lunedì 7 febbraio 2011

pc quotidiano 7 febbraio - 26 febbraio alla manifestazione nazionale di solidarietà con il popolo basco e con tutti i popoli in lotta

Corteo nazionale "Tanti popoli un'unica lotta"

Sabato 26 febbraio 2011 ore 15.00 - Piazzale Cordusio - Milano


A conclusione della settimana di solidarietà internazionale con il popolo basco, si terrà un corteo internazionalista per l'affermazione del diritto all'autodeterminazione dei popoli in lotta in tutto il mondo. Una giornata di mobilitazione che traccerà un filo rosso che possa unire i vari popoli in lotta, coniugando la lotta di liberazione e i processi di emancipazione sociale. Un momento forte di mobilitazione che parli di diritti e di autodeterminazione, di solidarietà e di lotta di liberazione dei popoli dallo sfruttamento e dalle catene dell'imperialismo.
In quella giornata sfileranno le bandiere basche per affermare la necessità del riconoscimento dei diritti politici e civili fondamentali, per sostenere una lotta per il raggiungimento dell’indipendenza e del socialismo, per denunciare la repressione e la tortura subita quotidianamente dai militanti; le bandiere corse, per sostenere la lotta di rivendicazione nazionale, la difesa della propria terra, della propria lingua e della propria cultura contro il colonialismo francese; le bandiere palestinesi come emblema della resistenza di un popolo contro l'oppressione sionista israeliana che vuole privarlo del diritto stesso all'esistenza; le bandiere di rivolta dei movimenti bolivariani come espressione di un processo di liberazione del continente sudamericano contro l'imperialismo statunitense; le bandiere kurde per non dimenticarsi mai la lotta di un intero popolo contro il genocidio, la tortura e la repressione attuata dal governo turco; senza dimenticare i processi di trasformazione in atto nel Magreb, cosi’ come in altre parti del mondo, dall'Europa all'Asia.



TANTI POPOLI UN'UNICA LOTTA

Promuovono:

Euskal Herriaren Lagunak – Italia (Amici e Amiche del Paese Basco) in collaborazione con Askapena, Comunità Curda di Milano, U.D.A.P. Unione democratica Arabo-Palestinese, Comunità Palestinese di Milano, Associazione Nuova Colombia, Rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo, Rete milanese BDS (boicotta sanziona disinvesti Israele) in solidarietà al popolo palestinese



Prime adesioni:

CSA Vittoria (Milano) - COA Transiti (Milano) - CSA Baraonda (Segrate -MI) - CSA Boccaccio (Monza) - PCL - Associazione DEMOS - Studenti comunisti - Circolo proletari comunisti Milano - Corsari Milano - Proletari Comunisti - csa Pacì Paciana (Bergamo)

pc quotidiano 7 febbraio - MARCHIONNE MOSTRA IL BLUFF

Noi l'avevamo scritto, detto subito agli operai, nei presidi durante il referendum a Mirafiori: la “salvaguardia dei posti di lavoro”, gli “investimenti” annunciati da Marchionne per avere il Si al piano Fiat, non solo erano un ricatto inaccettabile, una sorta di “pistola puntata dietro la schiena” degli operai, per farli piegare alla schiavizzazione delle condizioni di lavoro e alla perdita di diritti sindacali e costituzionali, ma era anche un Bluff.
Sinceramente, pensavamo che dovesse passare più tempo perchè questa realtà venisse fuori e chiara per tutti. Invece, Marchionne ha come è il suo stile di dittatorello anticipato i tempi: sposto la sede centrale della Fiat/Chrysler negli Usa e tanti saluti...
Ora, se tanto ci dà tanto, primo: in una sede, quella di Torino, che diventerebbe periferica, secondaria, marginale è pensabile che Marchionne faccia quegli investimenti di cui parlava qualche settimana fa? Secondo: la declassificazione di Mirafiori non porterebbe inevitabilmente anche un ridimensionamento della sua produzione? Terzo: alla fine tutto il giro che Marchionne aveva detto (pezzi di auto che vanno dagli Usa, a Torino, e ritorno negli Usa), per mantenere alto il fatturato su cui si è impegnato con Obama non diventerà troppo laborioso e costoso e alla fine il tutto verrà fatto più economicamente dove ha sede il centro decisionale? Quarto, a parte la NON salvaguardia dei posti di lavoro per gli operai, se attualmente negli uffici e nelle sedi progettuali di Torino lavorano 5000 lavoratori, la maggiorparte impiegati, quanti ne resteranno quando il centro verrà spostato negli Usa?

E SOPRATTUTTO AVEVANO O NO RAGIONE GLI OPERAI CHE HANNO VOTATO NO?

Se non fosse per i drammatici effetti sui lavoratori di questa decisione, ci sarebbe da ridere e da rimanere a guardare le facce e le espressioni stupefatte di Chiamparino (che voleva mettere i tappeti d'oro a Marchionne, il salvatore di Torino), degli altri esponenti del PD, da Fassino a Bersani che hanno cercato di rendere “ragionevoli” gli operai, ma soprattutto le facce imbarazzate di Bonanni, Angeletti, dei dirigenti della Fismic, dell'Ugl che si sono sbracciati per dire che avevano firmato un buonissimo accordo, che la difesa del lavoro valeva ben qualche piccola rinuncia (per altro, secondo loro, lautamente compensata).
Ma anche la faccia della Camusso, impegnata prima, e soprattutto dopo il referendum a scongiurare lo sciopero generale e a vedere come riallacciare i fili del dialogo con cisl e uil, come rientrare nell'arena: firma tecnica, firma di alcune parti, ecc.
Infine, vorremmo ora guardare in faccia quegli impiegati che hanno votato SI, come servetti di padron Marchionne, che si sono sentiti “tutelati”, che hanno pensato alla loro sedia fregandosene degli operai, e che ora rischiano di perderla quella sedia.

Verso il governo si conferma quello che noi abbiamo già scritto: il governo parla, Marchionne fa, lasciando Sacconi, Letta a cercare di salvare almeno le apparenze e qualche garanzia su Torino, promettendo appoggio al progetto di Fabbrica Italia. Poco più di un anno fa Marchionne aveva illustrato al governo il piano di rilancio degli stabilimenti italiani con un investimento da 8 miliardi per 2010/2011, ma ora se entra – quando avrà un po' di tempo, visti i suoi impegni nel mondo... - a Palazzo Chigi ci immaginiamo che lo farà con il dito medio alzato...

Ma se tanto mi dà tanto, la linea uscita dalla recente assemblea di delegati della Fiom con solo piani di assemblee e riunioni fino ad ottobre, è inadeguata a scontrarsi con questo. Ora sta agli operai d'avanguardia prendere in mano la situazione, con la coscienza più forte di prima che loro e i tanti operai e operaie che hanno detto NO hanno ragione.

pc quotidiano 7 febbraio - 4 BAMBINI ROM BRUCIATI. CHI SONO GLI ASSASSINI?

Fernando 3 anni, Sebastian 7 anni, Raul 5 anni, Elena Patrizia 11 anni. Sono morti bruciati ieri sera, in pochi minuti, nel Campo Rom di Tor Fiscale a Roma, in una baracca fatta di compensato e lamiere.
Erano stati sgomberati un anno fa da un altro Campo della Caffarella. Perché la Giunta Alemanno, che ora sfrutta anche questi bambini morti per chiedere “poteri speciali”, ha pensato allora solo a cacciarli, come sempre fanno la maggior parte dei sindaci con tanto di dispiegamento di polizia e di Vigili, e di ruspe, fregandosene di dove delle famiglie con bambini piccoli possano andare a vivere, a mangiare, a dormire; fregandosene che dei bambini muoiano dal freddo e per poterli un poco riscaldare si debbano mettere delle stufe nelle baracche.

Chi sono gli assassini? I bambini stavano soli, dicono i giornali, la sorella più grande si era allontanata un momento a prendere l’acqua e lo stesso la madre era andata a comprare l’acqua e roba da mangiare. Perché nel campo non si può cucinare, non c’è acqua, non ci sono servizi minimi. La Giunta Alemanno non solo lo sapeva ma aveva volutamente tagliato la luce, l’acqua, ecc., perché l’unica preoccupazione 5 anni fa, dopo un’inchiesta della Mobile su casi di pedofilia in quel campo, fu di desertificarlo e basta.
Chi sono gli assassini? “in queste baracche si vive come animali…” ha detto uno zio dei bambini; “venivano solo a controllarci, a chiederci i documenti – ha detto il padre dei bambini - ci hanno fatto solo promesse ma nessun aiuto. Siamo isolati e abbandonati a noi stessi. E noi non ce la facciamo. I nostri figli muoiono…”

Ora Alemanno tira fuori i “muscoli” contro gli “ostacoli burocratici” che avrebbero impedito l’attuazione del piano di riordino dei campi nomadi.
Ma. Da un lato, Alemanno sembra Berlusconi: a giugno disse: nel giro di otto mesi saranno realizzati i nuovi insediamenti autorizzati, entro la primavera del 2011 verrà data definitiva attuazione al piano prefettizio…”, 13 villaggi autorizzati e due nuovi campi... – siamo a febbraio e i bambini muoiono nei campi.
Dall’altro, che razza di soluzione sarà?: la sistemazione nei villaggi – dice il prefetto - sarà a numero chiuso; per risiedere nei centri “verrà consegnato ai nomadi un documento di autorizzazione dello stanziamento temporaneo (Dast) per stare massimo 4 anni; la descrizione dei centri è da campi/villaggi isolati… - la “soluzione” in realtà sembra avere tutto il sapore di una prigione solo più servita e un po’ indorata, ma sempre un offesa verso gli immigrati.

Quando a Milano mesi fa sono state assegnate delle normali case a delle famiglie di immigrati, la giunta della Moratti ha fatto di tutto per impedirlo.
Alemanno, “in maniera più ravveduta” non assegnerà case ma villaggi e campi ad hoc.
Entrambi considerano gli immigrati "non persone".

Ma attenti!

pc quotidiano 7 febbraio - liberati giacomo e simone, arrestati per la protesta ad arcore

NEWS: Si è concluso poco fa il processo per direttissima: Giacomo e Simone, seppure denunciati, sono liberi ! nelle motivazioni per cui li hanno liberati si parla di evidenza dei fatti. Questo conferma e rende ancora più ridicolo il tentativo della polizia di proteggere a suon di manganellate (e arresti!) il premier, chiuso comodo comodo nella sua villa, sordo alla rabbia del popolo che non lo vuole più: una sola cosa resta da fare a B. e la sua cricca, andarsene!

Cacciare i rais è possibile!

dalla cronaca di ieri.

Oggi in piazza non c’erano solo il Popolo Viola e i soliti partiti di “opposizione” ma molti giovani vogliosi di dimostrare la proprio rabbia reale nei confronti dello stato delle cose.

La polizia e i carabinieri non hanno esitato a reprimere duramente questo dissenso, caricando centinaia di persone indignate e stanche di attuare forme di proteste virtuali e passive figlie di una logica spettacolare e di facile utilizzo per i media.

La contraddizione è insita allo stesso Movimento Viola. E’ inconcepibile pensare di poter convocare una manifestazione nazionale sotto il simbolo del potere incarnato e pretendere di sostare tranquilli nelle piazze, ad assistere all’ennesima pantomima della “lotta moderata” che non ci porta da nessuna parte.

