lunedì 3 ottobre 2011

pc 2-3 ottobre - Assemblea Nazionale “Non paghiamo il debito”” verbalizzazione a cura dei compagni di proletari comunisti presenti

Assemblea Nazionale “Non paghiamo il debito”
Verbalizzazione sommaria

Introduzione Cremaschi
La lettera segreta di Draghi-Trichet al governo è il fatto politico recente più saliente ma, con una compattezza da regime, in Italia la politica, tutta la politica, parla d’altro. c’è silenzio su questo che è un attacco a tutto (salario, walfere, pensioni, diritti) di una violenza inaudita. L’unico e più importante commento alla lettera è venuto dal solo Sacconi. Questo dibattito negato, questo bavaglio, è il dato saliente del regime che abbiamo di fronte.
Quella lettera è un programma di governo: severo, scadenzato e brutale….
Il percorso per costruire quest’assemblea è partito a giugno perchè non è vero che in Italia non ci sono lotte e resistenza. La scintilla per noi è stata il NO degli operai di Pomigliano a un regime di dittatura padronale che dalla fabbrica si estendeva a tutta la società.
Dopo quel No sono scesi in campo gli studenti, i migranti, le donne, gli abitanti della Val Susa, movimenti civili per la democrazia che ci hanno fatto capire che esiste una pluralità di opposizione sociale che non trova una voce in politica. Tutte queste voci sono presenti oggi in questa assemblea e già nella vittoria ai referendum hanno trovato una prima sintesi….
Successivamente un vero e proprio golpe economico ha cancellato tutte le istanze sollevate da questi movimenti per imporre una sola priorità cui dare risposta: pagare il debito. Il primo provvedimento successivo a questo golpe è stato l’occupazione militare di una parte del territorio nazionale, la Val Susa, la difesa di un progetto dissennato….
D’altra parte lo sciagurato accordo del 28 giugno è il primo passo che lubrifica la via per l’art. 8. una regressione di gusto medioevale: che sancisce il diritto al padrone di una fabbrica in cui ci sia un sindacato venduto ad imporre le sue regole violando la legge ordinaria…
Noi diciamo No alla coesione nazionale evocata da Napolitano: non è vero che siamo tutti nella stessa barca, o si sta con noi, con i lavoratori, le famiglie…o si sta con Marchionne, Draghi, Trichet, chi sta in mezzo prima o poi sparirà.
Che cosa abbiamo deciso: che il debito non è un prodotto legittimo del mercato, che il 15 ottobre scenderemo in piazza non contro Berlusconi, ma contro la BCE e i suoi programmi criminali. Sono, infatti, dei crimini ben peggiori di quelli di Stauss Khann quelli che il piano della BCE prevede, tutti i dirigenti del FMI andrebbero perseguiti per crimini contro l’umanità.
Serve uno spazio politico per intervenire nella politica perché se Berlusconi è veramente al tramonto noi non vogliamo che finisca come nel 2006, con un cambio di comando per attuare lo stesso programma, quello della BCE; in questo senso il No alla BCE e non la lotta a Berlusconi è la nostra discriminante costituente. I nostri 5 punti indicano non solo un debito che non vogliamo pagare ma anche dei debiti che vogliamo siano onorati: verso il nostro pianeta terra di cui sfruttiamo le risorse più di quanto essa riesca a ricostituirne; verso le famiglie sempre più in difficoltà ad andare avanti, verso i nostri diritti: verso tutto questo noi siamo in credito.
Infine, se tutti si riempiono la bocca con la parola “democrazia”, in Italia tutti sanno bene che non è il popolo che decide. Abbiamo un esempio piccolo che vogliamo imitare: l’Islanda. Sfidiamo la politica a sottoporre al voto il vincolo europeo, fateci votare su questo!
Ma hanno paura di farlo, preferiscono mettere in scena una politica che finge di litigare su tutto ma è compatta come un regime sulle cose che davvero contano per loro.
Se rivendichiamo questo voto è bene essere chiari su due punti: primo, quello che serve è un movimento sociale e politico che parta dal rifiuto della schiavitù del debito, non una coalizione elettorale. Secondo, questo appello che estendiamo a tutti i popoli europei, a rifiutare la dittatura speculativa bancaria europea non è nazionalismo, è l’internazionalismo di oggi. Dunque, il nostro è un percorso che parte da questi 5 punti a partire da cui sviluppare movimenti per concludersi in un esercizio di democrazia…
Apriamo oggi un percorso che già domani proseguirà nei territori con assemblee locali e iniziative. Se svilupperemo questo processo nella realtà e non nei documenti concordati tra organizzazioni, potremo darci un nuovo appuntamento a dicembre per una assemblea nazionale costituente.

