lunedì 20 giugno 2011

pc 20 giugno - report sull'importante meeting di londra del 12 giugno con Arundhati Roy

rapporto a cura del comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India - Italia

Domenica 12 giugno si è tenuta a Londra un'importane e affollata iniziativa del Comitato Internazionale contro la guerra al popolo indiano (ICAWPI).

Circa 500 persone hanno gremito la sala della Friends House del Quaker Centre di Londra e seguito con grande attenzione e partecipazione, anche emotiva, il programma.
Sulle pareti della sala campeggiavano due grandi striscioni firmati ICAWPI con immagini delle lotte del popolo adivasi, della feroce guerra contro il popolo che scatenata dal regime indiano, delle tante iniziative di solidarietà tenutesi in tutto il mondo. C’erano affissi anche il manifesto della campagna “settimana di solidarietà”che il Comitato Internazionale di Sostegno alla guerra popolare in India ha affisso in Europa e nel mondo e la mostra che nella stessa settimana è stata utilizzata nelle iniziative in Italia.

Il video
Il programma si è aperto con la proiezione di un video realizzato con la collaborazione di A. Roy e altri intellettuali, cineasti e musicisti. Immagini, note, canti e voci che hanno bene illustrato le ragioni e la barbarie dell'assalto contro i popoli delle foreste in India e dato voce al loro grido di resistenza a difesa della loro terra, per rivendicare un futuro di dignità e liberazione per sé e tutti i popoli dell’India, contro un sistema fondato sull’annientamento e sfrutta,mento di uomini donne e natura in nome del profitto e di uno “sviluppo” che garantisce vantaggi a pochi, e perpetua dipendenza semicoloniale e oppressione di casta.

La presentazione
A nome degli organizzatori, un rappresentante dell’ICAWPI ha presentato i relatori e gli scopi del lavoro del comitato di cui il programma di Londra era parte e seguiva una miriade di iniziative grandi e piccole realizzate in tanti paesi dei quattro continenti per fermare una guerra contro il popolo in India che dura ormai dal 2009, con ingente impiego di truppe, armi, ferocia e vittime senza precedenti.
Un vero genocidio perpetrato con l’appoggio politico di USA e potenze europee, a difesa degli interessi dei grandi monopoli che hanno investito milioni nei progetti di sfruttamento delle risorse naturali delle foreste indiane. Contro questa guerra l’ICAWPI scende in campo per sostenere l’irriducibile resistenza opposta dai popoli adivasi ma anche da tutta la parte progressista e autenticamente democratica della società indiana.
Sul terreno dei media, la battaglia da combattere è per rompere il silenzio e che copre l’operazione Green Hunt, nascondendo al mondo una situazione di occupazione militare di vaste aree del paese, guerra e deportazioni genocide e guerra civile.

La relazione di Jan Myrdal
È poi seguita la relazione dello scrittore svedese Jan Myrdal, autore di un'intervistata al segretario del PCI(maoista) realizzata nelle zone guerrigliere e pubblicata riportata nel libro "Stella rossa sull'India".
Myrdal ha definito quella in corso in questi anni in India come la più grande rivolta e massacro di popoli nativi dai tempi di Cristoforo Colombo. Infatti, l’assalto scatenato per depredare le risorse delle foreste si profila come una vera e propria ricolonizzazione da parte dello stato nato dalla formale indipendenza dal colonialismo britannico nell’interesse dei grandi monopoli e potenze capitaliste straniere e i grandi cartelli monopolisti nazionali.
Contro tutto ciò è urgente che si levi e mobiliti una grande solidarietà internazionale, che già si sta facendo avanti in tanti paesi e il seguito della relazione ha voluto dare un contributo con una testimonianza diretta delle rivendicazioni e delle realizzazioni che vanno avanti nelle zone guerrigliere per costruire delle “infrastrutture verdi”, rispettose e degli equilibri della terra e degli interessi dei popoli che la abitano, ben diverse da quelle che vogliono imporre relazioni di sfruttamento neocoloniali, come pure di esperienze di solidarietà che si vanno sviluppando nel mondo.

