andare avanti nella guerra quotidiana ai lavoratori e i processi Eternit,Viareggio, Paderno Dugnano,
Umbria Olii e tanti altri, seguiranno questa strada.

I padroni della ThyssenKrupp hanno mandato avanti i loro mercenari prezzolati che li difendono per dire che non vogliono un processo politico contro di loro.

Sì, signori, invece vogliamo che diventi un processo politico contro di voi che avete perseguito un solo interesse, quello della ricerca assoluta del profitto per cui la sicurezza dei lavoratori è un costo, contro di voi che avete fin da subito cercato di inquinare le prove e offeso le vittime pure al processo con un atteggiamento strafottente.

Un processo politico contro tutto il sistema su cui dominate fatto di terrorismo psicologico, ricatti, precarietà, di controlli e ispezioni inesistenti, di sindacati compiacenti, un sistema che vogliamo mettere in discussione perchè è incompatibile con la sicurezza e la salute degli operai!

Ai lavoratori ai comitati di famigliari delle vittime, alle forze politiche e sindacali, al movimento studentesco.
Tutti a Torino il 15 aprile nel giorno dell'ultima udienza, dov'è più che mai necessaria una mobilitazione di massa che assedi il Tribunale di Torino per impedire l'impunità per i padroni assassini, per chiedere pesanti condanne contro di essi, per dire basta alla giustizia negata dai Tribunali, per dire basta alle morti sul lavoro, per lottare contro questo governo che ha peggiorato la legislazione sulla sicurezza, dalle sanzioni del Testo Unico ai controlli sugli apparati di controllo e prevenzione, dimostrando nei fatti la sua vera natura di comitato d'affari dei padroni.

raccogliamo adesioni, organizziamo la partecipazione.
Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro
347-1102638

adesioni a
bastamortesullavoro@gmail.com

pc 6 aprile - filippine 42 anniversario del Nuovo Esercito del Popolo -NPA

pc 6 aprile - la guerra popolare in perù non si è fermata mai un momento.. nonostante i colpi, gli arretramenti, le manovre

pc 6 aprile - dal Canadà - nessuna democrazia senza potere popolare..boicottiamo le elezioni

Vota con la lotta!
Nessuna democrazia senza potere popolare!
Boicottiamo le elezioni
!

Il 2 maggio si terranno in Canada le elezioni federali. Subito dopo l'annuncio ufficiale, tutti i quattro grandi partiti - conservatori, liberali, NDP e Bloc Québécois - hanno iniziato la campagna per "Sedurre" tutti gli elettori. Noi stiamo proponendo una campagna "elettorale" radicalmente diversa: facciamo appello a tutti quelli che si tengono fuori dalla sciarada parlamentare, lavoratori sfruttati, studenti, madri single, migranti e popoli autoctoni di tutto il Canada, a partecipare alla campagna di boicottaggio delle elezioni 2011.

Questa campagna di boicottaggio nazionale, che ci proponiamo di diffondere in tutto il paese, è prima di tutto un definitivo voto di "sfiducia" per tutti quei partiti borghesi che ancora, dopo 150 anni di parlamentarismo, vogliono farci credere che rappresentano gli interessi della maggioranza del popolo del Canada. Vogliamo rompere la fasulla democrazia borghese, che concede al popolo nient’altro che un voto ogni quattro anni. Questo voto è in realtà una coperta bagnata sulla democrazia popolare. La classe dominante, in sostanza, dice: “Andate a votare oggi, ma statevene zitti per i prossimi 4 anni!”.Per questo, rispondiamo: boicottiamo le elezioni e nei i prossimi organizziamoci per un vero potere del popolo!”

Nei discorsi dei candidati, possiamo già vedere la solita serie di accuse reciproche e dichiarazioni teatrali, tutte allo scopo di distrarre dal il vuoto delle loro proposte: “Harper è un bugiardo!”, dicono; “No, è Ignatieff!” “Un voto per il NDP è inutile!” e così via. In realtà, tutti questi partiti sono molto simili. Si distinguono solo per qualche sfumatura. Tutte i partiti danno priorità alla protezione del capitale e degli affari rispetto ai bisogni delle masse sfruttate, compresi immigrati, lavoratori poveri, disoccupati, madri single. Quale sia stato il partito al potere, le statistiche mostrano che il trend di crescente disuguaglianza tra ricchi e poveri prosegue senza sosta. Questo perché tutte i partiti sono prima di tutto interessati a puntellare il sistema capitalista. Tutti vogliono un Canada che sia un paese “Attrattivo” per gli affari, il che significa mantenere bassi i salari dei lavoratori, criminalizzazione dei poveri, annientamento lotte degli autoctoni e finanziamento di società che sfruttano i popoli di tutto il mondo.

Queste politiche e l’impoverimento che producono non sono nuovi. Che partiti si collochino un po’ più a sinistra o a destra, tutti le loro politiche hanno lo stesso effetto di proteggere il borghese che sfrutta le masse. Il NDP lo ha dimostrato a livello locale, quando è stato al potere in Ontario dal 1990 al 1995 e nella British Columbia, dal 1991 al 2001. Il suo partito gemello in Quebec, il Bloc Québécois fratello, ha fatto lo stesso durante il suo lungo primato in Québec.

Se ogni partito presenta qualche sfumature differente, tutti applicano lo stesso programma generale, quello dei ricchi, altrimenti detti la borghesia. È ora di quel programma che ci spingono ad andare a votare il 2 maggio 2011.

Questa non è democrazia!

L'attuale sistema "democratico" in Canada è fatto per la borghesia. Dal 1867, la classe dominante canadese impone un parlamentare sistema che monopolizza l'intera attività politica e la riduce a campagne elettorali ogni quattro anni. Questo processo elettorale difficilmente può influenzare le leggi, la disuguaglianza sociale e le decisioni economiche che sono al cuore dell'esercizio del potere politico. Al contrario, le elezioni borghesi dare a una classe di piccole dimensioni un grande potere che le consente di agire per sé, di influenzare e anche imporre politiche che sono per il migliore interesse dei capitalisti che esse rappresentano. La pratica del voto ha lo scopo far credere alle masse di aver influenza quando in realtà l'intera politica e il sistema economico è stato creato per impedire alle masse di essere in poter influenzare la politica canadese.

