mercoledì 21 settembre 2011

pc 21 settembre - assemblea di proletari comunisti sui movimenti di opposizione politica

Nel corso del seminario nazionale tenutosi a fine agosto vi è stata un'assemblea sui movimenti di opposizione politica. Riportiamo qui un resoconto-sintesi del dibattito svoltosi.

Siamo partiti dal MOVIMENTO NO TAV, un giovane compagno che vi ha partecipato ha raccontato la giornata del 3 luglio.
“Siamo andati il 3 luglio in Val Susa con l'obiettivo comune di sgomberare il cantiere di Chiomonte. All'arrivo, tutti quelli che incontravi al di là dell'apprezzamento della tua presenza, adesione alla battaglia No Tav, sapevano che stavi lì per assediare il cantiere insieme a loro. Tutti eravamo “guidati dalla gente del bosco”, che era nella maggiorparte, giovani o molto anziani; quando ti vedevano perso ti chiedevano dove volevi andare, se tornare al corteo o andare verso il cantiere. Per la gente del posto nei boschi, era normale che chi veniva da fuori fosse attrezzato e in prima linea, come facevano anche loro in massa.
Il percorso che porta al cantiere è accidentato. La composizione delle decine di migliaia di manifestanti era molto varia, provenienti prevalentemente dal centro e nord Italia, tutte le aree politiche erano rappresentate, con tanta gente del posto assolutamente partecipe.
Ci sono state 4 ore di battaglia davanti al cantiere, che in alcuni momenti era a pochi passi e sembrava che tu avessi la possibilità di entrarvi e la polizia poteva solo respingerti. La polizia ha usato i lacrimogeni per ore e ore, anche nel bosco in cui il gas CS non si disperdeva, gas giudicati illegali dalla convenzione di Ginevra, questi candelotti venivano utilizzati anche per colpire ad altezza d'uomo.
I compagni fermati, tenendo conto della giornata di lotta, sono stati tutto sommato pochi, 5 fermi; ci sono stati picchi di brutalità effettiva come il ragazzo fermato e torturato nelle retrovie, a cui hanno pisciato addosso, lo hanno picchiato, tenuto sotto il sole. La polizia ha utilizzato idranti, ruspe, perchè era l'unica maniera per difendersi/respingere tutta quella gente che conosceva il posto e sapeva cosa doveva fare, totalmente determinata. Si sentiva un unico coro: “la valle non si tocca”, cantato dalla gente del posto e fuori. La polizia aveva difficoltà per questo usavano lacrimogeni a tutta forza.
Vi sono stati molti momenti belli in cui ci si autogestiva, ci si aiutava a vicenda, chi stava male veniva sostituito, tirato indietro, gente del posto distribuiva le maschere antigas, ragazzi della zona portavano con lo zaino le maschere e le distribuivano. La gente era piena di gratitudine: “grazie per essere venuto fin qui”, nel bar quando vedevano che eri della manifestazione non ti facevano pagare, la gente si stupiva ed era molto contenta di questo afflusso, anche gente di settori più agiati della popolazione.
Vi è stata una fusione tra la gente del posto e quella venuta da fuori mai vista che aveva risposto all'appello: “venite ad aiutarci”. Non solo buona accoglienza ma fusione,
La polizia rischiava ad inseguire i manifestanti, nello scappare nel bosco alcuni poliziotti rimanevano indietro”.
Fin qui il resoconto.

Nell'intervento principale è stato detto: il movimento NO Tav è fatto da 2 componenti: i valligiani, in alcune comunità molto compatti a sostenere la battaglia, l'area sociale e politica piemontese antagonista che trova il suo riferimento principale nel CS Askatasuna; poi una serie di realtà ribelli rappresentate da componenti anarchiche come ideologia, che sono presenti nei momenti più caldi.
Il 3 luglio ha visto una presenza nazionale, ma in Val Susa la battaglia è continuata in tutta l'estate, con lunghi momenti di assedio al cantiere, scontri con la polizia; durante il campeggio i manifestanti partivano di giorno e di notte per assediare la zona.
Quella di Proletari comunisti è una presenza di appoggio e sostegno. Quando la presenza è così, occorre tener ricordare quello che dice Lenin: “...una cosa è una battaglia seria e tutt'altra cosa sono le chiacchiere su questa battaglia fatte soprattutto da chi è rimasto a sedere in disparte”. Questo è importante per evitare la mancanza di serietà, da “grilli parlanti”. Noi cerchiamo sempre appena è possibile di essere presenti, stare sul campo. Noi vogliamo parlare della battaglia No Tav senza fare le “chiacchiere”. Per questo dobbiamo soprattutto ascoltare con molta attenzione chi sta facendo quotidianamente questa battaglia. Questo non significa che noi condividiamo sempre tutto quello che il movimento fa e dice.
E' uscito alla fine del campeggio un documento dell'area No Tav che fa capo all'area Askatasuna, che è importante perchè da identità e ragioni alla linea che il movimento sta sviluppando in questa battaglia. Questo documento attacca alcune componenti anarchiche.
In questa situazione tutte le energie ribelli servono, e il movimento No Tav giustamente le accoglie, rifiutando ogni divisione tra “buoni“ e “cattivi”, tra “violenti” e “non violenti”, ma quando alcune di queste vogliono imporre il loro punto di vista e il loro metodo di azione non accolto dalle assemblee di tutto il movimento devono essere criticate perchè, nonostante la loro definizione anarchica, rappresentano un concentrato di autoritarismo che non capisce i caratteri di “guerra di popolo” che il movimento ha assunto e sta sviluppando. Tutte le forze esterne se vanno per aiutare è un bene, ma chi non fa niente nel proprio territorio, non è giusto che vada lì a fare il grillo parlante o l'”iper ribelle”.
Questo documento è importante perchè non è tanto una polemica tra gruppi ma una dialettica frutto di un movimento reale.