Tommaselli (USB)

Noi non stiamo costruendo altro che un’opposizione sociale che oggi manca. Parliamo di cifre: per riportare il debito entro il 60% del pil servirebbero 50 miliardi l’anno per i prossimi 3-4 anni e discutono su dove prenderli. Se volessero basterebbe tassare di un terzo i 5 mila miliardi di patrimonio detenuti da un’esigua minoranza dei ricchi di questo paese per sanare tutto il debito in un solo colpo….
Si ascoltano oggi molte cose strane, di sindacati e/o movimenti che vogliono farsi partiti e viceversa. Noi diciamo invece una cosa semplice: il sindacato deve tornare a fare sindacato, i movimenti facciano movimento, la politica faccia politica, anche questo afferma l’assemblea di oggi ponendosi obiettivi che non possono essere minimali, di semplice “riduzione del danno”. A una crisi come questa, che è crisi di sistema, si deve rispondere con i necessari meccanismi che innescano il superamento dello stesso sistema. Il nostro No al debito significa tutto questo e tanti slogan, parole d’ordine e obiettivi concreti da declinare insieme territorialmente già da domani.
Si è parlato dell’accordo del 28 giugno come apripista per l’art.8. ma attenzione su questo: non diamo alibi a chi alibi non ha più, non ci sono stati solo il 28 giugno e l’art. 8, c’è stata anche la piattaforma fiom del 21 settembre.
Saremo in piazza il 15 ottobre e poi in tutte le città per un movimento che non vuole fare un partito ma tornare a fare politica.

Atenei in rivolta

Siamo il paese in cui s’investe meno in Europa per università e ricerca, abbiamo le seconde tasse più alte in Europa e siamo tra gli ultimi per numero di borse di studio. Dal 2005 poi c’è stata un’inversione di tendenza epocale: la popolazione universitaria ha smesso di crescere in termini assoluti e relativi, è questa la fine non solo dell’università pubblica ma l’università di massa, conquistata dai grandi movimenti di massa degli anni 60/70. Una crisi che dall’università pubblica si riverbera in tutta la società: l’università oggi, quando va bene, sforna precari, il 25% dei laureati resta disoccupato.
Siamo una generazione privata all’accesso allo studio e al lavoro, viviamo il tramonto del sogno della “società della conoscenza”. In questa situazione o ci si ribella uniti o non esce nessuno. Mettiamoci al lavoro con la coscienza però che abbiamo più limiti da superare che forze da mettere insieme. Non ci serve la semplice rappresentazione di ciò che siamo oggi, non basta l’unità delle organizzazione di cui facciamo parte: questo è un film già visto, ce ne serve uno nuovo, ci serve da domani radicamento e autorganizzazione delle lotte per interloquire con quei 27 milioni che hanno votato ai referendum e vogliono riappropriasi della politica. A questa domanda di democrazia dal basso e radicale dobbiamo dare risposta. A questa domanda non si risponde riproponendo progetti di unità, di organizzazione, ma rimettendo al centro l’autorganizzazione delle lotte, consapevoli che un governo di centro sinistra, la soluzione è quella che diceva Monicelli: “una bella botta, una rivoluzione”.