Il costante calo di affluenza alle urne per le elezioni federali (la più bassa affluenza alle urne della storia della Elezioni in Canada è stato raggiunto nelle elezioni del 2008 con il 58,8%) indica sicuramente che la gran parte delle masse hanno perso fiducia sia verso il parlamento borghese canadese sia verso i vari partiti che vi siedono da quasi 150 anni. Per la maggior parte delle masse, e per i più poveri tra esse, questa disaffezione ne rivela il reale sentimento: le elezioni non cambiano la loro vita. Questa mancanza di interesse: è anche il risultato delle ripetute bugie, delle promesse tradite, degli abusi di potere, della corruzione crescente, della spudorata ricchezza di truffatori che restano impuniti e dei privilegi e i favori di cui gode la classe borghese e la sua élite politica, mentre parte significativa della popolazione soffre la povertà. Anche quando ottengono qualcosa in più, la maggioranza del popolo deve continuare a lottare per soddisfare le necessità fondamentali della vita: una casa, il vitto e vestiario per sé e le loro famiglie mentre la minoranza benestante vive una vita di eccessi grotteschi e devastanti per l'ambiente.

Facciamo appello a trasformare questa disaffezione, da “passiva” astensione in un boicottaggio dinamico e costruttivo.

Chiediamo di farne un movimento che esprima veramente il tipo di democrazia che vogliamo, la democrazia popolare e, soprattutto, il tipo di società che vogliamo, una società egualitaria libera da ogni forma di oppressione e di sfruttamento di classe.

Noi vogliamo:

Denunciare il vuoto dei programmi politici borghesi e opporre a essi un programma di rivendicazioni per il popolo.

Mostrare che come le elezioni borghesi siano antidemocratiche e chiamare a un’azione politica reale, che è difendere, lottare e organizzarsi per la democrazia e il vero potere del popolo di. Questa campagna di boicottaggio attivo comprenderà manifestazioni pubbliche e incontri e la realizzazione e la diffusione di giornali, volantini, dichiarazioni che estendano informazione sul boicottaggio e aprano il dibattito su come creare una uguaglianza e una democrazia reali.

Nei giorni e settimane a venire, siete tutti invitato a partecipare come singoli o gruppi alla alle Campagna Boicottaggio 2011.

Potete farlo:

Facendo circolare il manifesto ufficiale della campagna, che è disponibile in inglese e francese;

Partecipando alle squadre della campagna che diffonderanno informazioni sul boicottaggio in diversi città di tutto il Canada, anche attraverso dichiarazioni, volantini o il giornale bisettimanale bilingue Partisan, che cercherà di sviluppare la prospettive e coinvolgere nella discussione sul tipo di società e di democrazia che vogliamo e per cui lottiamo!

Partecipando a diversi incontri pubblici e azioni che si svolgeranno lungo tutta la campagna elettorale;

Contattandoci all'indirizzo: info@boycott2011.ca

Vota con la lotta!

Partecipa al boicottaggio attivo!

Per ulteriori informazioni, visitare il sito:

www.boycott2011.ca

Supportato dal Partito Rivoluzionario Comunista.

pc 6 aprile - nel quadro della campagna di sostegno al GP in India - leggere il reportage di Arhundati Roy - camminando con i compagni




disponibile anche in italiano
richiedere a csgpindia@gmail.com

martedì 5 aprile 2011

pc 5 marzo - ANCORA SU MANDURIA DALLE COMPAGNE DEL MFPR



Da Concetta:

"Ore 17,00 giorno 4/4/2011 giornata primaverile a Manduria, è già qualche giorno che veniamo al campo allestito in maniera approssimativa in un posto che sembra lontano dalla civiltà quasi, come pensa qualcuno, fatto a posta per questa gente, che ha l'unico torto di voler affermare la propria dignità e la propria consapevolezza di essere umano. Ci accoglie la solita ridda di giornalisti, associazioni pseudo umanitarie, e alcuni politici ipocriti senza scrupoli in cerca solo di far passerella sul disastro umanità.
Oggi spiccano fra l'enorme spiegamento di forze dell'ordine una bella novità dei cavalli maestosi che in tutto quel baillame si muovono quasi volessero elevarsi al di sopra di quelle miserie, ma lo stolto cavaliere-carabiniere con fare spocchioso li guida indifferente su materassi coperte e le misere suppellettili degli immigranti.

Ci avviciniamo ai gruppi di immigrati e mostrando loro il volantino dello Slai cobas per il sindacato di classe, scritto purtroppo in italiano, cerchiamo tra loro chi capisce la nostra lingua; per nostra fortuna il nostro sforzo viene premiato e piu' di qualcuno si avvicina e familiarizza con noi. Cosi gli spieghiamo ciò che abbiamo scritto, chi siamo e cosa stiamo facendo per appoggiare la loro battaglia.
Noto piacevolmente rispetto ai primi giorni che il loro sguardo e sicuro, deciso, direi anzi risoluto. I vari discorsi si succedono in fretta sul loro stato di salute, come si trovano in questo campo, sulla scarsità degli alimenti che gli vengono somministrati.
Giunta sera ci siamo salutati ma non prima di strapparci la promessa di tornare assolutamente".







Da Fiorella:

"Ieri alla tendopoli di Manduria siamo nuovamente tornate e continueremo a tornarci per dare la nostra solidarietà, per sapere delle condizioni degli immigrati e per informarli della situazione. Abbiamo visto che vengono distribuiti da questurini mascherati da "associazioni di aiuto" volantini in arabo che, per convincerli a non scappare e stare buoni senza protestare, promettono di dar loro entro 24 ore il permesso di girare liberamente in Italia.
Noi dello slai cobas e del'mfpr invece abbiamo parlato con loro per convincerli che non devono assolutamente credere a false promesse ma che devono continuare a lottare per il rispetto dei loro diritti e per la loro lbertà, che noi li appoggeremo sempre e mobiliteremo i lavoratori, i disoccupati e le donne di Taranto".

pc 5 aprile - nuovo attacco al diritto di sciopero

La fine dello Sciopero

La Cub ed i Cobas esprimono sconcerto e disapprovazione totale nei confronti di entrambi i disegni di legge (DDL 1473 del Governo; ed il DDL 1409, primo firmatario Ichino) in discussione alle Commissioni riunite del Senato in merito all’inasprimento della normativa che limita il diritto di sciopero.

Si denuncia infatti che in entrambi i disegni di legge, seppur con sfumature diverse, si voglia tentare di imbavagliare il mondo del lavoro abolendo l’esercizio sostanziale del diritto di sciopero, proprio quando l’intero mondo del lavoro è colpito dagli effetti della crisi e delle ristrutturazioni. Una sorta di opera “preventiva” a tutela dei soli interessi della parte datoriale.