I rappresentanti del Popolo Viola non hanno esitato a prendere le distanze dall’accaduto, definendo i partecipanti agli scontri come violenti, facinorosi ed estranei alla protesta, e a dichiarare solidarietà alle forze dell’ordine.

Questo atteggiamento assunto da chi pensa di agire rimanendo passivo va in netto contrasto con la reale spontaneità espressa dalla piazza.

Oggi tra tutte quelle persone incazzate c’eravamo anche noi per esprimere la nostra rabbia e la nostra indignazione.

Appuriamo come le forze dell’ordine stiano sempre dalla parte del potere, pronte a picchiare e ad arrestare cittadini indifesi che manifestano il proprio dissenso.

Chiediamo la liberazione immediata dei ragazzi arrestati, a cui va tutta la nostra solidarietà.

Lo scopo di monzagiovani.org è quello di essere uno strumento di comunicazione, contatto e azione per chi si é svegliato e ha voglia di spendersi nel fare.

Noi tifiamo rivolta!

La redazione di Monzagiovani.org

pc quotidiano 7 febbraio - Palermo: al fianco del popolo egiziano e delle masse arabe in rivolta














Ieri pomeriggio, 6 febbraio, in concomitanza con la giornata della commemorazione dei martiri nelle principali città dell’Egitto, a Palermo i compagni del circolo di proletari comunisti, i giovani di Red Block insieme ad un gruppo di migranti egiziani e tunisini hanno organizzato una manifestazione in Piazza verdi (Teatro massimo) per sostenere le gigantesche lotte popolari in corso contro il regime reazionario foraggiato dagli Stati Uniti innanzi tutto, e da altri paesi imperialisti come l’Italia.
Mentre si distribuivano volantini ai passanti con la posizione di pc è stato tenuto ben visibile dai manifestanti durante tutto il presidio uno striscione con su scritto “W la rivolta nel Maghreb - Libertà per i popoli arabi", sono stati lanciati slogan e fatti discorso al megafono.
Gli egiziani hanno gridato con tutto il fiato quasi ininterrottamente “No Mubarak, No Suleiman”, “Via Mubarak” “Egitto libero” sia in arabo che in italiano, sostenuti dai compagni presenti e viceversa quando i compagni del circolo di pc e i giovani di Red Block hanno gridato “il proletariato non ha nazione, internazionalismo, rivoluzione” , “ Mubarak- Berlusconi, governi fascisti vi cacceremo via”.
I migranti egiziani alternandosi al megafono, tenendo lo striscione e le bandiere di proletari comunisti, hanno denunciato come il governo di Mubarak ha affamato e oppresso il popolo in tutti questi anni, hanno raccontato come si sviluppano le lotte quotidiane in piazza in Egitto delle masse popolari che non hanno alcuna intenzione di fermare la rivolta se non vedono reali cambiamenti alle loro condizioni di vita, hanno ricordato i martiri di questa rivolta, e proprio in questa giornata un altro giovane è stato ucciso brutalmente dalla polizia fascista serva del governo, in onore dei quali è stato fatto un applauso. I compagni di pc hanno denunciato come il governo Berlusconi è nei fatti corresponsabile dello sfruttamento selvaggio della manodopera attraverso le 500 aziende presenti nel paese e quindi sostenitore attivo del regime Mubarak di cui si è detto sempre amico, dare e fare solidarietà vuol dire non solo scendere in piazza a sostegno delle masse popolari arabe in lotta insieme ai migranti presenti nel nostro paese, e su questo sono stati raccontati i forti momenti di lotta che ci sono stati in questi giorni in altre città come Milano, ma anche lottare nel nostro paese insieme per cacciare il governo Berlusconi e ogni governo che avanza verso un moderno fascismo con le sue politiche antioperaie e antiproletarie che nei riguardi dei migranti significanono anche aperto razzismo.
Le compagne del circolo di pc hanno lanciato al megafono la solidarietà alle tante donne del popolo egiziano in lotta, di cui le immagini che circolano su internet mostrano la forza, il coraggio e la determinazione.
Durante il presidio si è fermata parecchia gente ad informarsi, a parlare dando solidarietà ai migranti. Il presidio si è concluso in un clima di calore e affiatamento reciproco con l’intento di organizzare a breve nuovi momenti di lotta.







pc quotidiano 7 febbraio - SCIOPERO ALLA BONMARTINI DI VERONA E PADOVA


Comunicato n.1 - SLAI COBAS per il sindacato di classe - FEDERAZIONE AUTISTI OPERAI

E’ in corso una importante azione di sciopero dei lavoratori della Bommartini Autotrasporti, sul tappeto il mancato pagato delle tredicesime, nonché tutta una serie di mancate applicazioni del contratto nazionale del settore, che si traducono in un mix di superlavoro e di retribuzioni sotto il dovuto. Questa situazione giunge dopo una serie di assemblee del Cobas FAO di questa azienda, dovute in particolare alla riduzione arbitraria e non concordata, delle trasferte, rispetto anche solo al CCNL ma anche alle stesse “fasce” chilometriche adottate dalla azienda.
I lavoratori iscritti al ns.Sindacato, che sono ulteriormente cresciuti di numero in questi ultimi giorni, e sono attualmente 50 su 120 dipendenti, e che nella sede di Verona sono praticamente la metà dei dipendenti, a decine hanno nei mesi scorsi di dicembre e gennaio, inviato anche lettere di diffida ai sindacati confederali, invitandoli a non firmare accordi in loro nome, dato che in questa azienda non vi sono stati mai sottoscritti contratti aziendali di riconoscimento della discontinuità e di forfetizzazione degli straordinari, e che sia su straordinari che su trasferte, questi lavoratori ricevono un pagamento non evidenziato in busta paga, ossia fatto in maniera da non poter essere comprensibile.
Analogamente a questi problemi, nell’incontro che si era avuto alla fine di gennaio, la ns.O.S., la Azienda, e la Confindustria di Verona, si erano decise delle misure da adottare (sulle malattie, sulle ferie e sulla intelleggibilità delle somme di trasferta), che una mancati rispetti da parte dell’azienda e di mancati pagamenti promessi, hanno obbligato di fatto i lavoratori all’azione di sciopero del Cobas FAO, a cui hanno di fatto aderito tutti i lavoratori. Di fatto, vi è stata anche un’azione nelle ultime due settimane, tentativi e pressioni verso i lavoratori aderenti al Cobas, che pur non avendo sortito alcun effetto se non quello di aumentare il numero degli iscritti, hanno fatto capire ai lavoratori ed alla ns.O.S. che la azienda non aveva seguito l’atteggiamento dichiarato di fronte alla ns.O.S. ed ai ns.legali.
Il picchetto è iniziato alle 21 di ieri, i carabinieri sono arrivati quasi subito, lavoratori partecipanti al picchetto: oltre 40, scioperanti: oltre 100 su 120, ossia lavorano solo quelli partiti prima delle 21.Striscioni davanti al deposito e sul cavalcavia autostradale nei pressi di Soave, bandiere rosse lungo la strada che costeggia l'autostrada e davanti al deposito.
Lo sciopero ha avuto anche dei momenti di tensione, che la presenza dei carabinieri non ha potuto impedire, momenti nei quali vi sono stati anche dei brevi scontri, e con la presenza prima di un furgoncino della azienda, quindi di un camion di un terzista, nonché a causa del picchetto che staziona di fronte al deposito principale sin dalla notte della domenica. Infatti alcuni lavoratori che non avevano partecipato alle assemblee sono stati più volte avvicinati dai datori di lavoro che con alcune improvvise apparizioni avevano cercato di forzare la situazione, per convincerli a lavorare, ma sempre la discussione dei lavoratori del Cobas con i lavoratori che erano dubbiosi, li ha convinti ad aderire allo sciopero e quindi non si sono avuti tentativi di forzare il picchetto, nonostante appunto un paio di momenti di scontro che sono stati gestiti efficacemente dai lavoratori.
Sono in corso ora trattative tra i ns.legali e la Confindustria onde addivenire alla stesura per iscritto degli impegni stabiliti il 27 gennaio da parte della azienda, da sottoscrivere poi nei prossimi giorni in sede sindacale ex art.411, viceversa lo sciopero dovrà continuare.
Va detto che i carabinieri pur non essendosi posti in ostilità verso i lavoratori, hanno inteso fare da “garanti” della libertà di scelta di quei lavoratori inizialmente dubbiosi allo sciopero, in realtà dando in qualche modo legittimità, che i lavoratori hanno rifiutato, alle pressioni attuate persino a pochi metri da noi, dai datori di lavoro, con anche minacce di licenziamento, a lavoratori non iscritti, che aderivano allo sciopero. Pur non legittimando assolutamente questa sorta di legittimazione, i lavoratori hanno fatto muro al cancello della azienda senza cadere nelle provocazioni.

7 febbraio 2011 ore 9,45

pc quotidiano 7 febbraio - PROCESSO THYSSEN: UDIENZA DEL 1° FEBBRAIO

(ricevo e pubblico, per gentile concessione di Elena di agenda Rossa)

Entra la Corte - presenti in aula il PM Guariniello, gli avvocati della difesa e gli avvocati della parte civile - ore 9,30 si inizia...

Apre l'udienza l'Avv. Anglesio in qualità di difensore degli imputati Moroni, Cafueri e Salerno.
Esordisce lamentandosi del fatto che la ''spettacolarità'' del processo peggiora il lavoro della ''difesa''! Che l'informazione ''mediatica'' influenza negativamente la serenità/imparzialità della giuria ... Ricorda che dalle deposizioni dei testi, non sempre perfettamente concordi, non è facile ''distillare'' le cose rilevanti e quelle no. Innesta nella giuria il dubbio... parla dell'arduo compito da parte di chi giudica ... Ricorda che lo scopo dei PM è di incolpare gli imputati e che fa di tutto per farlo... buttà lì una frase ''pesante'' che contiene la parola ''mistificazione...'' !
Loro invece (la difesa) guardano le cose sotto un profilo diverso... più ''aderente'' alla realtà... e che permetterà alla Giustizia di fare il proprio corso serenamente ... bla... bla... bla...
Dice di voler valutare il ruolo che tutti i soggetti, a tutti i livelli, hanno avuto durante quello da lui chiamato ''evento''! (Non usa mai la parola tragedia!)
Dopo questo concetto, ci ha messo due ore per dirlo... prosegue con un: ''Nessuno è stato in grado di ipotizzare questo incidente'' va avanti con una serie di: ''se fosse stato possibile ... non c'è stata cattiva fede... alcuni interventi sulla sicurezza sarebbero stati, in pratica, privi di spese ... se non si sono fatti è perchè nessuno si immaginava quel che sarebbe successo ...

Naturalmente per chi ha assistito alle requisitorie del PM sa benissimo che non è esattamente così la faccenda anzi! (in fondo all'articolo troverete i link della ''storia processuale con tutte le udienze).

Entra il PM Francesca Traverso...

