domenica 16 ottobre 2011

pc 16-17 ottobre: sul 15 ottobre a Roma

"Noi dobbiamo lanciarle le pietre perché altrimenti non ci ascolta nessuno, siamo disperati, per studiare scarico cassette tutte le notti, mi danno tre euro all'ora, questa è la nostra intifada", "con i cortei e con i sorrisi non si va da nessuna parte…è meglio attaccare cosi' ci sentono" sono alcune delle parole intrise di rabbia e di ribellione di chi ha preso parte alla dura battaglia con polizia e carabinieri ieri 15 ottobre a Roma con iniziali scintille in vari punti del corteo per poi esplodere a piazza San Giovanni.


Una giusta rabbia e una giusta ribellione per alzare la voce e lottare contro un sistema politico e sociale sempre più marcio e violento, contro governi come quello Berlusconi le cui politiche antiproletarie e antipopolari ogni giorno sempre di più si scagliano sulle masse, contro un apparato repressivo che anche questa volta è stato messo in scacco proprio come successe il 14 dicembre scorso da parte degli studenti: schierati infatti ad impedire l'accesso a tutte le vie che portano ai palazzi del potere polizia e carabinieri sono stati presi invece alla sprovvista, sfidati e attaccati apertamente proprio in quei luoghi considerati più "tranquilli", vedi piazza San Giovanni e vie attigue, la piazza dove si sarebbe dovuto svolgere il comizio finale del corteo.


Ma rabbia e ribellione si sono volute manifestare anche contro la linea/impostazione da sfilata/passeggiata pacifica che gli organizzatori ufficiali hanno dato al corteo, un corteo certamente di massa i cui grossi numeri sono un dato significativo, ma deviato e allontanato da quelli che in questa fase devono essere i reali obiettivi della lotta e della rivolta necessaria come i palazzi del potere, oggetto di dibattito nei giorni precedenti alla manifestazione nelle assemblee nazionali e territoriali soprattutto da parte di alcune componenti del movimento che poi nella giornata di ieri invece non hanno mantenuto nei fatti la volontà di indirizzare la mobilitazione verso questa lotta.


Sui giornali di oggi si legge " ritorna lo spettro di Genova 2001... solo che qui non c'è stato il morto" con le condanne dei politici di ogni schieramento e colore, da Napolitano che parla di "violenza inammissibile" a Berlusconi "puniremo i responsabili" a Maroni "quella che dobbiamo fronteggiare è una violenza assolutamente inaudita" fino al versante Bersani "bisogna capire come una banda di centinaia di delinquenti abbia potuto devastare e tenere in scacco per ore il centro di Roma "a Vendola che ritorna sul "gruppo di Black Bloc", condanne pienamente dentro la falsità dei proclami contro questo tipo di violenza mentre quella messa in atto da loro ogni giorno fatta di guerre, di rapina, di attacco sempre più crescente alle condizioni di vita dei proletari e delle masse, di repressione dovrebbero tranquillamente continuare ad esercitarla, tutte dentro la logica strumentale di dividere i manifestanti tra i tantissimi buoni e i pochissimi cattivi di turno.


Ma sulla stessa scia anche nell'ambito del movimento ha subito preso le distanze chi a parole "fa ferro e fuoco" e poi nei fatti vuole frenare e circoscrivere l'impeto e la giusta ribellione dentro recinti neoriformisti e filo elettorali, le parole pubblicate oggi sulla stampa di Casarini per esempio sono davvero eloquenti in questo senso " questa gente è nostra nemica… un problema per il movimento".



Ma dinnanzi a quanto successo a Roma nella giornata di ieri non possiamo che porre ancora una volta la questione della legittimità politica e sociale della dura battaglia e resistenza in piazza, dell'utilizzo della forza per "farsi sentire" come hanno detto diversi giovanissimi contro tutto quello che deve essere spazzato via, un sistema complessivo moderno fascista e da stato di polizia.


Anche questa nuova battaglia, la forte resistenza e le forme di attacco esplose ieri in piazza che ha visto protagonisti tanti giovani ma anche precari, lavoratori sono dentro il processo di rivolta che si è espresso in questi mesi negli altri paesi imperialisti e capitalisti in crisi dalla Grecia a Londra per non parlare della "primavera" del mondo arabo, processo che rappresenta la linea politica attuale e necessaria per aprire alle masse popolari la prospettiva della rivoluzione come unica soluzione per la trasformazione reale dello stato di cose esistente.

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