Dosio, NO TAV

Il debito lo stiamo già pagando con il nostro futuro negato. La nostra lotta è diventata emblematica e si è rafforzata più di quanto ci aspettavamo perché è una lotta che dà speranza contro un modello di sviluppo brutale che crea un deserto e lo chiama progresso, nega stato sociale e diritti e la chiama pace. L’unica risposta a ciò è l’incompatibilità e il conflitto.
Serve una critica lucida della situazione e capacità di ascolto, servono strumenti collettivi che diano alle lotte durata e resistenza contro la repressione che si è già scatenata.
Noi non siamo nella stessa barca di chi ci guadagna dalla crisi. Diciamo No alla coesione nazionale invocata da Napolitano, quella è la coesione nazionale della CMC di Bersani e delle ditte di Lunardi. Questo partito degli affari è ben compatto e usa l’arma della repressione, riescono a colpire i compagni ma non fanno breccia tra la gente.
Ma la critica all’esistente non basta, serve una critica sul campo che cambi l’esistente, a partire dall’unità dei conflitti che agiscano da volano per un cambiamento sociale, un polo politico e sociale, di classe, plurale e di lotta, non per presentarsi alle elezioni. Contro il Capitale che ci vuole muti e passivi ci vuole non solo critica, ma lotta.
Infine il 22 prossimo torneremo davanti alle reti del cantiere che non c’è, ma difeso da polizie e militari di tutte le forze al costo di 90 mila euro al giorno. La libera repubblica della Maddalena continua a lottare per quella libertà che ci serve, la libertà che viene dalla lotta.

Roma Bene Comune

Sul No al debito siamo tutti d’accordo, quello che dobbiamo approfondire sono le ricadute sui territori. La Tav è una di queste forme e il movimento No Tav è una forma di rifiuto del debito così come dicono No al debito ogni giorno quelli che occupano case, spazi, configgendo con chi vuol farcelo pagare. Anche la precarietà è ricaduta del debito, i mutui che non si riescono a pagare, tutti questi rifiuti devono essere esercitati. La rivendicazione del reddito di cittadinanza per l’arma per liberarcene.
Si parla dei migranti come l’ultima ruota del carro sui posti di lavoro, ma allora cosa sono i precari o i neoassunti con contratti che fanno loro guadagnare anche la metà dei loro colleghi più garantiti.
Si parla di fare movimento: attenzione a non ripetere fil già visti, quest’assemblea se servirà a fare la differenza, non la somma di cui siamo oggi. Mettere al centro le differenze, non tirare le somme, può farci andare avanti. L’opposizione non è un “bene comune” ma sta dentro questi spazi di differenza. Il 15 ottobre serve dare forza e forma concreta alla rabbia, non alla indignazione, con un’assedio ai palazzi del potere, non una simulazione del conflitto. Di questo chiamiamo a discutere l’8 ottobre prossimo alle 11 al Volturno occupato assieme a tutti gli aderenti all’assemblea nazionale del 10 settembre.

Russo, ex parlamentare

Ho firmato quest’appello perché, per la prima volta, s’individua come bersaglio il vero governo, la sede reale del potere, che non è Berlusconi ma la BCE, un governo che unisce tutto il parlamento. Chi cerca ancora alleanze con Bersani deve sapere che il bersaglio oggi è la politica europea che Bersani condivide. Il 15 ottobre sposta l’asse della politica verso questo bersaglio: il governo unico europeo. Sarei felice che qualcuno lanciasse un referendum contro l’art.8, anche come forma concreta di battaglia contro l’accordo del 28 giugno.
Lo spazio pubblico che vogliamo costruire ha senso se interloquisce col sindacalismo non allineato e i movimenti sociali, per costruirsi negli anni come movimento politico. Ma ora la sua indipendenza dalle forze politiche è la forza più preziosa da difendere, rifiutando ogni tentazione di alleanza per ritornare al governo. Abbiamo già dato a questa illusione, e io, da ex parlamentare, ho già dato più di voi.