La relazione del Forum Solidarietà Nepal
Il compagno Kolash, rappresentante dei nepalesi in Europa, ha indicato come l’espressione massima di democrazia siano popoli in lotta di tutto il mondo contro i regimi che li opprimono, anche se formalmente letti da una maggioranza di votanti. E questa solidarietà e lotta uniscono i popoli di India e Nepal. La relazione ha poi ripercorso brevemente la lunga storia di trattati iniqui, sostegno a monarchie e regimi oppressori del popolo con cui lo stato indiano ha imposto il suo espansionismo al Nepal come a tutti gli altri paesi della regione, dove nessun regime potrebbe in realtà mantenersi senza essere spalleggiato dal potente vicino indiano.

Saluti e messaggi
Tra una relazione e l’altra si sono susseguiti messaggi di saluto all’assemblea provenienti da varie parti del mondo, in particolare quello del compagno Basanta, esponente del Partito Comunista Unito del Nepal (maoista), invitato come relatore ma impossibilitato a raggiungere Londra. Nel suo messaggio Basanta ha ricordato come il popolo e solo il popolo dell’India sia il vero proprietario di quei territori e risorse che lo stato indiano vuole svendere all’imperialismo e ai grandi cartelli della borghesia indiana. Per questo la campagna internazionale di solidarietà deve assumere un carattere antimperialista, antireazionario, antiespansionista che possono unire i popoli in india e nel mondo contro i nemici comuni.
Altri messaggi sono arrivati dalla Atik, organizzazione dei lavoratori turchi emigrati in Europa, Dal comitato di solidarietà con i popoli dell’india Orientale del Canada, dalle organizzazioni italiane che sostengono l’ICAWPI, partito dei Carc, ASP e Campo Antimperialista.

La relazione di Arundhati Roy
Chi ha partecipato alle iniziative in Italia della settimana di mobilitazione a sostegno della guerra popolare, ha avuto modo di seguire le interviste televisive rilasciate dalla scrittrice, e apprezzare la forza umana e intellettuale della sua testimonianza, il modo semplice e affascinante con cui rende le ragioni e l'importanza per tutti di prendere posizione e a difesa delle popolazioni indiane in lotta.
Dal vivo, nell’empatia di un'assemblea solidale, questa forza si è moltiplicata.
Con lo sguardo suo acuto che sembrava voler incrociare quello di ognuno dei presenti, Arundhati Roy ha smascherato con semplicità, acume e anche ironia, quella che le potenze occidentali considerano ed esibiscono come la loro “bambolina dagli occhi azzurri”, la “più grande democrazia del mondo”, l’India.
Certo, ha detto, se, come oggi si vede, complemento delle grandi democrazie occidentali sono guerre di aggressione e occupazione per esportare democrazia, allora l’India, con l’occupazione del Kashmir, il silenzio complice nel genocidio dei Tamil, i crimini genocidi della Operazione Green Hunt, è una democrazia davvero grande …
La realtà è che in India c’è democrazia, diritti, privilegi di casta per una ristrettissima élite, crescita e benessere economico per una ridotta classe media e per tutto il resto del popolo, negazione di qualsiasi diritto, perfino quello alla vita o alla stessa identità per una massa sterminata di poveri, intoccabili, adivasi.
Più che una bambolina dagli occhi azzurri, A. Roy ha disegnato l’immagine di un bicchiere di latte lasciato a decantare: in superficie un sottilissimo strato di schiuma che sa di rancido – le élite – poi un dito di panna densa e grassa – le classi medie –tutto il resto del bicchiere è acqua – i senza niente. Dei circa un miliardo di indiani, sono 830 milioni quelli che vivono di niente, meno di 50 centesimi al giorno.
Hai poi raccontato quanto sia difficile sradicare il pregiudizio positivo sull’India. Una volta in una conferenza una donna le si rivolse contro: “Parli male del tuo paese, un paese che rispetta la tua libertà, in cui scrivi e giri liberamente… ma lo sai che se fossi in Cina non potresti scrivere nulla e saresti già in prigione?” Arundhathi Roy le rispose: “È vero che se fossi in Cina non avrei potuto scrivere un libro come Broken Republic. Ma in India, se non mi chiamassi Arundhati Roy, se non fossi la vincitrice del premio Booker che venduto sei milioni di copie nel mondo, sarei certamente già in prigione…”
Molte volte ha ripreso brani del suo reportage “camminando con i compagni”, completando la citazione col racconto dei i particolari di vita dei momenti in cui li ha scritti le considerazioni da trarne, il modo in cui quell’esperienza ha cambiato lei stessa e il modo di vedere le cose.
Dei maoisti ha detto: “Distinguerli dagli adivasi è impossibile: il 90% dei guerriglieri maoisti sono adivasi, la loro resistenza è più antica del movimento maoista, ma sarebbe quella che è oggi senza l’azione dei maoisti, né i maoisti sono quelli di 40 anni fa, non sarebbero quello che sono oggi senza gli adivasi”.
Sulla lotta che attraversa tutta l’India nel “corridoio rosso”: “La lotta armata si sviluppa nelle foreste, principalmente come resistenza armata alle incursioni che distruggono villaggi e deportano gli abitanti, ma anche nelle città del paese c’è ribellione. Non lotta armata, se i maoisti facessero azioni armate nelle città sarebbero cancellati, nel senso fisico della parola, ma ribellione sì.
Concludendo, l’ha definita come una battaglia che “va al cuore del mondo”, a suo modo uno “scontro di civiltà” che vede da una parte una “civiltà” che nega al popolo il diritto ad esistere in nome dello “sviluppo”, dall’altra quella di un popolo antico che però “possiede la chiave che apre il futuro”

