mercoledì 21 settembre 2011

pc 21 settembre - TEORIA E PRASSI: IL PdCI NE CONOSCE IL LEGAME?.un commento giusto

TEORIA E PRASSI: IL PdCI NE CONOSCE IL LEGAME?

Aiuto: cinquantacinque pagine di documento congressuale, e pure scritte fitte; non so mica se riuscirò a leggerlo tutto!
Questo è stato il mio primo pensiero quando mi è stato consegnato il testo che fa da base al sesto Congresso del Pdci, in programma a Rimini dal ventotto al trenta ottobre prossimi.
Mi ha ricordato molto da vicino quella sbrodolata di 280 pagine che era il programma con il quale la coalizione prodiana si presentò alle elezioni politiche del 2006: tanto fumo, ma sostanza pressocché inesistente.
In questo caso, però, almeno si è in presenza di un documento che affronta, in maniera chiara, tutti gli aspetti della vita politica italiana ed internazionale, e cerca di definire il comportamento che dovrebbero tenere gli iscritti al Pdci nell'affrontare concretamente le situazioni che si presentano.
Occorre preliminarmente ammettere che alcuni passaggi sono del tutto condivisibili, almeno in teoria, mentre altri scontano le posizioni mutuate da quelle che furono del partito revisionista.
Così, accanto ad una presa di posizione netta e giusta circa l'uscita dell'Italia dall'Organizzazione Terroristica dell'Atlantico del Nord (Nato), se ne trova una - che riguarda la Cina ed i Paesi a "società di ispirazione socialista sopravissute al crollo del sistema sovietico" - che non è possibile accettare.
Sarebbe interessante conoscere in base a cosa si possa sostenere che la Repubblica Popolare Cinese, o la Repubblica Socialista del Viet Nam, sono ancora Stati socialisti: i lavoratori di questi Paesi sono sottoposti a sfruttamento selvaggio da parte dei nuovi ricchi.
Non va dimenticato che spesso questi sono ex manager di imprese statali, divenuti padroni delle imprese private che ne hanno preso il posto a seguito delle "quattro modernizzazioni" - operate dal "maggior dirigente incamminato sulla via del capitalismo" (citazione del presidente Mao Tsetung) Teng Hsiaoping - tanto esaltate dallo scritto.
E' pur vero che, più avanti, si legge che "non spetta a noi dare attestati di comunismo alla Cina", ma questo passaggio sembra essere soltanto un tentativo di fermare da subito le possibili obiezioni di una parte del partito, quella di provenienza dall'area marxista-leninista.
Detto brevemente delle questioni internazionali, passo ad esaminare la parte che concerne la politica italiana: mi concentro prevalentemente su quelle che sono le differenze tra le enunciazioni teoriche e la pratica seguita dai dilibertiani, alla luce della mia esperienza personale, maturata soprattutto da quando esiste la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro.
A pagina venti è scritto: "è necessario battersi per il ripristino nella sua integrità della Legge 81/08 (T.U. sicurezza sul lavoro) per fermare lo stillicidio delle morti e degli infortuni sul lavoro".
Come detto in precedenza, all'inizio di questo intervento, la teoria non difetta, è la pratica che manca; per restare alla sola realtà da me vissuta in prima persona a Torino, mi chiedo se non fosse possibile per il Pdci, ad esempio, organizzare un presidio davanti al Tribunale in occasione delle udienze del processo Thyssenkrupp.
Se così fosse sarei stupito di constatare che non si riuscisse a trovare una decina di iscritti da inviare in corso Vittorio Emanuele II 130 a fare da 'gruppo di pressione', insieme con i compagni della Rete - specificamente il Collettivo Comunista Piemontese ed il Circolo piemontese di Proletari Comunisti - unica realtà costantemente presente.
Sempre per quanto concerne le questioni sindacali, trovo inaccettabile che un partito sedicente comunista - che si propone tra l'altro di contrastare il reazionario piano dell'infame ad della Fiat, Sergio Markionne - obbedisca, senza trovare alcunché da obiettare, alla decisione presa dai vertici della Fiom-Cgil di non presenziare alle udienze del ricorso contro la Fiat, per comportamento antisindacale, di giugno-luglio scorso: non è certo questo il modo migliore per opporsi al dilagare del fascismo padronale.
Per quanto poi attiene alle alleanze con il resto della coalizione di centro(falsa)sinistra, che dire: perché continuare sulla strada della subalternità a gente che fa di tutto per non avere nessuno alla propria sinistra che possa creare loro dei problemi?
I sedicenti democratici, ed i cespugli a loro subalterni, devono imparare che non sono il centro del mondo politico: per questo motivo credo che il Pdci farebbe bene a presentare un proprio programma da sottoporre all'approvazione degli altri ipotetici partner di coalizione.
In caso di bocciatura, poi, il partito dei dilibertiani dovrebbe correre da solo; nella contingenza forse non otterrebbe nulla, ma si delineerebbe come un possibile e credibile rappresentante degli interessi delle fasce sociali più deboli.
Un po' come un tempo era il partito revisionista: non un partito comunista, ma un buon partito socialdemocratico.

Genova, 18 settembre 2011




Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comunisti Genova

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