mercoledì 29 giugno 2011

pc 29 giugno - NOTAV- Genova 2011 la lotta è una sola


Il secolo xix
Genova - L’ultimo fremito è arrivato dalla val Susa, dove le forze di polizia hanno sgomberato con la forza i cantieri dell’Alta velocità. Ma lo stillicidio di informazioni e messaggi subliminali, di richiami alla rivolta e di possibili saldature di anime anche diversissime, ma unite nella volontà di lasciare il segno - in ogni modo possibile - è iniziato molto prima, e adesso, a nemmeno un mese dal clou delle manifestazioni per commemorare il decennale del G8, ha raggiunto livello di allarme rosso. Genova come un palcoscenico, ancora una volta ombelico della protesta e della rabbia.

I contorni non sono ancora disegnati, ma è questo il quadro che prende forma, dieci anni dopo, nella raffica di riunioni (e non solo) che, ormai da mesi, occupano gli ordini del giorno - su tutti - di prefettura e questura. L’ultima tappa è di ieri mattina: i vertici delle tre forze di polizia riuniti con il Comune e la polizia municipale.

«Ci è stato chiesto - dice l’assessore Bruno Pastorino, delegato dal sindaco Vincenzi per la gestione dell’evento per quanto attiene a Tursi - di non concedere suolo pubblico se non a soggetti conosciuti e di provata affidabilità. Credo che sia una richiesta di buon senso». Quanti saranno i manifestanti e, se staranno a Genova per più giorni, dove saranno ospitati? In mancanza di stime precise, proprio al Comune è stato chiesto di trovare un’area per l’accoglienza.

L’incontro tra le istituzioni sarà aggiornato la prossima settimana, mentre nel frattempo, come spiegato dal questore Filippo Piritore, prosegue l’ ascolto della polizia - la Digos è in prima linea - nel tentativo di tracciare dei limiti riguardo ai numeri (e alla natura) delle manifestazioni. Soprattutto la preoccupazione è legata alle infiltrazioni dei cortei che, oggi, non è chiaro quanti saranno: uno dovrebbe svolgersi il 23 luglio, ma si parla si iniziative simili (almeno) anche il 21 e forse anche il 20, il giorno in cui fu ucciso Carlo Giuliani.

«La differenza - dice un investigatore - potrebbe farla la partecipazione dall’estero. Se la mobilitazione dovesse far presa, i numeri crescerebbero in maniera esponenziale, aumentando i rischi. Certo, anche ci fossero solo che 10 mila persone, e tra questi 500 con cattive intenzioni, la situazione potebbe complicarsi parecchio».

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