Già nell’intestazione dei disegni di legge, e nelle loro note introduttive, si evidenzia il chiaro carattere mistificatorio ed ideologico tutto teso all’abolizione del conflitto, strumentalizzando l’impianto normativo con il riferimento alla libera circolazione delle persone.

È per noi invece evidente come non esista una differenza tra persone che hanno il diritto di circolare liberamente e i lavoratori. Con questi disegni di legge si vuole strumentalizzare il problema della libera circolazione tentando di mettere contro i lavoratori di differenti settori. I lavoratori non interessati direttamente da una specifica vertenza vengono in questo modo considerati esterni rispetto all’intero corpo sociale, mentre è bene ricordare che l’articolo 1 della Costituzione pone il lavoro a fondamento della nostra democrazia. Con questi disegni di legge si vorrebbe che altri lavoratori diventassero improvvisamente solo generiche persone, un’“opinione pubblica” che entra in conflitto con quei lavoratori che lottano per tutelare i loro interessi. Tutti contrari allo sciopero, ma a tempo determinato, a giorni alterni, perché poi si “scoprirebbe” “improvvisamente” di essere, al pari degli altri, lavoratori che rivendicano il diritto di sciopero.

Inoltre anche l’art 35 della Costituzione da particolare attributo al lavoro, considerato elemento indispensabile per promuovere la società (“La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”), e gli artt. 36-43 e l’art. 46, che contribuiscono a determinare le norme di principio fondamentale a tutela del lavoro, del lavoratore e dell’interesse collettivo della società.

Bisognerebbe porsi la domanda del perché, in alcuni casi, il conflitto esplode in maniera incontrollata e non piuttosto procedere con il tentativo di soffocarlo senza rimuovere alla radice la causa. Sigillare per legge il dissenso e la protesta rischierebbe solo di alimentare la rabbia.

Questi DDL vorrebbero azzerare il senso profondo del diritto di sciopero, fondamentale strumento per i lavoratori utile a rafforzare il potere contrattuale con la controparte datoriale e, oggi - principalmente - strumento di difesa. Viene poi indebolita la contrattazione collettiva, sia nazionale sia aziendale, perché pone maggiormente esposto ed isolato il lavoratore. Va inoltre considerato che da sempre il diritto del lavoro ha oggettivamente riconosciuto che il lavoratore ricopre ruolo e posizione debole ed impari rispetto al suo datore di lavoro. Una normativa ancor più restrittiva in materia non farebbe che peggiorare tale condizione.

Dai disegni di legge se ne deduce quindi che il reale ed unico interesse sia quello di creare regole talmente restrittive da rendere il diritto di sciopero solo un inutile parentesi formale.

Ciò è in ultima analisi in aperta violazione dell’art. 40 della nostra carta costituzionale che, sebbene demandi la sua applicazione a leggi specifiche, tutela l’esercizio del diritto di sciopero nella sua generalità.

Per Cub e Cobas lo sciopero è il diritto dei diritti; è il diritto con il quale rivendicare e difendere altri diritti!

L’attuale normativa vigente in materia (L. 146/90 e L. 83/00), che regola le modalità di esercizio del diritto di sciopero, è inoltre già di per sé eccessivamente restrittiva, perché prevede procedure di raffreddamento, tentativo obbligatorio di conciliazione, regole precettive, periodi di franchigia, servizi garantiti, rarefazione soggettiva ed oggettiva, preavviso, concomitanza, ecc., regole già in grado di ridurre e limitare sia l’uso dello sciopero a poche settimane l’anno che l’impatto sulla controparte.

Con le nuove proposte di legge si vuole limitare i soggetti “abilitati” alla proclamazione dello sciopero e vietare alle “presunte” minoranze di lavoratori, in una prospettiva pesantemente autoritaria, una libertà costituzionale fondamentale, quale quella dell’esercizio del diritto di sciopero.

Nel merito, Cub e Cobas ritengono che l’introduzione:

- del nuovo ruolo della Commissione di garanzia in Commissione del Lavoro (che attraverso la nomina di 5 componenti da parte del Governo e l’arbitrato obbligatorio cesserebbe di essere organo super partes – oggi in vero solo sulla carta -);

- della soglia di rappresentanza per poter dichiarare uno sciopero (che determina la soglia del diritto);

- del referendum preventivo obbligatorio al di sotto della predetta soglia (per altro nel DDL 1473 limitato anch’esso ad una soglia di rappresentanza, restrittiva e lesiva del diritto);

- della dichiarazione di adesione individuale preventiva (che espone a possibili “schedature” dei lavoratori che aderiscono allo sciopero e consente di predisporre azioni di contenimento del conflitto a solo vantaggio della parte datoriale);

- dello sciopero virtuale (che snatura l’equilibrio tra il danno per l’azienda ed il lavoratore);

- dell’inasprimento del sistema sanzionatorio (che mette a rischio il rapporto di lavoro e sbilancia la sanzione a sfavore del lavoratore, per giunta considerato soggettivamente responsabile ben oltre le OO.SS.)

rendano di fatto non più reale il diritto di sciopero.

In conclusione la Cub ed i Cobas, già contrari alle attuali leggi 146/90 e 83/00 che pesantemente limitano il diritto di sciopero, ribadiscono la loro completa contrarietà sia al DDL 1473 che al DDL 1409 che lo vieterebbero definitivamente.

Roma, 4 aprile 2011

pc 5 aprile - la polizia contro gli operai dell'alfa arese

ALFA ROMEO di ARESE:
QUESTA MATTINA POLIZIA e CARABINIERI CONTRO i 62 LICENZIATI dall'AZIENDA SPIONISTICA.
Prima sono intervenuti contro il presidio alla portineria Est, poi per sgombrare la portineria sud-ovest.
Ieri incontro dello Slai Cobas e dei licenziati con la Lega delle cooperative ed EUROMILANO.

Questa mattina due pulman di poliziotti e diverse gazzelle dei carabinieri sono stati schierati alla portineria Est contro il presidio dei licenziati di Innova Service che era iniziato alle ore 10 e si doveva concludere alle ore 11.

Arrivati alle 10 e 30, polizia e CC hanno oltrepassato la portineria e si sono schierati per la carica, al che i licenziati si sono seduti per terra. Alle 11 i licenziati hanno tolto il presidio.

A questo punto tutta la truppa di poliziotti e carabinieri si è diretta a sgombrare la portineria sud ovest, presidiata 24 ore su 24 da 53 giorni dai 62 lavoratori ex Alfa Romeo licenziati dall'azienda spionistica Innova Service.