Domande e risposte e l’intervento del Comitato Internazionale
Il programma è terminato con una serie di domande da parte del pubblico. Tante domande su come si può concretamente aiutare a fermare il genocidio, sui rapporti tra i maoisti e le altre forze della “sinistra”, ancora sull’esperienza vissuta nelle zone guerrigliere, sui maoisti, sul ruolo delle donne nella guerriglia: “tra le file dei guerriglieri ho visto tante donne combattenti e con ruoli di responsabilità e comando”. Si stima siano 90.000 le donne militanti organizzate con i maoisti, ma le ‘femministe di professione’ nel mio paese salutano con entusiasmo il lavoro delle ONG e i progetti per trasformare le donne in imprenditrici che competono nel mercato semplicemente ignorano quella che può definirsi la più forte organizzazione femminista nel paese (le maoiste) e tacciono della licenza di ucciderle, torturarle, stuprarle che l’operazione Green Hunt ha scatenato contro di loro.
Tra e le domande e risposte ha trovato posto anche l’intervento del rappresentante italiano del Comitato di Internazionale di sostegno alla guerra popolare in India, che ha raccontato il successo, superiore a ogni attesa, della settimana internazionale, ha ringraziato A. Roy per il grande contributo dato alla campagna, attraverso le sue video-interviste e l’ha invitata in Italia per un giro di incontri da tenere nel prossimo autunno.
Nell’intervento è stato chiarito: abbiamo sempre sostenuto e propagato le iniziative dell’ICAWPI, tradotto diffuso i materiali ma, da maoisti presenti in diversi paesi, abbiamo sentito l’esigenza di fare qualcosa in più, andare oltre la denuncia dei crimini della operazione Green Hunt – la guerra al popolo – per mettere in luce la rivoluzione che in India avanza – guerra di popolo – la cui vittoria può cambiare i rapporti di forza e aprire una pagina nuova nella storia del mondo, dando un’indicazione per tutti i popoli che lottano, anche nei paesi imperialisti.
Infine, sono state presentate le iniziative future del Comitato Internazionale: una nuova campagna a difesa dei compagni del CC del PCI(M) incarcerati e una grande conferenza internazionale di sostegno in preparazione per i prossimi mesi.