L'avv. Anglesio ricorda alla corte che deve giudicare, non a livello emotivo, ma in base alle prove!!! (Come se la corte non lo sapesse...) Il reato contestato agli imputati, è un reato di condotta - l'omissione cioè di collocare l'impianto di rilevazione e di spegnimento automatico di incendio a pioggia. Dice che il PM sostiene la necessità di tale impianto in quanto la linea 5 era a rischio incendio visto la quantità di carta... di olio... e di scintille provocate dalla mancanza di centratura automatica dei coils sulla carenatura metallica della linea (n.d.r. anche dal numero impressionante di incendi che gli operai erano ''abituati'' a spegnere giornalmente...)
Arriva alla conclusione che la linea 5 non necessitava di tale impianto in quanto non a rischio! Questo NON rischio secondo lui era dovuto a: primo; perchè la centralina dell'olio era, a differenza di altri impianti, in un locale sotto terra (Vero per fermare l'erogazione degli olii dei circuiti bisognava scendere in un locale sotterraneo, sdraiarsi per terra e manualmente spegnere l'impianto...)
Seconda cosa - in altri stabilimenti, è stato messo l'impianto di rilevazione/spegnimento automatico, perchè le ''centralina-olio'' sono a bordo linea, quindi all'esterno. A Krefeld è stato messo perchè, essendo uno stabilimento che si sviluppa in altezza - il deposito carta - è stato posizionato al terzo livello in alto ... sotto la linea di lavorazione ... ovvio che in caso di incendio ... il deposito carta in alto sarebbe stato a rischio ecco il motivo per cui è stato installato l'impianto a pioggia! (Mentre parla lo guardo e penso: ''ma allora il rischio dell'incendio c'era eccome! Se volevano proteggere il magazzino della carta voleva dire che c'era motivo di preoccupazione! Allora perchè a Torino per una linea uguale non lo hanno fatto? Solo perchè non c'era la carta da proteggere)?
Altro motivo è che l'impianto di rilevazione/spegnimento non sarebbe comunque stato su tutta la linea ma solo sui punti nevralgici e cioè sopra le vasche contenenti i liquidi che, in caso di incendio avrebbero potuto esplodere. Dato che gli sprinkler hanno una ''copertura'' di 6 metri se l'incendio fosse avvenuto in un altro posto, la linea è lunga 200 metri ... non sarebbe servito a nulla! Aggiunge poi che in caso di Flash-fire, come è avvenuto, il fatto che ci fosse o meno detto impianto non avrebbe cambiato la conclusione dell' ''evento''! (n.d.r. quindi in pratica, non stiamo a farla tanto lunga, nessuno aveva detto che era indispensabile 'sto impianto e, ammesso e non concesso, che fosse stato installato, NON avrebbe cambiato una ''cippa''!
Parla delle franchigie assicurative e sostiene che sarebbero state più alte se le assicurazioni avessero rilevato rischi maggiori! (Quindi colpa delle assicurazione che hanno fatto valutazioni sbagliate ...)
Sostiene che il personale era addestrato e in numero sufficiente a garantire la sicurezza e il monitoraggio dello stabilimento ... (penso a Boccuzzi che era la terza volta che lo obbligavano a fermarsi, un turno dietro l'altro quella settimana... quindi faceva turni di 16 ore consecutive...)
Ricorda che erano stati fatti accordi con i VVFF per mettersi a norma e avere il certificato anti-incendio previsto dalla legge! (Quindi se non lo avevano non era colpa loro ... ma dei vigili del fuoco che avevano accettato la proroga, proposta dall'azienda, di mettersi a norma...)
L'Avv. Anglesio ricorda che la pulizia era fatta ... e che tutto era sotto controllo da quel punto di vista ... (n.d.r. - mentre lo dice mi viene la pelle d'oca ... vuoi vedere che adesso mette anche quel ''tarlo'' nella mente dei giudici? Vuoi vedere che in uno stabilimento dove, al mese, le perdite d'olio sul pavimento erano tra le 8e le 12 tonnellate... e finivano su un pavimento dove c'erano quantità industriali di carta ... e che le scintille provocate dallo sfregamento dei coils sul metallo... dalle centraline elettriche aggiustate dagli operai con il nastro isolante ... dai buchi del tetto da cui pioveva e entrava l'acqua sulle centraline elettriche ... dai cartelli di sicurezza scritti con i pennarelli e risalenti alla gestione Fiat... dai flessibili fessurati ... in cui passava olio infiammabile alla pressione di 140 atmosfere ... e che gli operai aggiustavano con il nastro isolante ... e se in fondo c'era carta per terra era perchè i ragazzi non la toglievano abbastanza in fretta? Non avevano tempo! Facevano un turno dietro l'altro perchè NON c'era abbastanza personale... ma erano operai NON schiavi!)

Durante la sospensione ...
Spiega in che cosa consiste l'impianto di rilevazione/spegnimento automatico, dice trattarsi di un doppio cavo termosensibile a bassa fusibilità... quando il primo cavo fonde dà l'allarme incendio... quando fonde il secondo la linea si blocca e blocca anche l'erogazione dell'olio e fa partire gli sprinklers. Di nuovo ricorda che questi impianti presenti negli altri stabilimenti Thyssen sono solo su punti nevralgici dell'impianto, e che quindi, ammesso e non concesso che fossero stati installati, dato il flash-fire di quella notte a Torino, non sarebbe stato sufficiente a evitare quello che si ostina a chiamare ''evento'' e NON tragedia!
Conclude che a Torino, in base agli studi effettuati, non era necessario l'impianto e che quindi gli imputati non sono colpevoli di nulla!

Sta nuovamente instillando il ''dubbio'' nella Giuria...

Chi ci dice che se ci fosse stato l'impianto automatico, non sarebbe avvenuto ugualmente, quello che lui continua a chiamare ''evento''! Quindi non fatela tanto lunga... per condannare una persona è necessario essere certi della sua azione ... siamo certi qui? (Brrrr che brutto ''mestiere'' fa costui'')

ore 12.30 si sospende l'udienza per un intervallo

La mamma di Santino è disperata ... e la disperazione le fa dire cose che non dovrebbe in una corte di tribunale ... ma come non capirla? E' una mamma... che ha perso suo figlio quella terribile notte... e qui ... qui pare non sia stata colpa di nessuno ... ma solo un susseguirsi di circostanze dovute al fato... al caso... quindi ascrivibili a chi?

Ore 13.30 riprende l'udienza - continua l'avv. Anglesio...

Riprende il discorso parlando dei fluidi non infiammabili e ricordando la deposizione dei colleghi di .... e qui fa un lapsus ... anzichè dire ''Medicina Democratica'' dice ''Magistratura Democratica'' ... suscitando sorrisi ...
Si chiede se l'utilizzo di oli non infiammabili ... avrebbe migliorato la situazione/rischio... e conclude che se non è stata fatta quella scelta avranno avuto le loro buone ragioni... (Mi viene in mente che parlando tempo fa con un ex dipendente - sono venuta a sapere che non mettevano questi oli, tra l'altro più cari, per il semplice fatto che gli oli di lavorazione - specie quelli che sgocciolavano dai coils venivano raccolti e immessi negli impianti - con un grosso risparmio! Perchè mai comprare oli non infiammabili visto che si potevano fare ''economie'' anche in questo campo! Due ''piccioni con una fava'' come si suol dire - il costo di smaltimento degli oli esausti costa... se li reimmetti nel sistema ...)
Parla del reato mediante omissione nei confronti dei suoi clienti e sostiene che in fondo non hanno omesso nulla - visto che nessuno li aveva obbligati a fare nulla...
Parla di evento molto complesso in cui è difficile attribuire responsabilità... troppe le circostanze che hanno creato il ''prodotto'' (Lo chiama prodotto...) Troppo difficile da prevedere... Continua dicendo che se si lavora ad una pressa il problema è semplice, l'operaio mette il braccio sotto la pressa e si fa male... facile - quindi per l'azienda correre ai ripari ... basta mettere un fermo in modo che il braccio non possa andare sotto la pressa ... ma qui ... cosa poteva fare l'azienda ? Troppo complicato ...
Ricorda che gli operai ''pare'' fossero al loro posto la notte dellevento ... di alcuni si conoscono i movimenti grazie ai dati da loro stessi immessi nel sistema computerizzato prima dell'evento ... nessuno è in grado di dire esattamente cosa è successo... e poi dato il flash-fire anche se ci fosse stato l'impianto di rilevazione/spegnimento cosa sarebbe cambiato come prodotto? Quindi cosa imputare ai suoi clienti? Salerno, Cafueri e Morone?

Ore 14.30 si chiude l'udienza. Aggiornando a venerdì 11 febbraio.

Torino, 07 febbraio 2011
Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

pc quotidiano 7 febbraio - gruppo di studio su 'Stato e rivoluzione' nei circoli di proletari comunisti

dopo lo studio del 'manifesto del partito comunista' di marx-Engels fatto in autunno, l'inverno di studio al circolo di proletari comunisti di taranto è caratterizzato da 'Stato e rivoluzione' con partecipazione attenta e intensa di operai, precari, disoccupati che costituiscono l'attuale composizione del circolo.
il testo di lenin è parso subito attuale ed appropriato, una arma affilata della critica e dell'autonomia ideologica e politica dei proletari nella situazione attuale,indispensabile per non essere alla coda delle frazioni della borghesia e della piccola borghesia e per percorrere un'altra strada rispetto all'economicismo e povertà propagandistica nella costruzione del partito rivoluzionario del proletariato
basato sul marxismo-leninismo maoismo

proletari comunisti
circolo di taranto
7 febbraio 2010

pc quotidiano 5-6 febbraio - sbirraglia a protezione della villa del capo carica e arresta

ieri ad Arcore, si è consumata una altra pagina di 'ordinaria democrazia' in regime moderno fascista, in occasione della partecipata protesta del popolo viola contro
Berlusconi, si è voluto giustamente uscire dalla protesta civile verso la barbarie imperante rappresentata dalla villa di arcore
prontamente gli sbirri, che lì sono usi ad accompagnare ninfette e prostitute, sono passate alla carica contro i manifestanti, arrivando a ferimenti, fermi e all'arresto
di due giovani
esprimiamo la massima solidarietà e rivendichiamo la immediata liberazione degli arrestati

proletari comunisti

domenica 6 febbraio 2011

pc quotidiano 5-6 febbraio Brescia: immigrati il presidio si fa scontro




«Al mio Paese stanno lottando per le stesse cose per le quali lottiamo noi qui»
"Noi veniamo dai paesi del perzo mondo e sappiamo come si fa...."
Gli immigrati dopo le risposte negative della prefettura che ha ribadito che continuera ad applicare la circolare manganelli per quanto riguarda il rigetto delle domande di sanatoria, si sono giustamente arrabbiati perchè sono stanchi di essere presi in giro da queste istituzioni "fuorilegge", per questo hanno dato un primo assaggio della possibilità di intraprendere il braccio di ferro necessario per ottenere risultati dalla lotta che da tempo conducono e dopo aver forzato il cordone di polizia, sono entrati nel cortile della prefettura e quasi stavano per salire.....