I lavoratori che presidiavano in quel momento la portineria si sono chiusi dentro ed hanno impedito lo sgombero.

Nel giro di 10 minuti si sono diretti alla portineria sud ovest tutti i 62 licenziati ove hanno invitato le forze "dell'ordine" a perseguire la mafia sull'area dell'Alfa e non i lavoratori licenziati.

Verso mezzogiorno è arrivato il contrordine e polizia e carabinieri se ne sono andati.

Ieri pomeriggio si era svolto un incontro a Milano in via Vivaio presso la sede della Provincia tra lo Slai Cobas, le RSU di Innova Service ed EUROMILANO (Lega COOP, UNIPOL, CISL, ACLI, IntesaSanpaolo e Brunelli).

Al termine dell'incontro EUROMILANO si era impegnata a dare una risposta entro tre giorni alla richiesta di rioccupare sull'area dell'Alfa i 62 licenziati.

NO ALL'USO DI POLIZIA E CARABINIERI CONTRO LE LOTTE DEI LAVORATORI LICENZIATI !

POSTI DI LAVORO ALL'ALFA PER I LAVORATORI DEL SITO E PER I GIOVANI DELLA ZONA !

NO alla MAFIA e alla POLITICA MAFIOSA sull'AREA dellL'ALFA ROMEO di ARESE.


Arese, 5 aprile 2011
SLAI COBAS ALFA ROMEO

pc 5 aprile - disoccupati, precari, lavoratori a sostegno a taranto della guerra popolare in India

E' stata interessante e partecipata l'assemblea a sostegno della guerra popolare in India tenutasi a Taranto.
Soprattutto la partecipazione: precari,disoccupati,lavoratori, numerose donne tutti e tutte giornalmente impegnati/e nella lotta per il lavoro, ma anche nel sostegno alla lotta degli immigrati di Manduria - a proposito anche a Manduria, alcuni immigrati in lotta hanno 'saputo' dell'iniziativa pro India commentandola con espressioni di sostegno e interesse.
E' raro trovare questo tipo di partecipazione a questo tipo di assemblea.
L'introduzione ha trattato sommariamente la situazione dell'India e il suo ruolo nel mondo; si è parlato delle rivoluzioni in corso e del carattere che la gp in India ha di diverso e più avanzato in questo contesto.
Il popolo in armi, il popolo che lotta, che costruisce e si impadronisce del potere lungo un corridoio rosso, abitato da 300 milioni di persone,
il popolo rosso, diretto dal partito del proletariato, il partito comunista dell'India maoista.
Quindi sono seguiti diversi filmati:
una bellissima intervista ad Arhundhaty Roy, il cui reportage 'camminando con i compagni' è stato preso da tutti i partecipanti;
immagini di scioperi e lotte di massa in India, diretti dal PCI maoista;
le donne, le straordinarie donne integrate nella guerra popolare e nel partito.
L'assemblea è proseguita nel massimo interesse partecipato con illustrazione della mostra nazionale.
Si à infine tornati sul ruolo delle donne con un bell'intevento del movimento femminista proletario rivoluzionario.
L'assemblea si è conclusa con l'approvazione per acclamazione della mozione
proletaria...intanto la città è rossa di manifesti della campagna.

pc 5 aprile - MANDURIA DI LUNEDI'

Ieri sera a Manduria il clima tra gli immigrati che avevano passato in 200 la notte fuori dal campo era di un’attesa dubbiosa, ma pronti a riaccendere la protesta.
Anche se le voci erano varie: una parte diceva, rientriamo stanotte e poi nel caso le promesse di permesso di soggiorno per tutti, anche a scaglioni, non risultassero vere, torniamo ad uscire subito dal campo; altri davano più credibilità alle dichiarazioni del Questore; ma altri ancora dicevano che finchè non vi saranno fatti concreti, non bisogna rientrare nel campo e proseguire la protesta rimanendo anche la seconda notte nella campagna antistante il campo e continuando a rifiutare il cibo dell’interno.
Nel pomeriggio la tensione era aumentata perché erano giunte notizie di un accordo con la Tunisia per rimandare gli immigrati nel loro paese. Tre sono stati ricoverati in ospedale, uno si era provocato delle ferite a un braccio.
Per tutto il giorno la polizia, gli uomini del Consorzio Connecting People che gestisce la tendopoli, la Croce rossa, la Caritas avevano fatto un’azione martellante di convincimento. E c'è da dire che di questa operazione di "convincimento" continuano a far parte anche alcune "anime belle" di antirazzisti, volontari pacifisti, che distribuiscono vestiario, cibo e "legalismo/tranquillizzante ideologico".
Con la tattica del bastone e della carota, da un lato le forze dell'ordine da un lato spargono “terrorismo”, per incutere paura tra gli immigrati (se continua la protesta, se vanno via, non hanno più il permesso di soggiorno…), dall’altra seminano promesse incredibili: ieri la stessa polizia insieme al Consorzio ha fatto distribuire un volantino in arabo che diceva addirittura che oggi (martedì) gli immigrati avrebbero avuto il permesso e sarebbero stati liberi di andare via dal campo.
La linea la parola d’ordine era di “tranquillizzare” la situazione, tenendola rigidamente sotto controllo.
Per questo l’arrivo delle compagne dello Slai cobas per il sindacato di classe ha allarmato immediatamente Digos, poliziotti al campo. Le compagne dall’arrivo a quando sono andate vie sono state sempre tallonate, ogni discussione, capannello con gruppi di immigrati vedeva subito movimenti nervosi, poliziotti che si avvicinavano per ascoltare. Ad un certo punto è stato impedito ad una compagna di avvicinare la persona che gli immigrati ci avevano indicato come colui che aveva distribuito il volantino in arabo, e che aveva fatto credere agli immigrati di essere di un’associazione antirazzista.
Il nuovo incontro, dopo la grande giornata di protesta di sabato scorso, delle compagne con gli immigrati, e con alcuni loro rappresentanti di fatto, ha proseguito e rafforzato il legame anche umano, di solidarietà, di unità. Le compagne avevano portato un volantino con i punti principali di della battaglia di questa fase, e nonostante la difficoltà della lingua, nei capannelli è stato letto insieme agli immigrati. Abbiamo poi portato le notizie dalla Tunisia sugli scioperi degli operai; abbiamo discusso sulla natura del governo Berlusconi e sul perché non si poteva semplicemente restare in attesa delle sue promesse; abbiamo parlato della guerra in Libia, delle giuste rivolte dei popoli, arrivando perfino a parlare della campagna a sostegno della guerra popolare in India e che cosa è questa guerra popolare, e la differenza tra le rivolte, come quella della Tunisia e la guerra di popolo.
Ma abbiamo soprattutto parlato, insieme anche ad altri compagni della zona, della necessità di non accettare la manovra di “tranquillizzazione” fatta dalla polizia con il volantino, che era giusto, perché effettivamente ci fossero delle soluzioni collettive per tutti gli immigrati, mantenere la protesta nelle varie forme collettive che gli immigrati stanno decidendo, estenderla, costruire, soprattutto da parte nostra, una lotta unitaria contro il governo tra lavoratori/popolazioni della zona e immigrati.