Tornando alla battaglia No Tav. Noi siamo maoisti e abbiamo bisogno di spiegare ai proletari e alle masse popolari cosa intendiamo quando parliamo di guerra popolare. Questo diventa più convincente quando possiamo spiegarlo attraverso l'esempio di movimenti popolari che ne mostrano potenzialità. Non va considerato neanche un caso che la battaglia No Tav stia avvenendo in una zona che è stata teatro della guerra partigiana. L'attuale movimento è come se sta riprendendo quella storia, che non fu solo lotta antifascista ma una guerra di popolo. Noi vogliamo che questo si diffonda come idea. Noi non siamo fautori della violenza per la violenza, ma della guerra di popolo in cui le masse sono protagoniste dall'inizio alla fine e i comunisti vi svolgono un ruolo di direzione.
La guerra di popolo è una forma alta, organizzata, proletaria e quindi non c'entra con l'apologia della “violenza” e dello “scontro” dei gruppi anarco insurrezionalisti.

La discussione in questo movimento è quindi in sintonia con lo studio del libro di Lenin su l'Estremismo, che mette in luce come nella lotta contro l'opportunismo, dobbiamo liberarci dell'anarchismo, del ribellismo individuale.

GENOVA 2011
Un secondo tema affrontato nell'assemblea sono state le manifestazioni per Genova 2011 che ha visto il resoconto di un compagno di Red Block.
Red Block sin dall'inizio di quest'anno ha lanciato una campagna per 'Genova 2011' per costruire un momento diverso di ricordare questo anniversario. Ma non siamo riusciti a realizzare questo obiettivo.
Il G8 2001 è stato teatro di un grande movimento giovanile e popolare di opposizione alla globalizzazione imperialista e ai governi, Stati dei padroni del mondo. Esso è stato fronteggiato con una feroce repressione portata avanti dallo Stato e dai suoi corpi “scelti” fascistizzati, perchè questo movimento faceva paura per le sue dimensioni piuttosto che per le posizioni dominanti in esso. Lo Stato e questo governo stanno continuando anche in questo mesi con una repressione tipo Genova, verso movimenti quali quello studentesco e della Val Susa.
Le giornate di Genova 2001 avevano messo in luce l'esistenza di una nuova generazione ribelle che non si è spaventata della brutale repressione, non si è fatta invischiare da logiche ultra pacifiste e ha reagito trasformando quelle giornate in una grande battaglia.
Da questa valutazione nasceva la necessità della campagna che noi abbiamo proposto e che potesse sfociare in un corteo di lotta, combattivo che toccasse i vari luoghi simbolo della Genova 2001, Diaz, Bolzaneto, p-zza Alimanda, e non si limitasse solo alla sfilata pacifica prevista dagli organizzatori.
La nostra proposta era interna ad una tre giorni in cui ci fosse anche il modo di discutere e ragionare su repressione, lotte, alternativa rivoluzionaria.
Sin da dicembre 2010 abbiamo contrastato a Genova la linea scelta dagli organizzatori ufficiali. Abbiamo proposto questo a livello nazionale, abbiamo incontrato compagni delle realtà genovesi. Ma, a parte i compagni del Kaos di Genova, non vi è stata una risposta in positivo. A questo punto abbiamo realizzato nelle due giornate finali una partecipazione autonoma e critica.
Il nostro intervento, politicamente incisivo, ha avuto risalto anche al di là delle nostre poche forze messe in campo. Alcune “attenzioni” della polizia durante la campagna e articoli apparsi sulla stampa borghese prima e dopo le manifestazioni di luglio, testimoniano i timori della borghesia della nostra posizione, e questo, al di là dei numeri, ci fa capire di essere nel giusto.
La manifestazione ufficiale in termini di numeri è riuscita, ma essa è stata incanalata secondo la linea di Agnoletto e company. Il problema critico principale non è certo verso le masse che vi hanno partecipato ma la posizione sbagliata e la mancanza dei gruppi rivoluzionari che, invece di puntare ad essere il lievito e il referente di questa manifestazione, hanno sottovalutato 'Genova 2011'. Carlo Giuliani è stato così ridotto a simbolo di ragazzo ucciso, e non di resistente, ribelle, che è morto lottando e rappresentando così l'effettiva anima della battaglia del 2001; quella a cui hanno fatto riferimento in tutto il mondo e in particolare in Germania, con manifestazioni in alcuni casi molto incisive.