uno spettro si aggira per brescia ed è la possibilità della rivolta degli immigrati unica strada per ottenere risultati, in quanto contro lo stato e il governo fascista e razzista non bastano i ricorsi legali, seppur necessari, ma serve far avanzare la coscienza dei proletari immigrati dello scontro prolungato necessario anche per ottenere i diritti visto che in italia avanza un regime di moderno fascismo e gli spazi "democratici" non ci sono piu.......
non è un caso che subito sui giornali del giorno dopo il centro migranti della diocesi ha invitato alla "calma perchè il momento è delicato. in questi giorni gli immigrati sono sotto pressione , è facile che dalla manifestazione si passi allo scontro, e su questo noi non possiamo essere daccordo..." oppure cgil-cisl-uil che per voce di damiano galletti segret. camera del lavoro dice:" è chiaro che in una situazione di forte tensione bisognerebbe evitare lo scontro" o la cisl che dice:"bisogna che tutti i soggetti tengano i nervi saldi" e intanto assieme alla diocesi cercano come sempre di gettare acqua sul fuoco, chiedendo al prefetto di convocare il tavolo territoriale per l'immigrazione, dove chiedere le stesse cose già respinte oggi dalla prefettura.
anche l'avv. Vicini dell'associazione diritti per tutti dopo l'incontro avuto in prefettura non va molto in la nell'analisi politica :"facciamo fatica a comprendere quale è la bussola che orienta la prefettura......perchè non si sospenda le espulsioni in attesa del 21 febbraio quando decidera la consulta", cosi come U.Gobbi di radio onda d'urto che quando sono scesi dall'incontro urla giustamente al megafono"vergogna dimissioni del prefetto", ma il compagno di prolatari comunisti presente gli fa eco che per ottenere questo obbiettivo serve riprendere la lotta dura, l'assedio dei palazzi del potere, la mobilitazione e da subito serve una risposta alla provocazione di oggi della prefettura che ha respinto le legittime richieste degli immigrati, che non si puo concludere con la sola conferenza stampa, è da qui che il presidio riprende ad agitarsi e fa questo piccolo passo importante di sfondare i cordoni dei poliziotti..........





Tensione in Prefettura tra immigrati e Polizia
sabato, 5 febbraio 2011
video- http://www.bresciaoggi.it/videos/TG%20Servizi/8343

Mattinata di tensione nel centro cittadino davanti alla Prefettura, dove un centinaio di immigrati ha protestato chiedendo lo sblocco della situazione dei permessi di soggiorno e il fermo delle espulsioni in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato. Dopo un incontro con alcuni rappresentanti dello Stato, alcuni manifestanti hanno invaso il cortile dove si trova la Prefettura cercando di salire negli uffici, bloccati dalla forze dell'ordine in assetto anti sommossa.

La protesta è iniziata a metà mattina, quindi una delegazione di manifestanti è stata ricevuta in Prefettura; qui, secondo alcune fonti, avrebbero viste respinte le loro richieste con la conferma che la strada seguita fino ad ora non verrà abbandonata. A quel punto si sono registrati i momenti di tensione, quindi i manifestanti si sono spostati in piazza Rovetta dove ora la situazione è calma e tranquilla.



Brescia: I «senza permesso» assediano la Prefettura
L'ALLARME. Si riaccende all'improvviso lo scontro sulla regolarizzazione degli stranieri in «nero». Prima l'incontro fra le delegazioni, poi la richiesta di dimissioni
Gli immigrati hanno tentato di entrare in Broletto a forza e minacciano la ripresa «anche eclatante» della lotta sulla gru: giovedì vertice organizzativo

06/02/2011 dal bresciaoggi Irene Panighetti
foto- http://www.giornaledibrescia.it/fotogallery/le-foto-del-presidio-7.7240

Il tentativo dei migranti di entrare a forza nel cortile di Palazzo Broletto respinto dalla polizia FOTOLIVE «Se non saranno riconosciuti i nostri diritti torneremo sulla gru»: se fino a ieri la minaccia che i protagonisti della lotta per i permessi di soggiorno stanno ripetendo da settimane sembrava poco più di uno scherzo, dal presidio di ieri mattina è chiaro a tutti che l'intenzione è invece molto seria. Perché gli immigrati sono esasperati e delusi da quelle che giudicano «non risposte» e dalle continue espulsioni.
«Sono qui per ricordare Mimmo e gli altri egiziani espulsi», spiega davanti il Broletto Yehey, egiziano, in Italia da 5 anni che al collo porta un cartello raffigurante le piramidi affiancate da una gru e sovrastate dalla scritta «Freedom and rights», libertà e diritti: «Al mio Paese stanno lottando per le stesse cose per le quali lottiamo noi qui», spiega e sostiene Yehey.
«I migranti nutrono tante speranze, ma sono anche molto determinati e irritati per l'atteggiamento della Prefettura», dichiara Manlio Vicini, legale dell'associazione Diritti per Tutti, presente alla manifestazione davanti al Broletto promossa dalla sua associazione e dal presidio «sopra e sotto la gru» per chiedere il blocco dei rigetti delle domande di sanatoria, dopo i pronunciamenti del Consiglio di Stato e la direttiva europea che contrasta con la Bossi-Fini.
Vicini, assieme ad alcuni rappresentanti delle comunità egiziana, pachistana, senegalese e marocchina di Brescia, verso mezzogiorno è salito negli uffici della Prefettura per illustrare le richieste dei manifestanti: dapprima sapere i numeri aggiornati delle domande e dei rigetti delle domande di sanatoria e poi, anzi soprattutto, chiedere alla Prefettura di sospendere le espulsioni e i rigetti in attesa del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato previsto per il 21 prossimo venturo. Un passaggio fondamentale per l'intera vicenda, dopo che in diverse occasioni a gennaio la massima autorità della giustizia amministrativa si è espressa per la sospensione di tutti i provvedimenti di rigetto della richiesta di sanatoria a quei migranti che hanno una condanna per il reato di clandestinità.
«I DUE FUNZIONARI che ci hanno ricevuto non hanno dato risposte precise alla prima domanda e hanno fatto sapere che la Prefettura non intende sospendere i rigetti nemmeno per questi pochi giorni che ci separano dal 21 febbraio e che, se la decisione definitiva del Consiglio di Stato sarà positiva per i migranti, loro si atterranno invece alla circolare Manganelli e alle direttive del ministero», ha dichiarato l'avvocato Vicini, secondo il quale la Prefettura di Brescia «non rispetta la legge». Nel frattempo gli immigrati hanno urlato in coro «dimissioni» e «vergogna» verso la Prefettura. E in un attimo dalle grida sono passati all'azione: con una mossa improvvisa che ha colto di sorpresa le forze di polizia in servizio in Broletto, i migranti sono corsi verso il portone del palazzo sede del Governo, con la chiara volontà di entrare. Dopo alcuni minuti di sbandamento la polizia si è organizzata ed è riuscita a fare da scudo all'ingresso, pur non facendo ricorso ai manganelli, perché i migranti hanno deciso di non forzare la situazione e preferendo spostarsi in corteo verso il mercato di piazza della Loggia, dove hanno informato i passanti della situazione.
«Siamo all'ottusità istituzionale - ha commentato Fiorenzo Bertocchi segretario di Rifondazione Comunista nell'accompagnare il corteo -: la Prefettura dovrebbe far applicare la legge e invece rifiuta i suoi compiti in spregio delle altre istituzioni e delle normative italiane e europee».
DAI VICOLETTI adiacenti a piazza Loggia i migranti sono arrivati fino a piazza Rovetta dove, in Italiano, Arabo e Urdo, hanno annunciato «la ripresa anche eclatante della lotta» dando appuntamento per giovedì alle 20.30 al centro sociale Magazzino 47 per un'assemblea organizzativa dalla quale usciranno le modalità, che si preannunciano eclatanti, delle prossime iniziative.


radio onda d'urto Notizia scritta il 05/02/11 alle 16:13. Ultimo aggiornamento: 06/02/11 alle: 09:46

BRESCIA: LA PREFETTURA SI SCHIERA CON LA LEGA E MARONI E CONTRO I DIRITTI DEI MIGRANTI
Centinaia di antirazzisti e migranti hanno partecipato questa mattina a un presidio all’esterno della prefettura di Brescia per chiedere il blocco delle espulsioni e dei rigetti delle domande di sanatoria 2009. In piazza gli stessi protagonisti della lotta di fine 2010, che ha avuto il suo culmine con l’occupazione della gru in Piazzale Cesare Battisti. Una lotta che sta dando sta dando i primi, seppur parziali, risultati.

Alla luce infatti dei recenti pronunciamenti del Consiglio di Stato, che ha accolto i ricorsi dei migranti contro l’impedimento per ottenere la sanatoria perchè colpiti in precedenza del cosiddetto reato di “clandestinità” (smentendo quindi anche il TAR di Brescia) i manifestanti hanno chiesto che le domande vengano riconsiderate e i permessi quindi concessi. A fronte poi della volontà della Procura di Brescia di applicare la direttiva europea in materia di espulsioni, che contraddice le legge Bossi-Fini, la piazza ha chiesto che si rivaluti anche tutta l’attuale politica in tema di immigrazione in Italia.

“Vogliamo per permesso di soggiorno” Senza giustizia nessuna pace” “lotta dura senza paura” “basta espulsioni basta rigetti” “siamo scesi dalla gru la nlotta non è finita” “il consiglio di stato ci da ragione” alcuni dei cartelli innalzati dai manifestanti. La corrispondenza da Palazzo Broletto con Gaetano della redazione

Una delegazione ha poi incontrato funzionari della prefettura per esporre le istanze dei manifestanti , che però non sono state accolte, confermando la sudditanza della più alta istituzione bresciana (come più volte denunciato dal movimento di migranti e antirazzisti) alla politica di governo e lega . A questo punto i migranti e gli antirazzisti hanno fatto irruzione nel cortile della prefettura al grido di “vergogna” , occupando il cortile per alcuni minuti. Alcuni momenti di tensione per l’arrivo di poliziotti a guardia del palazzo. Poco dopo i manifestanti sono partiti per un corteo spontaneo in centro città, come raccontiamo nella corripondenza realizzata ancora con Gaetano della redazione

In colclusione si è lanciata una assemblea per decidere le prossime iniziative di lotta. L’appuntamento è per giovedì 10 febbraio alle 20.30 al centro sociale Magazzino47 di via industriale 10 a Brescia.

pc quotidiano 5-6 febbraio - la rete per la sicurezza sui posti di lavoro per il 1° marzo

immigrati e morti sul lavoro è il tema che la rete porterà il primo marzo
nelle iniziative di lotta e nelle manifestazioni degli immigrati per la giornata del 1à marzo
iniziative previste a milano- paderno dugnano - ravenna - roma

rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@gmail.com

a paderno dugnano - una strage infinita
riportiamo inoltre
articolo dal manifesto del 5 febbraio dedicato alla morte dell'operaio albanese
leonard Shepu