In un clima bello, di fraternità, di rafforzamento della conoscenza reciproca, gli immigrati ci hanno poi aggiornato sulla invivibilità del campo: ancora non vi sono docce calde, il cibo è scarso e pessimo (alcuni dicevano anche avariato), pur avendo alcuni di loro dei soldi, non possono comprarsi nulla, dalle sigarette, alle ricariche dei telefonini (tanto che abbiamo prestato i nostri per fare delle telefonate ai loro familiari), non possono cambiarsi, ecc.

Quando siamo andate via ci hanno salutato con affetto, chiedendoci di ritornare presto.

Le compagne dello Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto

lunedì 4 aprile 2011

pc 4 aprile - in Equador .. la campagna di sostegno alla guerra popolare in India !

Saludos de clase.

Como no puede ser de otra manera, nuestro Partido fiel a los principios del marxismo leninismo maoísmo, al convencimiento total y absoluto de la justeza de la guerra de clases manifiesta como Guerra Popular y en total coincidencia de principios con el PCI (maoísta), plegamos a la campaña de solidaridad con la GP en la India.

Nuestro Partido ha desplegado ya una campaña de pintas de apoyo a la GP de la India y estos días remata con difusión del proceso por medio de volantes, afiches, pancartas, etc.
Sin lugar a dudas el mejor aporte que nuestro Partido puede hacer a los camaradas de la India es reafirmarnos en los principios y seguir construyendo Partido en torno a la toma del Poder al servicio de la Revolución Proletaria Mundial.

De nuestra parte cuenten con el apoyo a difundir portal, libro y el objetivo central de la campaña.

De igual manera, saludamos la iniciativa al respecto.

Atentamente,
PCE-SR
Partido Comunista del Ecuador Sol-Rojo

pc 4 aprile - la campagna di sostegno alla guerra popolare in India... in Austria

in spagnolo facilmente comprensibile

SOLIDARIDAD CON LA LUCHA DE LIBERACIÓN EN INDIA



Publicado por la Organización de las Juventudes Comunistas Revolucionarias de Austria (RKJV)

29 de marzo de 2011


Desde los años 60 se vienen produciendo en la India grandes luchas llevadas a cabo por millones de adivasis contra la opresión de sus tribus y culturas, en contra de la destrucción de su hábitat y del gobierno de la India, que les niega cualquier derecho a existir y a obtener una perspectiva positiva. A finales de los años 90 y a comienzos del nuevo milenio -también bajo la influencia del desarrollo exitoso de la revolución en Nepal- estas luchas se reavivaron. En 2004 varias de las activas organizaciones del movimiento del pueblo adivasi fundaron un partido unitario: el Partido Comunista de la India (Maoísta). Éste fue un paso importante para estos movimientos, ya que desde entonces la lucha de liberación de los pueblos de la India ha tomado mayor impulso y se ha desarrollado aún más que antes.

Sin embargo, el Estado indio no puede admitir tan fácilmente un movimiento de millones de “sin casta”, jóvenes, mujeres, trabajadores, dalits [“intocables”, en hindi], etc. El gobierno atiende principalmente a los intereses de las grandes corporaciones de la UE y los EE.UU., poniendo a su disposición materias primas baratas, mano de obra y oportunidades de inversión. Además existen planes para construir en el territorio de los adivasis una de las mayores plantas de energía nuclear en el mundo. La lucha por la liberación de los pueblos de la India pone en aprietos la consecución de estos proyectos, por lo que el gobierno reacciona por medio del terror sangriento, operaciones del ejército, genocidio, desplazamientos forzados de población, violaciones, etc. Sin embargo, la lucha de liberación, la guerra popular, sigue su curso. Cada vez son más y más las personas que reconocen las perspectivas positivas que ofrece y que se trata de una lucha justa. También para el movimiento revolucionario en Europa la lucha en la India es importante, ya que allí se oponen a los mismos que ejercen el dominio y la explotación aquí, en contra por tanto de un enemigo común.

Queremos informar sobre los desarrollos actuales en la India y junto con ustedes fomentar la solidaridad con el movimiento revolucionario en la India. ¡Asistid a las sesiones informativas (un invitado de Nepal también estará presente para informar sobre la situación en su país) y a nuestra declaración

pc 4 aprile - Cremaschi ' UN CEDIMENTO GRAVISSIMO ALLA CONFINDUSTRIA E ALLA FIAT' ma quando finirà questo gioco delle parti ?

UN CEDIMENTO GRAVISSIMO ALLA CONFINDUSTRIA E ALLA FIATnota di Giorgio Cremaschi sul documento della Segreteria della Cgil sulla riforma del sistema contrattualePremessaLa segreteria della Cgil ha emesso un documento sulla riforma del sistema contrattuale che rappresenta una svolta negativa sul piano della politica contrattuale e delle scelte di fondo della confederazione.

Il documento si apre con un giudizio incredibilmente ottimistico sullo stato della contrattazione, un giudizio peraltro contraddetto da quanto successivamente affermato sui rischi di balcanizzazione del sistema contrattuale.

La segreteria della Cgil afferma che ben 83 contratti nazionali su 89 sono stati siglati in maniera unitaria, concludendo così che la Cgil e la maggioranza delle imprese si trovano d'accordo sulle scelte contrattuali di fondo.

Peccato però che anche la Confindustria, nelle sue punte più aggressive, sottolinei questo dato e lo faccia come una conferma delle proprie posizioni, a partire da quelle che hanno portato all'accordo separato del gennaio 2009 sul sistema contrattuale.