Forum ambientalista

Il pianeta ci dice ogni giorno che dobbiamo cambiare il nostro stile di vita, un modello che tutte le forze politiche difendono. Distruggendo il pianeta distruggiamo il futuro delle prossime generazioni: questo debito verso i nostri figli è l’unico che riconosciamo e vogliamo sanare….
Sono orgoglioso di essere tra quelli che hanno iniziato la battaglia referendaria sui beni comuni con la cui vittoria abbiamo realizzato una vera partecipazione dal basso, radicata in tutti i territori e unita per un obiettivo concreto.
Non pagare il debito è solo l’inizio, bisogna fermarli tutti, dalla BCE alla BM per salvare il pianeta come dovere verso i nostri figli.

Casadio, Rete dei Comunisti

L’introduzione esprime bene la situazione e la prospettiva, la base di partenza che quest’assemblea si pone. La lettera della BCE al governo esprime, anche, una gerarchia che l’Europa vuole imporre, paesi che contano di più e paesi che contano di meno, paesi de devono pagare di meno e paesi che devono pagare di più. Sancisce la costituzione di una borghesia europea imperniata su Francia e Germania da cui la borghesia italiana è esclusa. Berlusconi è la rappresentazione di questa debolezza, che è la debolezza del capitalismo italiano straccione e parassitario. La prospettiva è la crisi e caduta finale di Berlusconi, ciò che si prepara non è un nuovo fascismo ma un governo che salti sul carro dei vincitori europei che non può che essere diretto dal centrosinistra. Questo passaggio apre spazi politici sempre più ampi che dobbiamo puntare a coprire, dobbiamo andare oltre alla rappresentazione della sinistra di classe: come farlo? Ancora non lo sappiamo e non lo possiamo dire. Sappiamo quello che faremo nei prossimi mesi e possiamo dire già le caratteristiche del soggetto che ci serve: primo, affermare un rapporto tra politica e movimenti, da costruire con un progetto di organizzazione. Secondo, lottare per la democrazia che l’UE rimuove. Terzo, autonomia e indipendenza, basta giochi a perdere con il centrosinistra.

28 aprile delegata fiom BG

Voglio partire dal ragionare su quale pratica può oggi effettivamente cambiare la condizione di vita nelle fabbriche.
Vengo da Cervia la cui piattaforma già contiene la condizione per la resa della fiom, sono già indicati i punti su cui si può cedere per tornare a firmare contratti con fim e uilm. Ad es. il punto sul 25% di tfr in più per i precari espulsi segna una brusca inversione di tutta della fiom che fino ad oggi aveva mantenuto l’opposizione al licenziamento dei precari senza specificare le condizioni per accettarlo.
E’ un “ritorno alla cgil” che era già stato annunciato da una torsione autoritaria interna. La pratica del conflitto è accettata entro certi limiti, i limiti posti dalla fiom. Operai e delegati che vanno oltre sono espulsi senza esitazione. Ma una piattaforma radicale e una pratica reale di conflitto sono quello che ci serve, non è accettabile continuare a tirare il freno a mano alle lotte dei lavoratori, non ci capirebbero più.

Massimiliano Murgo, autoconvocati

Dobbiamo partire da appelli semplici, trasversali e dal basso. L’appello che oggi Della Valle lancia su tutti i giornali dimostra che il governo che vogliono dopo Berlusconi sarà amico loro, non nostro. Se non iniziamo subito a lottare in ogni posto di lavoro per riprenderci, centimetro dopo centimetro, tutto quello che ci hanno tolto in questi anni, non avanzeremo nella strada proposta dall’assemblea. O sesce di qui per continuare ad organizzarci con forme trasversali e dal basso, o assisteremo ad un nuovo fallimento. La proposta-assemblea di dicembre avrà senso solo se sarà sintesi di comitati territoriali che avranno svolto questo lavoro.