comitato di sostegno internazionale alla guerra popolare in india
italia


il comunicato resoconto di Democracy and Class - londra

Il 12 giugno 2011 alla Friends House di Londra Arundhati Roy ha parlato a una platea di circa 500 persone sulla guerra dello Stato indiano contro popolo dell'India.
La mia impressione sulla riunione è molto positiva. La resistenza di Arundhati contro le attività assassine dello Stato indiano è fonte d'ispirazione e ascoltarla dà carica di energia per lottare ancora.
Ha raccontato di una recente conferenza alla Scuola di Studi Orientali e Africani, quando un interlocutore ostile le ha detto che dovrebbe essere grata al cielo per essere nata in India, la più grande democrazia del mondo, perché se fosse nata in Cina, sarebbe in prigione.
Arundhati le ha risposto che se non fosse stata la scrittrice indiana famosa in tutto il mondo di nome Roy Arundhati, vincitrice del premio Booker, si troverebbe in prigione indiano insieme a migliaia di altre persone ingiustamente imprigionate in India per essersi opposte ai crimini dello Stato indiano, smascherando l'ipocrisia della democrazia indiana.
Arundhati ha spiegato chiaramente che esistono due Indie, quella della classe media, tanto amata dai media occidentali e l'India poveri, ma il cuore e la mente di Arundhati sono dalla parte di quei 850 milioni di indiani che vivono con 50 centesimi al giorno. Ha spiegato come le regioni abitate dalle popolazioni tribali sono anche le più ricche di minerali e che lo Stato indiano ha un piano di urbanizzazione per deportare 500 milioni di persone del paese verso le città. Perciò sta impiegando ogni mezzo di guerra, compreso l’assedio per fame, per deportare il popolo tribale dalle loro terre nell’interesse delle grandi multinazionali, e della loro fame di materie prime dell'India.
Ha poi letto la definizione di genocidio secondo le Nazioni Unite, che descrive esattamente le attività dello Stato indiano contro 100 milioni di adivasi in India, ma che le è capitato di parlarne al rappresentante dell’ONU questi ha dichiarato che ciò che l'India faceva entro suoi confini è affar suo, vale a dire che l'India è il ragazzo dagli occhi azzurri della comunità internazionale del capitale mondiale.
Mi ha fatto anche piacere che Arundhati Roy abbia detto che aveva chiesto agli organizzatori dell’iniziativa che ci fosse stati anche un relatore dallo Sri Lanka (tuttavia non era presente) perché aveva constatato che lo Sri Lanka è il laboratorio per gli assassinii "invisibili" che le élite dell’Asia meridionale vorrebbero perpetrare.
Arundhati ha criticato anche le forze di “sinistra” e progressiste in India e anche i politici tamil per non aver abbandonato il popolo dello Sri Lanka - la sua critica si potrebbe estendere al silenzio dei media di tutto il mondo che ha coperto i massacri in Sri Lanka che non sono stati denunciati in Occidente, fatto che rende le potenze occidentali profondamente complici dei massacri di tamil.
Il cuore del suo del rappresentante dei nepalesi in Europa, compagno Kolash è stato sottolineare i rapporti tra il Nepal e l'India, in particolare i trattati iniqui che hanno dato vantaggi capitalisti indiani su quelli nepalesi negli scambi tra i due paesi. Inoltre ha ricordato l'interferenza dello Stato indiano negli affari nepalesi, soprattutto sostenendo l'esercito nepalese e altri reazionari contro i rivoluzionari maoisti. Ha sottolineato che il futuro delle lotte rivoluzionarie nei due paesi sono strettamente legati.
Jan Myrdal ha affrontato la questione della costruzione di un movimento internazionale di solidarietà con i popoli dell'India e ha citato esempi di movimenti di solidarietà efficaci e altri meno efficaci.
La domanda che sorge dall'incontro con Arundhati Roy è, se la sua visita a Londra ha reso la lotta dei popoli in India visibile, che cosa accadrà quando tornerà in India e queste lotte torneranno invisibili?
Affinché tutto questo non torni invisibile e resti accesa la luce della denuncia occorre che in tante città britanniche il prossimo anno si tengano iniziative sull’India e notizie sui media che denuncino i crimini dello Stato indiano.

Democracy and Class Struggle sarà promotore e sosterrà queste iniziative

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