Ancor più grave però è la contabilità numerica dei contratti, a prescindere dalla dimensione dei lavoratori interessati. I metalmeccanici, tutti i lavoratori pubblici, tutti i lavoratori del commercio, a cui il documento non fa alcun cenno, sono oggi sotto il regime di accordo separato. Sono più di 7.000 di lavoratori dipendenti, cioè la maggioranza dei lavoratori soggetti a contratti nazionali.

L'analisi della segreteria è dunque profondamente sbagliata, priva di contatto con la realtà, e unicamente strumentale al fine di dimostrare che quanto avvenuto in Fiat, tra i metalmeccanici, tra i lavoratori pubblici e del commercio, è una piccola eccezione che non contraddice la tendenza positiva di fondo. Ci si inventa, così, una convergenza tra sistema delle imprese e Cgil, che non è nei fatti, ma che è quello che si vuole in realtà ottenere.

Riassumiamo qui i punti che caratterizzano il documento e le nostre principali critiche.

1.

Il documento fa un'analisi pasticciata e confusa della crisi e delle condizioni di lavoro. Sostanzialmente l'unico problema che viene definito è quello della crescita e della produttività, con una sottolineatura sulla quale davvero la Confindustria non potrebbe che convenire. Manca un’analisi dello stato dell’economia, delle tendenze di fondo, degli obiettivi produttivi economici e sociali del sindacato. La riforma della contrattazione che si vuole rivendicare è un puro atto burocratico che non ha dietro alcun progetto sociale, economico e produttivo. Si tratta solo di fare la pace con gli imprenditori e con Cisl e Uil, dopo una serie di microconflitti che possono essere superati con la buona volontà.

2.

Come dicevamo, improvvisamente da questa analisi confusa e minimalista, emerge la necessità della riforma contrattuale per impedire “la balcanizzazione”. Perché ce n’è tanto bisogno, se la stragrande maggioranza dei contratti è unitaria? La spiegazione che viene data è che bisogna evitare una non meglio precisata “entropia” nei luoghi di lavoro e costruire un sistema che ricostruisca l'unità tra le organizzazioni sindacali. Si dice così che bisogna costruire una riforma del sistema contrattuale che renda validi per tutti e unitari gli accordi. Per fare questo si propone a Cisl e Uil di “mettere da parte le divisioni del passato”, questo perché evidentemente si pensa che oggi divisioni non ci siano più. Si abbandona totalmente così la necessità di una vera democrazia sindacale, non si parla più del referendum, neanche nei termini minimalistici con cui era affrontato nel documento sulla democrazia e sulla rappresentanza approvato dall'ultimo Comitato Direttivo e si riduce il tutto alla definizione di procedure per cui i sindacati più rappresentativi partecipano tutti ai contratti e trovano le forme per disciplinare i loro dissensi. Non c'è la riforma della Rsu e non c'è il diritto per le lavoratrici e i lavoratori di votare con il referendum sulle piattaforme e sugli accordi. Nella sostanza, si va a un sistema burocratico e centralizzato di amministrazione della contrattazione. Paradossalmente più si auspica un decentramento della contrattazione, più si centralizza nella confederazioni il controllo dall'altro sui comportamenti sindacali. Frantumazione della contrattazione e centralizzazione burocratica e sindacale si accompagnano assieme.

3.

Con queste premesse la riforma del sistema contrattuale che viene proposta corrisponde sostanzialmente a quanto auspicato dalla Confindustria, da Cisl e da Uil. I contratti nazionali dovranno essere più leggeri e “meno prescrittivi”. In questo modo non ci sarà più bisogno delle deroghe, perché sarà la leggerezza stessa, cioè la debolezza del contratto nazionale, a far sì che, azienda per azienda, territorio per territorio, ognuno faccia quello che vuole. La contrattazione nazionale riduce drasticamente la sua funzione. Si passa ai contratti cornice, che accorpano anche più settori, di cui hanno sempre parlato la Confindustria e la Cisl. Lo scopo del tutto è quello di ottenere una produttività aziendale più ampia e una più equa distribuzione del reddito. Da questo punto di vista gli stessi scopi dell'accordo del 23 luglio 1993, di cui questo documento rappresenta una revisione al ribasso, sono abbandonati. Non ci sono obiettivi sociali di fondo, l'unico vero obiettivo è quello dell'aumento della produttività e, grazie ad esso, della possibilità per i lavoratori di avere qualcosa di più.

Si apre all'introduzione generalizzata degli Enti bilaterali, salvo la cautela di affermare che non potranno occupare funzioni dello Stato. Cosa che non vuol dire assolutamente nulla, visto che è lo Stato stesso che sta definendo le funzioni che delega agli Enti bilaterali.

4.

Dal punto di vista dei principi concretamente enunciati, il testo è molto più prescrittivo di quanto si annuncia nelle premesse. Infatti:- il contratto nazionale non potrà più aumentare le retribuzioni. Suo compito è solo tutelarne il valore reale rispetto all'inflazione, tenendo però conto della competitività e dell'andamento dei settori. Per la prima volta, cioè, la Cgil si dichiara disponibile a calare il salario reale dei lavoratori in caso di crisi. Questo è l'esatto rovesciamento dell'interpretazione Cgil dell'accordo del 23 luglio, quando si diceva che nei contratti nazionali si poteva rivendicare il recupero dell'inflazione più l'andamento positivo di settore. In questo caso l'andamento di settore, se negativo, viene sottratto al recupero dell'inflazione. Si può così passare a contratti nazionali che non incrementano nemmeno formalmente le retribuzioni.

- L'inquadramento professionale viene sostanzialmente devoluto ai livelli aziendali, senza definire principi e linee guida. Questo apre la via, come da tempo chiede la Cisl, alla balcanizzazione vera delle collocazioni professionali e alle paghe di posto.

- gli orari di lavoro “massimi” vengono sì assegnati al contratto nazionale, ma manca neldocumento l'aggettivo “settimanali”. Nella sostanza, si apre all'orario flessibile annuale, come si è già fatto nel documento sui tempi di lavoro delle donne.

- si introduce nel contratto nazionale il concetto di esigibilità delle flessibilità, quello per cui la Fiat, a cui fa eco la Federmeccanica, pretende sanzioni individuali e collettive. Naturalmente non si arriva fino a quel punto, anzi si escludono, forse, le sanzioni individuali, ma resta l'accettazione del principio.

- tutto il resto va alla contrattazione aziendale, territoriale, eccetera, che lo scopo essenziale di incrementare produttività e redditività delle imprese e, solo per questa via, quello di redistribuire reddito.