Imma Barbarossa, rete femminista RC

Condivido l’appello su 3 punti principalmente: rifiuto della compatibilità, conflitto sociale come pratica determinante, puntare non a una sommatoria di gruppi ma a un soggetto politico e sociale della trasformazione.
Anch’io ho un motivo per essere indignata: avere visto la Marcegaglia in prima fila, unica rappresentante di tutte le parti sociali, sindacati compresi, con la Camusso dietro di lei.
Per me che vengo dalla terra di Di Vittorio che ci ha insegnato che la prima e più importante conquista per i lavoratori è riprendersi la dignità e non andare più dai padroni con il cappello in mano, questo è un salto all’indietro.
Presento all’assemblea una mozione sottoscritta anche da Cirillo dei Quaderni Viola. Le donne sono le prime ad essere colpite dagli attacchi alle pensioni, manovre che le relegano al ruolo nei servizi tagliati , licenziamenti. Ma le donne resistono e sostengono le lotte per la trasformazione e quest’assemblea ne deve tenere conto non in termini di quote o pari opportunità ma di assunzione indispensabile del punto di vista di genere.

Sinistra Critica

Abbiamo due coordinate pregnanti da seguire: una coordinata programmatica, il No al debito e gli altri punti contenuti nell’appello, ma abbiamo ancora più importante, una coordinata metodologica: questo spazio politico pubblico ha senso se è costituito da soggetti in carne ed ossa, dalla nuova generazione che lotta, e non è , invece, un’assemblaggio di pezzi che tutti noi abbiamo costruito e rappresentiamo. La rivolta serpeggia, mettiamoci al servizio. SC partecipa, ma quello che vogliamo costruire è qualcosa di nuovo, frutto della nuova generazione in rivolta, non uno spazio per reduci che di tanto in tanto si ritrovano.

Portavoce Zanotelli

Legge appello contro le spese militari

Comitato per il 1° ottobre-To

Siamo un comitato costituito da delegati sindacali, immigrati, collettivi femministi. rifiutiamo come tutti qualsiasi logica da intergruppi, ma sottolineiamo, anche, che, se a parole tutte la rigettano, quando si tratta di passare alla pratica vengono immancabilmente fuori i mal di pancia. Vogliamo seguire l’esempio del movimento No Tav, riprendendo il rapporto diretto con i compagni di lavoro, impugnando di nuovo ‘arma della controinformazione, ecc….abbiamo anche un’autocritica da fare: se oggi dobbiamo riconoscere che siamo minoranza, qualche responsabilità l’abbiamo anche noi. A Torino stiamo lavorando sulle seguenti proposte: gruppi di studio di economia, diritto, ecc…per realizzare materiali di controinformazione che tutti possano leggere e capire per smontare luoghi comuni su idee dominanti su debito, crisi, diritti, ecc. realizzare campagne di massa e capillari fondati su questi materiali, realizzare una nuova assemblea pubblica del comitato, territoriale, più larga e trasversale-

Delegato Pomigliano

E’ stato detto che dal nostro No a Marchionne è venuta la scintilla che ha iniziato il percorso di questa assemblea. D’allora abbiamo continuato e continuiamo, giorno per giorno, un percorso di opposizione ma non vogliamo essere medaglie da esibire in giro per fare vedere che c’è qualche lotta. Quello che serve, piuttosto, è infondere e dare prospettiva alle lotte che si sviluppano e appoggiarle in forme concrete, come noi ad esempio che abbiamo appoggiato la lotta degli operai della Irisbus che hanno avuto il coraggio di respingere i segretari sindacali. Se è vero che ci sono tanti focolai, è anche vero che ci sono tanti pompieri. Noi dobbiamo soffiare sul fuoco e fermare i pompieri che vogliono spegnerlo. In questo senso, il rifiuto di pagare il debito, è un modo per riprendere a parlare la lingua dei lavoratori.
Ho sentito parlare qui di rivoluzione, anche in fabbrica sono tanti a dire che ci vorrebbe una rivoluzione ma non hanno la minima fiducia in chi la dovrebbe concretamente fare. Questa fiducia che manca è quella che dobbiamo dare.

