venerdì 30 dicembre 2011

pc 30 dicembre - OMSA, CONTRO I LICENZIAMENTI SERVE UN BILANCIO E UNA NUOVA LOTTA

Dalla stampa:
FAENZA (Ravenna), 30 dicembre 2011 - Sembra davvero finita per l’Omsa di Faenza, storico calzificio che il gruppo Golden Lady ha deciso da tempo di chiudere, per trasferire la produzione in Serbia. L’azienda ha comunicato ai sindacati che al termine del secondo anno di cassa integrazione speciale, il prossimo 14 marzo, scatterà il licenziamento collettivo per i dipendenti rimasti (quasi tutte donne). L’annuncio arriva pochi giorni dopo l’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo economico, concluso con scarse novità sul progetto di riconversione dello stabilimento da parte di un possibile acquirente, rimasto nell’ombra.

UN BRUTTO colpo di fine anno per le operaie, che si trovano protagoniste della fine di un’epoca (lo stabilimento fu fondato dalla famiglia forlivese Orsi Mangelli nei primi anni Quaranta). Erano 346, ora ne restano oltre 200, dopo che, in 80, hanno accettato l’incentivo di 23 mila euro per la mobilità, a febbraio....
Una parte delle lavoratrici ha cercato di tenere alta l’attenzione su quello che stava succedendo allo stabilimento da luglio 2010, quando la Golden Lady decise di chiudere la sede di Faenza e aprirne uno in Serbia. Ci hanno provato pure con le «brigate teatrali dell’Omsa» e con un documentario («Licenziata»)...

Roberta, Fulvia, Angela, Emanuela, Marina, Cristina e Antonella, invece, hanno scelto di restare ‘in prima linea’. Guardano i cancelli della fabbrica, che negli ultimi mesi hanno varcato solo per turni di quattro ore, 15 giorni al mese. «All’inizio eravamo in tante a protestare — commentano, amare —. Ora siamo sempre le stesse dieci o quindici: dicono che siamo estremiste, in realtà vogliamo solo lavorare».
Non si sono mai fatte prendere dalla rassegnazione. Ma la rabbia, quella sì, è tanta. Contro le istituzioni che «non hanno fatto abbastanza», contro una parte del mondo sindacale (accusata di aver accettato con troppo accondiscendenza la chiusura, stabilita due anni fa). Anche contro parte delle colleghe, che hanno smesso di lottare. «Augurarsi un buon 2012 è difficile — dice Marina Francesconi —. Trascorreremo l’ultimo dell’anno pensando a quello che succederà a marzo. Più che al futuro, mi viene da pensare a tutto quello che abbiamo passato in questi anni. Cose che una volta potevamo permetterci ora sono un miraggio. E la serenità non c’è mai, neanche a casa».

"Le segreterie regionali delle tre sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil) sostengono che quello della Golden Lady «è un comportamento provocatorio e arrogante»
Il comunicato congiunto parla di «colpo di mano» dell’azienda, che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia, «mettendo in ginocchio l’intero territorio faentino»...
Non nasconde un po’ di fastidio nemmeno la Regione. Che parla – per bocca dell’assessore regionale alle Attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli – di «forzatura» rispetto agli «incontri già programmati» e alle idee sulla «reindustrializzazione» dell’area."


E' assurdo sentire parlare i sindacati cgil, cisl, uil, uniti, di "colpo di mano dell'azienda che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia...", o la Regione di "forzatura". E' dal 2010 che l'azienda ha detto chiaro i suoi piani di chiusura della fabbrica, e ha fatto altrettanto chiaramente tutti i suoi passi "alla luce del sole", per andare a fare più profitti lì dove, in Serbia, può tagliare il costo del lavoro. Di cosa, allora fanno finta di meravigliarsi i sindacati confederali e la Regione?
Alcune lavoratrici tempo fa, restituendo la tessera alla cgil, hanno detto: “È avvilente, le abbiamo provate tutte! Prima abbiamo chiesto, poi gridato poi anche minacciato e raccolto firme. Abbiamo protestato con la Cgil provinciale, con quella regionale e addirittura con la nazionale, ma anche la signora Camusso che sbandiera tanto i diritti delle donne non ha voluto aiutarci”.
La realtà è che contro i piani dell'Omsa nessuno ha voluto fare una vera lotta. Ad essa si è sostituita più l'immagine, la ricerca di visibilità mediatica, e l'appello al boicottaggio dei prodotti. I sindacati, in primis la Cgil, non hanno voluto fare di questa realtà di centinaia di lavoratrici, di questa lotta anche una battaglia esemplare di unità delle donne lavoratrici, attaccate come classe e come donne.
Oggi, si dimostra che senza una lotta che colpisca in primis l'azienda e i suoi interessi, senza una battaglia contro le istituzioni, non è vero che a più visibilità corrisponde più risultati.

Oggi la partita non può essere chiusa. Ma occorre che prima di tutto le operaie dell'Omsa rimaste coraggiosamente a combattere facciano un rapido bilancio e traggano da esso le lezioni per fare una nuova lotta.

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