La sintesi è che il contratto nazionale perde definitivamente il suo valore di strumento di promozione generale dei lavoratori. In realtà non è nemmeno più un vero contratto nazionale: è semplicemente un sistema di regole esigibili, con il sindacato nazionale cane da guardia di tutti i comportamenti sindacali e contrattuali, ai vari livelli. Per queste ragioni anche il livello aziendale in realtà non esiste, Il secondo livello è solo una sede nella quale adattare i lavoratori alle esigenze di produttività delle imprese. L'autonomia rivendicativa è cancellata ad ogni livello, mentre la centralizzazione delle relazioni sindacali è totale.

6.

Si dà un contentino alla Cisl, come se non bastasse, sulla partecipazione. Infatti, oltre ai soliti temi che potrebbero prefigurare, però non viene detto, un ritorno al modello partecipativo previsto dal vecchio protocollo Iri, peraltro disdettato dalla Confindustria, si apre la via a una non meglio precisata partecipazione dei lavoratori “all'amministrazione”. Forse qui non si è avuto il coraggio di scrivere chiaramente “partecipazione ai consigli d'amministrazione”, cioè l'azionariato, che peraltro non viene respinto. Ora, se la partecipazione all'amministrazione di un'azienda non è il coinvolgimento del sindacato nell'ufficio paghe, bisogna chiarire meglio di che si tratta. La verità è che si vuole semplicemente far capire ai sindacati con cui si sono avute divisioni nel passato che ci si può mettere d'accordo su tutto.

7.

Il documento si conclude con il ritorno formale alla concertazione. Cosa diranno quegli esponenti di “Lavoro e Società “ che avevano spiegato a tutto il mondo che stavano con la maggioranza congressuale perché era definitivamente superata la concertazione? Niente, suppongo, ma al di là di questo la sostanza è che la Cgil scrive nella maniera più brutale che si deve tornare alla concertazione, nella quale tutti i partecipanti sono vincolati nei comportamenti una volta sottoscritti gli accordi. Non bastava l'esigibilità aziendale, adesso si realizza anche l'esigibilità confederale. E' chiaro che anche per questa via c'è una drammatica regressione nell'iniziativa autonoma del sindacato confederale. In ogni caso sorge una domanda: qual è l'obiettivo economico, sociale, produttivo di una nuova concertazione? Nel documento non viene indicato, quindi la concertazione diventa un valore in sé.

ConclusioniIl documento che è stato prodotto dalla segreteria Cgil è un gravissimo cedimento alle posizioni espresse finora dalla Confindustria, dalla Cisl e dalla Uil. Anzi è sostanzialmente un'accettazione del terreno proposto da queste organizzazioni. Certo non si arriva agli estremi autoritari imposti dalla Fiat, ma si dà una risposta che va nella loro direzione.

In questo documento non c'è un progetto sociale, non c'è un progetto di emancipazione del lavoro edi sviluppo industriale, non c'è un programma economico, c'è solo un adeguamento della Cgil all'ideologia aziendalista del salario legato alla produttività e alla centralizzazione burocratica delle relazioni sindacali.

E' una svolta negativa che indica come la proclamazione dello sciopero generale sia vissuta dal gruppo dirigente della confederazione come un atto di testimonianza, come una parentesi rispetto a un percorso che deve portare al ripristino della concertazione e dell'accordo totale con Confindustria, Cisl e Uil. In questo senso il documento rende fragilissime anche le contestazioni della Cgil al Governo. Il documento infatti non è molto diverso dai punti di fondo di riforma contrattuale, più volte affermati nei vari libri bianchi del ministero del Lavoro. D'altra parte un accordo di riforma contrattuale e di concertazione ora non si potrebbe che fare con la Confindustria, la Cisl, la Uil e il governo Berlusconi. Ancora una volta si dimostra che la linea prevalente in Cgil, conflitto con il Governo e non con la Confindustria, finisce per portare al cedimento verso entrambi.

Il documento della segreteria sulla riforma contrattuale va contrastato a fondo, per questo è necessario che in tutta l'organizzazione, fino ai luoghi di lavoro, i militanti, gli iscritti, le lavoratrici e i lavoratori possano discutere su un progetto alternativo.

Giorgio Cremaschi

pc 4 aprile - L'aquila verso il 6 aprile .. la denuncia dei terremotati

. Angelo Lannutti, papà di Ivana, vittima del sisma, ha scritto una lettera aperta a nome dell'associazione Avus 6 Aprile 2009, formata dai familiari degli studenti fuori sede morti all'Aquila in seguito al terremoto. Una lettera «che può ritenersi scritta da ognuno dei genitori dei 55 ragazzi». Ecco il testo integrale della lettera.

«Due anni dopo. Il 6 Aprile è imminente. È il secondo anniversario della morte di mia figlia, ma è per gli altri, non per me o per quelli che stanno nella mia stessa condizione. Per chi ha perso un giovane figlio studente universitario al terremoto dell'Aquila ogni giorno è il 6 Aprile. Quando apri gli occhi al mattino e inizi a pensare al da farsi quotidiano ti assale la certezza che comunque quello che vuoi veramente è irrealizzabile. Quando torni a casa la sera negli occhi di tua moglie traspare un'altra certezza: anche oggi non l'hai riportata a casa. Questa è la realtà dei miei giorni da due anni a questa parte; questa è la realtà delle famiglie degli studenti fuori sede deceduti all'Aquila».

«Nell'imminenza del 6 Aprile si è scatenata una polemica sull'opportunità o meno che il Presidente del Consiglio dei Ministri, l'Onorevole Silvio Berlusconi, presenzi a cerimonie commemorative; sul fatto che l'assessore alla protezione Civile del Comune dell'Aquila si vanti di aver apprestato un piano di emergenza ben prima del 6 Aprile 2009; sul relativo scaricabarile tra istituzioni varie sulla mancata applicazione e sulla reale consistenza di tale piano che a tutt'oggi sembra non operativo in caso di ulteriori situazioni di rischio».

«La commemorazione delle 308, per qualcuno 309, vittime dovrebbe esprimere solidarietà a chi ha perso i propri cari. Dovrebbe essere un momento di riflessione soprattutto a riguardo degli scomparsi e, dal mio punto di vista, per quei ragazzi stroncati nel fiore della loro gioventù mentre stavano lavorando al loro progetto di vita. Cos'erano questi ragazzi per le loro famiglie? Cos'erano per se stessi? Cosa sarebbero stati per la società? Di sicuro erano gli operai di una delle prime fonti di reddito dell'economia Aquilana: l'Università degli studi. Ragazzi che con la loro presenza nel centro storico della città ne rappresentavano una delle anime più vitali, ragazzi che producevano reddito e prosperità per il tessuto economico. Quale genitore di una ragazza morta all'età di 22 anni 9 mesi e 3 giorni mi sento profondamente disgustato da tutti i tentativi di strumentalizzare il prossimo 6 Aprile.