L'agonia DEL MORTO BIANCO
Leonard Shepu, operaio albanese, 37 anni, è morto dopo tre mesi di agonia. E' il quarto operaio che ha perso la vita per l'esplosione della Eureco di Paderno Dugnano, la strage sul lavoro che non interessa a nessuno
Le morti bianche non esistono, sono un trucco di cattivo gusto. Però la definizione aiuta a capire fino a che punto l'eliminazione dell'idea della morte possa spingersi attraverso la rimozione del morire e a volte persino del moribondo - forse perchè è un fastidio che prima o poi tocca ognuno di noi. Prendiamo Leonard Shepu, un trentottene albanese, forse il morto bianco più trasparente di tutti, scomparso definitivamente l'altro giorno dopo essere morto per tre mesi di fila, con un piede nelle statistiche del 2010 (è uno dei 1.080 lavoratori morti l'anno scorso, perchè la «sua» fabbrica è esplosa il 4 novembre), e un altro in quelle del 2011 (ufficialmente è lui il 64esimo morto dal primo gennaio, e per le statistiche che impongono almeno una qualche ipocrita «vicinanza» con le vittime significa un + 57,8% rispetto ai primi 33 giorni dell'anno precedente).
Nella fase acuta di un grande ustionato - sono le ferite più dolorose che il nostro corpo può subire, spiega l'Ospedale Niguarda di Milano che lo aveva in cura - si rimuove chirurgicamente il tessuto necrotico e in un secondo tempo si procede all'impianto di cute per ricostruire la parte lesa. Con questa tecnica l'ospedale ha salvato la vita all'unico superstite dell'incidente aereo di Linate, quasi dieci anni fa. Molti ancora ricordano. Leonard Shepu, invece, non ce l'ha fatta e con lui nemmeno gli altri tre suoi colleghi che erano già morti in seguito all'esplosione della Eureco di Paderno Dugnano. Una strage sul lavoro, la più rimossa della storia d'Italia, con quattro morti bruciati che hanno avuto la presunzione di spegnersi poco alla volta, col contagocce, e due di questi erano pure albanesi, gli ultimi degli ultimi, un'aggravante che in casi come questi aiuta a dimenticare in fretta - secondo dati Inail, gli incidenti mortali dei lavoratori stranieri sono aumentati del 15% negli ultimi cinque anni. E dire che l'«incidente» di Paderno Dugnano (altra definizione di pessimo gusto) avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili, per l'ambiente e per i cittadini dell'hinterland milanese: l'Eureco smaltiva rifiuti tossici pericolosi. L'impianto è sotto sequestro e sta indagando la procura di Monza.
L'operaio è morto dopo novanta giorni di agonia e, secondo il referto medico dell'ospedale, «nonostante l'intenso periodo di cure, i numerosi interventi effettuati, una media di due alla settimana, e il massimo impegno dell'équipe di rianimazione e del centro Grandi Ustionati». L'hanno operato più di venti volte in tre mesi, e questa non è una morte bianca. Sono stati mangiati dal fuoco anche Harun Zeqiri, albanese di 44 anni, il 63enne Sergio Crapolan e tre settimane fa (il 18 gennaio, due mesi e mezzo dopo l'esplosione) anche Salvatore Catalano, 55 anni, l'unico dei quattro lavoratori cui almeno è stato concesso un profilo più umano, perchè per le cronache non era solo un operaio ma anche un futuro sposo: avrebbe dovuto convolare a nozze con la sua compagna sedici giorni dopo l'esplosione che gli ha provocato il 90% di ustioni su tutto corpo. Lei avrebbe voluto sposarlo lo stesso. Questa è stata l'unica storia che i giornalisti hanno provato a raccontare, almeno un pochino, perchè la rimozione di queste morti, le morti sul lavoro, è un meccanismo di autodifesa (anche professionale) che viene applicato su larga scala: volendo, ci sarebbero tre storie, tre morti ogni giorno, da raccontare, da qui alla fine dell'anno - vogliamo parlare di quell'operaio italiano di 50 anni - «le sue generalità non sono ancora conosciute», recitano le agenzie - morto proprio ieri mattina in un'azienda vicino a Pavia?
Ma ci sono altri silenzi che non hanno a che fare con l'imbarazzo della morte e che rendono esemplare questa storia. Va bene, l'Eureco non è la ThyssenKrupp di Torino (sette morti ustionati il 6 dicembre 2007), ma forse proprio per questo dà l'idea di una realtà ancora più diffusa che tutti conoscono ma nessuno vuole vedere. La mattina del 5 novembre scorso, poche ore dopo lo scoppio della bombola di gas acetilene che ha provocato la strage, davanti ai cancelli dell'Eureco non c'era quasi nessuno. Un'auto dei carabinieri, qualche curioso, un paio di sindacalisti con l'aria smarrita. Non un presidio, una diretta con Santoro, un'ora di sciopero. Una desolazione muta. Tutti e cinque gli operai albanesi rimasti feriti - tre si sono salvati - non erano assunti dal proprietario dell'Eureco, Giovanni Merlino, lavoravano in subappalto per la cooperativa Tnt; e queste sono realtà che sfuggono a qualsiasi controllo, figuriamoci al sindacato. «Non riusciamo ad esserci», ammettono i sindacalisti. A proposito di controlli. La Eureco, questa sconosciuta, non era nell'elenco delle aziende a rischio della «direttiva Seveso», eppure trattava rifiuti speciali pericolosi, nel cuore della Lombardia, la terra più produttiva e inquinata del capitalismo avanzato. E sapete quanto «pesano» ogni anno in Italia i rifiuti speciali «fantasma» come quelli che stavano trattando gli operai morti per uno stipendio da fame? 131 milioni di tonnellate, quattro volte il volume dei rifiuti solidi urbani trattati ogni anno.
Se questo è lo scenario, Leonard Shepu in fondo era solo una comparsa.

pc quotidiano 5-6 febbraio - avanzano nel mondo le guerre popolari.. India,Perù,Filippine...

in spagnolo facilmente leggibili

India: incremento de ataques de la guerrilla maoísta

Coincidiendo con las jornadas de lucha convocadas por el PCI (Maoísta) para estos días se han incrementado los ataques de la guerrilla maoísta. El Partido Comunista de la India (Maoísta) ha realizado un llamamiento a organizar protestas por todo el país -del 4 al 6 de febrero- contra la subida de precios, la corrupción y el terror de Estado, y a la huelga general [Bharat Bandh, en hindi] el 7 de febrero de 2011

Seis policías resultaron heridos hoy en un encuentro con los maoístas en los bosques de Barangburu en el distrito de Jharkhand Khunti.Tres de los heridos pertenecían al Batallón Cobra mientras que el resto eran de la policía del distrito, dijeron las fuentes agregando que fueron trasladados a un hospital cercano, donde las autoridades dijeron que estaban fuera de peligro.

Perú: acciones de agitación y propaganda del PCP
02 de Febrero del 2011

Con un acto de agitación y propaganda, desarrollado en un extenso tramo de la carretera Fernando Belaúnde, el Partido Comunista del Perú nuevamente volvió a aparecer y colocó más de una treintena de banderas rojas con su característico símbolo de la hoz y el martillo, así como regó cientos de volantes en la carretera y en Aucayacu.

De acuerdo a las versiones de algunos pobladores, un grupo de más de treinta personas, con los rostros cubiertos con pasamontañas y fuertemente armado con fusiles de guerra, fue el que ejecutó la acción de agitación y propaganda.

Las banderas rojas fueron colocadas en las localidades de Pacae, Angashyacu, Nuevo Copal, Río Frío, San Francisco y a cincuenta metros antes del cementerio La Paz (de Aucayacu), asimismo Nuevo Chimbote, La Victoria, Cotomonillo, hasta el kilometro 19, la localidad de Nuevo Progreso y en varios lugares de la zona periférica de Aucayacu.

En la localidad de Nuevo Chimbote se registraron también pintas. Mientras tanto, los volantes fueron regados en parques, mercado y diversas calles de la zona urbana.


Filipinas: la guerrilla comunista aniquila a un empresario, su hijo y dos guardaespaldas
5 de febrero 2011

MANILA - Un empresario filipino y su hijo fueron ejecutados por la guerrilla comunista del Nuevo Ejército del Pueblo el viernes.

El empresario Federico Bico, de 56 años, un hijo y dos guardaespaldas fueron aniquilados por guerrilleros del Nuevo Ejército del Pueblo (NPA) que llegaron en su granja. El sangriento incidente ocurrió el viernes por la noche cerca de la ciudad de Libmanan, al sureste de Manila a 250 km.

Bico era un empresario reaccionario y se había negado a pagar el impuesto revolucionario que le exigio el NPA de 30.000 pesos y contrató a guardaespaldas

venerdì 4 febbraio 2011

pc quotidiano 4 febbraio - CON IL POPOLO EGIZIANO E CON TUTTI I POPOLI ARABI IN RIVOLTA


CONTRO LA DITTATURA DI MUBARAK IN EGITTO!

ABBASSO LA REPRESSIONE DELLA POLIZIA DI MUBARAK CONTRO IL POPOLO IN RIVOLTA!

CONTRO L’IMPERIALISMO OCCIDENTALE IN PARTICOLARE ITALIANO E
CONTRO ISRAELE CHE APPOGGIANO REGIMI CRIMINALI COME QUELLO
EGIZIANO!

AL FIANCO DEL POPOLO EGIZIANO IN LOTTA!

AL FIANCO DELLE RIVOLTE SOCIALI IN ALGERIA,TUNISIA,YEMEN E GIORDANIA!

Manifestazione
Domenica 6 febbraio ore 16,00
Piazza Verdi Palermo

Circolo di proletari comunisti Palermo

pc quotidiano 4 febbraio - PER FRANCA SALERNO DAL MFPR


Siamo molto addolorate per la morte di Franca Salerno. La sua vita è stata durissima nelle carceri per la violenza dello Stato, fuori dal carcere per la violenza di questo sistema di sfruttamento che le ha ucciso il figlio Antonio.
Ma la vita di Franca è stata però soprattutto una vita bella, utile, ricca di tensione rivoluzionaria e grande nella sua dignità e fermezza di fronte al meschino nemico. Noi così la vogliamo soprattutto ricordare e raccontare alle tante donne, giovani che non c'erano neanche negli anni '70.
La sua vita vale molto ma molto di più di tante vite, perchè ha lasciato comunque un messaggio che vale per tutte le compagne, i compagni che vogliono realmente lottare contro questo Stato e questo sistema sociale. Le compagne combattenti comuniste negli anni '70, come Franca, al di là della loro soggettività, hanno rappresentato la punta più avanzata di una volontà di ribellione e di rivoluzione che fu allora di migliaia di donne e che oggi è necessario ed è possibile nuovamente scatenare. Le compagne prigioniere politiche comuniste e rivoluzionarie hanno di fatto incarnato questa radicalità, per questo anche nelle carceri è stato usato nei loro confronti un “trattamento speciale”. Ma questo trattamento né le dure pratiche di coercizione fisica hanno intaccato l'identità rivoluzionaria e non sono riusciti a spezzarne la resistenza di Franca come di altre compagne combattenti. E anche su questo fronte le compagne hanno dimostrato di saper essere più determinate, più coerenti e di non cedere alla repressione, torture, come ai ricatti dello Stato.
Queste compagne hanno posto la questione della violenza rivoluzionaria, della sua legittimità; e che essa non può non toccare le donne, non vederle principali protagoniste contro uno Stato, un sistema che allora come oggi sfrutta ed opprime con una quotidiana e sistematica violenza reazionaria, che verso le donne diventa ancora più odiosa e insopportabile.
Oggi che la questione femminile viene usata da Governo, Stato in maniera così odiosa, Franca Salerno e le compagne combattenti si ergono come delle giganti!