Giulietto Chiesa

La relazione di Cremaschi mi ha aperto il cuore, dice cose che volevo sentire da anni. Possiamo parlare di default multipli che vogliamo evitare: climatico, energetico, ecc.., tutto tranne quello delle banche che detengono il debito……
Voglio segnalare alcuni punti: primo, ci serve la comprensione che la crisi è più grave e più lunga di quanto si pensasse. Secondo,la manifestazione del 15 ottobre deve diventare una grande spallata
popolare. terzo, ci serve darci un nome che ci faccia riconoscere con semplicità. Io proporrei Comitato di Emergenza Popolare. Quarto, la crisi matura velocemente e altrettanto velocemente matura la necessità di una maniglia a cui appigliarsi per comprenderla ed uscirne. Quinto, a questo scopo la classe politica italiana attuale è totalmente inutilizzabile. Sesto, siamo in pericolo
perché non dobbiamo dimenticare che crisi come queste evolvono in guerre.
Infine, informazione e comunicazione sono decisive. A chi propone di accerchiare i palazzi del potere, io aggiungo: accerchiamo la Rai e le direzioni dei giornali.

Ferrando

Possiamo oggi registrare un successo: nasce, da questa assemblea, un fronte unico di azione su un obbiettivo centrale della lotta di classe in Italia e in Europa.
Già nel 2008 il pcl lanciò una campagna per la nazionalizzazione delle banche. Allora rimanemmo soli con una sinistra che civettava con Prodi. Oggi questa è la base per un fronte unico. E’ la stessa materialità della crisi, non un capriccio ideologico, che ci impone di sollevare la questione. Oggi il bivio che ci troviamo di fronte è o spoliazione delle banche e nazionalizzazione o spoliazione delle masse e massacro sociale. Nessuna misura intermedia, nessuna patrimoniale o tobin tax più o meno finta, costituiscono la soluzione.

Delegato Irisbus

Ho ascoltato tanti interventi di propaganda. Il punto è come trasformare questa propaganda in realtà. Il 15 ottobre ci serve una manifestazione che assomigli di più a quella del14 dicembre che a una festosa sfilata.
Ci serve anche informazione sulle tante lotte dure che si stanno portando avanti con una radicalità mai vista in questi anni. C’è un paese che preme, occorre fare saltare il tappo. Uno di questi tappi è la stessa cgil. E per farli saltare tutti servono tanti compagni, autorevoli e coraggiosi sui posti di lavoro, che portino avanti effettivamente lotte e conflitto. Senza di questo, ci troveremo ad avere fatto una bella assemblea da cui nascerà un direttorio che ripeterà giochi già visti, se è vero che il percorso di oggi è partito dagli operai di Pomigliano, dobbiamo lavorare per fare l’assemblea del prossimo dicembre una assemblea operaia per dare il colpo finale a Berlusconi.


Sinistra popolare

Quello che ci serve è un fronte di classe. Vorrei porre solo tre questioni: primo, la scelta di campo è netta, o con noi o col sistema, nessuna via di mezzo, nessuna alleanza, nessuna partita aperta. Secondo, occorre correggere la posizione della sinistra italiana sull’Europa e affermare che è un conglomerato imperialista, come dimostra la recente guerra in Libia, non uno spazio di democrazia. Terzo, la crisi finanziaria nasce dalla crisi intrinseca del capitalismo, perciò, non pagare il debito, deve essere l’inizio del superamento del sistema.

Ferrero

E’ corso un colpo di stato monetario con cui stanno operando una distruzione della democrazia, redistribuzione del reddito, regressione sociale. Il bivio oggi è ancora socialismo o barbarie. Ne deriva la costruzione di strutture di un movimento antiliberista e anticapitalista che parta dal punto di vista alternativo al pensiero unico della politica economica europea attuale. Serve un movimento politico che supporti le lotte sociali che ci sono altrimenti queste resteranno solo difensive. Un movimento consapevole e durevole. Da segretario di RC devo riconoscere l’errore commesso dopo Genova e la sconfitta ai referendum sull’art. 18. Dicemmo allora che la spinta del movimento era finita e che dovevamo tornare a fare politica. La politica fu il governo Prodi e il disastro successivo. Oggi, rivendico per questo movimento sociale l’autonomia assoluta da alleanze politiche ed elettorali.

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