RIVOLTA DI LONDRA
Collegando Genova alla situazione attuale nel mondo, l'assemblea ha rivolto la sua attenzione alla rivolta di Londra di quest'estate. Un'altra giovane di Red Block ne ha rappresentato, utilizzando materiali provenienti dalle realtà comuniste e rivoluzionarie inglesi, i contenuti.

A Londra e in altre città inglesi vi è stata una rivolta contro un apparato statale repressivo e una oppressione sociale. Essa è partita dall'uccisione il 4 agosto di un immigrato. Il 6 agosto vi è stata una veglia fuori dalla stazione di polizia per chiedere giustizia, che è durata 9 ore. Al termine di essa la polizia attacca una ragazza di 16 anni. Questa è diventata la scintilla e la rivolta è scoppiata. La polizia ha giustificato la repressione con menzogne, dicendo che essa era per la democrazia e per la libertà; il partito laburista stesso ha condannato la rivolta. La polizia e i mass media del governo e della borghesia inglese hanno parlato di una “lotta per lo shopping” per deformare e deviare i contenuti della rivolta. Alcuni fatti sono stati esagerati ed altri inventati, per es, una violenza sessuale mai avvenuta. I giornali che prima stavano parlando del grave scandalo della polizia e dei suoi alti comandi corrotti e asserviti al magnate della stampa Murdoch, poi non ne hanno parlato più. Il Ministro degli Interni ha parlato di criminalità pura, tutti i partiti parlamentari hanno attaccato i giovani come “parassiti”, Cameron ha detto che la repressione della polizia è necessaria perchè la rivolta va soffocata, ed è arrivato a mettere in campo per il controllo di alcuni quartieri di Londra ben 16 mila poliziotti, soffocando di controlli tutta la popolazione.
La verità sull'uccisione dell'immigrato è stata oscurata con molte false versioni; ma pochi hanno potuto nascondere che essa è stata in realtà la scintilla di una ribellione contro una disoccupazione altissima e l'oppressione. In Gran Bretagna oggi per un posto di lavoro nuovo, vi sono 54 posti persi, la sanità manca per le masse, tanta gente dipende dai sussidi e non ha stipendio, ecc. La gente è stanca di tutto questo, inoltre per tutte le uccisioni della polizia in questi ultimi anni nessun poliziotto è stato condannato.
Lo Stato borghese ha scatenato una repressione che non si vedeva da molto tempo: 2000 persone arrestate, molti giovani, colpite anche le famiglie; un ragazzo di 18 anni è stato arrestato perchè aveva rubato delle ciambelle; altri per aver scritto della rivolta su Facebook hanno avuto 4 anni di condanna.
Si sono levate alte condanne sul fatto che sono stati colpiti dei negozi, nascondendo che questo si è reso necessario nella rivolta dato che la polizia ha deviato il percorso della manifestazione che voleva andare verso i palazzi governativi. La repressione successiva alla rivolta è giunta a mettere delle spie nei quartieri, usare cani poliziotti, caccia all'uomo attraverso mega tabelloni.
I veri criminali non sono i ragazzi, ma i poliziotti, chi li manda e coloro di cui sono al servizio. Tanta gente che non ha i soldi per curarsi ha compreso le ragioni della rivolta e che i veri criminali sono la polizia, ecc. La Gran Bretagna sta tornando ad essere una “società vittoriana”, basata sui privilegi dei ricchi e la miseria delle masse popolari.
La rivolta ha evidenziato la situazione di razzismo esistente e le disuguaglianze sociali enormi.
Un fattore importante che noi dobbiamo mettere in evidenza e che è emerso nella rivolta: nelle zone della ribellione vi sono spesso gang giovanili che si combattono tra di loro, nei giorni della rivolta esse hanno unito le forze contro il nemico comune.
Questo movimento ha prodotto delle convinzioni sulla necessità di un cambiamento generale, possibile solo combattendo il sistema del capitale.