Un saluto a pugno chiuso, Franca. Ti vogliamo ricordare come in questa foto con il pugno che sfida i nani poliziotti.

Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

4.2.2011

pc quotidiano 4 febbraio - Franca Salerno... cuore rosso oggi a Laboratorio Acrobax roma


E’ morta la nostra compagna Franca Salerno.

La mamma di Antonio, lei che lo tenne in pancia durante il suo arresto, che lo partorì in cella e che gli diede i primi tre anni di vita a Badu e Carros, il terribile carcere di Nuoro.
Antonio l’ha lasciata poco dopo la fine della sua vita da detenuta.

Il suo amato figlio è morto sul lavoro, ammazzato dalla strage quotidiana della precarietà…
e il corpo stanco di Franca non ha retto.

E’ morta stanotte, dopo una malattia lacerante.

Franca ha una lunga storia che è la storia di tutt@ noi

Ciao Franca, abbracciaci Antonio, almeno quello!

PER CHI VOLESSE SALUTARLA, DOMANI (4 FEBBRAIO) DALLE 13 ALLE 16 CI SI VEDE AL LABORATORIO ACROBAX, EX-CINODROMO (PONTE MARCONI) - Roma

pc quotidiano 4 febbraio - aggressione fascista a Napoli

Aggressone fascista a Napoli centro
Inserito il 3 febbraio 2011 da compagno
Oggi, un compagno dell’UdS è stato aggredito da alcuni fascisti mentre stracciava manifesti con su scritto “Il duce siamo noi”.

L’aggressione è avvenuta a Piazza Cavour, a compierla una decina di cameratti. Il compagno ora sta bene, ma si è beccato tanti pugni e cazzotti.

Massima solidarietà. All’indifferenza e al silenzio delle istituzioni nei confronti del neofascismo dilagante rispondiamo con l’antifascismo militante e con azioni concrete. No pasaran!

Di seguito il comunicato dell’UdS.



Oggi, 3 febbraio 2011, a Napoli nei pressi di piazza Cavour, è stato aggredito un compagno dell’Unione degli studenti da una decina di fascisti mentre strappava i manifesti con scritto “Il duce siamo noi” che da qualche giorno tappezzano i muri del centro storico. Alla domanda di uno di loro “cosa stai facendo?”, il compagno ha rivendicato la natura antifascista della nostra Costituzione. A quel punto è stato accerchiato e aggredito con schiaffi e pugni in pieno volto. Un’aggressione che testimonia ancora una volta la vigliaccheria di chi si muove nell’ombra ed attacca in 10 contro 1, di chi approfitta della crisi globale per alzare la testa, tutelato da un governo che attraverso le sue politiche non fa che legittimare questi vili attacchi. Rivendichiamo quindi la nostra natura ANTIFASCISTA e invitiamo gli studenti e tutta la cittadinanza a ripudiare l’esistenza di gruppi fascisti e neofascisti nella nostra città.

NAPOLI ANTIFASCISTA!

Unione degli Studenti Napoli

Unione degli Studenti Campania

Link Napoli

Rete della Conoscenza Campania

pc quotidiano 4 febbraio - Milano - Il Cairo LA VERA POSTA IN GIOCO

MILANO-EL CAIRO: LA VERA POSTA IN GIOCO
Nella giornata di ieri, il Giorno, con due paginoni nella cronaca milanese e, nello stesso sulle pagine nazionali, con un intervista a Pier Luigi D’Agata, direttore di
Assafrica (associazione per lo sviluppo delle imprese italiane in
Norafrica-Mediterraneo e Medio Oriente), aderente a Confindustria, ci
spiega bene gli interessi in ballo per le imprese e i politici di casa
nostra, che guardano con apprensione alla situazione egiziana.
A
premessa diciamo quanto risulti strano che a tutt’oggi il vice
sindaco/sceriffo, De Corato, ancora non abbia tuonato contro “l’orda”
islamica che scorazza per le strade attorno a Piazzale Loreto con
cortei non autorizzati e che bloccano il traffico. Cosa mettono in
risalto le pagine milanesi del giornale? Che l’Italia è, a livello
europeo, il primo partner commerciale; che la Lombardia è al primo
posto e che Milano si prende il 48,9%, per un totale di 161 milioni e
220 mila euro di import e 305 milioni di export nei primi mesi del
2010. Che gli immigrati egiziani, immigrazione più che trentennale, a
Milano sono 40.000 (a fronte degli 82.000 residenti in Italia) di cui
ben 6.749, a fronte dei 10.501 nazionali, titolare d’impresa. Che gli
egiziani sono tradizionalmente impiegati in attività commerciali e di
ristorazione. Sembra da quanto descritto dal Giorno che la realtà della
comunità egiziana sia quasi idilliaca. “Dimentica” il cronista di turno
che in questi anni che in questi anni vi sono state varie operazioni di
controllo del territorio che hanno “scoperto” una buona fetta degli
immigrati egiziani costretti alla schiavitù del lavoro nero, da imprese
italiane ed egiziane, per le cosiddette grandi opere dal polo
fieristico di Rho alla “grande opportunità” di Expo 2015, e particolare
non indifferente, molti in questi cantieri vi hanno lasciato la vita. E
ricordando anche che quando gli egiziani hanno reclamato dei diritti,
come una moschea, una casa o vivere senza il coprifuoco (come in via
Padova) per De Corato e i media gli immigrati erano, e sono, tutti
criminali terroristi. Ma il cinismo non ha mai fine e nei paginoni ecco
spuntare il titolo : “undici milioni persi in quattro giorni. Gli
affari vanno a rotoli, Milano trema.” Si parla chiaramente degli
operatori turistici, che si sa hanno a “cuore” il benessere fisico e
mentale dei milanesi che a causa della rivolta popolare non potranno
“rilassarsi” nelle magiche acque del Mar Rosso.
Ma è l’intervista di A.
Farruggia al “signor” D’Agata che chiarisce bene le questioni. Il
giornalista definisce addirittura coraggiosa la posizione del direttore
di Assafrica. Vediamola questa coraggiosa posizione. L’esordio è già
tutto un programma: “E’ una crisi di crescita, perché l’Egitto ha avuto
una modernizzazione veloce, con un tasso di disoccupazione giovanile
molto alto che spinge masse scolarizzate a reclamare opportunità e
diritti. C’è, e nel breve ci sarà ancora, un problema di disordini,
perché il vecchio regime non si rassegna facilmente a perdere il
potere, ma nel medio periodo quello in atto dovrebbe essere un processo
positivo.”. Ecco che il capitale getta la maschera : dice che c’è una
crisi di crescita occultando il fatto che la crescita è stata quella
dei guadagni delle imprese, e questo è stato pagato con la
disoccupazione giovanile; e bontà sua, questi giovani non sono i
barbari descritti dai trogloditi leghisti, ma sono masse istruite, e
chiedono il diritto ad un futuro. Allo stesso tempo il D’Agata nasconde
il fatto che quella che lui chiama modernizzazione, è avvenuta sotto il
regime di Mubarak e oggi sotto la spinta della rivolta popolare è, per
loro, un personaggio scomodo. Ma tutto l’ottimismo e la fiducia di cui
è pieno questo signore lo chiarisce alla domanda specifica: domanda
“Come si può essere fiduciosi nel futuro dell’Egitto con un Paese che
rischia la guerra civile?”; risposta “Perché quello che sta vivendo è
un processo di crescita, difficile e doloroso, ma che è buono per gli
egiziani. E che, modernizzando il Paese, determinerà maggiori
opportunità economiche per tutti, compresa la nostra media e piccola
impresa”. Più che fiducia sembra una speranza, ovvero che via sia una
transizione che non intacchi i loro interessi più che un augurio alle
aspirazioni del popolo egiziano. E quali siano i pericoli reali per le
imprese, italiane in testa, lo chiarisce nella risposta alla successiva
domanda. “Non temete che possa esserlo in futuro (Paese da abbandonare,
ndr)? Che possano arrivare nazionalizzazioni, espropri….”. la risposta
è questa: “In teoria è possibile, ma non credo. Quella è un’area
geografica che soffre dello iato tra modernizzazione dell’economia e
della società e sistemi politici e in parte amministrativi ancora da
Paese in via di sviluppo. Era fatale che l’esplosione ci fosse. L’
importante è che ora la riforma non finisca nelle mani delle
organizzazioni radicali islamiche. In questo senso molto potrebbero
fare gli USA e l’Europa assecondando le forze laiche e non
ideologizzate che sono il motore della protesta e vogliono solo un
Egitto più moderno e sviluppato”. Con un misto di razzismo, velate
minacce ed esortazioni ai governi imperialisti a scendere in campo,
viene svelato l’arcano: la paura di perdere lo strapotere e l’arroganza
della rapina delle risorse primarie e della manodopera schiava e a
basso costo.
Il pericolo vero per l'imperialismo, le borghesie imperialiste e quella italiana in particolare è che nel mezzo di questa rivolta nasca , un partito comunista rivoluzionario guidi la rivolta verso la rivoluzionenazionale e sociale.