«Chi vuole commemorare mia figlia e anche tutti gli altri studenti fuori sede, in tutto 55, deceduti all'Aquila in case sorte e modificate proprio per incrementare quell'economia in parte sommersa degli affitti agli studenti fuori sede può fare scelte più coraggiose e significative. Innanzitutto le istituzioni cittadine con l'Università degli studi in primis et coram Comune e Provincia si facciano promotori di un'istanza tesa a riconoscere agli studenti deceduti lo status di morti sul lavoro. . Facciano reale solidarietà riconoscendo il ruolo che questi ragazzi avevano nella vita della città».

pc 4 aprile - trapani... immigrati in una discarica

IMMIGRATI/1. La tendopoli nel trapanese nasconde una tragica verità: l’ex pista militare che accoglierà le mille persone da Lampedusa è contaminata dall’eternit, coperto da uno strato di terra.

Una tenda non fa accoglienza. Specie quando viene piantata in un campo contaminato dall’eternit. In attesa che le navi approdino a Trapani con un carico di mille migranti in partenza da Lampedusa, l’allarme della cittadinanza sull’“inidoneità” della tendopoli impiantata nell’ex pista militare di Kinisia, è stato confermato dal Direttore generale di Arpa Sicilia, l’ingegnere Sergio Marino. Dopo un sopralluogo effettuato su richiesta del presidente della Regione Sicilia Lombardo, l’ingegnere ha dichiarato che la discarica su cui sorge adesso il sito è ad alto rischio di contaminazione. «I detriti e le schegge di amianto - afferma - sono ancora facilmente rinvenibili su tutto il terreno. L’Eternit con ogni evidenza è stato “smaltito” per frantumazione e il tutto è stato malamente coperto da uno strato di terra». Mentre Lampedusa dovrebbe cominciare a svuotarsi, a Marausa, Salinagrande, Rilievo, Locogrande e Guarrato, ad accogliere lo “sbarco” saranno rabbia, timori e cortei.

«Abbiamo gridato a gran voce - ci spiega Salvatore Tallarita, portavoce del Comitato osservatorio per la Contrada Trapani Sud - che non si stava seguendo la procedura prevista dalla legge per lo smaltimento dell’amianto. E oggi abbiamo avuto conferma che i nostri sospetti erano fondati». La pista di Kinisia si trova in una sorta di deserto. Sullo sfondo, le colline trapanesi e qualche pala eolica. In mezzo, il nulla. Non un albero, non un riparo. Solo massi e qualche timido accenno di coltivazione. Novanta le tende e pochissimi i wc chimici. «In ogni tenda - è ancora Tallarita - saranno letteralmente ammassate dalle otto alle dodici persone, per un totale di circa mille profughi in condizioni disumane. Non ci sono servizi igienici adeguati, non si capisce come raccogliere le acque reflue, manca l’acqua».

«Questa gente - incalza Francesca Rindinella, anche lei del Comitato - verrà rinchiusa dentro una camera a gas, per di più ad alto rischio di cancro. Quando arriverà il caldo scapperanno tutti. Il nostro non è razzismo. Siamo solo convinti che accoglienza non possa significare esclusione. Al più presto tradurremo in arabo i nostri volantini, per trasmettere anche ai profughi il nostro messaggio».
«Vorremmo non essere fraintesi dal resto d’Italia - commenta il segretario provinciale della Cisl Giovanni Marino - e dagli stessi immigrati. Noi siamo abituati da sempre a convivere con profughi, clandestini e richiedenti asilo, ma non vogliamo vedere il nostro territorio trasformato in una “Lampedusa in terra”. Lo sviluppo trapanese si è basato negli ultimi anni sul turismo. Fino ad ora siamo stati ai margini dell’economia italiana e adesso che ci troviamo al centro degli avvenimenti mondiali rischiamo, paradossalmente, di essere penalizzati ancora di più».

pc 4 aprile - manduria .. la lotta continua

pc 4 aprile - FIAT-TATA legami di sangue



India, il paese dove “gli operai bruciano i padroni”

Noi operai, lavoratori, precari, disoccupati salutiamo la lotta delle masse popolari indiane contro il regime reazionario indiano e l’imperialismo che lo sostiene.

In India le masse lottano contro i padroni che licenziano e sfruttano, contro il carovita, la corruzione e il terrorismo di Stato, con grandi scioperi e manifestazioni, occupazioni di fabbriche, attacchi ai padroni.
In India il governo è deciso a vendere le risorse naturali e umane alle multinazionali imperialiste occidentali, ai nuovi monopoli dei padroni delle grandi fabbriche automobolistiche e siderurgiche, come Tata, Essar, Jindal, Mittal, ecc., che traggono dallo sfruttamento selvaggio di operai, spesso donne e bambini, i profitti che permettono loro di divenire acquirenti e partecipanti dei grandi monopoli internazionali del settore, in alleanza anche con i padroni italiani.

Contro tutto questo le masse popolari indiane si ribellano e sviluppano una guerra di popolo guidata dal partito della classe operaia indiana, il Partito Comunista dell’India maoista.

Il governo indiano e l’imperialismo scatenano contro le masse ribelli una repressione che, sotto il nome di “operazione Green Hunt”, è fatta di massacri, esecuzioni sommarie, repressione verso interi villaggi e settori della popolazione, per cercare di cancellare quello che i padroni del mondo definiscono “la più grave minaccia interna e un pericolo per il sistema internazionale”, la guerra di popolo che ha invece per obiettivo quello di stabilire un governo popolare basato sull’unità di operai e contadini, rovesciando gli imperialisti, la borghesia e le classi feudali.

La lotta per i diritti dei lavoratori e dei popoli, la lotta per il lavoro, i salari, le condizioni di vita; la lotta per la libertà, per la democrazia; la lotta per rovesciare il potere dei padroni e per il potere nelle mani dei lavoratori e delle masse popolari, è una lotta internazionale che ci unisce in ogni angolo del mondo.

Per questo esprimiamo la massima solidarietà alle masse popolari indiane, al Partito che le guida, perchè respingano gli attacchi del nemico e avanzino fino alla vittoria.