martedì 4 ottobre 2011

pc 4 ottobre - Il ruolo primario dell'Italia nella guerra in Libia

I padroni oggi attraverso diversi articoli sul giornale della loro associazione “Il sole24ore” rivendicano la loro “intelligenza” rispetto a Marchionne per quanto riguarda la scelta della Fiat di uscire dalla Confindustria e con un aperto orgoglio il ruolo militare del “loro paese” rispetto all’intervento in Libia.

In questo caso ne rivendicano il “Ruolo primario” riportando chiaramente i dati dicendo che l’80% dei raid sono partiti dalle basi italiane. Con questo ci tengono in sostanza a sottolineare, per una spartizione "corretta" del bottino di guerra, che meritano un trattamento diverso rispetto agli accordi economici sul petrolio e sul gas dopo la magra figura del ministro Frattini in Libia nell’incontro dei giorni scorsi con i rappresentanti del nuovo potere che hanno messo in dubbio il tipo di contratti che erano stati stipulati in precedenza. Come tutti hanno capito sono questi interessi i veri motori dell’intervento in Libia e non le chiacchiere sulla democrazia, libertà, diritti ecc. ecc. che vengono bellamente sommersi dalle bombe “che non hanno fatto vittime civili”!!!

L’asciutto racconto dei dati di questo articolo è di un intollerabile cinismo, lo riportiamo per intero sottolineando alcune frasi.

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“Ruolo primario. Il contributo dell’Italia

L'80% dei raid dalle nostre basi

Ignorata dagli alleati e messa in ombra dalla censura mediatica imposta dal Governo, l'entità del ruolo rivestito dalle forze militari italiane nel conflitto libico è rimasta finora quasi del tutto sconosciuta. Un ruolo di primo piano come dimostrano i dati che Il Sole 24 Ore ha ottenuto da fonti vicine agli ambienti Nato. Innanzitutto perché oltre l'80% delle missioni aeree alleate sono state lanciate da basi italiane senza le quali l'operazione Unified Protector sarebbe stata inattuabile. Gli aerei italiani hanno svolto un ruolo fondamentale, con un numero di missioni che la scorsa settimana aveva superato quota 2mila (con oltre 7mila ore di volo) a cui aggiungere le quasi 400 compiute dagli elicotteri imbarcati della Marina. Meno solo dei francesi (oltre 4.500 missioni) e dei britannici (circa 2.400 missioni più quelle degli elicotteri imbarcati) che però hanno schierato 30/40 aerei contro i 14 italiani.

Quanto a mezzi e missioni l'Italia ha contribuito per quasi il 10% allo sforzo militare alleato con incursioni concentrate negli ultimi giorni sulle ultime roccaforti lealiste a Sirte e Bani Walid, ma in termini qualitativi ha dato molto di più tenendo conto della mole d'informazioni che la nostra intelligence ha fornito agli alleati e dell'impiego dei velivoli teleguidati Predator (solo quelli italiani e americani sono in azione in Libia) che in una trentina di missioni si sono rivelati indispensabili per individuare i bersagli e guidare i raid nelle aree abitate.

I jet italiani hanno effettuato missioni di ogni tipo. Nella sorveglianza della no-fly zone nessun altra forza alleata ha superato le 590 effettuate dagli italiani che hanno impiegato anche tanker per il rifornimento in volo, aerei da guerra elettronica e intercettazione delle comunicazioni, cacciabombardieri per l'attacco al suolo e la ricognizione. Velivoli che hanno individuato 1.500 obiettivi, attaccandone oltre 500 con circa 850 bombe a guida laser e satellitare. Di queste circa 160 sono state lanciate in 170 missioni dagli Harrier della Marina, le altre da Amx e Tornado dell'aeronautica che hanno impiegato anche oltre due dozzine di missili da crociera Storm Shadow. Tenuto conto di un costo medio di 40 mila euro per ogni bomba guidata e un milione per ogni Storm Shadow, nel conflitto gli italiani hanno impiegato finora ordigni per un valore circa 60 milioni.

Le stesse fonti hanno confermato che i raid italiani hanno avuto una precisione del 97% e non ci sono state vittime civili. Prestazioni di rilievo, specie tenendo conto che, dopo forti pressioni della Casa Bianca, l'Italia ha iniziato a colpire obiettivi sul suolo libico soltanto a fine aprile, cioè un mese e mezzo dopo gli alleati.

Ciò nonostante i Tornado hanno lanciato oltre un terzo della settantina di missili da crociera impiegati anche dai jet francesi e britannici per colpire le basi libiche meridionali nell'area desertica di Sebha. Con il progressivo decrescere delle esigenze belliche è probabile che anche gli italiani riducano le forze aeree assegnate alla Nato, attualmente inferiori numericamente solo ai britannici dal momento che Parigi ha tagliato a soli 5 jet la flotta di Rafale basati a Sigonella.

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