circolo proletari comunisti Milano
3 febbraio 2011

pc quotidiano 4 febbraio - un saluto comunista a Franca Salerno




Franca Salerno, militante dei Nap durante gli anni 70, sedici anni di carcere duro sulle spalle, un figlio nato in prigione poco dopo l’arresto, si è spenta ieri a Roma dopo aver resistito a lungo contro la malattia. Quel bambino, Antonio, che aveva tenuto con sé in cella nei primi anni di vita l’aveva perso cinque anni fa, ormai uomo e impegnato politicamente in uno dei centri sociali della Capitale, l’Acrobax, portato via da un incidente sul lavoro. Le foto d’archivio in bianco e nero di Maria Pia Vianale e Franca Salerno col bimbo nel grembo, riprese mentre sorridono dietro la gabbia di un’aula giudiziaria, provocano oggi quasi un senso di vertigine. Una distanza siderale le separa dalle figure femminili che la cronaca politica diffonde in questi giorni. Valerio Lucarelli, autore di un recente volume sulla storia fin troppo dimenticata dei Nap, Vorrei che il futuro fosse oggi. Nuclei armati proletari, ribellione, rivolta e lotta armata (Ancora), sottolinea quanto l’esperienza femminile fosse stata pregnante nella storia di quel gruppo, originale e innovativo nel panorama delle formazioni politiche che impugnarono le armi. D’altronde un ruolo decisivo e di vertice le donne l’ebbero anche in altri gruppi armati della sinistra, dove la presenza femminile è risultata sempre la più alta rispetto ai gruppi legali. Vianale e Salerno furono le prime donne ad evadere. Era il 22 gennaio 1977 quando aiutate da altri tre militanti giunti dall’esterno scalarono le mura del carcere di Pozzuoli. Impresa pagata a caro prezzo. Dopo quella fuga i loro volti furono diffusi ovunque e la loro cattura divenne un’ossessione per le forze di polizia. Al momento dell’arresto, Franca Salerno ebbe modo di raccontare che «se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. Ero incinta e mi picchiarono. Erano fuori di sé perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile».
Nicola Pellecchia, un passato importante nei Nap, racconta: «Quando dal carcere la portarono al Fatebenefratelli di Napoli per partorire, nonostante l’imponente dispiegamento militare mezzo ospedale tifava per lei. Fui uno dei primi a conoscerla. Di lei ricordo la vivacità, la spontaneità, la sua capacità di essere politica senza venire dalla politica. Aveva un intuito formidabile, era una combattente vera». Già, ma cosa erano i Nap? «Senza i Nap – risponde Pellecchia – non ci sarebbe stata la riforma carceraria.
Il primo regolamento di quella riforma fu scritto dalla commissione carceri dei detenuti di Poggio Reale di cui facevamo parte. Molti istituti innovativi, come la socialità, vennero pensati dalla commissione di Poggio Reale. Prima in carcere si parlava di “ricreazione”, come all’asilo. Venne istituzionalizzata la rappresentanza dei detenuti, poi recepita nel regolamento carcerario». Sante Notarnicola, altro protagonista delle lotte carcerarie, ricorda l’arrivo di Franca Salerno a Badu ’e Carros, il carcere speciale di Nuoro, qualcosa di molto vicino ad un lager. «Franca arrivò col suo bambino di pochi giorni. Occupava una sezione isolata, la vedevamo e la sentivamo. Ci fu subito la corsa a prendere le celle che davano sul suo lato. La sera si spegnevano tutte le televisioni e sul carcere calava un silenzio surreale. Cominciava così il dialogo. Anche se uno dei pochi compagni, e quindi avevo con lei un rapporto privilegiato, Franca era ben attenta a non trascurare nessuno. Il piccino fu subito adottato da tutta la comunità carceraria e così i pacchi di cibo che arrivavano dalle famiglie venivano mandati a lei. Una mattina, fatto insolito, mi urlò dalla cella. Improvvisamente il carcere si ammutolì. Il bambino stava male e le guardie non facevano niente. Franca mi chiese di chiamare il capo delle guardie. Quel silenzio totale risuonò per loro come una minaccia. Il maresciallo arrivò di corsa chiedendoci di restare tranquilli che il medico sarebbe arrivato entro 5 minuti. Una macchina era stata spedita a prenderlo. “Avete rischiato molti – gli dissi -, siete feroci ma non potete immaginare quanto potremmo diventarlo noi per una cosa del genere». Sante si ferma, è commosso, «Quanta forza venne dai Nap, organizzazione fatta di studenti e detenuti. Di fronte allo sfacelo che c’è oggi nelle carceri, a Franca vorrei dire “avevate ragione voi”».

una intervista a Franca

“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata“
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.

Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.

Al processo, a quanti anni ti hanno condannata? “A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.

Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.

Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.

Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.

Come si chiama? “Antonio”.

Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.

Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.

Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.



E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.

E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.

È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.

Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.

Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.

Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI, MA


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ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII

Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.

Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.

giovedì 3 febbraio 2011

pc quotidiano 3 febbraio - Roma - presidio il 7 febbraio contro le morti sul lavoro

PRESIDIO 7 FEBBRAIO 2011 DALLE 19 ALLE 21 A ROMA PIAZZA DEL COLOSSEO
CONTRO MORTI SUL LAVORO



Presidio sit in 7 FEBBRAIO 2011
SLARGO PIAZZA DEL COLOSSEO ORE 19 – 21
(vicino metro B – fermata Colosseo)

PARTECIPIAMO TUTTI-E PER CONTRASTARE
LE MORTI SUL LAVORO, PER OTTENERE
VERITA’ E GIUSTIZIA SULLA MORTE DI MOHAMMED BANNOUR (operaio tunisino morto
il 22 Dicembre nel cantiere vicino Scienze Politiche Università
La Sapienza di Roma)
INIZIAMO UNA CAMPAGNA PERMANENTE
CONTRO I MORTI SUL LAVORO E…DA LAVORO,
GLI INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO, LE MALATTIE PROFESSIONALI E INVALIDANTI,
I DISASTRI AMBIENTALI E LE LAVORAZIONI NOCIVE E PERICOLOSE, SIA PER CHI
LAVORA SIA PER LA SALUTE DELLA CITTADINANZA.

BASTA STRAGI!
MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO IN NOME DEL PROFITTO A OGNI COSTO

MOBILITIAMOCI TUTTI AI SIT IN DI PROTESTA AUTORGANIZZATI CHE SI SVOLGERANNO
NEI GIORNI 7, 14 E 21 FEBBRAIO 2011 DAVANTI ALLA STAZIONE METRO “B” COLOSSEO
DALLE ORE 19.00 ALLE ORE 21.00 (già comunicati preventivamente alla
Questura)

PERCHE’ SI MUORE ANCORA DI INDIFFERENZA, DI NOCIVITA’ E DI PRECARIETA’.

IMPARIAMO A DIRE “NO” AL RICATTO DEI PADRONI CHE CI FANNO LAVORARE IN
CONDIZIONI DI GRAVE INSICUREZZA, FORTI DELLA DILAGANTE DISOCCUPAZIONE.

LEGGI RAZZISTE E XENOFOBE, INOLTRE, RENDONO ANCOR PIU’ RICATTABILI IMMIGRATI
E IMMIGRATE, COME DIMOSTRA L’ALTA PERCENTUALE DI QUESTI ULTIMI TRA LE
VITTIME DELLO SFRUTTAMENTO.

PER NON LAVORARE DA MORIRE LAVORATORI ITALIANI E STRANIERI LOTTANO INSIEME
PER DIFENDERE I DIRITTI DI TUTTI: LA SICUREZZA SUL LAVORO E LA PREVENZIONE
NON SI CONTRATTANO!

PROMUOVONO L’INIZIATIVA PUBBLICA:
RETE NAZIONALE SICUREZZA SUL LAVORO bastamortesullavoro@gmail.com
COMITATO 5 APRILE DI ROMA
COMITATO IMMIGRATI ITALIA – sezione di Roma
CONTATTI e ADESIONI iniziativa email: circolotlc@hotmail.com

pc quotidiano 3 febbraio - Napoli ist.Orientale .. il rettore difende l'intervento della polizia nell'università e attacca sguaiatamente gli studenti

"Fascista chi occupa"Ancora tensioni e polemiche dopo l'occupazione bis dell'ex mensa"Non incontro gli studenti, perchè non mi presto ai loro insulti e perchè ho tutte le ragioni dalla mia parte. I veri fascisti sono loro".

Replica così il rettore dell'università Orientale di Napoli, Lida Viganoni, alle richieste dei collettivi che hanno rioccupato l'ex mensa dell'ateneo nel plesso di largo San Gennaro, dopo lo sgombero effettuato dalla Digos.

Nel corso di un'assemblea pubblica, i ragazzi avevano ribadito la loro esigenza di spazi per l'aggregazione e per lo studio, invitando la rettrice a dialogare con loro. "La richiesta non può essere presa in considerazione", spiega Viganoni, "prima di tutto perchè parte da un gruppo di studenti che non rappresenta i 1.200 iscritti dell'ateneo, che hanno già i loro rappresentanti nel Senato accademico e nel Consiglio di amministrazione".

Proprio questi due organi, aggiunge la rettrice, "hanno approvato un progetto per recuperare questi locali. Ora abbiamo anche i finanziamenti della Regione e bisogna andare avanti nell'interesse della collettività". E aggiunge: "Il dialogo si chiede prima, non dopo l'appropriazione indebita di spazi dell'università anche con componenti esterne all'ateneo". Quanto all'accusa di fascismo ricevuta dai collettivi, "chi si appropria di spazi non propri con atti di forza dovrebbe guardarsi allo specchio prima di accusarmi di essere fascista". Viganoni auspica che gli studenti facciano un passo indietro e liberino la ex mensa: "Perchè non ho nessuna voglia di richiamare la polizia e l'apertura di centri sociali non rientra nelle mie funzioni".

Ed ancora chiarisce: "Le forze dell'ordine non sono mai entrate nelle aule di palazzo Giusso dove si stavano svolgendo le lezioni, ma solo in quegli spazi che andavano sgomberati".

pc quotidiano 3 febbraio - Milano - corteo di solidarietà con la rivolta in Egitto



ALCUNE NECESSARIE RIFLESSIONI SULLA “NON MOBILITAZIONE” DEGLI IMMIGRATI EGIZIANI IN QUEL DI MILANO
Viste le notizie che arrivavano dal Cairo, ovvero la teppaglia sbirresca, camuffata da sostenitori, scagliata dal despota Mubarak contro il popolo in rivolta, vista questa situazione era “prevedibile” che le centinaia di immigrati milanesi si
ritrovassero in via Porpora per protestare contro il Consolato egiziano. Era prevedibile ma non è stato così.
In un angolo di Piazzale Loreto una ventina di immigrati con alcune bandiere dell’Egitto e cartelli con su scritto “Mubarak assassino, Mubarak via via” e altri in arabo che, dopo la loro traduzione, dicevano “il popolo vuole che questo regime se ne vada” e via di questo passo. Ma le stranezze e il clima quasi surreale non finiscono qui. Appena arrivati si avvicina un ragazzo egiziano e vuole vedere che bandiera è, ma dice anche “è della Cub?”. Dopo aver mostrato che la bandiera era la stessa dei giorni precedenti e che per loro non c’erano problemi, abbiamo voluto approfondire, anche se davamo per scontate le risposte.
I fatti erano semplici: da un lato non c’era l’autorizzazione, “garantita” dalla Cub, mentre nei giorni precedenti la stessa aveva detto che avrebbe appoggiato una sorta di presidio permanente, ed ha fatto richiesta per un presidio per venerdì. Mubarak scatena le sue truppe assassine e loro scappano; la seconda è stata la conferma che c’erano state pressioni presso le varie anime della comunità egiziana, e, anche se non hanno fatto manifesti di “rivendicazione”, è facile prevedere da parte di chi. Erano lì i tanti digossini che appena arrivava qualche faccia indigena entravano in fibrillazione.
A conferma di questa ipotesi, mentre gli immigrati lanciavano gli slogan “Mubarak assassino” “per l’Egitto libertà” ecc. si materializzava, guarda caso arrivando da via Porpora dove ha sede il consolato, un tizio che iniziava a dire “che non c’era necessità di protestare, che Mubarak nella notte aveva detto che ci sarebbe stata la transizione”, suscitando la rabbiosa reazione di alcuni immigrati, che lo volevano letteralmente linciare. A fatica i più determinati sono stati convinti a non cadere nella provocazione, talmente palese che un digotto si avvicinava nella zona calda
chiedendo, facendo finta di cadere dalle nuvole, “cosa è successo” ricevendo la nostra risposta “tenete lontani i provocatori che conoscete bene”. Sciolti gli attimi di tensione ci siamo messi a lanciare i loro slogan sino al punto che ci invitavano a farlo noi.
Slogan semplici, prima in arabo (difficile farlo) poi in italiano che riflettevano i sentimenti e le aspirazioni del popolo egiziano: “per l’Egitto siamo qua, noi vogliamo libertà” “siamo quà tutti i giorni siamo qua” “Mubarak assassino”, ma anche slogan che mostravano la religiosità del popolo che altra cosa delle religioni come “siamo qua musulmani e cristiani, tutti e due egiziani”. Ma non solo gli slogan fatti insieme, ma richieste del tipo, “avete un asta in più per mettere la mia bandiera” “dove posso comprare la bandiera egiziana”, ma anche dargli una mano a scrivere cartelli e prestargli il nastro per sostenere una bandiera. Un clima fraterno che si è concretizzato con ringraziamenti, abbracci e baci, anche sulla testa come usano fare. Questo clima è stato un ulteriore segnale di fibrillazione per la Digos. Niente di nuovo, solo il loro “lavoro” di “individuare” temi utili a costruire i loro teoremi.
Circolo proletari comunisti Milano
03-02-011

Venerdì pomeriggio alle 14.30, da piazzale Loreto a piazza Duomo, nuova manifestazione del Comitato Emigrati Egiziani in Italia insieme alla Confederazione Unitaria di Base.