Commentando il rapporto della compagna, Proletari comunisti ha sottolineato come questa rivolta sia una versione aggiornata della rivolta delle banllieues parigine, dove i giovani di Red Block vi sono stati e Proletari comunisti ha organizzato un meeting internazionalista.
Nella rivolta inglese ci sono stati elementi simili e altri diversi che vanno analizzati. Noi abbiamo fatto una locandina intitolata: “London calling – No future” per la borghesia e l'imperialismo. Sono questi che non hanno futuro perchè una società neo-vittoriana crea le condizioni della ribellione.
In un paese imperialista la rivolta è un brodo di coltura necessario della rivoluzione, quando sarà guidata da un partito rivoluzionario che non prenderà come obiettivo i negozi, ma il capitale e lo Stato. La partecipazione crescente e la generalizzazione della rivolta che la rivoluzione è la “festa degli oppressi”. La rivolta è una ribellione all'esistente e una riappropriazione generale (le cose che si pigliano sono quelle che la società consumistica vende e diffonde); la rivolta guidata dal proletariato e dal suo partito rivoluzionario fa capire in corso d'opera che non c'è bisogno di tanti telefonini, oggetti di consumo, quando c'è la possibilità di prendere tutta la società, tutto il potere nelle proprie mani.
A Londra nei giorni della rivolta intere famiglie partecipavano all'appropriazione delle merci propagandate e che non hanno. I giovani costretti ad una vita di merda, una volta che riescono a trovare una base di unità contro il nemico comune e reale, esprimono tutta l'adrenalina di quei momenti, che passa come un tam tam nei vari quartieri, e diventa rivolta generale. La polizia è stata sorpresa da questo e impaurita, pur trattandosi si una polizia super armata, assassina, sempre assolta.
Nei paesi imperialisti nelle rivolte e nelle guerre popolari non c'è un 90% da una parte e solo un 10% dall'altra. La guerra di popolo è anche una guerra civile, casa per casa; la guerra di resistenza antifascista ha già mostrato questo. I borghesi e i benestanti difendono la loro proprietà – anche quando a volte si tratta della proprietà di un supermercato in un territorio desolante. La società imperialista nelle fila del proletariato crea una aristocrazia operaia. Intellettuali, spesso che si dicono di sinistra - è successo in Francia - si sono scagliati contro la rivolta perchè parlarono con le viscere della “loro proprietà”, perchè essi vivono bene in questa società.
La polizia è stata schierata massicciamente, ma i giovani non hanno avuto paura. Il governo, lo Stato hanno avuto paura e hanno reagito come un esercito della paura, trasformando quartieri di Londra e di altre città inglesi in una sorta di Kabul.
La borghesia, i suoi strumenti i suoi servi, hanno guardato con odio i ribelli perchè hanno visto il rischio dei loro privilegi. E a quel punto i borghesi che parlano di democrazia e libertà, diventano più violenti dei violenti ribelli, lanciano la caccia ai ribelli, chiamano a raccolta la società dei privilegi, della ricchezza, della miseria umana asservita, dei bottegai, anch'essi spesso immigrati di precedenti generazioni che pensano più al negozio che al figlio che partecipa alla rivolta. Usano i mega schermi, danno 4 anni di carcere per l'uso di Facebook. Hanno paura dell'etere, della loro stessa ombra, trasformano la realtà in un film di fantascienza.
Ma è la ribellione che fa riapparire lo “spettro” della rivoluzione, signori!

IMMIGRATI
L'ultimo tema che ha affrontato l'assemblea è quello delle lotte degli immigrati di questi ultimi mesi.
Nell'introduzione è stato detto: in Italia si stanno sviluppando lotte nella fase in cui gli immigrati arrivano nel nostro paese “con la rivolta incorporata”. Se riusciranno a restare nel nostro paese, non ci sarà bisogno di andare a Londra, gli immigrati faranno qui la loro Londra.
Gli immigrati sono protagonisti di differenti lotte, e spesso sono gli stessi immigrati nei diversi stadi della loro permanenza. La Puglia è diventata una Regione importante, con la presenza dei CIE, dei C.A.R.A., delle tendopoli, e in ognuna di queste strutture si sviluppano lotte, proteste e rivolte. E là dove, come per i braccianti di Nardò, gli immigrati vengono messi a lavorare e sono sfruttati come schiavi, sviluppano grandi scioperi, come appunto quello di Nardò che ricorda le grandi lotte bracciantili del nostro paese.

Sono seguiti interventi di compagne e compagni di Taranto che hanno partecipato, in certi casi in prima fila, a tutto il ciclo di lotte che ha attraversato la Puglia in questi mesi e di cui il blog di Proletari comunisti ha già raccontato e commentato con cronache ampie e tempestive.

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