Una mobilitazione a sostegno della protesta che sta portando alla conclusione della reggenza del presidente-faraone Mubarak, dopo i massacri dei scorsi giorni ai danni della popolazione civile.

Un altro appuntamento di una lotta per il lavoro, la libertà e la dignità, compiuta dal Comitato Immigrati Egiziani in Italia insieme alla CUB, che persiste nella condanna delle violenze del governo egiziano e della complicità dei governi occidentali, con un appello a tutti i lavoratori, immigrati e italiani, a sostenere le mobilitazioni in Egitto e le manifestazioni in Italia.

Con concentramento in piazzale Loreto, il corteo proseguirà in corso Buenos Aires, porta Venezia, corso Venezia, via Palestro, piazza San Babila, corso Europa, piazza Fontana, via Arcivescovado fino in piazza Duomo, con conclusivo comizio finale.

Milano, 3 febbraio 2011.

pc quotidiano 3 febbraio - solidarietà studentesca contro gli sgomberi.. da Parma

Non siamo disposti a veder murati i nostri sogni e i nostri bisogni: ricominciamo da ZERO -

Oggi, 1 febbraio, presso l'università di Parma, gli Student* Autonomi in Movimento hanno fatto un presidio per esprimere la propria solidarietà con gli studenti di Napoli che ieri sono stati sgomberati dallo spazio occupato ZERO81, subendo l'intervento repressivo della celere. Nel corso del presidio gli studenti si sono diretti al rettorato per chiedere al rettore di prendere posizione in merito a tali avvenimenti.

Il rettore ha ricevuto gli student* e, informato dei fatti, ha dichiarato di non condividere il comportamento della rettrice Viganoni dell'Orientale di Napoli che ha permesso alle forze dell'ordine ( o per meglio dire del disordine) di entrare nell'università e di utilizzare i loro ben noti metodi fascisti per contrastare la libertà degli studenti, danneggiando oltretutto gli arredi dell'Orientale di Napoli, che come ben sappiamo è una delle università più antiche d' Italia. Ha inoltre aggiunto che non è accettabile che le forze dell'ordine reprimano con violenza la libertà degli studenti e delle studentesse di gestire spazi di autodeterminazione e di lotta interni all'università di cui loro stessi sono il corpo vivo, la linfa vitale. Il lancio di lacrimogeni, le cariche, gli sgomberi si iscrivono in un contesto politico in cui il potere rimane sordo davanti al grido di un intera generazione privata del futuro e della dignità esistenziale. I compagni in lotta a Napoli rappresentano, con la loro determinazione e il loro coraggio, la volontà di non fermarsi di fronte alla violenza strumentalizzata. Oggi stesso, infatti, hanno rioccupato lo spazio da cui, solo 24 ore prima, erano stati allontanati. Oggi siamo tutti degli ZERO!

Il Magnifico Rettore, interrogato sulla possibilità di ottenere una spazio all'interno dell'ateneo parmigiano, si è mostrato disponibile all'apertura di una trattativa con gli studenti che da mesi sono in mobilitazione contro la ormai legge Gelmini e contro la politica di privatizzazione imperante nel nostro bel paese. Ha sottolineato come i termini di tale accordo prevedano una gestione dello spazio che non vada ad interferire con il regolare svolgimento delle lezioni e che non comporti un danneggiamento delle strutture universitarie. Di fronte a questa prima apertura gli studenti autonomi cercheranno in ogni modo di accelerare i tempi di tale concessione, vivendo quotidianamente la necessità di un luogo nel quale organizzare le lotte, indire seminari di autoformazione svincolati della didattica tradizionale che si propina nelle aule dell'università, aprire tavoli di dibattito, trovare forme alternative di reddito e rivendicare la necessità di un welfare che includa tutte le esigenze soggettive e collettive.

Studenti Autonomi in Movimento

pc quotidiano 3 febbraio - fuori le sedi dei fasci...bologna

Sabato 5 febbraio casapound ci riprova. I fascisti hanno indetto l'inaugurazione di una nuova sede in via Guerrazzi, in pieno centro universitario di Bologna. L'antifascismo è una pratica che non puo' essere lasciata da parte.

Presidio nel portico dei servi di Maria, angolo Strada Maggiore, alle 19.30.

Fuori i fasci, da Bologna e da ogni angolo della terra.

pc quotidiano 3 febbraio - l'idiota querela...

Varese, 2 febbraio 2011- Si terrà giovedì 10 marzo l’udienza preliminare che vedrà come protagonisti Renzo Bossi (sì proprio lui il figlio del ministro Umberto Bossi nonchè consigliere regionale) e il blogger italiano, nato però in Argentina ma naturalizzato francese (ha la doppia cittadinanza…) Michel Abbatangelo.
Bossi Junior infatti l’anno scorso ha presentato querela nei confronti di Abbatangelo, reo di avere pubblicato sul suo blog intitolato 100cosecosì.blogspot.com , una serie di racconti satirici a puntate dal titolo “Diario segreto di Rrenzo Bossi junior”, che vedono protagonista appunto Renzo Bossi (nei racconti chiamato pure “trota”…), storielle permeate da quella sottile comicità e ironia tipica di chi utilizza la satira in maniera bonaria e senza cattiveria.
“La mia è una parodia caricaturale della nostra realtà politica giocata attraverso una narrazione iperbolica cui non è affatto estranea la realtà della cronaca, anzi essa la ispira conta molto sulla maturità del lettore assiduo di blog. “Una delle funzioni principali della satira è quella di affrontare i problemi scomodi”, dice Michael Moore e continua “la satira presume che il pubblico abbia un cervello”. Questo l’esempio riportato dallo stesso Abbatangelo nel suo blog, meravigliato da tanto scalpore tanto da scomodare persino la Digos, mittente appunto della querela per conto appunto di Renzo Bossi.
Ma come si è arrivati a tanto? Il tutto probabilmente è partito dal fatto che il noto giornalista Alessandro Giglioli del settimanale Espresso, abbia evidenziato nel suo personale blog “Piovono rane” (il più visitato in Italia…), tale singolare raccolta di novelle satiriche contenute appunto nel blog di Abbatangelo. Dopo una simile promozione è parso quasi ovvio che, magari qualcuno dello staff leghista, se ne accorgesse indicandone il “colpevole”; da lì la querela.
“La narrazione letteraria delle “avventure-disavventure” di Renzo Bossi mi fu ispirata a suo tempo (un anno fa) dalla tragica cronaca quotidiana, cronaca in cui populismo, demagogia, razzismo e xenofobia s’impastano al peggiore revisionismo storico facendo emergere a tratti un vero e proprio nazi-fascismo, passando per la minaccia secessionista alle soglie delle celebrazioni per l’Unità d’Italia.” Aggiunge ancora Abbatangelo che sarà presente a Varese il giorno dell’udienza preliminare, in compagnia del suo avvocato che ha accettato volentieri di difenderlo, anche solo per difendere quel concetto di libertà che esprime la satira politica (ci ha confidato), quella che prende di mira trasversalmente personaggi politici sia di destra che di sinistra.
Ma esisterà poi un limite oltre al quale anche la satira non può oltrepassare? E il concetto di libertà di espressione (basta che non sia offensiva…), dove la mettiamo?
In tal senso tra l’altro pare non vi siano delle norme giuridiche ben precise, anche per questo sarà interessante vedere come andrà a finire l’udienza preliminare, per poi magari assistere a un processo che potrebbe riservare delle sorprese e aprire nuovo orizzonti a tutti quelli che amano ancora cimentarsi con l’arte della satira, oramai bersagliata come non mai.
Infine ci chiediamo il perché di tanto accanimento nei confronti di un “povero” blogger come Abbatangelo, quando Renzo Bossi in un passato anche recente è stato più volte preso di mira (affibbiandogli anche il nomignolo di Trota) da diversi giornali di rilevanza nazionale, senza per questo incappare in nessun tipo di denuncia. Mistero.
Gianni Beraldo
redazione@varese7press.it
http://www.varese7press.it/?p=24985
http://100cosecosi.blogspot.com/2011/02/renzo-bossi-querela-un-blogger-f

pc quotidiano 3 febbraio - milano ..no all'EXPO.. manifestazione 7 febbraio

Fermiamo il PGT, riprendiamoci la citta’

lunedì 7 febbraio ore 17.30 piazza Scala - Milano

Entro il 14 febbraio il Sindaco Moratti vuole approvare Il PGT, strumento urbanistico che pensa e disegna la Milano dei prossimi venti anni, con pesanti impatti sui destini di un’ampia porzione di territorio lombardo. Il PGT toglie vincoli, prevede enormi interventi edilizi a vantaggio d’immobiliari e speculatori, Ligresti in primis. Migliaia di nuovi uffici e appartamenti, grattacieli in una città già devastata dal cemento e piena di alloggi sfitti.

Edilizia privata e non case popolari. Servizi pubblici privatizzati a vantaggio degli amici della Compagnia delle Opere, il concetto di bene comune, di pubblico, d’interesse collettivo che sparisce. E’ il trionfo del privato in ogni ambito, della sussidiarietà, della città vetrina dei non luoghi, della gentrificazione. Il PGT è il disegno di una città sempre più precaria dal lavoro, ai servizi, ai tempi di vita, alla qualità ambientale e al diritto alla salute. Anche ASL e ARPA l’hanno ricordato, ma chissenefrega per chi ha superattici, elicotteri e ville in ogni dove. E chissenefrega della democrazia, della partecipazione, delle osservazioni di cittadini, comitati, associazioni. Business is business.

Una città pensata contro i bisogni, i diritti, le priorità di chi la vive, ma solo funzionale al massimo del profitto e della speculazione. Una città che sacrificherà scali ferroviari e caserme per gli appetiti immobiliari. Una Milano che rinuncia alla mobilità sostenibile in nome delle grandi infrastrutture (eh ma c’è Expo, ci dicono…). Una Milano che consuma il territorio agricolo circostante, svende il patrimonio pubblico, sgombera chi non può permettersi affitti o mutui rapina, riduce i bisogni a problemi di ordine pubblico, scambia la socialità per sicurezza. Un PGT che regala la città a chi negli anni l'ha devastata, a chi ci genera le bolle immobiliari.

Contro questo modello di citta’, per una Milano spazio pubblico, solidale, sana, del welfare metropolitano, mobilitiamoci lunedì 7 febbraio – h 17.30 – piazza scala

Assediamo il palazzo

no al piano di governo del territorio no alla citta’ vetrina, precaria, malsana a misura di Expo 2015, profitti e speculazioni

info@noexpo.it